12.
Sua maestà
il Re aveva fissato la moglie per qualche secondo con occhi spalancati, poi
improvvisamente aveva abbassato lo sguardo ed era scoppiato a ridere, prendendo
l’assurda richiesta appena udita nell’unica interpretazione possibile: un
audace, e per certi versi irritante, scherzo a sue spese. Ma lo sguardo
impassibile che la Regina continuava ad ostentare fece sorgere qualche
perplessità e, mentre la risata lasciava lentamente il suo volto, che assumeva
adesso un’aria preoccupata, fu costretto a farsi ripetere la domanda.
“Si, Enrico,
avete capito bene…” confessò seriamente lei muovendo
qualche passo verso di lui “Voglio che Anna Bolena
non sia condannata a morte” ripeté poi scandendo bene le parole.
Enrico
scosse la testa sempre più esterrefatto “E cosa proponete invece?”
Caterina ci
pensò su un momento. “Che venga rilasciata, magari esiliata” rispose poi
alzando leggermente le spalle.
“Magari esiliata? Caterina, siete forse
impazzita?” urlò a quel punto lui incapace di trattenere il suo sconcerto.
“Non merita
la morte” mormorò lei semplicemente, mentre il ricordo dell’incontro con Elisabetta
le tornava alla memoria. Per quanto quella donna l’aveva umiliata e le aveva
causato dispiacere, era una donna e madre esattamente come lei.
“Ha provato
ad uccidere voi e Maria… Mi ha tradito con infiniti
amanti” ribattè il Re snocciolando le accuse mosse
contro la Regina caduta in disgrazia e rinchiusa nella Torre.
“E’ la madre
di vostra figlia”
“Elisabetta
è una bastarda!”
Un colpo
secco aveva scosso il pavimento e quel botta e risposta era improvvisamente
finito. Stavolta però non era stata di Enrico l’ira esplosa in quel momento e
la causa di quel rumore era stato il tacco di Caterina.
“Avete messo
a morte Tommaso Moro e il vescovo Fisher e Dio solo sa quante altre persone… E per quanto io desideri che Anna perisca, so che
la vendetta non porta a niente, il sangue non lava via il sangue” disse poi
lentamente, con gli occhi lucidi nel menzionare due dei suoi più cari amici,
periti durante la follia del marito.
“Bene!”
strillò allora lui, dopo qualche secondo, colpito inevitabilmente anche lui
dalla menzione di quei due nomi “Libererò Anna, ma dovrà starsene lontana
dall’Inghilterra, che se ne vada in Francia dal suo caro Francesco”
“Per me può
andarsene anche all’Inferno” replicò la donna secca “Ma non voglio essere io a
mandarcela prima del tempo”
“Attenta a
non finirci anche voi nel prestare aiuto a persone indegne” disse Enrico
lanciandole un’occhiata sprezzante raggiungendo a grandi falcate la porta.
Il tonfo
della porta sbattuta alle sue spalle, fece chiudere d’istinto gli occhi a
Caterina, ma l’attimo dopo erano di nuovo aperti, di nuovo sul libro di Dante.
E poteva anche andare all’Inferno, ma intanto iniziava la scalata in
Purgatorio.
**
Eccolo lì,
indagato tra gli amanti di Anna Bolena, sopravvissuto
alla sua precipitosa caduta in disgrazia e con nessuna fortuna rimasta tranne
le sue poesie... Eppure eccolo lì a strimpellarle davanti all'intera Corte.
Come diavolo faceva? Questo si domandava Charles bevendo un sorso di birra
chiara, ma fare un breve bilancio della vita di Thomas Wyatt,
lo aveva distratto solamente per poco dal suo pensiero costante, la principessa
Maria.
"Ahimè cosa farò per amore?"
La frase
della nuova poesia di Wyatt era riecheggiata alle sue
spalle e, voltandosi con un'espressione incuriosita sul volto, scoprì che era
stato un altro Thomas a parlare.
"Cosa
volete, Cromwell?" gli chiese bruscamente,
mentre il nuovo arrivato muoveva la sedia al suo fianco e vi prendeva posto con
un sorriso amaro.
"Non
dovreste adirarvi così" rispose il lord cancelliere allargando le braccia
"avete sposato la sorella del Re, non vedo che impossibilità per voi ci
sia nello sposarne la figlia" disse poi mentre il sorriso diventava adesso
ironico.
Suffolk
spalancò gli occhi, colto completamente alla sprovvista. Come faceva quell'uomo
a conoscere la natura del suo rapporto con Maria? Si era forse traditi con
qualche gesto, oppure era semplice intuizione? Scosse la testa e un lieve
sorriso apparve anche sulle sue labbra.
"Detto
da uno che freme dalla voglia di infilarsi nel letto della Regina"
commentò con aria di sfida.
Neanche lui
era messo male ad intuito, dopo tutto.
"Non.."
iniziò Cromwell, ritrovandosi adesso lui a corto di
parole.
"Non è
vero?" suggerì Brandon alzando un sopracciglio.
"Non
sono affari vostri" completò l'altro a denti stretti.
Il duca
sospirò pesantemente distogliendo lo sguardo, mentre il cancelliere abbassò gli
occhi lasciando tamburellare le dita sul legno davanti a lui con aria
pensierosa. Poi rialzò improvvisamente la testa e ogni traccia di provocazione
sembrava essersi dissolta dal suo volto.
"Parlate
con la Principessa" consigliò semplicemente "E buona fortuna"
aggiunse alzandosi nuovamente in piedi e guardando fisso davanti a sé.
Suffolk
seguì silenziosamente la direzione dei suoi occhi e quando si ritrovò davanti
il mite sorriso di Caterina, annuì con aria consapevole. In quel momento loro
due forse erano così diversi. Afferrò una manica della sua pesante tunica e lo
fece voltare.
"Anche
a voi, buona fortuna anche a voi"
**
I cancelli
che delimitavano l'area della Torre si aprirono davanti ai suoi occhi e un
sospiro le sfuggi dalle labbra. Alzò gli occhi: le grosse nuvole scure in
quella distesa grigia non promettevano nulla di buono, eppure a lei il cielo
non era mai sembrato così bello. Si prese qualche secondo per contemplarlo e
quasi non si accorse della piccola figura dai capelli rossi che si attaccò alle
sue gonne.
"Elisabetta!"esclamò
Anna piegandosi verso di lei e prendendola in braccio "La mia dolce
principessa" disse stringendola al petto, sentendo le lacrime pulsarle
negli occhi.
"Mammina,
adesso stai bene?" chiese Elisabetta guardandola con i suoi grandi occhioni, che tradivano ancora una certa preoccupazione.
"Sì, la
mamma starà benissimo" rispose una voce maschile davanti a loro.
Anna alzò
gli occhi e si ritrovò a sorridere di fronte al volto amico di Lord Giuliano.
Lui sorrise a sua volta e senza dire altro, condusse entrambe nella sua
carrozza, concedendo loro giusto il tempo di salutare l'atmosfera londinese.
Francia? Italia? Avrebbero lasciato presto l'Inghilterra e l'avrebbero fatto
insieme.
"Un
attimo!" esclamò l'ex regina prima di lasciarsi definitivamente tutto alle
spalle.
allungò una
mano sotto la manica destra dell'abito e lasciò scivolare tra le mani di un
servitore una lettera sigillata.
"Dovete
consegnarla alla... Regina Caterina" ordinò non senza una certa reticenza
nell'appellare la sua rivale con il titolo che aveva provato con tutte le sue
forze a strapparle.
Ma poi
sorrise e basta, sorrise incontrando di nuovo gli occhi rassicuranti di
Giuliano. Aveva la possibilità di essere amata e di amare, aveva la possibilità
di capire cosa vuol dire essere felici.
Non c'era
potere più grande.