“Così tu sei di Londra,
giusto?”
“No, ecco, non proprio… Gravesend è vicina a Londra, ma è un po’fuori”, rispose Nigel barcollando in avanti mentre
il treno costeggiava il fianco di un’alta collina.
Alasdair si appoggiò pesantemente al proprio baule per
evitare che dondolasse troppo.
“Ah, capisco”, mugugnò,
aggrottando le sopracciglia per lo sforzo.
“Già, vivo lì con mia mamma. Mio papà ci ha lasciati prima ancora che nascessi
e…”
“Oh”, mormorò Alasdair assumendo un’improvvisa aria contrita. “Mi… mi
spiace. Com’è successo?”
Nigel inarcò le sopracciglia al punto da farle sparire
sotto la netta frangia liscia.
“Be’,
come vuoi che sia successo? Ha aperto la porta ed è andato via, o forse s’è
Smaterializzato, o…”
“Ma quindi…” il visetto
composto di Al si illuminò per la comprensione. “Non è
morto! Pensavo che… no, niente! Ok ok ok, ho capito! Meglio!”
Nigel fece una piccola smorfia, e l’espressione lieta
sul volto di Al si spense di colpo, sostituita da un’aria
contrita.
“Ops…
scu-scusa, io non volevo, cioè… ecco…”
“No, no, non ti
preoccupare, ormai ci sono abituato. Forse dovrei essere arrabbiato con lui, ma
come faccio ad avercela con qualcuno che nemmeno conosco? E poi ho sempre mia mamma, i miei zii e i nonni… la famiglia non mi manca di
certo! E tu invece?”
Alasdair trasse un sospiro di sollievo.
“Io… be’, te l’ho detto,
no? Vivo in Scozia, e…”
“Accidenti”, esclamò Nigel sporgendosi in avanti ed osservando il baule su cui
era seduto Al, “è davvero bello! Io ho dovuto usare il
vecchio baule di mia mamma, è tutto sbucciato… la tua
famiglia è ricca?”
“In realtà…”
La conversazione fu
bruscamente interrotta dalla voce imperiosa di un Caposcuola.
“Hogwarts
è vicina! Indossate le divise, forza!”
Seguì una concitazione
sempre crescente, inevitabile quando un branco di
ragazzi cerca di cambiarsi in uno spazio angusto.
Nigel balzò in piedi come se si fosse ustionato, facendo
rotolare di lato la gabbia di Vortigern e
scatenandone l’ira funesta.
“Per la barba di Merlino! Ci
siamo!”
Al si alzò a sua volta,
insinuandosi tra i corpi stipati nei corridoi fino a raggiungere un finestrino.
“Grandi dei… vieni a
vedere!” trillò, premendo il naso contro il vetro freddo.
Nigel emerse dal collo della propria divisa nera, e
prima ancora di aver infilato le braccia nelle maniche caracollò verso il
finestrino.
“Ma è bellissimo…”
Senza fiato i due
ragazzini ammirarono per la prima volta lo spettacolo delle torri snelle del
castello di Hogwarts che svettavano contro il cielo
buio, con le mille e più finestre illuminate fisse come occhi sul lago placido.
L’Espresso rallentò
gradualmente.
“Dai, Nigel”,
lo esortò Al, tirandogli la divisa. “Dobbiamo
sbrigarci…”
Sbrigarsi era davvero un’ottima
idea.
Peccato fosse
anche dannatamente poco attuabile.
Nel giro di venti minuti
Al e Nigel si trovarono compressi nella fiumana di
gente che sciamava giù dal treno; Al aveva una serie
di lunghi graffi rossi sul dorso di una mano, causati da Etta, per nulla
incline a farsi infilare nel trasportino.
“Siamo ad
Hogwarts… non ci credo, siamo ad Hogwarts!”
squittì Nigel, fuori di sé per l’emozione, una volta
che furono riusciti a riappoggiare i piedi a terra.
“Primo anno… quelli del
primo anno da questa parte!” tuonò una rude voce maschile. Nigel
si alzò sulle punte, e oltre le spalle degli studenti riuscì ad intravedere la
luce di una lanterna.
“Dai, andiamo!” lo pungolò
Al, dandogli una spinta.
“Ma cosa succede ora? Perché
non andiamo con gli altri? Dove ci portano?”
“Non ne ho idea, sono
nella tua stessa situazione…”
“Io ho la bacchetta”,
sentenziò Nigel ostentando una sicurezza che non aveva
e sfoderando la bacchetta dalla tasca. “Quercia e drago, una bellezza. Non sarò un genio,
ma se sarà necessario io…”
“Tu non farai proprio
nulla”, cantilenò una vocetta femminile poco lontana.
Nigel e Al si voltarono. Una ragazzina della loro età,
molto più alta di entrambi e la faccia cavallina li guardò con supponenza.
“Siete due pivellini e non
combinerete proprio nulla. Ora stai zitto, nanerottolo, e allunga il passo… per
quanto ti sia possibile…”
La ragazzina scoppiò in
una fastidiosa risatina, a cui fecero eco le sue
amichette, alle sue spalle.
Nigel avvampò e chinò il capo, ma
Alasdair non riuscì a tenere la bocca chiusa.
“Che strano, non mi sembra
di aver mai visto un mulo che parla… fallo di nuovo, faccia
da mulo, è uno spettacolo divertente!”
La risposta a tono ebbe il
potere di mandare su tutte le furie la giovane studentessa.
“Tu… tu, piccolo, inutile…
tu, maledetto…”
“Maline,
lascia stare, dai… non ne vale la pena”, disse una seconda ragazzina,
trattenendole il braccio che aveva fatto scattare verso la tasca interna.
Alasdair e Maline si scambiarono
un’occhiata sprezzante; il movimento della colonna di studenti li separò.
Nigel, sempre con lo sguardo fisso sui propri piedi,
avanzò imbronciato. Da dietro giunse un coro di risate stridule, e Nigel incassò ulteriormente la testa tra le spalle.
“Grazie”, borbottò.
Al tirò
su col naso, ancora irritato.
“Devono stare zitte,
quelle oche. Sono solo delle femmine, cosa credono di poter fare?”
“Non… non era necessario.
Sono abituato a queste cose, anche quand’ero piccolo andava sempre a finire
così…”
Alasdair gli rifilò una pacca sulla spalla.
“Sì che era necessario.
Sei mio amico, e non permetto a nessuno di prendere in giro i miei amici!”
A quelle parole gli occhi
di Nigel si illuminarono; ogni traccia di imbarazzo
svanì dal viso paffuto e un ampio sorriso sottolineò le fossette sulle guance.
“Davvero? Be’, è vero, anche io avrei fatto così. Dopotutto siamo amici, ora!”
Il resto del breve
tragitto fu molto più allegro. L’euforia di Nigel era
tale da contagiare persino Al, e la vista delle
piccole imbarcazioni che li avrebbero condotti al castello strappò ad entrambi
una soffocata esclamazione di stupore.
Nigel balzò a bordo come una furia, guadagnandosi una
sgridata da parte del guardacaccia.
Alasdair, al contrario, si fermò al limitare dell’acqua,
guardando con vaga apprensione le piccole onde che si infrangevano sulla riva.
“Salta su!” gli gridò Nigel, già accoccolato a
prua.
“Io… non so nuotare”,
balbettò Al, indietreggiando di un passo. Due ragazzi
lo superarono, prendendo posto sulle panche insieme a Nigel.
“Non vorrai che ti rubino
il posto! Muoviti!”
“Non credo che… ecco…”
Alasdair chiuse gli occhi. Davanti a sé percepì un
movimento e un forte sciabordio; quando li riaprì, vide la mano tesa di Nigel, sporto fuori bordo verso di lui.
“Andiamo!”
Respirando profondamente
Al guardò la mano con una certa apprensione, finchè Nigel lo afferrò per il braccio e lo strattonò a bordo. La
barca beccheggiò paurosamente ma non si ribaltò.
“Hai visto? Non c’è nulla
di cui aver paura! Non ci rovesciamo, te lo prometto…”
Districandosi dal grumo di
vesti arruffate che gli erano ricadute sulla testa, Al si rialzò a sedere. Respirava
a fatica ed era molto pallido.
“Sono… su una barca. Io
odio, odio le barche, non potevamo
andare in carrozza come gli altri?” piagnucolò, lanciando uno sguardo disperato
alla riva che iniziava ad allontanarsi dopo la partenza.
Nigel scoppiò in una risata genuina ed aiutò l’amico a
sistemarsi.
“Andrà tutto bene, su! Un’esperienza
del genere non ti capiterà mai più!”
Al si sedette rigidamente
sulla panca, evitando di guardare giù verso le
profonde, misteriose acque nere che si estendevano per chissà quanto sotto il
suo sedere. Strinse forte le palpebre, ma non potè
evitare di socchiuderle quando tutti i suoi compagni si sciolsero in un
torrente di esclamazioni.
Hogwarts era proprio sopra di loro, una mole sterminata di
roccia antica che sembrava vibrare per la magia che la permeava; gli sguardi di
pietra dei cinghiali alati, secolari guardiani di pietra delle porte, si
incrociarono per l’ennesima volta a quello dei giovani maghi e streghe che si
accostavano a quelle mura fatate per trarne saggezza e potere.
Nigel, dopo aver squittito per tutto il viaggio, sempre più eccitato, ora taceva, la bocca spalancata almeno quanto
gli occhi. Alasdair si sporse in avanti,
avvicinandolo.
Il fremito dell’avventura
li fece tremare, e con un battito più profondo i loro cuori li avvisarono delle
meraviglie cui stavano andando incontro.