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Autore: reb    25/06/2013    5 recensioni
Prima non ci aveva fatto caso per via del buio, ma era carina. Con quella pelle chiara e le lentiggini sul naso. Poi occhi così non ne aveva mai visti.
-Perché non togli il cappello?- chiese curioso il bambino – Hai le orecchie a punta? O magari come un gatto?-
-Hai i capelli rossi!-
[... ...]
Perché quella bambina conosciuta tanti anni prima, che per i primi mesi si era aggirata curiosa per il castello con la sola compagnia di Mocciosus, adesso era diventata non solo bellissima, ma anche popolare. E tutti, tutti dannazione, non facevano che girarle intorno.
Eppure avrebbero dovuto saperlo che Lily Evans era territorio proibito!
-Eeevaans?- esclamò ancora vicino alla carrozza.
-Esci con me, Evans?-
Era talmente presa dai suoi pensieri che nemmeno l’aveva visto avvicinarsi. -Quante volte devo dirti di no, Potter, prima di farti capire la mia risposta?-
-Tante quante io ne impiegherò per convincerti a darmi una possibilità.- rispose serio lui.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Avevano infine deciso di incontrarsi ai cancelli di Hogwarts alle tre in punto. Anche se usare un verbo come decidere, e declinarlo alla prima persona plurale, avrebbe presupposto una partecipazione attiva di entrambe le parti e, soprattutto, un dialogo tra esse. Per questo sarebbe stato più giusto dire che Evans, quella mattina poco dopo le nove, lo aveva informato, come un post-it volante dai toni dittatoriali che le erano propri, circa il luogo e l’ora del loro incontro prima di risalire le scale del dormitorio femminile senza dargli la possibilità di risponderle.
Lui era rimasto imbambolato sulle poltrone vicine al camino dove stava chiacchierando con gli amici, continuando a guardarla anche una volta che lei era sparita dietro la curva delle scale, causando una risata condiscendente in Sirius, appena entrato in sala comune con ancora addosso i vestiti della sera prima, che poi era sparito a sua volta verso il dormitorio.
Non c’era , perciò, da sorprendersi se James, allo scoccare delle due e trentacinque, stesse già passeggiando nervoso come solo un leone per la prima volta in gabbia poteva eguagliare davanti a quei famosi cancelli vecchi di secoli.
Stava facendo avanti e indietro sugli stessi dieci metri di terreno, con velocità costante, le mani ben salde dietro la schiena e gli occhi costantemente puntati verso il sentiero che conduceva al castello, da nemmeno dieci minuti che però al suo animo inquieto parevano ore. Condizione, questa, che non gli era propria visto che vivesse in ritardo da anni su ogni tipo di appuntamento ufficiale o meno, ma non quella volta.
Mai si sarebbe perdonato se, a causa della sua ritardaggine congenita, avesse rischiato di compromettere la più grande chance che Lily Evans gli avesse mai offerta da sempre. E quindi marciava, sperando di vederla spuntare da un momento all’altro.
Con un’occhiata distratta all’orologio, l’ennesima in venti minuti, sospirò sollevato vedendo l’approssimarsi della fine della sua agonia.
Le tre meno dieci.
Ancora dieci minuti e Evans sarebbe arrivata.
Ancora dieci minuti e avrebbe potuto rilassarsi finalmente.
Finalmente quasi tranquillo si appoggiò contro il tronco di un albero, osservando distratto il lento fluire di studenti verso Hogsmade. Non era raro che qualcuno si fermasse per salutarlo, molti nella speranza che attaccar bottone con il famoso James Potter avrebbe significato l’entrata nell’esclusivo circolo dei Malandrini, ma i più realisti semplicemente per fare due chiacchiere. Eppure tutti venivano velocemente scaricati, sebbene con una parola gentile e un sorriso, senza che la loro curiosità circa la sua solitaria presenza ai cancelli della scuola venisse soddisfatta.
Il ragazzo, dopo aver salutato l’ennesimo gruppetto di ragazzi, stava osservando benevolo i maldestri tentativi di un paio di ragazzini del primo o secondo anno nell’evadere dalla sorveglianza di mastro Gazza, sebbene vista la distanza che li separava non riuscisse a cogliere le parole, quando una voce improvvisa gli fece sobbalzare il cuore in gola e vanificare ogni suo tentativo di rilassamento.
-Evans! Non ti avevo vista!- starnazzò James, incredulo di non averla vista arrivare. La sua chioma rossa era sempre ben visibile tra la folla e gli permetteva di individuarla in pochi secondi, anche se circondata da centinaia di studenti.
Solo dopo aver incontrato il suo sguardo si ricordò della mancanza di quella chioma. Nonostante fossero passati giorni, ormai, da che la tinta fattale da Emmaline fosse diventata resistente a incantesimi di rimozione di ogni genere, e Lily li aveva provati senza nessuna esclusione, lui ancora non ci si era abituato.
E quel maldestro tentativo di cambio di look, che aveva visto la ragazza entusiasta esattamente quanto lui, non solo non gli andava giù, ma gli aveva appena fatto perdere vent’anni di vita. Vederla da lontano gli avrebbe permesso di mettere su il suo sorriso migliore, di salutarla da lontano e andarle incontro, di dirle quanto fosse bella quel giorno. E invece non solo non aveva fatto niente del genere, ma pure aveva fatto la figura dell’idiota, spaventato come un cerco braccato.
Stupido James!
-Accidenti, sono in ritardo?- chiese la voce di Evans, trafelata e sconvolta esattamente come i suo capelli ancora biondi raccolti malamente in una treccia appoggiata sulla spalla destra.
-No!- rispose velocemente, forse troppo, e tossicchiando cercò di rimediare a quella goffa uscita –No, ero io a essere in anticipo.-
-Addirittura, James? Probabilmente è la prima volta da sempre!- scherzò lei, sebbene il sorriso poco convinto che le stazionava in viso facesse capire che lui non era il solo a essere nervoso. Tuttavia il ragazzo si costrinse a ridacchiare, cercando di mascherare quanto possibile l’agitazione come stava facendo anche lei, temendo che avrebbe soltanto peggiorato la situazione.
-Andiamo?- chiese Evans, spostando il peso del corpo da un piede all’altro, e tormentandosi le mani senza nemmeno rendersene conto.
James si limitò ad assentire con la testa e con ancora la compagnia di quel senso di fastidio si avviarono alla volta del paese. Il ragazzo non poteva che sperare che il clima si scongelasse una volta seduti davanti a una burrobirra o un the caldo e tornasse sui toni che l’avevano caratterizzato nell’ultimo periodo, perché altrimenti le sue coronarie non avrebbero retto.
Perché Evans non si stava pentendo di avergli chiesto di uscire. Giusto?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 

***

 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
-Scordatelo! Non metterò piede li dentro!- il tono deciso di Lily fece capire al suo accompagnatore, senza scanso di equivoci, che optare per Madama Piediburro non fosse stata un’idea particolarmente brillante. Eppure gli era parsa la scelta migliore.
Avevano camminato per quasi due ore al freddo, e qualcosa di caldo sarebbe stato sicuramente bene accetto da entrambi. E se, in un primo momento aveva dato ascolto ai consigli fornitigli da Sirius e optare per I Tre Manici di Scopa, si era ricreduto nel momento in cui la ragazza al suo fianco aveva sbuffato per l’ennesima volta lanciando occhiate malefiche a un gruppo di ragazzine Tassorosso, forse del terzo o quarto anno, che spiavano ogni loro mossa e commentavano tra loro.
Potter aveva sperato che tutto quell’osservarli e commentare con voci nemmeno troppo basse, e perciò perfettamente udibile alle orecchie fini di una come Evans che aveva fatto della caccia notturna per disertori del coprifuoco un’arte, fosse passato inosservato a lei. Ovviamente, però, era un povero illuso che non sapeva più dove battere la testa, perché lei aveva visto e sentito tutto, con quell’istinto infallibile che la caratterizzava da sempre e che la rendeva un temibile prefetto, e il suo umore era andato peggiorando.
-Ma Evans lì…- provò a spiegarle, convinto che in una sala da the allestita a uso e consumo di coppiette più o meno diabetiche, il loro ingresso sarebbe passato inosservato.
Dopotutto se gli altri avventori erano occupati a mangiarsi la faccia tra loro e scambiarsi profferte amorose pronte a venire disattese nel giro di un paio di settimane, perché mai loro avrebbero dovuto destare così tanto interesse?
-Solo le più disgustose coppiette vanno li dentro.- Lily chiarì il suo punto di vista con tono lapidario e definitivo. E dalla smorfia di schifo ben evidente sulla sua faccia, anche ciò che pensava sul genere di coppiette che frequentavano il posto.
-Appunto! Hanno di meglio da fare!- esclamò James, con una nuova infelice uscita che gli fece accapponare la pelle nel momento in cui si rese conto di aver davvero detto una frase del genere.
-Intendi di meglio da fare per spettegolare su me e te insieme, vero?- chiese gelida la ragazza.
Evans si stava pentendo di essere uscita con lui, se prima era solo una possibilità e poi un timore, adesso ne era certo. Aveva notato le occhiate che ricevevano dietro ogni angolo o vetrina. Aveva sentito alcuni dei commenti che nessuno aveva nemmeno tentato di celare. E, adesso, aveva capito di non essere la sola a sentirsi a disagio. Come poteva andare peggio?, si chiese disperato il ragazzo.
-No! Voglio dire…andiamo Evans, è ovvio che siano curiosi di vederci insieme. Quanti anni sono che ti chiedo di uscire, finendo ogni volta rifiutato come l’ultimo degli sfigati?- le chiese James alla fine, con uno tono di voce strano dovuto all’esasperazione che sentiva.
-Solo perché tu sei abituato a stare sotto i riflettori non significa che anche gli altri si divertano nello stesso modo.- gli rispose lei ancora con lo stesso tono gelido, prima di voltargli le spalle e incamminarsi verso la fine di Hogsmade, completamente indifferente al fatto che lui la seguisse o meno.
James rimase per alcuni minuti immobile, guardandola allontanarsi sempre più, con l’animo diviso tra la rabbia per quello che la ragazza gli aveva appena riversato addosso, e il senso di impotenza dato dalla consapevolezza che tutto, tutto quanto, era andato allo sfacelo.
Il peggio che poco prima non era riuscito ad immaginare, si era puntualmente presentato per chiedergli il conto.
Era arrabbiato con Lily. Lo era in un modo che non credeva possibile. Non con lei, almeno.
Il ragazzo strinse i pugni con rabbia, talmente forte da conficcarsi le unghie nei palmi incidendoli con tante piccole mezze lune rossastre.
Con che diritto gli diceva quelle cose? Come se non lo conoscesse affatto, come se gli ultimi mesi non fossero stati che un gioco. Sperava che fosse arrivata a vedere più della facciata scintillante che mostrava a tutti, sperava che se anche non era arrivata a conoscerlo davvero, almeno fosse riuscita a intravedere oltre la facciata, a vedere James, non solo Potter. E invece si sbagliava, ma forse non solo su quello. Chi diavolo glielo faceva fare di continuare a rincorrerla, ancora e ancora, quando lei non voleva mai fare un passo nella sua direzione?
-Ehi Potter, ti sei fatto scaricare da una mezzosangue?- gli urlò divertito un ragazzo di cui conosceva soltanto la casa di appartenenza. Serpeverde.
-Adesso almeno sappiamo che c’è qualcosa di ancora più patetico di sbavarle dietro per anni.- continuò un altro, Flitt, il battitore della squadra di Quidditch.
Sirius lo chiamava amichevolmente Bubotubero Gigante, in onore della forma che aveva preso la sua testa dopo una partita particolarmente agguerrita conclusasi con una vittoria dei Grifoni, durante la quale il ragazzo era stato preda di una quanto mai insolita ribellione dei bolidi, che avevano eletto la sua testa come punto d’impatto d’eccellenza. La sera, ricoverato in infermeria sotto le sdegnate cure di Madama Chips, aveva talmente tanti bernoccoli, e dalle svariate nonché notevoli dimensioni, che sembrava proprio una di quelle piante bitorzolute.
Una volta, molti anni prima, in realtà solo fino all’anno scolastico precedente, James non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a prendere la bacchetta e maledirli fino a ridurli in gelatina di mandragora. Quel giorno, invece, la bacchetta rimase tranquilla nella sua tasca, sebbene il pensiero fosse una prospettiva così allettante da fargli prudere le mani, ma sapeva che la magia non era la risposta giusta e non perché lanciargli una fattura non sarebbe stato deliziosamente sublime, ma perché non ne aveva il tempo. Ne prese comunque nota, trovando l’idea di infierire su Bubotubero e la sua squallida compagnia il modo ideale per tirare su di morale il suo migliore amico, almeno un po’. L’unico scherzo in grado di risollevare davvero il morale di Sirius sarebbe stato affatturare alle spalle Voldemort e fargli spuntare un ridicolo naso da clown, al posto di quello inesistente che vantava secondo le informazioni strettamente riservate che sua nonna  Dyside aveva condiviso con lui quell’estate, ma lo vedeva un po’ difficile da attuare.
-Di più patetico ci sono solo le tue abilità su una scopa, Flitt.- gli rispose acido James, prima di imboccare la stessa strada che aveva percorso Evans qualche minuti prima, cercandola con lo sguardo.
Potter cominciò a correre per stradine poco frequentate, inseguendo il cappotto azzurro che indossava la ragazza, rischiando anche di scivolare in una pozzanghera particolarmente profonda e rompersi l’osso del collo nel più squallido dei modi, non per questo, però, rallentò il passo, troppo interessato a raggiungere Lily per porsi simili piccoli problemi.
La raggiunse dopo un centinaio di metri, chiedendosi come diavolo una ragazza potesse camminare così in fretta da dovergli correre dietro, soprattutto ricordando come le rampe di scale per arrivare alla torre di Astronomia l’avessero ridotta a uno straccio.
Quella donna era una contraddizione vivente!
-Evans! Accidenti a te, aspetta!- le urlò arpionandole un braccio per arrestare la sua marcia.
Il ragazzo ottenne però solo di farla sbuffare irritata e prendere a camminare ancora più in fretta, incurante della stretta al polso così come del ragazzo che si trascinava appresso.
-Non fare la bambina isterica e fermati a parlare.- la rimbrottò ancora, tirandola e facendola inciampare, ma riuscendo a fermarla, nonostante l’occhiata omicida che si guadagnò.
-Forse è proprio quello che sono. Non dovresti perdere il tuo tempo con me.- gli sibilò lei senza cercare di liberarsi, ma riprendendo a camminare.
-E comunque muovermi mi aiuta a sbollire, quindi dovresti solo essere felice che me ne sia andata, invece di urlarti addosso.- continuò sullo stesso tono.
James la guardò furente, non sapeva perché ma quell’atteggiamento riusciva solo a sobillare la rabbia che l’aveva colto dopo il suo inopportuno sfogo davanti a Madama Piediburro e che l’incontro con Flitt aveva solo reso più molesta.
-Magari invece avrei preferito che lo facessi. Che per una dannata volta, invece di trincerarti dietro preconcetti e idee sbagliate, ti saresti degnata di darmi un’accidenti di spiegazione!- le rispose il ragazzo con voce contratta dalla rabbia.
Vide gli occhi di Evans sgranarsi, ormai anche lei saldamente piantata per terra come lo era lui, entrambi in posizione da battaglia.
-Che cosa vorresti dire, adesso? Mi stai dando della superficiale?- gli urlò addosso isterica Lily, con gli occhi brucianti. Se uno sguardo avesse potuto uccidere, lui sarebbe stato bello e che stecchito al suolo. Ma anche lei sarebbe stata ridotta parecchio male.
-E cosa c’è di male, non è quello che hai detto tu a me poco prima?-
-Questo perché lo sei, se il tuo primo problema in questi anni è stata la figura di sfigato che facevi quando ti rispondevo di no!-
-Ti ho mai dato questa idea? Quando? Quando ogni finesettimana ti chiedevo di uscire, di nuovo e di nuovo e di nuovo, fingendo di ignorare il modo in cui mi avevi scaricato la volta prima?-
-Ma chi te lo ha mai chiesto? Nessuno ti ha mai chiesto di renderti ridicolo davanti a tutta la scuola, certamente non io.- gli strillò lei in risposta.
-Ho sempre pensato che ne valesse la pena. Che tu, ne valessi la pena. E invece sei solo una ragazzina immatura che vede solo quello che vuole.- era inutile negare che tutte le delusioni accumulate negli anni stessero venendo fuori, proprio in quel momento, senza che lui volesse fermarle in alcun modo.
-Ho sempre e solo visto questo, di te, perché è quello che mi hai sempre mostrato. Il grande Potter. Quello fantastico su una scopa o a inventare incantesimi idioti per ridicolizzare i compagni. Quello che..-
-Eppure non mi sembrava che nell’ultimo periodo ti fossi lamentata. Anzi sembravi divertirti parecchio, in compagnia di uno come me.- le disse lui, gelido tanto nel tono quanto negli occhi.
Era la prima volta che le parlava così. Lo sapeva lui e, osservandola, lo sapeva anche lei. Ma non si sarebbe rimangiato una singola parola di quelle che aveva appena pronunciato.
-Questo cosa vorrebbe dire? Non ho mai pensato niente del genere, nell’ultimo periodo.- rispose in un soffio Evans, colpita dalle sue parole come poche altre volte.
-Eppure non ti sei fatta il minimo scrupolo a pensarlo adesso. A pensare che mi crogiolavo nell’evidenza di averti convinto a uscire con me e nell’interesse che questo provocava negli altri.-
-Mi ha infastidito l’indifferenza con cui hai sistemato la faccenda, la povera vittima incompresa dalla stronza di turno. Come se ti avessero costretto a farlo, a starmi dietro per anni, a incaponirti con me,  a prendertela con chiunque mi stesse vicino per più di un minuto. Ti comportavi con lo stesso comportamento superiore con cui te la prendevi con Severus!- gli rinfacciò.
-Ma non ti è mai passato per la mente, in tutti questi anni, che potessi essere geloso? Sempre? Ogni singola volta che ridevi con Piton? Quando studiavate insieme o che lo cercavi tra una lezione e l’altra? Non ti è mai passato per la testa che l’unica cosa che volevo fosse essere al suo posto? Al tuo fianco? Credi davvero che avrei perso tutto questo tempo con te, a pensare a te, a cercare di riabilitarmi ai tuoi occhi, per poi prenderti in giro appena ne ho l’occasione? Se avessi voluto solo una scopata, mi sarei trovato un’altra, e invece ci sei tu. Ci sei sempre stata tu.-
La vide sbattere le ciglia e corrugare la fronte, abbassando poi lo sguardo a terra e spostando il peso da un piede all’altro senza rispondergli. Evans sospirò un paio di volte, guardandosi intorno a disagio, prima di voltarsi di nuovo verso di lui e decidersi a parlare.
-Io non sono come te, James. Non sono abituata a fingere che quello che mi succede intorno non mi tocchi. Mi hai visto, vado fuori di testa come una pazza.- confesso alla fine, una mano a giocare con i capelli e l’altra a stringere il cappotto.
-Nessuno te l’ha mai chiesto, Evans.- rispose lui adesso più tranquillo, sebbene il ghiaccio nella voce non si fosse ancora sciolto del tutto.
-E’ vero, non l’hai mai fatto. E te ne sono grata, davvero. Ma poi ti guardo e ti vedo tranquillo. Puoi essere a pezzi o arrabbiato con il mondo, ma non lo fai vedere. Io ti guardo, e continui a essere il ragazzo sorridente di sempre, quello che tutti vogliono affianco. Ma io non lo voglio, quel ragazzo. Non ti voglio, quando fingi che niente possa colpirti, che vada tutto bene.-  gli disse con voce affannata, mangiandosi le parole a tratti, dalla foga con cui parlava.
-Ma di che stai parlando?- le chiese confuso James, avvicinandosi di un passo, abbastanza vicino da poter sentire il suo profumo, eppure comunque abbastanza lontano da doverne fare almeno altri tre prima di poterla abbracciare.
-Tu ridi sempre, James. Anche quando non devi. Forse anche quando non vuoi.- si zittì Lily, mordendosi le labbra con sguardo preoccupato, indecisa se continuare o meno –E questo lo so, lo vedo da anni, anche se prima non l’avevo mai capito. Non avevo mai capito che io  non lo voglio, quel ragazzo. Non ho mai voluto Potter. Ho sempre voluto James, fin dal primo anno. Come amico, come ragazzo, come compagno. Ma tu devi darmi modo di conoscerlo. Voglio conoscerti quando qualcosa non va, quando ci sono problemi, quando divento isterica o faccio la stronza, non solo quando siamo soli e nessuno può mettersi in mezzo. Perché in quel caso, tu continuerai a farlo ,ogni volta, e questo non posso accettarlo.-
-Continuerò a fare cosa?-
-A mettere la maschera, una delle tante. Ma te l’ho detto, io non voglio una maschera. Quel giorno alla torre, dopo il nostro primo bacio, ti ho chiesto una possibilità per conoscerti. Ero seria, James. Volevo davvero vedere oltre la scintillante facciata che mostri al mondo. E a volte ho visto oltre quel velo. Ti ho visto figlio, amico, nipote. E ho visto un ragazzo fantastico, talmente fantastico che lo voglio accanto ogni giorno.-
-Evans..-
-E prima, per la prima volta, sei stato quel ragazzo fantastico anche con me, fino in fondo. Perché non c’erano filtri. Perché, per una volta, c’eri tu al primo posto, al primo posto in qualcosa che conta. Mi urlavi addosso perché eri arrabbiato, perché forse mi stavo comportando da stronza. Per una volta, finalmente, io facevo la stronza e tu non ridevi.-
-Quindi vuoi che mi comporti come un cafone?- chiese con un tono strano, confuso esattamente come lo era lui in quel momento.
Non credeva che Lily pensasse quelle cose. Non credeva nemmeno che fosse arrivato a capirle, perché nessuno l’aveva mai fatto. Nessuno al di fuori del protetto nucleo che era la sua famiglia e i ragazzi. Dissimulare per lui era un’arte, il modo migliore per proteggere se stesso e le persone che gli erano care. Era in quel modo, con sorrisi scintillanti e una vita di disinteresse verso le regole, che proteggeva da anni Remus e il suo segreto, che lui e Sirius nascondevano il fatto di essere Animaghi.
Nessuno avrebbe mai sospettato niente per il semplice fatto che pensavano non ci fosse niente, oltre la bella facciata che usava ogni giorno. Solo Piton aveva capito che nascondevano qualcosa, ma l’aveva fatto solo perché voleva screditarli a ogni modo agli occhi di tutti, di Evans per prima. Era riuscito a guardare oltre l’apparenza, ma per i motivi sbagliati, e così ne era rimasto accecato, costruendo lui stesso una nuova maschera intorno alla verità perché aveva visto solo quello che voleva vedere.
Ma Lily era diversa e gli stava dicendo la cosa più paurosa e contemporaneamente bella che potesse immaginare. Quando aveva detto che non lo voleva si era sentito morire, credendo che quell’orribile appuntamento avesse distrutto tutto quanto, ma invece l’aveva stupito come faceva ogni volta che abbassava appena la guardia in sua presenza. Non si sarebbe stupito se quanto, se, le avesse detto di Remus lei avesse replicato che non era poi un gran problema, a patto di stargli lontana in certi momenti.
Fu la voce di lei a riportarlo al presente. Cosa le aveva chiesto? Era talmente concentrato nei suoi pensieri che nemmeno lo ricordava.
-No, voglio che tu sia te stesso. Che tu la smetta di continuare a sorridere anche quando vuoi strozzarmi o schiantarmi perché sono insopportabile. Perché lo so, di esserlo. Julie non fa che ripetermelo da anni. Ma James io, con te, ci voglio litigare.-
-Non abbiamo fatto altro in questi anni.- il ragazzo continuava a contestarla per il solo gusto di farlo, di costringerla a continuare a parlare. Per una volta senza orgogli e pregiudizi da ambo le parti. E dal modo in cui la vide sorridere, un sorriso appena accennato e ancora venato di imbarazzo, seppe di aver fatto la cosa giusta.
Perché per anni l’aveva sognata sorridergli, baciarlo. Ma, col senno di poi, capì che avrebbe dovuto sognarla con quell’espressione. Determinazione e dolcezza insieme, come se in un modo che nemmeno lei si sapeva spiegare stesse difendendo se stessa, loro due insieme, quando invece nella vita non aveva mai fatto altro che condannare anche la sola idea.
-Ma lo abbiamo fatto nel modo sbagliato. Urlarti addosso dopo una delle tue idiozie non è il litigare che intendo io. Voglio vederti arrabbiato, James, come lo eri prima. Fregatene di quello che penso, che possa decidere di evitarti domani, che voglia strozzarti o che quello che dici possa non piacermi, fregatene abbastanza da dirmi quello che pensi tu. Che pensi davvero.-
-Oltre ai ragazzi nessuno aveva mai avuto niente da ridire sul mio sorriso. Lo trovano tutti decisamente affascinante.- si pavoneggiò con il sorriso scintillante che lei aveva appena detto di odiare, facendo contemporaneamente un passo avanti, desideroso di toccarla.
-Oltre ai ragazzi, non hai mai lasciato avvicinare nessun altro abbastanza perché potesse farlo. E Sirius non sembra il tipo da sciogliersi per un tuo sorriso.- replicò lei divertita, capendo di avercela fatta. Di aver superato un muro, l’ennesimo dei tanti che aveva già sfondato.
Vedendola adesso tranquilla, senza più la rabbia per le sue battute idiote o per la curiosità che suscitavano, decise di chiederle quello che gli interessava davvero. Doveva sapere, non poteva rimandare solo per paura di perderla. Non più.
-E tu lo vuoi? Che ti lasci avvicinare? Perché potrei non piacerti. Potresti renderti conto che stai sprecando il tuo tempo e…-
-E tu? Non hai mai pensato lo stesso di me?- gli chiese tranquilla, con quella passiva e dolce tranquillità con cui si parla solo di qualcosa cui si è pensato a lungo e in ogni sua sfaccettatura. La sicurezza di chi vuole quello che si sta chiedendo.
James rimase in silenzio, come a pensare davvero alle parole che le aveva appena sentito pronunciare. Perché non aveva mai immaginato che sarebbero arrivati a quel punto, non per davvero. Che lei avesse quel tipo di certezza per lui, per loro.
-Potremmo rovinare tutto, adesso che finalmente mi stai dando una possibilità..
-E allora tu danne una a me. Anzi, danne una a noi. Perché continuando a tenerti tutto dentro, a fingere di non vedere quanto io sia nevrotica o fuori di testa, quanto ti irriti o ti faccia male, alla fine sarai tu, quello a non farcela più. E se proprio deve finire, almeno sarà dopo che ci abbiamo provato, provato sul serio, rovinando tutto quanto perché abbiamo fatto di tutto per sistemare le cose e non perché non ci fidiamo abbastanza dell’altro da dover nascondere i problemi perfino ai nostri occhi.-
Fu Lily a compiere gli ultimi due passi che li separavano, allungando poi le dita per intrecciarle alle sue.
Era tranquilla adesso e anche la rabbia che era divampata in lui era svanita come un sogno, lasciando dietro di sé solo il fumoso ricordo delle memorie oniriche.
-Fa paura.- ammise James, abbandonando la testa sulla spalla di lei, senza però fare niente per abbracciarla. Sentirla vicina, la sua mano nella propria e l’ossatura delicata della clavicola sotto la fronte, gli bastava per trovare il coraggio di dirlo. A se stesso quanto a lei.
-Lo fa davvero. E sarà dura. Litigheremo in continuazione, vorrò strozzarti e tu vorrai solo soffocarmi con un cuscino o spaccarmi la testa con un libro. Cercherò di farti cambiare idea ogni volta che non sarò d’accordo e ti costringerò a studiare come un matto a giugno. E Remus sarà dalla mia parte. Continuerò a toglierti punti per i tuoi scherzi idioti e non riuscirai a corrompermi in nessun modo, avverti Sirius al riguardo..- cominciò a elencare lei di fretta, per la prima volta dandogli libero accesso ai suoi pensieri senza censurarli prima di esporli.
James, ancora immobile contro di lei, sorrise ascoltandola, intimamente felice del sottinteso che le sue parole comportavano.
-Stai facendo piani per il futuro.- la interruppe dolce alla fine, stringendole poi un fianco con la mano libera.
Il silenzio che accompagnò lo incuriosì abbastanza da fargli alzare la testa per guardarla negli occhi, ma fu la rigidità del corpo di lei, quando fino a pochi secondi prima era morbido e rilassato, a spiazzarlo.
Quando incontrò finalmente gli stupendi occhi verdi di lei, James corrugò la fronte, vedendo lo sguardo esitante che gli stava rivolgendo.
-Ed è un problema?- gli chiese alla fine, con una voce strana, indecisa, titubante, che non le apparteneva.
-No, se questo significa che c’è un futuro da programmare.- le rispose cauto, stupito da una risposta che, credeva, dovesse risultare scontata.
La osservò allontanarsi di un passo, con la mano ancora stretta nella sua, prima di incamminarsi di nuovo vero il villaggio. James la seguì condiscendente, decidendo di non pressarla sebbene fosse evidente che qualcosa, qualcosa che aveva detto, l’avesse turbata.
Erano di nuovo nei pressi della via principale di Hogsmade, quando con la coda dell’occhio la vide portarsi una mano alla bocca per tirare con i denti le piccole pellicine intorno alle unghie. James non poteva evitare di guardarla di nascosto, incurante di non prestare attenzione a dove metteva i piedi, tanto era il desiderio di baciarla, in quel momento. Cosa avesse lei in quel momento, in quell’immagine, di così attraente da fargli nascere quell’impellente desiderio non riusciva a capirlo, ma sapeva solo che doveva farlo. Eppure non riusciva a convincersi a piegare la testa verso di lei, era come se una consapevolezza nuova e a lui sconosciuta gli fosse apparsa improvvisamente, a ricordargli che c’era qualcosa che la angustiava e che andava risolto, prima di poterla baciare davvero.
Aspettò ancora alcuni secondi prima di mandare al diavolo ogni cautela e decidersi a parlare.
-Cosa c’è che non va, Evans?- chiese.
-Cosa? Oh, niente! Assolutamente niente!- rispose lei con un improvviso enorme sorriso sul viso.
James la guardò ancora, dentro l’istinto di anni, che gli intimava di lasciar perdere e accettare tutto quello che lei aveva da dargli senza troppe domande, che si scontrava con quella strana consapevolezza, che invece premeva verso la risoluzione opposta.
Capire, capirla, erano diventati una necessità in quel momento più che mai prima.
-Lily, io, con te, ci voglio litigare.- le disse allora, tirandola abbastanza da costringerla a fermarsi per guardarlo negli occhi.
Vide quelli di lei allargarsi dallo stupore e dal piacere, sentendosi chiamare per nome Perché non mi chiami Lily?” lo interruppe, dando voce a un pensiero che le girava in testa. “Beh…perché adesso so di poterlo fare. E voglio godermelo, visto quando ho faticato per poterlo fare”, sentendogli dire le stesse parole che aveva detto lei poco prima, Ma James io, con te, ci voglio litigare”.
La vide sospirare sconfitta, abbassare le spalle e lanciargli un’occhiata imbarazzata, ma alla fine decidere comunque a parlare.
-Non volevo chiedertelo per non sembrarti una maniaca ossessiva del controllo, ma sei stato tu il primo a parlarne, quindi…Potter, ma noi cosa siamo?- chiese tutto in un fiato, il viso rosso che, stranamente, non faceva più a pugni con i capelli, ma la faceva solo sembrare più bella. Teneramente bella.
James rimase in silenzio per alcuni secondi, pensando attentamente a quello che gli aveva chiesto.
-Credevo che avrei dovuto pregarti in ginocchio per farti anche solo accarezzare l’idea, Lily.- rispose alla fine con quell’espressione seria e sicura che assumeva a volte e che lo faceva sembrare così più grande e affascinante. Un’eco dell’uomo che sarebbe diventato.
-Allora?- chiese di nuovo, stavolta con il tono inflessibile che le era tipico. Forse si aspettava che la prendesse in giro, per quello che aveva detto.
Nella sua mente, Lily Evans, era la sua ragazza da tutta una vita.
Lo era diventata al primo anno grazie al suo bizzarro modo di vestire, così oggettivamente estraneo al mondo in cui vivevano.
Lo era diventata al secondo quando aveva iniziato a rispondergli a tono, incurante di rischiare di inimicarsi l’unico figlio dei Potter.
E al quarto, quando le sue gambe avevano iniziato a risultargli così interessanti da guardare.
E poi ogni giorno da allora, prima a livello solo inconscio, preda di un fastidio verso tutti quelli che le stavano intorno che non sapeva spiegarsi, e poi anche a livello razionale, quando aveva capito che lei era speciale, unica ai suoi occhi.
Nella sua mente, Lily Evans, era la sua ragazza da tutta una vita. Con il tempo era diventata anche ogni altra cosa e perseguiva l’obbiettivo con la stessa sicura cocciutaggine con cui scendeva in campo a ogni partita per prendere il boccino.
Sarebbe stata sua, un giorno. Ne era stato sicuro da sempre, Sirius e gli altri ragazzi a testimoni della sua convinzione, ma non credeva che quel giorno sarebbe mai arrivato. Non così in fretta.
Sorrise incredulo, baciandola ovunque sul viso, il naso, gli occhi, le guance, le labbra, prima di prenderla in braccio e farle fare un giro su loro stessi, facendola strillare divertita, mentre gli artigliava le spalle.
-Voglio anche io quello che vuoi tu. L’ho voluto prima di te e ho continuato a volerlo per più tempo. Ti voglio, Evans. Come amica, come ragazza, come compagna.- le disse tutto d’un fiato, appena l’ebbe permesso di poggiare i piedi al suolo.
-Anche se non so gestire lo stress, se odio i pettegolezzi o se sono diventata quasi isterica, stamattina, quando sono state le ragazze a chiedermi cosa fossimo?- chiese ancora lei.
-Lily, guardami. Ti voglio stressata per la scuola e in paranoia per quello che dicono i pettegoli di noi. Ti voglio infuriata perché io e Sirius abbiamo sigillato l’aula insegnanti o quando non rispettiamo i coprifuoco. E ti vorrò quando non ti sveglierai in tempo per prepararmi la colazione o sarai spaventosa per il ciclo o con voglie orribili e un pancione enorme.-
Lily rimase immobile a guardarlo, con gli occhi via via più lucidi al progredire del suo discorso. Non aveva mai pensato che, un giorno, qualcuno le avrebbe detto parole così belle. Proprio a lei, così piena di mille difetti e manie. E invece aveva James davanti, le sue mani calde ferme sulle sue guance, con il viso appena arrossato per la confessione che gli era appena uscita dalle labbra, pronto a giurarle di volerla in ogni circostanza.
Lily rimase immobile a guardarlo, a guardare quel ragazzo fantastico che le aveva appena aperto il cuore per poterglielo regalare con una semplicità, una tranquillità e un sicurezza che solo un sentimento sincero potevano dare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
 
 
Un paio d’ore dopo, camminando tranquilli mano nella mano nel sentiero che collegava Hogsmade alla scuola, Lily realizzò improvvisamente il significato nascosto dietro le ultime parole che gli aveva detto il ragazzo.
 
 
 

[…] E ti vorrò quando non ti sveglierai in tempo per prepararmi la colazione
o sarai spaventosa per il ciclo o con voglie orribili e un pancione enorme.

 
 
 
 
Un pancione enorme.
James la immaginava incinta, preda delle peggiori voglie da gravidanza che si potessero immaginare, ma, soprattutto, con un pancione.
Le prese in giro delle ragazze, quella mattina, le tornarono in mente, atterrendola esattamente come avevano fatto con quella storia dello stare insieme.
-Potter, ma sei sicuro che non ci siano episodi di parti gemellari in famiglia?- chiese terrorizzata anche dalla sola possibilità.
Per tutta risposta James se la strinse contro, abbracciandola alla vita e poggiandole, era sicura che l’avesse fatto apposta, il maledetto, una mano sul ventre, carezzandola appena, esattamente come qualunque  futuro padre avrebbe fatto con la madre di suo figlio e ridendo divertito anche quando lei gli pestò per dispetto un piede.
-Idiota! Ero seria!- sbottò caustica Lily, allontanando anche la mano prima che qualche altro mentecatto ricominciasse a far circolare per la scuola l’idea che fosse davvero incinta.
Lui rise di nuovo, attirando occhiate da tutti gli studenti che percorrevano come loro il tragitto per tornare a Hogwarts, senza degnarla di una risposta.
-Idiota.- borbottò di nuovo la ragazza, stringendogli però un braccio al fianco e continuando a camminare tranquilla verso la scuola.
Un paio di ore prima, tutte quelle occhiate, sommate alle illazioni delle amiche l’avevano fatta andare fuori di testa, adesso invece si crogiolava nel calore del corpo di James vicino, nel sentire la sua stretta tranquilla sul fianco, sopportando perfino le sue stupidaggini con un sorriso.
-La mia ragazza.- gli sentì mormorare piano tra i suoi capelli, prima di lasciarle un bacio leggero sulla testa. Se non fosse stata così attenta a lui, non l’avrebbe sentito, tanto basso era stato il suo tono.
Si sarebbe persa il piacere evidente con cui lui accarezzava quelle parole sulla lingua.
In qualche modo, anche quel giorno, James Potter aveva fatto la sua magia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





 
 
 
ANGOLO AUTRICE.
Ce l’ho fatta. Finalmente ce l’ho fatta. Dopo mesi e mesi sono riuscita a completare il nuovo capitolo. Credo tutto dipenda dal fatto di aver finalmente finito il tirocinio in ospedale, che in questi mesi ha assorbito la mia vita quanto il tempo per scrivere, come il peggiore dei buchi neri, ma anche la febbre da contest che mi ha preso in questo periodo.
Non voletemi troppo male, giuro che ogni volta mi ci metto di impegno. È che ventiquattro ore non bastano per fare tutto!
Innanzi tutto le scuse, che sono dovute a chi continua a seguirmi (siete dei santi) quanto ai nuovi arrivati, sempre ben accetti.
Personalmente ho adorato questo capitolo, come ultimamente li adoro tutto, ma è tutta colpa di James che è troppo puccioso per non farsi amare in qualunque circostanza. Continuerà ad essere adorabile anche quando metterò la parola fine a questa storia, ne sono sicura.
Passando al capitolo ho solo due parole da dire. E in pratica coincidono con il titolo. Le maschere stanno cadendo e, avendole chiamate in causa così spesso nel corso dei capitoli, potete immaginare quanto importanti esse siano. James con il suo sorriso, sempre e comunque, e Lily con i suoi preconcetti. Sono entrambi strumenti di difesa, che nel corso di questo capitolo mi hanno fatto pensare più volte a Elizabeth e Mr Darcy, tanto che alla fine ho dovuto farlo. Ho dovuto inserire un piccolo piccolissimo richiamo alla loro storia e al loro amore.
Per il resto se ci sono citazioni, sono sempre abbastanza evidenti, quindi non sto nemmeno a ricercarle per segnalarle.
Grazie a chi continua a seguirmi nonostante tutto.
Grazie a chi continua a recensire, mi fate sempre un immenso piacere, e prometto che entro domani vedrò di rispondere.
Se poi qualcuno avesse un po’ di tempo per mandarmi due paroline, sappiate che vi mando tutto il mio amore.
 
 



 
Non posso non inserire i link delle ultime storie che ho scritto e che hanno partecipato a contest rendendomi felicissima, un’originale e un’altra di Harry Potter, sempre nel periodo dei Malandrini.
 
Ha partecipato al contest “Time to say I do. Accio wedding ring” di Piratessa, sezione Harry Potter, classificandosi quarta:   Such a beautiful lie to believe in .
 
Ha partecipato al contest “Lasciati ispirare..da ciò che scegli”, di Changing, sezione originali, arrivando seconda: Isn't she lovely.
 
Se vi va fateci un salto, magari lasciatemi un commentino!
Un bacio grande grande.
Rebecca.
 
 
   
 
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