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Autore: Friedrike    27/06/2013    3 recensioni
[Ispirata al film di titolo "Der Verdingbub."]
 
Campagne italiane, inizi del '900.
Ormai mandare avanti la fattoria da soli, sembra impossibile: è per questo che una coppia di coniugi non più giovani decide di farsi aiutare. Il parroco del piccolo villaggio in cui vivono affida loro due ragazzi, Ludwig e Felicia. 
Ben presto però i due adulti si riveleranno sfruttatori senza scrupoli che li umilieranno continuamente. 
-Tienimi con te- lo supplicò. -Non mi fido di nessun altro.- 
-Lo prometto- le rispose. -Rimarrai qui con me.-
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dovunque sarai, ti amerò per sempre.'
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CAPITOLO I.
 
 
 
Gli piaceva il sole. 
Gli dava un po' di speranza, vederlo splendere in alto, dopo un temporale.
Eppure erano già un paio di giorni che il cielo terso non brillava come nei pomeriggi d'estate. Lui si chiese cos'avesse fatto di male per finire in quel postaccio. 
Con un sospiro pesante, alzò l'ascia per poi abbandonarla sul ceppo di un albero, con violenza, spaccandolo in due. Ripeté l'operazione almeno venti volte, e alla sera, stanco, rientrò in casa trascinandosi dietro una parte del suo operato. 
Accese il fuoco e si sciacquò le mani con un po' d'acqua, era ghiacciata così come lo erano le sue ossa, ma ne trovò ugualmente beneficio. 
La padrona lo rimproverò di aver fatto tardi e gli mollò un ceffone. Lui s'affrettò a scusarsi e si sedette in tavola. 
Mangiarono come al solito in silenzio, lui, diciassette anni da poco compiuti, teneva lo sguardo basso sulla sua razione di zuppa.
Ogni tanto, quand'era più fortunato, poteva trovarvi un pezzo di carne, ma questa non era una di quelle sere. Solo una striscia verde non bene identificata galleggiava nel liquido rossastro.
Ascoltò i loro discorsi. A quanto pareva, volevano prendere una ragazza perché li aiutasse. La moglie continuava a sostenere ormai da giorni di aver bisogno di una mano in più per i doveri della casa ed il marito giurò di chiedere aiuto al parroco del paese perché gli procurasse qualcuna.
Lei si disse soddisfatta. 
Ludwig non parlava mai, ma quella sera si lasciò sfuggire un commento, nella lingua madre. Infuriato, l'uomo gli diede uno scappellotto piuttosto forte, insultandolo pesantemente. Lo prese per un orecchio.
-Quante volte ti ho detto di non parlare quella merda di lingua, ah?! Sai che dovrei farti adesso, ragazzino?- 
Lui chinò il capo. Detestava quel comportamento violento, si sentiva umiliato ed inutile, ma aveva già imparato che ribellarsi non portava a nulla di buono. 
-Avanti! Chiedi scusa- intervenne la donna. 
Non era mai stata bella. Aveva gli occhi troppo vicini tra loro, i capelli neri legati in una crocchia alla base della nuca stavano ormai divenendo grigi e le rughe solcavano ogni centimetro del suo viso già vecchio. 
Il giovane ragazzo mugugnò qualcosa; l'uomo sbatté il pugno sul tavolo domandargli di parlare a voce più alta.
-Ho detto che mi dispiace- ribadì lui.
La cena si concluse in fretta. 
I coniugi erano ormai prossimi alla vecchiaia.
Lui era cresciuto in una fattoria, pulendo maiali e coltivando patate. Neanche lui aveva mai avuto un volto particolarmente grazioso; e nemmeno adesso verrebbe da fare un complimento nei suoi confronti.
Ma Ludwig, quel ragazzo, aveva i lineamenti tipici della sua terra, gli occhi azzurri come l'acqua del mare laddove iniziava ad essere più profonda ed i capelli biondi come il grano che al sole sembravano quasi divenire dorati. Il suo aspetto era solo da qualche anno uscito dall'età della fanciullezza ed il suo fisico era asciutto, senza un filo di grasso. Dopotutto, capitava spesso saltasse i pasti, per vari motivi. 
Si mise a dormire con un piccolo sospiro, nello stesso luogo nel quale stava oramai da quasi due anni: un piccolo spazio angusto con un letto vero, fatto in legno e in paglia, che non doveva condividere con nessun altro. C'era una finestra ed una piccola lampada su un comodino, ricavato da un tronco d'albero, forse. La donna aveva detto che era stato il buon Dio a mandargli un posto tanto ospitale.
Lui non avrebbe preferito di meglio. 
Prima che venisse accolto alla fattoria, viveva in un orfanotrofio. Lì la vita era dura ed ogni giorno bisognava lottare per avere la propria razione di cibo, ma la lotta era silenziosa e lui, come gli altri ragazzi, sapevano bene di non poter domandare ancora da mangiare. Gli insegnanti non avevano molta pazienza e spesso i ragazzi finivano in punizione. Ma non Ludwig; lui non aveva mai disubbidito, faceva sempre tutti i compiti nel migliore dei modi. A pensarci, la scuola gli mancava molto. Non metteva piede in quella del paese da almeno un anno e mezzo. Gli piaceva così tanto imparare... 
Chiuse gli occhi. 
Anche per quella sera aveva finito. Poteva finalmente godersi un poco di riposo. 
 
 
 
Passarono due giorni, il sole spuntò di nuovo e le piante si ripresero un poco dalla troppa acqua. Sarebbe stato un bene vederle per qualche giorno libere dalla pioggia, avevano tutti paura che sarebbero marcite.
Anche quel giorno il ragazzo si svegliò prima dell'alba, non gli dispiaceva poi molto; sebbene avrebbe voluto dormire qualche ora in più, la sera era comunque costretto ad andare a letto molto presto, così recuperava il sonno perduto.
Il cielo era ancora scuro quando lui si mise a pulire le stalle. I maiali dormivano ancora. Avrebbe tanto voluto avere un cavallo. Li aveva visti una volta e se ne era innamorato, purtroppo però non erano creature particolarmente utili all'interno di una fattoria di medio-basso livello e nessuno ne avrebbe mai comprato uno là dentro.
Gli sarebbe anche piaciuto poter giocare di più col cane che stava con loro, un cane nero molto grande dall'aria forse un po' cattiva. 
La prima volta che Ludwig si avvicinò a lui, ringhiò forte e gli morse la mano.
Il padrone lo picchiò per questo. Disse qualcosa come "non devi disturbare Cesare, brutto sacco di merda" e nessuno gli curò quella ferita. Lui non si lasciò scoraggiare e s'avvicinò di nuovo alla bestia, stavolta con più prudenza, facendosi odorare con calma. Riuscì ad ottenere la sua fiducia ed adesso non aveva più paura nell'avvicinarsi, anzi: qualche volta giocavano insieme, quando nessuno poteva vederli. 
Mentre il ragazzino biondo cambiava l'acqua ai maiali, Cesare si avvicinò a lui e gli leccò la mano, come per invitarlo a giocare. Lud s'abbassò al suo livello e gli carezzò il capo con un piccolo sorriso, sussurrandogli: -Adesso non posso giocare, devo lavorare.- 
Si rialzò dunque e continuò il suo lavoro. 
Uscì dalla stalla e s'avviò verso i campi, gli era stato ordinato di controllare le patate. A piedi scalzi entrò nel campo e ne prese una, ma gli si spappolò tra le mani. "Questo non è un bene; è marcia e lo sembrano tutte. Speriamo solo che questo sole resista" pensò tra sé alzando il naso verso il cielo. 
Sentito il rumore di una macchina, si voltò per guardare e quindi riconobbe quella del prete. Accanto a lui, adesso lo vedeva chiaramente, c'era una ragazzina. 
Si sentì sgridare per la distrazione, per cui riprese il suo dovere, ma con un'occhio era sempre attento a ciò che accadeva.
Il prete pareva essersi fermato. A forza fece scendere la ragazza e la presentò alla donna, la quale appoggiò una mano sulla sua spalla e sembrò sconfortata.
-Spero non mi deluderete, Padre- sospirò all'uomo di Dio. 
Quest'ultimo se ne andò presto e la padrona trascinò dentro la ragazzina, la quale, comunque, a capo basso la seguì senza fare troppe storie. 
Quando Ludwig rientrò in casa, la vide seduta al tavolo della cucina, a piangere. 
La donna cercava di consolarla, cosa alquanto strana per i suoi begl'occhi chiari, perché lei non cercò mai di consolare lui. 
Difatti si voltò verso il biondo e gli ringhiò: -Che ci fai qui, scanzafatiche?! Ti conviene terminare i tuoi lavori in tempo per il pranzo, o non vedrai una briciola.- 
Così lui annuendo uscì di nuovo dalla stanza. 
La ragazzina gli lanciò un'occhiata asciugandosi una lacrima. 
Era davvero bella. 
Aveva lunghe trecce castane che gli coronavano il viso dai tratti ancora infantili, dolcissimo, decorato poi da due occhi grandi nocciola, dolci anch'essi. 
Portava un vestito lungo sulle ginocchia celeste ed un giacchettino beige sopra, calze lunghe e scarpe marroni. 
I due ragazzi non si rividero prima di cena. 
Seduti l'una di fronte all'altro, si scambiavano occhiate di nascosto, intanto che i padroni continuavano a litigare. 
-C'è una camera per te, Felicia- le spiegò d'un tratto la donna, gesticolando un poco. -E' tutta tua, vedi come sei fortunata? Domani mattina la sveglia per te è all'alba. Dovrai aiutarmi, hai capito?-
La ragazza annuì svelta, osservandola. Portò alle labbra un pezzo di pollo e sentendo lo sguardo dell'altro ragazzo su di sé, arrossì. 
Il padrone lo colpì di nuovo sulla nuca. -Porco! Non guardarla!-
-Non guarda lei, stupido! Guarda il pollo! Colpa tua se non lo hai: non hai fatto nulla di buono oggi. E chi è inutile, non merita di mangiarlo- interruppe la donna, con tono leggermente aggressivo. 
-Aber ich...- stava per rispondere lui. 
Ma il commento gli scappò ancora nella propria lingua, il tedesco, e questo suscitò le furie di entrambi i signori. Lui si chiedeva sempre perché la odiassero così tanto, dopotutto è solo una lingua, no? Perché suscitava in loro questo sentimento così negativo? 
L'uomo conficcò il coltello sul tavolo e lo afferrò per un braccio, facendolo alzare. Il ragazzo farfugliò delle scuse, ma ciò non servì; il padrone lo aveva già trascinato nella stanza accanto e s'era già sfilato la cintura. 
Felicia chinò il capo in avanti, rinunciando alla propria razione di pollo che subito venne presa dalla donna. Percepì di nuovo gli occhi pungerle ma non doveva piangere adesso.
-Non preoccuparti- si sentì consolare. -Lui non picchierà mai te. La cinghia è per i ragazzi. Devono imparare a comportarsi e ad ubbidire.- 
Questo non la rassicurò nemmeno un po'. 
 
 
 
Il giorno dopo non lo vide e non se la sentì di cercarlo. 
Voleva "comportarsi bene" almeno per i primi giorni e sebbene avesse passato la notte a piangere, si alzò ugualmente dal letto e seguì la donna iniziando a capire come svolgere le sue mansioni. 
L'aiutò a pulire la casa, a lavare i piatti, poi uscì di casa per stendere i panni su dei fili messi in giardino. 
Aveva una cesta pesante in mano e aveva un tragitto abbastanza lungo da fare. Mentre camminava, inciampò su un sasso e scivolò per terra e con lei, la cesta. 
I vestiti caddero sull'erba ed alcuni si sporcarono. 
Ludwig vide la scena e le si avvicinò, porgendole la mano. Aveva un graffio sul viso, che gli attraversava tutta una guancia. 
La ragazza si mise in ginocchio con una mano per terra, lo osservò a lungo e con l'altra prese timidamente la sua. 
-Ti sei fatta male?- le chiese lui. 
Lei scosse la testa, poi improvvisamente sembrò ricordarsi dei vestiti. -Oh! Che disastro!- esclamò. Il cuore iniziò a batterle forte. 
Il biondo si chinò per aiutarla ma notando alcune robe sporche ti erba o di terriccio le sue labbra s'incresparono in una smorfia.
-Devi pulirle, prima che se ne accorga. Seguimi, ti mostro dove puoi sistemarle.- 
Così Felicia prese quei pochi capi sporchi e lo seguì fino a destinazione, ove stava una lavabo con dell'acqua corrente. Si preoccupò di lavarli per bene.
-Non conosco il tuo nome- gli ricordò non guardandolo.
-Mi chiamo Ludwig- rispose lui. 
Non le stava comunque troppo vicino, non aveva mai amato il contatto fisico.
-Lud...wig?-
-Esatto- le confermò.
-E' un nome strano...- mugugnò lei. Mise via una canottiera maschile e inzuppò d'acqua un vestito di tessuto pesante. 
-Non è strano, è solo straniero- la corresse il ragazzo. -Sbrigati, non ho tutto il giorno.- 
Non gli andava di prendere altre botte per causa sua. 
Ancora due minuti e la ragazza terminò, stringendo i capi al petto lo guardò con un piccolo sorriso. -Beh... allora grazie...- 
Lo guardò dritto negli occhi ed il ragazzo si ritrovò ad arrossire. 
-Io... insomma, bitte, ehm, prego.- 
Lei si scostò un ciuffo castano dagli occhi, portandolo dietro l'orecchio, e ridacchiò, aveva una bella risata.
Il rossore dell'altro si fece più intenso. 
Ancora qualche momento e si separarono. 
Lei andò a stendere quei vestiti e venne sgridata per la quantità di tempo impiegata per un compito così semplice.
Anche lui venne rimproverato, ma era un bravo contadino, e questo lo salvò ancora una volta dalle violenze del padrone.
La notte arrivò anche quel giorno, e quello dopo, e quello dopo ancora, e in ciascuna di esse il biondo la sentiva piangere.
Le loro camere erano vicine, così lui si convinceva di poter sentire persino il battito del suo cuore, se solo si fosse impegnato un poco.
Continuò a piangere per intere settimane, senza fermarsi una sola notte.
Era strano, perché di giorno non perdeva occasione per sorridere. 
Quel sorriso era davvero bello; faceva invidia al sole. 
  
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