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Autore: Mary P_Stark    28/06/2013    7 recensioni
I vizi e le virtù di Nickolas Van Berger, magnate di prim'ordine di Los Angeles, sono noti a tutti, specialmente tra le signore più altolocate della California. Suo malgrado, però, verrà a scontrarsi con l'unica donna che non subisce il suo fascino, scelta appositamente perché non lo porti in tentazione anche sul luogo di lavoro. Questa scomoda novità porterà Nickolas a porsi più di una domanda e a scoprire quanto, in realtà, le ritrosie di Hannah Fielding, sua scrupolosa segretaria, siano affascinanti. 1^ PARTE DELLA SERIE DI "HONEY'S WORLD".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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¤Capitolo 10¤

 

 

 

 

 

Per loro fortuna, Brandon non entrò mai in coma e, dopo la lavanda gastrica cui fu sottoposto, venne condotto in una stanza singola nel reparto di degenza postoperatoria.

Lì, Nickolas entrò per sincerarsi delle condizioni del fratello, mentre Hannah e Phillip si sistemarono sulle poltroncine nella sala d'attesa.

Rimasti soli, senza più il cuscinetto creato inconsapevolmente dal fratello maggiore di Bran, i due giovani rimasero in silenzio per più di mezz'ora, l’imbarazzo e la rabbia a farla da padroni.

Fu come una fucilata nel bel mezzo di una notte silenziosa che la donna, infuriata e rammaricata, si scagliò contro l’amico con la furia che le sprizzava dagli occhi.

“Sarebbe successo il finimondo se avessi preso il tuo cellulare per avvertirmi?!” gli sibilò contro, cercando di non alzare la voce. Dopotutto, erano in un ospedale.

“Avevo paura, Hannah, …non è che fossi molto lucido” borbottò Phillip, tamburellando nervosamente le dita di una mano sulla coscia abbracciata da jeans scuri.

“Per chiamare Nickolas, però, eri abbastanza in te!” gli rinfacciò lei, snudando i denti e soffiando tra essi come un gatto.

“E' suo fratello!” sbottò allora lui, fissandola torvo in quelle profondità ghiacciate che tanto bene conosceva e che, in quel momento, lo stavano fulminando senza scampo.

“Ed io la tua migliore amica!” ringhiò Hannah, gli occhi ora colmi di lacrime rabbiose che, però, non avrebbe mai versato. “Giurasti che, se avessi mai avuto bisogno di aiuto, mi avresti chiamata... invece mi hai esclusa come sempre!”

“Non ti ho esclusa! Te l'avrei detto, honey, ma...” esalò a quel punto l’uomo, contrito, afferrandola per le spalle per dare maggiore enfasi alle sue parole.

“Non osare chiamarmi così, dopo che mi hai trattata come se non fossi nulla, per te!” sbuffò la donna, divincolandosi dalla sua stretta.

Phillip però mantenne la presa e, reclinando appena il capo per non mostrare a Hannah le sue lacrime, mormorò roco: “Sei come una sorella, per me, honey, non pensare mai il contrario. Solo...”

“Solo, cosa?!”

“Non  volevo apparirti debole.”

Quell'ammissione la sconcertò, congelando qualsiasi sua ribellione, qualsiasi sua eventuale risposta venefica.

Lasciando la presa su di lei, l’amico si passò le mani sul volto dai lineamente tesi dall’ansia e aggiunse: “Come avrei potuto offrirti il mio aiuto, in seguito, se tu mi avessi visto in preda al panico totale, con le lacrime agli occhi e tremante come un pulcino appena nato?”

Scuotendo il capo, Hannah gli posò gentilmente una mano sulla coscia e, più calma, asserì: “Pensi che non avrei capito? E' l'uomo che ami! Mi sarei stupita del contrario, Phill! Inoltre, non devi mostrarti sempre saldo come una roccia. So che sei fatto di carne e sangue come tutti, cosa credi?”

“Sono il tuo fratellone...” abbozzò un sorriso lui, dandole un buffetto sulla guancia con fare esitante.

La donna allora gli sorrise leggermente, la rabbia che lentamente andava scemando e, avvicinatasi per dargli un bacio sulla guancia, sussurrò: “C'eri tu, dopo il tentato stupro, c'eri tu, quando avevo gli incubi... c'eri tu, quando avevo paura. Tu mi hai vista turbata, in lacrime, tremante e distrutta. Posso farlo anch'io per te, Phill. Ricordalo.”

“Non ti deluderò più, honey, te lo prometto” assentì lui, stringendola a sé per un attimo prima di darle un leggero bacio sulle labbra. “Vado a vedere come sta Bran.”

“Salutalo da parte mia, se è sveglio” annuì lei, rimanendo così sola nella sala d'aspetto.

Non amava litigare con Phillip, ma quel silenzio l'aveva ferita.

L'essersi chiarita con lui, però, le aveva fatto bene. Non voleva ci fossero incomprensioni tra loro.

“Hannah” mormorò alle sue spalle Nickolas, facendola sobbalzare per la sorpresa.

“Nickolas! Da dove sei passato? Non ti ho visto arrivare” esalò lei nel volgere lo sguardo alle sue spalle, una mano premuta sul cuore, che stava tamburellando frenetico.

Il giovane era in piedi dietro di lei, l'aria stanca e un principio di barba chiara sul viso abbronzato. Gli occhi, però, più di qualsiasi altra cosa, dichiaravano quanto fosse stato vicino a crollare.

Null’altro pareva smentire l’apparente calma dell’uomo. Le mani erano stese lungo i fianchi, le spalle erano diritte, nonostante tutto … ma gli occhi! Dio, parevano aver visto l’Inferno!

E forse era davvero così.

Vedere il fratello in quello stato doveva averlo toccato nel profondo, pur se non pareva avere intenzione di crollare dinanzi a lei.

Accomodandosi stancamente accanto alla sua segretaria, un bicchiere di caffè in una mano mentre l’altra, a momenti alterni, si stringeva a pugno per poi rilassarsi, Nickolas mormorò roco: “Ho fatto il giro attraverso il reparto. E' ad anello. Stavo cercando il distributore automatico.”

Sembrava desiderare ben altro, oltre al caffè che trangugiò con mano leggermente tremante, e Hannah non poté che comprenderlo appieno. Eventi simili avrebbero sbriciolato i nervi anche a Maciste.

Quel che però sorprese Hannah, e la confuse, fu notare il suo comportamento sfuggente, quasi contrito. Cos’altro era successo? Brandon aveva forse saputo della sua presenza, e aveva litigato con Nickolas?

Hannah si impensierì immediatamente, non volendo di certo causare guai al suo titolare, e gli domandò premurosa: “Brandon non sta bene? E' peggiorato? O ti ha detto qualcosa per via della mia presenza qui?”

“Eh? No, no. Sta dormendo, ora.” Nick scosse il capo, la fissò con aria ancor più angosciata e tornò a reclinare colpevole il viso.

“E allora cosa succede?” gli domandò lei, sinceramente confusa.

“Mi faccio schifo, ecco cosa.”

Hannah sbatté furiosamente le palpebre, prima di sbottare. “Ma che cavolo dici?”

Affrontandola finalmente con lo sguardo, sempre più contrito e pensoso, l’uomo esalò: “Sono stato un idiota, con te. Ho agito in maniera meschina, e davvero tu non ne avevi alcun bisogno!”

Accigliandosi immediatamente, Hannah gli domandò senza tanti giri di parole: “Ci hai sentiti?”

Lui si limitò ad annuire, affranto, e mormorò: “Ti ho praticamente infastidito dal primo giorno in cui hai messo piede in ditta, mentre avrei dovuto tenere un comportamento meno impertinente con te. Dopo l'incidente con Perkins, avrei dovuto capire che qualcosa non andava, invece mi sono limitato a prendere per buono il tuo sorriso, senza minimamente badare a come stessi veramente. E tu, invece, non mi hai mai detto nulla, ti sei limitata a sopportarmi, non ti sei mai lagnata, e ora salvi mio fratello e la nostra azienda da uno scandalo orrendo solo perché te l'ho chiesto. Non me lo merito, ecco.”

Sbuffando sonoramente, e cogliendo pienamente di sorpresa il suo datore di lavoro, Hannah si limitò a dire: “Nickolas, non è che potessi scrivere sul curriculum 'salve, sono Hannah Elinor Fielding, e il mio ex collega di lavoro ha cercato di stuprarmi'. Capisci bene che non ha senso, vero?”

“Sul... lavoro?” biascicò inorridito Nickolas, sgranando gli occhi fin quasi a farsi male. “Dio... peggio ancora!”

“Ma perché voi maschi passate dalla spavalderia all'autocommiserazione senza passaggi intermedi? Prima Phill, e ora tu!” si inalberò allora la donna, fissandolo truce. “Per voi è solo bianco o nero?”

Scostandosi per inginocchiarsi dinanzi a lui quando lo vide scuotere rabbiosamente il capo, Hannah si arrischiò a poggiare le mani sulle ginocchia di Nickolas che, basito, la osservò come un cucciolo smarrito.

Più gentilmente, lei asserì: “Non posso lasciare che un episodio simile mi condizioni la vita. Sono stata sciocca a credere che Horace potesse essermi amico. Mi sono sbagliata, su di lui, e lui ha preso la mia spontaneità per un invito ad alzare le mani. Cosa più sbagliata non poteva immaginare, ovviamente.”

“Io, però, avrei dovuto...” iniziò a replicare lui.

Hannah lo azzittì poggiando un dito sulle sue labbra e, scuotendo il capo, aggiunse: “Ho capito quasi subito che non eri come lui. Ti piace scherzare, a volte ci sei andato giù un po' pesante, ma penso di aver compreso perché lo facevi. In fondo, ti trovavi gioco forza in quella situazione, e hai reagito prendendotela con l’unica persona contro cui potessi rivoltarti.”

“Avrei dovuto discuterne con mia madre, non prendermela con te per una cosa che ha orchestrato lei!” sbottò contrariato l’uomo, dandosi mentalmente dell’idiota.

“Vero, ma spesso e volentieri non ci si riesce. Credimi, ho fatto lo stesso errore con mia madre per anni, scaricandole addosso un sacco di colpe che, in fondo, non erano solo sue” gli confidò lei, un sorrisino derisorio stampato sul bel viso.

Nickolas allora abbozzò un sorriso in risposta e la donna, annuendo compiaciuta, terminò di dire: “Sapevo che non mi avresti mai toccata con un dito, nonostante mi punzecchiassi in continuazione. Pensi che non sappia riconoscere la differenza? Hai occhi buoni, Nickolas, perciò non tormentarti inutilmente.”

“Lo spero! Io non toccherei mai una donna contro la sua volontà” precisò l’uomo con una certa veemenza.

Hannah si trovò a ridacchiare e, ammiccando, celiò: “Certo, non ne hai bisogno! Ti saltano tutte addosso.”

Quasi tutte” ci tenne a dire Nickolas, allungandole una mano per aiutarla a rialzarsi.

Lei la accettò e, suo malgrado, l'uomo si ritrovò innanzi allo spettacolo offerto da quelle lunghissime gambe glabre e chiare.

Quando lei si rimise a sedere al suo fianco, Nickolas non poté fare a meno di chiederle con ironia: “Ma quanto è lungo il tuo femore?”

Ridacchiando nell'osservare le sue gambe nude e messe in evidenza dai calzoncini cortissimi, asserì: “Abbastanza. Deve reggere un metro e ottantatré di segretaria.”

Il magnate ridacchiò nell'annuire e, ammiccando, dichiarò: “Il più disponibile metro e ottantatré che io conosca. In senso buono, ovvio.”

“Grazie” ghignò lei, scrollando le spalle.

Più seriamente, Nickolas mormorò: “Non eri obbligata ad aiutarmi, esulava completamente dai tuoi compiti, invece ti sei catapultata qui per essermi di conforto, quando avresti potuto semplicemente dirmi che non era affar tuo tirare fuori dai guai mio fratello. Te ne sono grato.”

Hannah si lappò le labbra pensosa, valutando attentamente cosa dire e come dirlo e Nick, silenzioso al suo fianco, attese pazientemente che lei rispondesse alla sua affermazione.

Quando infine lei parlò, lo fece con voce profonda, sentita. “Sarà anche un difetto, forse, ma quando lavoro per qualcuno, lo faccio con la testa e con il cuore. Certo, questo può farti correre il rischio di ricoprirti di profonde cicatrici, ma può anche darti enormi soddisfazioni a livello umano. Penso che un lavoro non debba limitarsi alla mera enumerazione di un elenco infinito di doveri. Per questo, quando mi hai chiamata, sono venuta. Mi ha fatto piacere sapere che ti fidavi abbastanza di me da chiedere il mio aiuto per una questione così delicata.”

L’uomo scrollò una spalla, ammettendo senza remore: “Non fatico a pensare a te come a una persona che ne sa una più del diavolo. E non mi sono sbagliato, in effetti.”

Hannah ridacchiò a quel commento. Sì, in effetti, aveva toccato tante persone, nel corso degli anni, e tutte le erano rimaste accanto per affetto sincero, non per mero interesse.

Poteva ben immaginare che Nickolas, nella sua posizione, potesse contare su ben pochi amici fidati e questo, suo malgrado, la intristì.

Doveva essere una vita di solitudine, la sua, nonostante tutte le donne che poteva avere e gli uomini con cui poteva parlare e discorrere.

“Pensi sia il caso di chiamare i tuoi genitori? Se vuoi, lo faccio io” si offrì Hannah, avendo notato solo in quel momento la loro totale mancanza.

Nickolas allora scosse il capo e, mestamente, esalò: “E' meglio di no.”

“D'accordo” si limitò a dire lei, senza chiedere altro.

Lui, però, non fu di quello stesso avviso e, rigirandosi il bicchiere di carta tra le mani come a volerle tenere impegnate in qualcosa, ammise: “Non sto scusando Bran, perché è stato un idiota, ma... penso c'entri mia madre.”

“Non accetta il fatto che lui sia omosessuale?” gli domandò il più gentilmente possibile Hannah.

“Non conosco quello che si sono detti, ma so che è un argomento tabù per Bran, e mamma non si è mai dichiarata molto propensa ad essere generosa con chi lo fosse.” Il solo dirlo fece rabbrividire Nickolas, e per più di un motivo.

Non sapeva quanto fosse moralmente corretto parlare a quel modo della madre di fronte a una dipendente, dipingendola come una donna fredda e insensibile. Ma era pur vero che Isabel Van Berger non aveva mai amato sentir parlare di certi argomenti, ivi compreso l'omosessualità, e poi...

Beh, di certo, lui era proprio l’ultimo ad avere il desiderio di difenderla.

Per quanto lo riguardava, aveva i suoi motivi per non stimarla. Ottimi motivi, ma questo non voleva dire spiattellare tutto in faccia a una loro stipendiata, per quanto Hannah si fosse già ampiamente dimostrata una persona di fiducia.

Non era ancora pronto a confessioni così personali.

La donna poggiò comprensiva una mano sulla spalla di Nickolas e, con un mezzo sorriso, gli confidò: “Fin da piccola, sono sempre stata alta e magra come un grissino, ben poco attraente, lo ammetto. Mamma odiava dover aver a che fare con le mie lamentele, sul perché lei mi ‘avesse fatta così’. Per anni si è lagnata di me e delle burle che i miei compagni di scuola mi affibbiavano... e a cui io rispondevo facendo a botte.”

A quell'accenno, Nick ridacchiò e Hannah, proseguendo, disse sommessamente: “Quando ho iniziato pallavolo, lei mi ha osteggiata dicendo che avrei perso tempo e miei voti sarebbero scesi. Io allora le dimostrai che, non solo sarei andata comunque bene a scuola, ma che i miei problemi comportamentali sarebbero spariti. Sei mesi dopo, ero una delle allieve più ben viste a scuola, e con ottimi voti.”

“Cosa può fare la celebrità...” chiosò Nickolas, comprendendo bene cosa volesse dire.

“Già. Chi un tempo mi aveva odiato, in seguito mi seguì come un cagnolino ammaestrato, e solo perché ero brava in campo e aiutavo a far vincere la nostra squadra. Io ne ero disgustata, ma tutta quella notorietà parve piacere a mia madre perché, a conti fatti, non tornavo più a casa coperta di lividi o con dei richiami del preside, così la accettai come una cosa buona. Questo servì a riavvicinarci poiché, dopo la fuga di mio padre da un giorno all’altro, ci eravamo parecchio allontanate. Continuò così fino all'università, più o meno... poi venne l'infortunio e allora...” Scrollò le spalle, e lasciò che l'argomento si chiudesse lì.

“Tua madre si lagna ancora di te?” le domandò a quel punto Nickolas, sinceramente curioso.

“No, ma dice che avrei dovuto fare la modella, visto il modo in cui sono … cresciuta.” Nel dirlo, si indicò con entrambe le mani e l’uomo assentì con un risolino. Come darle torto, del resto?

Anche un cieco si sarebbe reso conto che era una bella ragazza.

“Mi disse che il mio fissarmi su un lavoro amministrativo era un autentico spreco di talento” ridacchiò Hannah, con un tono agrodolce nella voce.

In fondo, sapeva che la madre voleva solo il meglio per lei, anche se a volte le loro idee non collimavano affatto. Era sempre e solo stato il padre a non occuparsi mai di lei.

Non poteva prendersela con la madre perché la pensavano diversamente, ormai l’aveva capito, anche se a volte era difficile mettere in pratica quel pensiero.

“Ammettiamolo, non sono trasparente come certe modelle di oggi! Non credo avrei avuto molta fortuna, in quel campo” soggiunse poi la giovane, ridacchiando.

“Dovrei controllare più a fondo ma, da quel che vedo, hai curve nei punti giusti e gambe che manderebbero al manicomio. Sì, sei troppo sexy per fare la modella. Le modelle, per contro, sono secche come acciughe e per niente attraenti” ironizzò il magnate, fissandola con occhi maliziosi.

La donna cercò di non ridere, ce la mise davvero tutta, ma fallì miseramente e Nickolas, unendosi a lei, le batté una mano sulla spalla celiando: “Abbiamo i genitori che ci meritiamo, si vede.”

“No, è che non ce li possiamo scegliere. Gli amici sì, invece” replicò lei, asciugandosi una lacrima di ilarità.

“Già, gli amici ce li possiamo scegliere” assentì più seriamente l’uomo, prima di domandarle: “Posso considerarti mia amica, allora?”

Hannah comprese subito che, pur se espressa con tono apparentemente leggero, quella domanda era estremamente seria perciò, annuendo dopo un attimo, levò una mano verso di lui e asserì: “Amici.”

Nickolas gliela strinse, apprezzando la sua forza e, al tempo stesso, la morbidezza di quella pelle d'alabastro e, con un mezzo sorriso, dichiarò: “Sei la seconda donna che ho per amica, sai?”

“E' un club esclusivo” ghignò la giovane, ammiccando al suo indirizzo.

“Non so se sia esclusivo o meno, ma non ho mai trovato altre persone che potessi chiamare 'amiche', e immaginerai il perché” ammise con mestizia Nickolas.

Nel ritirare la mano per infilarla con l'altra in mezzo alle cosce, Hannah lo fissò dubbiosa, chiedendogli: “Non sono esperta di queste cose, ma immagino che l'avere tante donne ti abbia... assuefatto…

“Elegante, come spiegazione” ridacchiò lui, passandosi una mano sul viso stanco ma ora più rilassato. “Sì, Hannah... sono assuefatto e drogato al tempo stesso e, ammettiamolo, è un gran casino, se ci pensi bene.”

“Ti servirà un sacco di energia, per accontentarle tutte” chiosò serafica la donna, cercando suo malgrado di non dare troppo peso a quelle confessioni.

Perché voleva sapere così tanto, di lui? Perché stava ficcanasando a quel modo!?

Nickolas si coprì il viso con le mani, ridacchiando sommessamente e, nell'annuire, esalò: “Molta energia.”

“Povero, povero Nickolas. Divorato dal suo stesso...” iniziò col dire Hannah, azzittita subito dalla mano dell'uomo poggiata sulla sua bocca e che, a occhi sgranati, la fissò in quelle pozze di ghiaccio liquido e brillante che lo stavano guardando con ironia.

“Non avresti detto davvero quello che penso, vero?” esalò lui, al limite di un altro scoppio di risa.

Scostando quella mano forte e calda con la propria, lei mugugnò maliziosamente: “Stavo solo dicendo 'desiderio'.”

“Bugiarda” ghignò Nickolas, vedendola ridacchiare.

“Non potrai mai saperlo” dichiarò lei, prima di lasciarsi andare ad uno sbadiglio incontrollato.

Il magnate allora la fissò dolcemente e, sorridendole benevolo, le consigliò: “Vai a casa. Sono già le due di notte e Stark si preoccuperà per te, se non ti vede tornare.”

Hannah si limitò a scuotere il capo e, con molta semplicità, intrecciò caviglie e braccia per poi lasciarsi scivolare un po' sulla poltroncina. Poggiata la testa sullo schienale imbottito, chiuse gli occhi e mormorò: “Chiamami, se succede qualcosa.”

“Lo farò” assentì lui, continuando a studiarne il viso eburneo e privo di difetti.

Sarebbe stata una modella strepitosa ma… no, davvero preferiva di gran lunga averla conosciuta così.

Probabilmente, se Hannah fosse entrata nel suo mondo in altro modo, lui non avrebbe avuto l’opportunità di scoprire tanto di lei.

Non avrebbe avuto l’opportunità di scoprire quanto fosse stimolante averla accanto, quanto la sua sola presenza potesse chetarne lo spirito e, al tempo stesso, rinvigorirlo.

No, la preferiva di gran lunga come sua segretaria.

  
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