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Autore: ShiningCrowStelladelLeone    26/06/2013    6 recensioni
Avremmo mille cose da dire, mille dubbi e mille paure, mille richieste di leggere e recensire, mille dettagli da illustrarvi; ma tutto sarebbe inutile per convincervi ad iscrivervi alla grande Scuola di Magia e di Stregoneria di Avalon.
Sì, avete capito bene: è arrivata sul fandom di Harry Potter la prima fanfiction ad OC, dove voi siete i protagonisti assoluti.
Se avete mai desiderato frequentare una scuola di magia, allora entrate e preparatevi all'avventura!
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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 Yoooo minnaaa!!!! (Significa “ciao ragazzi”) Ebbene sì, ce l’abbiamo fatta! Ecco a voi il primo capitolo! Siamo davvero curiose di sapere se vi abbiamo annoiati o se siete incuriositi, se abbiamo descritto bene i vostri personaggi, ma in caso di  fraintendimenti o aggiunte dell’ultimo minuto mandateci un’e-mail che faremo in modo di migliorare, dopotutto è a nostra prima ff a OC :D Ci scusiamo se abbiamo dato poco spazio ai maschi, ma promettiamo che nel prossimo li faremo vedere di più state tranquilli. Ovviamente le iscrizioni sono ancora aperte, ma se dal prossimo capitolo non arriveranno altro iscritti aggiungeremo noi alcuni personaggi: non vorremo mai lasciare un Oc single XD Una precisazione, ci siamo trovate con due OC di nome Rebecca, ma trovando divertente che avessero lo stesso bome le abbiamo lasciate così; per distinguere, mentre nei discorsi diretti saranno tutte e due “Becky”, in quelli indiretti una sarà “Rebecca”, Rebecca Turner, e l’altra “Becky”, Rebecca Luxaeris.
Bene, una piccola domanda finale: Se ai fini della storia dovessimo far comparire una voglia sul vostro OC, dove la vorreste? Grazie!!
 
Ora, Buona lettura!
 
 
 
Capitolo primo: Cadute provvidenziali e gatti dispersi
 
 
 
Due ragazze arrancavano su una stradina sterrata, trascinandosi dietro due enormi bauli di almeno cinque tonnellate.

Attorno a loro c'erano chilometri e chilometri di macchia mediterranea, che si estendevano fino alla linea dell'orizzonte, dove i colori secchi della sterpaglia toccavano il cielo di un azzurro intenso.

“Anf, anf...Becky, sei proprio sicura che sia la strada giusta?” ansimò ad un tratto una delle due, guardando dubbiosa l'altra.

Quella si guardò attorno stranita, spalancando gli occhioni blu come se si fosse appena resa conto del fatto che stavano camminando da tempo immemorabile in un luogo sconosciuto e isolato dal mondo civilizzato.

“Anf, anf...ehm...non ne ho idea...” rantolò alla fine.

Ariel sospirò esasperata, poi lanciò un'occhiata alle due gabbiette da viaggio, in cui erano distesi a pelle di leone due micini agonizzanti per il caldo e si decise a fare qualcosa.

Si fermò, staccò la mano dalla maniglia della sua maxi-valigia e la infilò nella borsa che portava a tracolla. Poco dopo la mano ne riemerse (profondamente provata dallo sforzo di entrare in quel luogo oscuro di non ritorno) portando con sé un bastoncino di legno scuro e levigato, con degli intarsi d'argento nel punto in cui la mano era stretta ad esso.

Ariel appoggiò la bacchetta sul palmo della mano, quella cominciò a ruotare sempre più velocemente emanando un bagliore dorato, finchè improvvisamente non si fermò.

La punta indicava alla loro destra.

“Ecco perchè non arrivavamo più! L'incantesimo che ho lanciato fa sì che la bacchetta indichi il nord, ovvero il nostro punto di partenza. Noi dobbiamo andare a sud-ovest, mentre per tutto questo tempo abbiamo camminato soltanto verso ovest!” spiegò a metà tra l’esasperato e il divertito Ariel.

“Ok! Allora andiamo a sud-est!” esclamò Becky, entusiasta di quell'incantesimo e già pronta a rimettersi in moto.

Le due ricominciarono a camminare, prese da una nuova foga.

Dopo qualche tempo sentirono sotto le loro scarpe il terreno secco e polveroso che piano piano si trasformava in sabbia e nell'aria il profumo pungente del mare.

Le ragazze erano sempre più impazienti.

Finalmente giunsero in un punto in cui il sentiero su cui si stavano trascinando degradava dolcemente in un pendio sabbioso, alla fine del quale si trovava una piccola spiaggia, affacciata su un mare turchese. Lo sguardo era libero di vagare per chilometri e chilometri senza che nemmeno il più piccolo accenno di urbanizzazione lo disturbasse, immerso nella dolce litania cantata dal vento e dalle onde che si infrangevano.

Ariel e Becky si scambiarono un'occhiata confusa: dov'era il molo presso il quale dovevano presentarsi?

Le due ragazze cominciarono a credere di essere state prese in giro e si infiammarono come due torce. Infatti le due leggiadre e delicate fanciulle iniziarono a lanciare occhiate astiose a ogni singolo sasso o qualsiasi altro membro del paesaggio che avesse avuto la sfortuna di trovarsi lì e con tutta la (immensa) finezza di cui erano provviste iniziarono a urlare frasi davvero poco consone a fini gentildonne quali erano.

“Per le dannatissime mutande lerce di Merlino, dov'è il porto!?!” per enfatizzare questo capolavoro di educazione Ariel lanciò un calcio ad una pietra, cosa che però non ebbe altro effetto se non quello di farla ululare dal dolore saltellando sulla gamba sana.

Becky scoppiò a ridere senza ritegno, dimenticando che fino ad un momento prima stava imprecando in greco antico contro quello “stramaledettissimo Ministero della Magia”, intercalando il suo discorso citando di tanto in tanto alcuni capi di vestiario del povero Merlino, che davvero non riusciva a capire il perchè di tanto accanimento.

Improvvisamente un nuovo urlo, più forte e acuto degli altri, riscosse la ragazza oramai piegata in due dalla risate. Girò la testa: “Ar...” non fece in tempo a terminare il nome dell'amica che, girandosi, il sangue le raggelò nelle vene: di fianco a lei non c'era traccia della ragazza.

Si sporse verso la discesa appena in tempo per vederla rotolare verso la spiaggia, poi improvvisamente scomparve nel nulla.

Becky era sbalordita e spaventata insieme, nonché immensamente preoccupata.

Dov'era finita Ariel?

Decise di raggiungere il posto in cui l'aveva vista svanire e mosse un passo in direzione del pendio.

Non fece in tempo a farne un altro che, complice l’immensa fortuna di cui era stata dotata da madre natura, inciampò nel sasso che Ariel aveva preso a calci e ruzzolò gridando verso il basso.

Dopo quelli che le parvero interminabili minuti, Becky si fermò. O meglio un grosso e duro masso la fermò.

Si alzò dolorante lamentandosi, con il labbro che le sanguinava e i vestiti tutti imbrattati di sabbia.

Ma quello che vide attorno a lei la lasciò senza fiato: dove prima c'era solo sabbia ora si vedeva la banchina di un porto con il pavimento acciottolato di mille colori diversi che brillavano sotto il sole dove si trovava una folla di gente alquanto bizzarra, composta di persone vestite con tuniche dai colori sgargianti con i loro rumorosissimi animali da compagnia al seguito. L'aria era satura di un allegro chiacchiericcio e di risate e Becky percepiva l'energia magica più potente che avesse mai sentito.

Proprio di fronte a lei, nel punto in cui tutta la folla confluiva, si trovava un molo che altro non era se non una piattaforma di legno sospesa nel vuoto a pochi centimetri dalla superficie del mare.

Circa tre metri sopra di esso levitava una scritta dorata: “Carina Sideris”.*

“Allora è questo il posto!” Pensò Becky sollevata.

Continuò poi a guardarsi attorno persa nei suoi pensieri: “Se solo ci fosse anche la nonna qui...” finché una ragazzina lentigginosa coi capelli arcobaleno non la urtò con l'enorme gabbia che portava sotto braccio, dall'interno della quale la guardava un piccolo gattino nero, alquanto terrorizzato, che si aggrappava con forza alle sbarre della gabbietta.

La giovane maga si riscosse, senza soffermarsi troppo sul tornado che l’aveva centrata: doveva ritrovare subito Ariel!

Iniziò a guardarsi intorno pensando esasperata a quanto era iperattiva la sua amica e alla sua incapacità di starsene ferma un secondo, cosa che probabilmente le avrebbe evitato questo spiacevole inconveniente; nello stesso momento pensava a mille e più vendette da attuare a discapito della ragazza per lo spavento che le aveva fatto prendere.

Finalmente individuò tra la folla la chioma castano-mogano della sua amica, tutta arruffata e impolverata per la caduta.

La raggiunse con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia e la chiamò, pensando fosse meglio rimandare la tortura a dopo: “Ehi Ariel! Eccomi qua!”

L'amica la guardò sconcertata e poi scoppiò in una sonora risata: “ Becky, sembra che tu abbia appena fatto un giro in una gabbia di leoni che non mangiano da una settimana!”

Lei, dopo essersi passata una mano tra i corti capelli castani-ramati oramai ridotti ad un nido di gabbiano e aver dato un’occhiata di sfuggita ai jeans a pinocchietto impolverati e alla canottiera blu e senza spalline stropicciata e scucita, ribatté che probabilmente nella gabbia ci era finita anche lei, visto lo stato altrettanto pietoso dei suoi vestiti.

Ariel abbassò lo sguardo su di sé: effettivamente Becky non aveva tutti i torti. La maglietta verde che indossava era tutta spiegazzata e impolverata e la gonna a pieghe che in un tempo remoto era bianca era ormai grigio-marrone. Aveva le ginocchia sbucciate e sporche e i capelli tutti arruffati.

La ragazza allora tirò fuori un'altra volta la sua bacchetta dalla borsa e con un solo colpetto sul capo  fece scomparire tutta la sporcizia, ritornando perfettamente in ordine.

Becky seguì il suo esempio e divenne di nuovo linda e pulita come prima.

Le due si lanciarono uno sguardo ammiccante, poi Ariel disse: “Recuperiamo i nostri bagagli e i due poveri micetti e poi vediamo di capire come funziona qui, va bene?”

L'altra assentì, così le due chiamarono con un incantesimo di Appello i loro averi e si fecero largo in mezzo alla calca, in direzione del molo.

Su di esso, nel punto in cui il legno quasi toccava la banchina, si trovava un uomo di mezza età, con il viso arrossato dal caldo e due baffoni grigi a manubrio. Indossava una divisa da capitano blu e un cappello a completarla, anch'esso blu. Teneva tra le mani un foglio di pergamena e una piuma, con la quale spuntava i nomi dei ragazzi che si erano presentati all'appello.

Le due ragazze si avvicinarono e l'uomo alzò il suo sguardo gentile su di loro, chiedendo i loro nomi. “Ariel e Rebecca Luxaeris”disse Ariel.

“Ah, le due nuove alunne! É un piacere conoscervi. Prego, accomodatevi.” dicendo ciò fece un gesto cordiale con il braccio, indicando loro che potevano proseguire sul molo.

Ariel lo guardò confusa. Dove avrebbero dovuto andare? Non c'era nulla oltre a quella piattaforma di legno: solo il mare sconfinato.

Becky, pensando ad uno scherzo di cattivo gusto, strinse i pugni facendo sbiancare le nocche, pronta a estorcere l’informazione con la forza.

Subito dopo che ebbe formulato questo pensiero, il capitano le lanciò uno sguardo di scuse, dicendo: “Perdonatemi, dimenticavo che non sapete ancora nulla di come salire a bordo. Dovete semplicemente chiedere mentalmente alla nave di comparire per portarvi ad Avalon. Se la nave giudicherà che siete degne di questo privilegio non esiterà ad apparire. Buona fortuna!” terminò con un altro sorriso. La mora sorrise con dolcezza accennando un ringraziamento con il capo, completamente dimentica delle intenzioni di poco prima.

Ariel guardò Becky con la determinazione negli occhi e accennò ad un sorriso.

Tese la mano all'amica, che l'afferrò.

Poi Ariel strizzò gli occhi e chiese mentalmente: “ Per favore nave, portaci ad Avalon. Solo così riusciremo a scoprire qualcosa sulla sorte della nonna! Ti prego...”

Poi lentamente sollevò le palpebre e quello che vide la lasciò senza parole.

Davanti a loro, di fianco al molo, si ergeva la cosa più bella che avesse mai visto. Era un imponente ed enorme vascello, con le vele candide che ondeggiavano fieramente al vento. Lo scafo e gli alberi erano color mogano e risplendevano sotto la luce del sole, che tingeva d'oro il legno scuro. Sul ponte, a poppa, si vedeva una costruzione di legno decorata con alcune bande laccate in oro, che doveva essere la cabina del capitano. Tutto il vascello aveva un'aria curata e sontuosa e sebbene si capisse che era vecchio di centinaia di anni non traspariva alla vista nessuna di quelle tracce che il tempo solitamente lascia: le tavole di legno erano perfettamente lucidate e smaltate, le vele erano pulite e senza traccia di buchi o strappi e sembrava che ogni singola cosa lì, persino la più banale delle cime, fosse disposta con un non so che di amore e cura da farla risplendere di luce propria.

Ariel rimase profondamente colpita da quella vista, si sentiva quasi intimorita di fronte a una vista così maestosa.

Percorse il molo insieme all'amica, anche lei stupefatta, e raggiunse la passerella che collegava il molo al ponte della nave. Poi finalmente salì sul vascello.

Sul ponte c'era una gran confusione di ragazzi intenti a salutarsi, ridere, scherzare o esplorare la nave pieni di entusiasmo.

Dopo tanta solitudine le ragazze erano intimidite e affascinate al tempo stesso.

“Cosa facciamo ora?” chiese infine Becky senza osare muoversi di un solo passo.

Ariel si guardò intorno alla ricerca di un possibile aiuto divino.

“Dobbiamo trovare un posto per mettere i bagagli, innanzitutto!” decise infine con sicurezza, non vedendo scendere dal cielo nessuna luce di salvezza.

Dopo un breve sguardo le due ragazze si inoltrarono nella foresta di corpi che si agitava sulla ponte della nave, dirette a quella che secondo loro era la porta che le avrebbe portate sotto coperta.

Dopo dieci minuti di lotta accanita per farsi spazio, raggiunsero il traguardo e Becky raggiante afferrò la maniglia per aprire la porta; poi, decisa iniziò a scendere le scale in legno.

Purtroppo già al secondo gradino il suo piede, invece che sul legno levigato, si appoggiò su qualcosa di nero e peloso, nonché decisamente vivo; con un urletto la ragazza iniziò a rotolare gradino per
gradino seguita dai bagagli lungo quella scala che non finiva più.

“Beckyyy!” urlò preoccupata Ariel superato i primi secondi di shock ed iniziando ad inseguirla.

Accelerò la corsa quando sentì un preoccupante tonfo e dei gemiti di dolore provenire dal basso.

La scena che si presentò agli occhi della maga era a dir poco esilarante (per lei). La sua migliore amica era a terra con un colorito verdognolo, ma cosa ancor più preoccupante era aggrovigliata ad una ragazzina dai ricci e corti capelli castani ma con mille ciocche colorate di verde acqua, rosso e biondo.

“Ariel…” gemette Becky in preda ad una nausea assassina per tutto quel rotolare.

“Ehm…potresti toglierti?” chiese infine l’altra vittima.

Come se si fosse accorta solo in quel momento di essere da più di due minuti sdraiata su una perfetta sconosciuta, arrossendo come un pomodoro iniziò a tentare di districarsi.

Dopo due minuti di sforzi combinati di Becky, Ariel e della ragazza arcobaleno, riuscirono tutte e tre a guadagnare una posizione eretta.

“Scusami, non volevo travolgerti! E’ stato un errore! Non ti sei fatta male, vero?” chiese preoccupatissima Becky pensando che quella non era la loro giornata.

La ragazza che con sguardo leggermente scocciato si stava cercando di risistemare i pantaloni neri stracciati e la maglietta verde militare a maniche corte con varie borchie, alzò i grandi occhi verdi per dedicarsi alla sua assalitrice.

“Però potevi stare un po’ più attenta! Si può sapere cos’hai per la testa?! Avresti potuto farmi davvero male! Ho preso un mezzo infarto quando ti ho vista volare verso di me! Per le mutande di Merlino! Pensavo fossero miei ultimi istanti di via!” iniziò a dire inferocita puntando un dito accusatore con un anello marrone scuro contro Becky, che ripetendosi che se lo meritava cercava di non risponderle
a tono.

“Non è stata colpa sua! C’era un gatto!” la difese prontamene Ariel, iniziando ad innervosirsi. A quelle parole il comportamento della ragazza cambiò di colpo, gli occhi le si spalancarono di colpo,
spaventati, e la voce perse ogni tono di rimprovero.

“Jimi!!!!” Esclamò facendo per lanciarsi oltre le due ragazze di cui l’esistenza era appena passata in secondo piano.

“Stai calma Gyns! E’ qui il tuo gatto!” disse con tono esasperato un ragazza con una folta massa disordinata di ricci capelli neri, scendendo le scale con in braccio un micio nero.


Becky fulminò con lo sguardo il gatto, causa di tutte le sue sventure, mentre Ariel ridacchiando le appoggiava una mano sulla spalla per tranquillizzarla.

“Morghi!” esclamò la ragazza con voce commossa lanciandosi ad abbracciare l’amica.

Una luce gelida passo negli occhi neri come carbone, dal taglio allungato, della ragazza col gattino.

“Se mia chiami ancora una volta Morghi, il tuo gatto si farà una nuotata con le sirene.” la fulminò Morghi, ma Gyns, dopo aver scacciato un brivido di terrore, le sorrise e la riabbracciò prima di prendere in braccio il piccolo Jimi.

“Jimi, non provare a scappare mai più! Avresti potuto cadere in mare! Chiaro?” disse cercando di sgridarlo mentre un sorrisino le increspava le labbra.

Dopodiché si girò insieme alla nuova arrivata per fronteggiare Becky e Ariel.

“Mi dispiace per prima, non avrei dovuto perdere la pazienza così e chiedo scusa anche da parte di Jimi,” disse con un sorriso allegro sotto lo sguardo stupefatto delle due assalite, che tutto si aspettavano tranne delle scuse, “Comunque io sono Gynevra Elizabeth Sigma Russel, ma potete chiamarmi semplicemente Gyns o Gynny, come vi pare!” concluse tendendo loro la mano.

Riscuotendosi dalla trance in cui erano cadute, accetteranno quell’offerta di amicizia e si presentarono.

“Io sono Ariel Luxaeris.” disse mentre gli occhi verde smeraldo le brillavano di una luce gioiosa.

“Io invece sono Rebecca Luxaeris, ma per tutti Becky!” disse l’altra, ma con un velo di diffidenza negli occhi: non era più abituata a fidarsi ciecamente del persone dal primo incontro.

“Tranquilla, nonostante il caratteraccio non vi mangiamo!” disse ridendo la ragazza con la pelle olivastra e riportatrice del gatto disperso, come se le avesse letto nel pensiero.

Davanti allo sguardo stupito di Becky si fece sfuggire un’altra risatina e tese anche lei l mano.

“Piacere, sono Morgana Elettra Blackshadow; empatica e metereopatica.”

Le mascelle di Ariel e Becky caddero a terra, ma una volta recuperato il controllo di sé strinsero la mano anche a lei.

“E’ buffo, non trovi Morgh…Morgana?” disse Gyns con un’occhiata complice all’amica.

Ariel lanciò loro una sguardo perplesso, ma le due, prima che potessero fare domande, afferrarono la sua mano e quella di Becky e iniziarono a strattonarle in avanti.

“Venite dobbiamo presentarvi una persona!” le incitarono. Le due ebbero appena il tempo di afferrare i bagagli che vennero letteralmente trasportate in un lungo corridoio pieno di cabine.

Le due avanzavano senza dar loro il tempo di osservare i lampadari a olio o l’interno delle cabine, scivolando sicure tra i gruppi di ragazzi ammassati qua e là a chiacchierare.

Finalmente si fermarono davanti ad una cabina, aprirono la porta e ci scaraventarono dentro le due poverette.

“Siamo tornate!” trillò allegra Morgana

Nella cabina, una stanza con le pareti in legno e due divanetti appoggiati ai due lati opposti, aspettava seduta una ragazza con lunghi capelli castano scuro, intenta a leggere un libro.

Alle parole di Morgana alzò gli occhi e sorrise dolcemente.

“Cominciavo a pensare che vi foste perse!” disse con una risata, che però le su bloccò in gola per far spazio ad un’espressione stupita alla vista di due ragazzine spaesate e intontite (dalla corsa) in compagnia delle sue amiche.
 
“Ecco a voi, la nostra migliore amica: Rebecca Turner!” disse Gyns teatralmente indicando la ragazza ancora seduta, che arrossì imbarazzata.

Becky e Ariel si ripresero e le sorrisero.

“Ecco cosa intendevate per buffo: si chiama come te, Becky!” spiegò Ariel davanti allo stupore dell’amica, che subito andò a stringere a mano alla sua omonima, anche se leggermente irrigidita.

“Becky Luxaeris” si presentò, per poi indicare la sua amica, “e Ariel Luxaeris.” La chiamata in causa accennò un saluto con la mano.


“Bene ora che le presentazioni sono fatte…” disse Gyns.

“Possiamo rilassarci!” concluse per lei Morgana buttandosi su un divanetto, subito imitata dalle altre.

“Allora,” disse Rebecca, “Siete sorelle?” chiese guardandole con occhio attento, mentre le sue amiche si facevano attente: non le sembrava di vedere somiglianze tra le due.

Ariel scosse la testa.

“No, ci siamo conosciute all’orfanotrofio e siamo state adottate insieme.” Spiegò poi con un sorriso, lanciando un’occhiata di intesa a Becky.

“Quanti anni avete?” chiese, allora, curiosa Gyns, giocherellando con una collana con un ciondolo in argento forma di pentacolo.

“Sedici” rispose questa volta Becky.
Morgana le guardò confusa.

“Ma non siete di questa scuola vero? Non vi ho mai visto in giro” le due annuirono caute, mentre istintivamente alzavano le difese.

Morgana assottigliò gli occhi, stranita da quell’improvviso cambio di umore.

“E come mai venute a scuola solo adesso? Mi sembra di aver già sentito il vostro cognome…” chiese tranquilla Gyns, mentre Rebecca le lanciava un’occhiata di rimprovero per la troppa curiosità.

Becky si gelò all’istante, stringendo i pugni e mettendosi sulla difensiva; Ariel invece si immobilizzò anche lei ma fece un sorriso forzato e tentò di restare tranquilla, lanciando un ammonimento
silenzioso all’amica con gli occhi.

Questo teatrino non sfuggì alle altre tre maghe.

“Siamo state lontane all’Italia in questi ultimi due anni e ci è stato impossibile venire a scuola; abbiamo fatto degli esami e subentreremo direttamente al terzo anno.” Spiegò.

Rebecca, capendo che non volevano dire altro per il momento, cambiò argomento.

“Quindi non appartenete a nessuna Casa; in quale vi piacerebbe entrare?” chiese.

“Non lo sappiamo, non conosciamo molto di Avalon.” Spiegò Becky rilassandosi, sotto lo guardo attento di Morgana.

“Io e Gyns siamo in IgnisDraco e frequentiamo il quarto anno, mentre Becky è a LupusUmbrae e frequenta il terzo!” disse poi sorridendo.

“Dovete venire da noi! E’ la Casa degli avventurieri, dei coraggiosi, dei…” iniziò ad elencare Gyns, infiammata, ma venne interrotta da Rebecca.

“Dei pazzi e dei ripetenti!” disse con un ghigno, “Al posto che concentrarvi solo sulle avventure, ogni tanto dovreste anche studiare!” la rimproverò ridacchiando, mentre la maga arcobaleno si imbronciava.

Morgana scoppiò a ridere.

“Touchè! Di certo lo studio non è il nostro forte!”

“Comunque mi devi un favore Gyns” disse poi cambiando discorso e guardando male l’amica, “Se non fosse stato per il tuo stupido gatto, in questo momento starei chiacchierando con un ragazzo carino di LupusUmbrae!”

“Chi?” chiese Rebecca curiosa di sapere chi della sua Casa avesse attirato l’attenzione dell’amica.

“Che cosa?! E quando aspettavi dirmelo?! Racconta!” urlò Gyns mettendosi in ginocchi sul divanetto, puntandole contro un dito accusatore, libero dal guanto di pelle che le fasciava la mano poiché con le dita mozzate, e osservando rapace Morgana.

Ariel e Becky iniziarono a ridacchiare senza ritegno.

“Era un ragazzo di nome Nathaniel, alto, molto carino, con i capelli rossi e alcune ciocche nere, gli occhi di un bel verde…”

“Oh, Nat!” la interruppe tranquilla Rebecca.

“Lo conosci?!”

“Sì, è all’ultimo anno; è uno dei più intelligenti della sua età ed è molto gentile, anche se fa fatica ad aprirsi. A sentire le mie compagne è imbranato con le ragazze, ma penso che se si riuscisse a metterlo a suo agio sarebbe una persona piacevole con cui passare il tempo!” spiegò con un sorriso.

“E tu non ce l’hai mai presentato?!” chiese offesa Gyns.

“Non mi è venuto in mente!”

“Ecco perché!” esclamò Morgana, illuminata, “e io che pensavo che si comportasse così perché era spaventato da me!”

“Morgana, cosa hai combinato?” chiese esasperata Rebecca, passandosi una mano sugli occhi, mentre Gyns scoppiava a ridere sotto lo sguardo incuriosito di Becky e Ariel.

“Niente!” ribatté lei aggrottando le sopracciglia e mettendo il broncio.

“Morgana?” chiese un’altra volta con gentilezza ma aggiungendo un pizzico di fermezza.

“Eddai, Becky! Era solo un primino! Ed era colpa sua! Ha pestato la coda a Clelia!” ammise infine sbuffando, “Se lo meritava!”

“Oh, Morgana! Avevamo detto niente risse quest’anno!” esclamò alzando gli occhi al cielo Rebecca.

Oramai Gyns era per terra dalle risate e Ariel e Becky non erano da meno.

“Ben fatto, Morgana!” si congratulò la ragazza coi capelli arcobaleno cercando di non morire soffocata per il troppo ridere.

“Vi devo ricordare forse che l’anno scorso siete finite in presidenza il terzo giorno per rissa?!” continuò tentando di resistere all’impulso di ridere.

“Eh no, cara! L’anno scorso c’eri anche tu con noi!” le ricordò ghignando Gyns.

Ariel e Becky guardarono la ragazza stupite; lei in risposta arrossì e iniziò a stropicciare con le mani il morbido vestitino in maglia, viola, che la fasciava delicatamente risaltando le curve di cui lei nemmeno si accorgeva.

“C-ci avevano insultate…erano in tre…e poi la borsa mi era scivolata per caso!” tentò di salvarsi.

“Certoooo! Per caso sulla faccia del ragazzo!” rigirò il coltello nella piaga Morgana.

Oramai Rebecca aveva assunto il colore di un pomodoro maturo, ma le sue amiche le saltarono addosso all’improvviso e la coinvolsero in un mega-abbraccio.

“La verità è che la nostra Becky è troppo buona!” spiegò Gyns alle due nuove entrate nel gruppo, facendo loro l’occhiolino, “Quando siamo in difficoltà mette da parte la sua timidezza o gentilezza e fa di tutto per aiutarci!”

Rebecca sorrise, anche se il rossore sulle guance si accentuò.

“Comunque,” riportò l’attenzione su di sé Morgana, “Ora almeno ho scoperto il motivo per cui Nathaniel all’inizio sembrava così a disagio con me! E pensare che si stava sciogliendo, era allegro e faceva delle belle battute! Se non fosse arrivato il tuo gattaccio…”  Disse lanciando un’occhiata assassina a Gyns che alzò le mai in segno di difesa.

Intanto la parola “gattaccio” aveva risvegliato in Ariel e Becky il ricordo dei loro compagni abbandonati nella gabbietta.

“Milly!”

“Aramis!” le due si alzarono di scatto e corsero a cercare la gabbia vicino al bagaglio, convinte che i due poveri mici stessero rantolando per la libertà.

Con loro grande orrore, la gabbia era aperta e vuota.

“Oh cavolo…” mormorò Ariel, pensando alle dimensioni di quella nave.

Le altre tre subito le corsero a fianco e capito il disastro offrirono il loro aiuto.

“Io la mia Clelia la lascio libera ma oramai è abituata a questa nave! Dobbiamo ritrovarli!”

“Becky” disse Gyns guardando Rebecca, “tu rimani qui a controllare se ritornano e che Jimi non scappi; noi andiamo a perlustrare la nave!”

“Grazie ragazze! Aramis è un gattino nero con gli occhi verde intenso mentre Milly ha il pelo tigrato e gli occhi azzurri! Ah, al collo porta un fiocco rosso con un campanellino” dissero le due con rinnovata speranza.

Dopo brevi accordi le quattro si separarono, iniziando correre in giro per la nave.
 
 


Becky evitò per la terza volta di inciampare, correndo sul ponte della nave alla ricerca della sua gattina. Si sentiva davvero un’idiota ad essersi dimenticata di lei e sperava fortemente che non le fosse
successo niente, che non fosse caduta in mare. Finalmente avvistò la ricercata che camminava in equilibrio sulla balaustra del ponte.

Il cuore di Becky per se un battito.

Con cautela iniziò ad avvicinarsi: non doveva assolutamente spaventarla.

Un altro passo e oramai tendendo le braccia avrebbe potuto accarezzarle la coda.

Becky si rannicchio con un ghigno sulle labbra e subito dopo con scatto felino si lanciò sula perda, afferrandola per la collottola.

“Presa!” urlò vittoriosa portando a gattina all’altezza del viso per poterla guadare negli occhi.

Milly miagolò stizzita dando dei colpetti con la zampa alla padrona; Becky scoppiò a ridere,

“E no, mia cara! Adesso tu rimani tra le mie braccia fino a che non sbarchiamo.” Le disse con lieve tono di rimprovero. La gatta tentò di divincolarsi miagolando verso il mare oltre la balaustra.

Becky guardò perplessa prima lei, poi il mare e infine si avvicinò alla balaustra per guardare oltre.

Per lo stupore sgranò gli occhi e socchiuse la bocca, non aveva mai visto uno spettacolo simile: un gruppo di sirene dalle code multicolori, che brillavano al sole, seguivano il veliero come una scorta, saltando fuori dall’acqua, compiendo piccole magie e cantando con voci dolci e ammalianti. Era già persa in contemplazione di quello spettacolo straordinario quando vide che una sirena dai capelli verdi si era fermata a guardarla; appena incrociarono gli occhi la sirena abbassò il capo e si inchinò in segno di rispetto, dopodiché nuotò dalle compagne e ben presto un banco di sirene si ritrovò ad inchinarsi davanti a Becky. La ragazza si irrigidì all’istante e quando vide cosa stava accadendo si allontanò di scatto dal molo.

“È solo la mia immaginazione, è solo un caso…” iniziò a ripetersi mentre indietreggiava frettolosamente, “Devo trovare Ariel…” mormorò guardandosi intorno preoccupata sperando che nessuno
avesse visto la scena, prima di lanciarsi alla ricerca dell’amica.

Ma nella fretta non si accorse che qualcuno nell’ombra aveva assistito a tutto quello spettacolo.
 


 
Ariel si girò intorno sentendosi sperduta: aveva affrontato foreste impenetrabili e ogni sorta di pericoli, ma ora che si trovava in una nave piena di ragazzi della sua età andava in panico. Come avrebbe fatto a trovare quella stupida palla di pelo?

Esasperata riiniziò per la terza volta ad esplorare la nave; stava già per darsi sconfitta quando sentì un miagolio famigliare.

Veloce si girò a cercare la fonte del suono e finalmente intravede una codina nera; come un razzo si lanciò zizzagando tra i ragazzi, passandolo loro sotto le gambe, urtandoli, saltandoli…tutto per raggiungere il maledetto micio disperso!

Eccolo lì! Finalmente adocchiò la sua preda, che miagolava tranquilla dandogli le spalle.

Con un balzo si lanciò sul bersaglio e…andò a sbattere contro le gambe di qualcuno.

Con le guance che le andavano a fuoco e la testa che le doleva si mise a sedere e alzò timidamente lo sguardo per scoprire la sua vittima.

Due occhi verde acqua, semi nascosti da un ciuffo biondo cenere striato di blu, la guardavano incuriositi, chiedendosi perché mai una pazza che non aveva mai visto avesse cercato di falcidiarlo.

Ariel si rialzò, sperando di poter sparire all’istante per l’imbarazzo, mentre il ragazzo ora la guardava con un sopracciglio alzato in attesa di spiegazioni.

Intorno a sé sentiva mormorii concitati e lanciando occhiatine tutto intorno si accorse che un gruppetto di ragazze la guardava a metà tra l’incuriosito e l’innervosito.

“Ah…Ehm…io …volevo…cercavo…il gatto.” Disse in maniera chiara e concisa, dando prova delle sua brillante e sciolta parlantina.

“Questo?” chiese lui alzandole davanti agli occhi un micino che di smarrito o terrorizzato aveva ben poco.

“Aramis!!” esclamò lei felice prendendolo tra le braccia, “Grazie! Grazie mille! E scusami per averti investito!”

Lui, con un sorriso sulle labbra, scosse la testa.

“Non c’è nessun problema” la rassicurò gentile ma…freddo? Ad Ariel quell’espressione ricordava qualcosa…

“Io sono Ariel Luxaeris” si presentò sorridendo.

“Jamie Jon Lancaster, piacere.” Le rispose lui, senza perdere quell’espressione, poi una luce balenò nei suoi occhi.

“Luxaeris?” chiese come se si fosse ricordato qualcosa all’improvviso.

Ariel si raggelò: non era possibile! Non dopo così poco tempo! Non potevano saperlo già tutti!

Veloce fece un cenno con la mano.

“Grazie ancora, ma scusa: ora devo andare!” disse indietreggiando e dandogli le spalle.

“Ehi aspetta!” la chiamò lui prendendola per una spalle, in modo che si girasse.
 
Ma non fece in tempo a dire una parola che una mano gli afferrò il polso; subito lui si girò e incontrò due grandi occhi blu, gelidi.

“C’è qualche problema?” chiese con freddezza, digrignando i denti e guardando la mano del ragazzo sulla spalla dell’amica come se volesse staccargliela a morsi; Jamie saggiamene tolse subito la mano da Ariel.

“Becky!!” esclamò la ragazza, guardando l’amica evidentemente entrata in versione iperprotettiva, “Becky sta tranquilla! Non voleva farmi del male! Anzi, mi ha aiutato a trovare Tigro!” spiegò frettolosamente prima che l’amica mettesse k.o. il ragazzo, sventolandole davanti come un pazza il suddetto gatto, sull’orlo del vomito.

Becky scrutò Ariel attentamente per constatare la veridicità delle sue parole.

Infine si voltò verso il ragazzo con un sorriso timido, le guance arrossate per l’imbarazzo e gli occhi senza nessuna traccia di gelo assassino.

“Mi dispiace!” iniziò a scusarsi, “Ho frainteso la situazione e ti ho aggredito per nulla, perdonami. Io sono Becky Luxaeris.”

Lui la guardò leggermente confuso dal cambiamento, ma riprese subito la sua compostezza e le strinse la mano. “Piacere di conoscerti, io sono Jo.”

E Ariel capì, vedendo Becky e Jamie uno di fronte all’altro capì doveva aveva già visto quell’espressione del ragazzo: sulla sua migliore amica. Era lo sguardo di chi non si fida di nessuno, di chi con cortesia si presenta ma intanto ti analizza, cercando di capire se davvero vale la pena concederti la propria fiducia, di chi è sempre in modalità difensiva.

“Ora scusa, Jo, ma dobbiamo andare a cercare delle nostre amiche” la voce di Becky interruppe le sue riflessioni, “Ci si vede!” lo salutò infine prendendole la mano per poi lanciarsi al di fuori di quel piccolo cerchio di curiosi che si era creato.

Ariel fece appena in tempo a sorridere in segno di scuse al ragazzo che Becky l’aveva già trascinata via.

Jamie guardò le due ragazze scappare via e un sorrisetto gli nacque sul volto “Luxaeris eh? Sarà un anno davvero interessante…”



Finalmente Becky, si fermò: erano sotto coperta in un angolo appartato.

“Ehi, cos’è successo?” chiese preoccupata Ariel, vedendo l’amica torturarsi le mani, che intanto ragionava se fosse il caso di raccontarle quel “caso”.

“…”

“Becky, se entro trenta secondi non mi spieghi cosa succede…” disse fredda, con aria minacciosa.

La ragazza deglutì, solo due cose la spaventavano e la rendevano indifesa: i pervertiti e Ariel arrabbiata.

“E’ successo ancora” disse tenendo gli occhi bassi.

“Cosa?” chiese Ariel irrigidendosi.

“Delle sirene…si sono inchinate…mi guardavano tutte…mi sembrava mi stessero dicendo qualcosa ma sono scappata…” ammise infine alzando gli occhi e tendando di sorridere, “ma sono sicura che fosse solo un caso, ne sto facendo un dramma per niente e…”

“Non è un caso Becky! E’ successo anche là, con gli alligatori…Dobbiamo indagare appena arriviamo ad Avalon! Non possiamo più dire che è un caso” disse grave mettendo una mano sulla spalla dell’amica che appariva confusa e terrorizzata.

“Va bene…” si arrese infine senza però che l’inquietudine scomparisse, mentre Milly, che finora era stata sulla sua spalla le leccava la guancia.

“Comunque dobbiamo fare qualcosa per la tua mania da bodyguard: stai degenerando!” la rimproverò Ariel esasperata con un sorriso.

Becky la guardò offesa, “Anche tu lo avresti fatto per me!”
“A parole, Becky, ti avrei difeso di sicuro, soprattutto davanti ad un vero maniaco. Ma tu stavi pensando di metterlo k.o. e nemmeno avevi capito la situazione!” disse non potendo negare l’evidenza dei fatti: entrambe quando si arrabbiavano facevano paura.

“Non è vero!”

Ariel le lanciò un’occhiata scettica. “Ti conosco da dodici anni e riconosco quando hai deciso di passare alle maniere forti!”

Becky arrossì e le due rimasero in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri.

“Ti fidi di loro?” chiese ad un certo punto Becky.

Ariel la guardò capendo al volo la situazione, l’amica sembrava preoccupata e indecisa.

“Sì, sono delle brave ragazze. Pazze, ma probabilmente non quanto noi. E tu?”

Becky rimase in silenzio per un attimo.

“Non sono brava a fidarmi delle persone…”

“Lo so” replicò l’altra con un sorriso.

“…ma credo davvero che di loro potrei provare a fidarmi” decise infine con un sorriso, sotto lo sguardo stupito di Ariel. Mai prima d’ora la sua amica aveva accettato di dare fiducia ad un estraneo dopo così poco tempo.

“Sai che al novanta per cento tutti sanno già tutto di noi?” chiese poi ironica.

“Saremo una specie di fenomeno da baraccone. Che bel modo di iniziare l’anno!” rispose l’altra altrettanto sarcastica.

“Dici che a loro dovremmo raccontare cosa è successo veramente?”

“Intendi la vera storia dei fatti? Quella di cui nemmeno il Ministero è a conoscenza?”

“Sì?”

Becky si pietrifico e Ariel si chiese se non avesse osato troppo. Forse aveva sbagliato a forzare così improvvisamente il “guscio” dell’amica.

“E se decidessimo più avanti?” concedette con un sorriso forzato.

Ariel le gettò le braccia al collo.

“Grazie Becky! E ora forza, dovremo darci da fare per trovare informazioni su…”
 
“Ariel, Becky?!” urlò una voce loro famigliare.

“Gyns!” Esclamarono le due stupite. Becky rindossò subito la sua maschera di tranquillità e fece un bel sorriso.

“Gyns, Morgana: li abbiamo trovati! Possiamo tornare da Becky!” disse Ariel.

“Ok!” assentì Gyns quasi fin troppo esuberante, mentre Morgana guardava per terra, silenziosa e crucciata.

“Morgana va tutto bene?” chiese Becky preoccupata.

LA ragazza gli lanciò uno sguardo penetrante.

“Sì. Sta per piovere. E tu?” disse con voce atona, l’ultima domanda sembrava quasi retorica.

Becky si ghiacciò e le venne il terrore al pensiero che avessero sentito qualcosa, ma dopo aver lanciato un’occhiata a Gyns che rideva allegra con Ariel si disse che era impossibile.

“Tutto a posto.” Fingendo una tranquillità che non aveva e incamminandosi con lei dietro alle altre.

Morgana annuì cupa, senza smettere di osservarla attenta.

Becky dimenticava però che l’amica era empatica.
 
 

“E poi ci siamo fiondate qua!” concluse il riassunto Ariel a Rebecca che accarezzava Milly, la quale sembrava aver trovato una nuova amica nell’omonima della sua padrona; ovviamente il racconto era stato censurato e modificato, ma la sostanza era quella.

Morgana guardava fuori dall’oblò, più grande di quelli normali, con espressione imbronciata: da quando erano rientrate non aveva ancora detto una parola.

“Non farci caso, Ariel” disse ad un certo punto Rebecca gentilmente, notando le occhiate della ragazza, “Sta piovendo e quando il tempo è brutto anche il carattere e l’umore di Morgana peggiorano.”

La maga emise uno sbuffo.
 
Passarono altre due ore tranquille, in cui Gyns, Rebecca, Becky e Ariel discussero allegramente sulle materie, raccontarono com’era Avalon e le sue leggende, mentre Morgana guardava silenziosa il paesaggio, buttando qualche commento sarcastico qua e là ogni tanto.

Finché improvvisamente non si alzò di colpo, attaccando la faccia al vetro; Rebecca e Gyns ridacchiarono a quella scena che ormai avevano visto più volte, mentre Becky e Ariel la guardavano leggermente preoccupate.

Dopodiché si girò con un sorriso a trentaquattro denti.

Fuori ormai non pioveva più.

“Siamo arrivate!” disse in tono solenne lasciando libero l’oblò perché le due nuove arrivate potessero guardare.

Entrambe si gettarono sul vetro e rimasero a bocca aperta per lo stupore: davanti a loro nel mare cristallino si ergeva un’isola verdeggiante, con boschi folti, colline dai dolci pendii, calette magiche con spiagge bianche, dove le sirene giocavano con l’acqua, e un piccolo borgo; sul punto più alto dell’isola invece c’era un gigantesco castello medievale in pietra, con torri, balconi, portone in legno e ponte levatoio, bandiere e stendardi. Come quello dei libri di fiabe. Mancava solo il drago a guardia.

“Finalmente!” esultò Morgana.

“Chissà quanti nuovi primini!” disse eccitata Gyns, con un sorriso maligno sul volto.

“Gyns!” la rimproverò ridendo Rebecca, mentre l’altra si scambiava un cinque con Morgana.

Ariel e Becky, ancora a bocca aperta, si girano a guardarle.

Le tre, una di fianco all’altra, sorrisero loro, prima di stringerle in un mega abbraccio.

“Benvenute a casa!”
 
 

 
 
 
 
 
*Carina Sideris: dal latino “Nave delle stelle” molti dei nomi presenti saranno in latino, come ad esempio quello delle Case o il cognome Luxaeris “Luce nell’aria” alla fine metteremo sempre i significati :D
 

  
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