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Autore: herm85    11/01/2008    1 recensioni
Fic partecipante al concorso HANDLE WITH CARE di Claheaven e Anfimissi. Quarta classificata![Dalla saga di Kysa e Axia un tuffo introspettivo nel personaggio Edward Deverall Dalton: suoi dolori, le sue paure, le sue speranze.]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: il personaggio principale, come altri, appartengono alla fantastiche fanwriters Kysa e Axia. I classici personaggi appartengono a J.K.Rowling.

Questa fanfinction è stata pensata ed elaborata per partecipare al concorso HANDLE WITH CARE indetto da Claheaven e Anfimissi sul forum Leather and Libraries, il cui link si trova nel mio account!^^

Con grande orgoglio, questa fiction è arrivata 4° . Credo che ieri sera la mia felicità abbia toccato altissimi livelli.

Per me è un onore e con altrettanto gaudio, do anche a voi la possibilità di leggerla!^^

Buona lettura!

A Denny, a Cla, a Lau, a Sere, a Ju, a Korde, a Chiara, a Iso, a Vera, a Iva,

Grazie ragazze. Grazie davvero per tutto ciò che fate per me.

Vi voglio bene.

PHOTOGRAPHS

Missing Moments

La luce di un grigio giorno di pioggia si riflette sulla superficie opalina di un grande tavolo di mogano scuro.

Poso le mani sudate su quel piano lasciando impronte bagnate.

Davanti a me una serie di polaroid, alcune sbiadite.

Avevo sentito dire da qualche parte che le foto immortalano il ricordo di un attimo che, poi, col tempo svanisce.

Eppure io, prendendo in mano quelle fotografie, sento la magia e le emozioni di un tempo. Sono vividi i ricordi. Come lo è il dolore.

Sono scolorite le foto, ma non lo sono le immagini nella mia mente.

Seduto a quel tavolo, questo giorno di pioggia, raccolgo i pezzi della mia vita e penso che dopotutto i miei quarantaquattro anni pesano come macigni sulle spalle.

L'aspetto è quello di un ragazzino di ventidue anni, dentro l'anima è quella di un superstite di una guerra.

Una guerra ancora nel suo culmine.

"Nessuno dei due morirà se l'altro sopravvive"

La profezia che ha sempre condizionato Harry, il mio amico. O ex amico?

Le scelte della vita hanno sempre le loro conseguenze, forse un giorno riuscirò ad insegnarlo ai miei figli.

....

La prima polaroid mostra un gruppo di ragazzi abbracciati. Le persone si muovevano concitate: alcuni davano scappellotti ad altri che sembravano fare tutt'altro che mettersi in posa per la fotografia.

Quando tutti hanno alzato una mano per salutarmi, finalmente vedo quel volto familiare. Vedo me stesso a diciotto anni: allora ne avevo fatti di errori e spensierato mi avviavo in quello che poi avrei scoperto essere uno dei percorsi più ardui per un uomo.

Persi la madre alla tenera età di dodici anni e corsi anche il pericolo di rimanere da solo se non avessi spronato mio padre a reagire con i miei comportamenti sconsiderati.

Sorrido nel ripensare in quanti guai mi sono cacciato e a quante preoccupazioni devo aver dato a mio padre, ma forse quello è stato l'unico modo per farlo interessare a me dopo la scomparsa improvvisa di Caroline Alexia Kessel in Dalton.

Ero un autentico gigolò. Prendevo, lasciavo, assillavo e poi ero terrorizzato. Quella schiavista di Miria, la mia ex, non sapeva forse cosa voleva significare la frase: troncare una storia.

Comandava ogni decisione della mia vita.

Draco, quella serpe malefica, utilizzava il suo nome per farmi scappare a gambe levate. Una volta le ha raccontato che ero uscito con Hermione e che ci avevo provato spudoratamente.

Semplicemente mi scuoiò vivo e tutta Hogwarts seppe in quel momento che forse di Edward Deverall Dalton non sarebbe rimasto più niente.

Più tardi, con la nascita di quella turbolenta storia d'amore tra Herm e Draco, seppi con certezza che Hermione si sacrificava, uscendo con me, solo per soffiarmi gli schemi e le tattiche di gioco da dare a Harry: il sospetto del dubbio l’ho sempre avuto, ma cercavo in lei qualcosa che andava al di là dell’amore o del piacere fisico, qualcosa che per mia fortuna lei non mi ha mai negato.

Ora dopo quasi trentanni siamo ancora amici legati nel bene e nel male.

……

Il mio ultimo anno a scuola fu matto. Ma fu anche il migliore.

Quella fu la volta in cui strinsi le amicizie più importanti della mia vita.

Fu per me l'anno dell'inizio delle battaglie conto il lato oscuro.

Fu l'anno del miglior insegnate di Difesa.

Fu l'anno in cui conobbi per la prima volta un demone.

Ma in quell'anno e in quelli avvenire ho sempre avuto qualcuno che mi guardasse le spalle, che mi difendesse. Negli ultimi sette anni, invece, mi difendo anche dalla mia ombra.

Fu la mia iniziazione al mondo adulto per un uomo ancora bambino.

Nella foto Ronald mi diede una bella cinquina sul collo. Sicuramente avevo tastato Pansy.

Ero un vero e proprio pervertito.

Mi domando che fine abbia fatto quella parte di me: molto probabilmente è stata mangiata dal tempo. Ora non perdo più tempo passando da una donna all' altra.

Ora ho un finto tatuaggio a coprirmi il braccio sinistro, a condizionare la mia vita, a darmi una reputazione, a parlare per me.

Un finto tatuaggio scolorito che, potrei giocarmi l'intero patrimonio a poker, mi costerà la vita.

....

La foto successiva è molto più pacata. Tutti siamo più grandi e un sorriso illumina quei volti segnati dall'impegno.

Avevamo appena preso il diploma da Auror. Formavamo una squadra: io, Harry, Draco e Ron. Hermione non la vedevamo più da ormai quattro anni.

Eravamo una delle migliori appena uscite dall'addestramento.

Eravamo forti, uniti, compatti.

Ero io quello che rappresentava la pecora nera del gruppo: spensierato come un ragazzino non mi preoccupavo di niente se non di divertirmi.

Giravo per i locali, frequentavo l'Azmodeus Club. Giocavo puntate a quelle babbane corse dei cavalli senza mai capirci veramente qualcosa.

Quando, poi, perdevo battevo cassa al vecchio George e mi ospitavano le mie innumerevoli amanti.

Spesso mi ubriacavo con Draco; Ron e Harry, invece, mi nascondevano da quegli strozzini maledetti a cui dovevo anche le mutande.

Eravamo veramente una squadra.

Per anni, mi hanno ricordato come ero elegante presentandomi nel bel mezzo della notte con indosso solo un paio di boxer e la bacchetta dietro le orecchie.

Dovrò ricordami che da qualche parte conservo ancora quella foto compromettente di Draco e Harry dopo la festa di Capodanno all'ultimo anno.

Comunque, di certo, ciò che non mancava erano le risate. Oh si, quanto ridevamo.

Eravamo ragazzi che combattono, ma che ancora non hanno perso la speranza.

E io ancora non so perchè la speranza sia identificata con il colore verde, ma di certo non dimenticherò mai quando vidi per la prima volta il vero verde speranza.

“Quello stabile era fatiscente, ma era tutto ciò che avevo trovato in una Londra in perpetua corsa.

Scendevo quelle scale sporche, quando svoltai l’angolo. Andai a sbattere su qualcosa di duro e metallico.

Un barattolo pieno di vernice blu.

- O mio Dio, cosa ho combinato. Mi spiace tantissimo- una voce famminile farfugliò, cercando di scusarsi.

- Babbani...- sibilai- Non si preoccupi, davvero.- Quando alzai il viso verso quella ragazza, capii che non ci sarebbe stato più niente di normale nella mia vita di mago.

Rimasi imbambolato con il viso chiazzato di blu e la camicia gocciolante.

Lei aveva due fulgidi occhi color del mare. I capelli biondi erano raccolti e tenuti da un grande pennello. E un dolce sbaffo di vernice verde le incorniciava la guancia destra vicino al naso. Un verde forte e acceso. Un verde che mi incantò.

- Su ho uno smacchiatore per vernici, te lo presto, anche se credo che per questa camicia non si possa fare più nulla.- Guardò con occhio critico la mia ex camicia bianca per poi rivolgermi uno sguardo dispiaciuto.

- Non ti..ti preo..occupa..pa..pare. Davvero.- Non ci potevo credere.

Chiusi gli occhi e i mi portai una mano a pugno alla bocca per schiarirmi la voce.

Per la prima volta in tutta la mia vita balbettai.

- Per favore, fatti aiutare. Mi sento veramente in colpa per averti rovinato la camicia-

- Okay, allora verrò su, ma non preoccuparti, davvero.-

Mi rivolse un sorriso abbagliante: sembrava veramente felice che io avessi accettato.

Ero nervoso, eppure non volevo andare via. Mi muovevo con l’eleganza di un ragazzino impacciato al suo primo appuntamento.

Lei invece rideva e il suo viso mi illuminava.

- Bene questo è il mio appartamento.- La bionda indicò una porta color panna su cui vi era scritto in ottone B3.

- Io ho appena affittato il B4.- Sentii che la mia voce assomigliava a quella di un bimbo che orgoglioso annunciava la sua conquista. Forse era anche per questo che mi rivolse un occhiata tra il critico e il preoccupato.

- Quindi qui davanti.-

- Oh…- rimasi con la bocca aperta e la frase in sospeso. Lentamente le sopracciglia si arcuarono in una strana espressione che lentamente andò esplodendo in un acuto risolino, quando lei scoppiò in un’ altra delle sue fragranti risate.

- Dai non fare quella faccia. Io sono Ophelia. Vieni entra.-“

E sorrido stanco, con ancora nella mente quello sbuffo verde.

Ancora oggi mi chiedo come una donna abbia il potere di togliere il respiro senza che tu te ne accorga, come riesca a dar vita a un enorme groppo alla gola e alle farfalle nello stomaco solo grazie ai suoi occhi sorridenti.

La loro è un arte, un arte trasparente, invisibile. Loro non vedono ciò che fanno, probabilmente neanche sanno di fare arte.

"Nessun grande artista vede mai le cose come sono veramente. Se lo facesse smetterebbe di essere un artista."

Oscar Wilde

E così Edward Deverall Dalton, il purosangue, finì per sposare Ophelia, la babbana. Fu insieme l’omicidio e la salvezza di mio padre: lei fu la donna che lo fece sorridere di nuovo.

……

La pioggia continua a scendere e a picchiettare insistente sul vetro appannato.

Con riverenza poso sul tavolo la foto di una delle quattro donne della mia vita.

Cerco fra le polaroid, finchè non trovo quella dei miei due bambini, ognuno nella proria culla.

I miei gioielli. I miei tesori.

Quando naquero furono la felicità di molti: mia, di Ophelia, ma soprattutto di mio padre.

George fu un uomo diverso da quando prese in braccio Chris appena nato.

Lui è tutto la madre: pacato e gentile. L’arguta intelligenza l’ha mandato a Corvonero e forse un giorno anche lui diventerà un artista.

Accarezzo, invece, il viso della mia bambina, che ormai bambina non è più, ma una donna che mi odia. Quanto mi manca: lei e i suoi abbracci, lei e la sua inesauribile felicità, lei e il suo modo gentile di curarmi il mal di testa con un goccio di Firewiscky.

Adesso il wisky me lo manderebbe di traverso per la gola, immagino.

“Era uno di quei party di beneficenza che organizzava TopStrega e studenti di Howgarts.

Caroline era lì, avvolta in un elegante abito. Seduta al bancone del bar aspettava un martini rosso e vodka.

- Da quando bevi alcolici di questo tipo, Caroline?- Non sono riuscito a trattenermi, era troppo tempo che non le rivolgevo la parola: la mia bambina mi mancava come l’aria.

- Non ti dovrebbe interessare, Eddie. D’altronde non interessa neanche a me. Torna pure a fare lo sporco Mangiamorte da un’altra parte, qui ce ne è già abbastanza di feccia.- Una voce piatta, con qualche nota di rancore, ma modulata dall’odio, mi colpì come un boia. E rabbia mi ribollì nelle vene, calda e dirompente.

- Caroline, ti ho insegnato un po’ di educazione e rispetto, mi pare. Sono sempre tuo padre. Ricordatelo.-

Caroline socchiuse gli occhi e la collera implose. Le guance le si chiazzarono di rosso e artigliò il bicchiere di cristallo.

- Oh certo, tu mi hai insegnato qualcosa: mi hai insegnato ad amare, a voler bene, ma anche ad odiare. Non mi interessa: tu sarai anche mio padre per questo maledettissimo sangue che ci unisce, ma un vero padre non è come te…Ti odio, Dalton!-“

Le davo le spalle quando sputò queste parole. Sentii il mondo cadermi il mondo addosso. Sentii un peso in più gravare sulle mie spalle. Me me andai, semplicemenre, in silenziio come benedendo quelle parole, come fosse un’ ineluttabile verità.

E ora sorrido, mentre so che sta per arrivare il momento più difficile di tutti da ricordare.

Il momento in cui ho deciso di lasciare Ophelia, mio padre, Chris e Caroline.

Li ho lasciati senza una spiegazione: era il funerale di Sargas, quel dolce bimbo neanche nato, che tramite Gillispe ho mandato una grande busta con dentro una lettera ad Hermione, in cui le rivelavo tutto.

Nessuno tranne lei seppe.

Non mi sono fatto sentire per un lungo periodo. Lavoro tuttora sotto una fatiscente protezione: ho dovuto uccidere uno dei miei colleghi Auror per conquistarmi la fiducia di vermi.

Ora per tutti sono un verme.

Un verme indegno di strisciare sulla Terra.

Ora per tutti sono un traditore. Non conta quello che penso e quello che faccio.

Non conta perché nessuno lo sa

Non conta perché ormai sono un uomo morto.

In quello straccio di cuore che mi è rimasto debole e stanco, non c’è più niente. Non posso abbandonarmi all’odio o alla disperazione. Combatto ogni giorno contro di loro per cercare di convincermi di non essere ancora arrivato al capolinea.

E sono solo con l’unico debole conforto di sapere la mia famiglia al sicuro.

Ma d’altronde è stato tutto un errore.

Tutto. Anche permettere che Hermione entrasse a far parte del programma.

Ora non c’è solo un uomo distrutto. Ora anche una donna è allo stremo: la mia migliore amica, troppo leale, ma è per questo che la amo.

E ora una lacrima piena e impertinente cade sulla mia guancia solcandola senza pietà. Con dolore e sofferenza arriva al mento per poi precipitare nel vuoto e schiantarsi tra quelle fotografie sul tavolo lucido, macchiandolo.

Fra fotografie vuote.

Completamente vuote. Come se fosse stata utilizzata un’ antica cartuccia rovinata.

E il colore è secco. Non colpisce. Non tinge. È secco.

Non c’è più.

Così non c’è più niente, più nessuno: né io né loro.

Avvolto in un nero mantello , io gli voltai le spalle.

Loro avvolti da un nero odio non mi voltarono le spalle. Semplicemente mi donarono il loro disprezzo.

……….

Fitte alle tempie mi costringono a chiudere gli occhi, quest’incessante mal di testa mi tortura da quel giorno, quando ho rivisto mio figlio Chris e mio padre.

Quando un altro coltello mi ha lacerato quei brandelli di cuore e mio figlio ha dimostrato la più frustrante apatia.

Quando mio padre mi ha detto che mancava un solo mese e poi tutto sarebbe finito. Si, sarebbe finito per lui, che voleva morire.

“– Edward, te lo chiedo…come favore personale. Tu devi restare qui…-“

L’alchimia del sangue- capitolo 15

Invece gli ho detto addio, di spalle. Non ho avuto la forza di guardarlo negli occhi, perché presto non avrei avuto più neanche un padre. Non volevo capire.

Non volevo più sapere.

Quel giorno sembrava non dovesse finire mai e intanto il nome di mia madre, inciso su quella boccetta rotta, mi annebbiava la mente. Mi rendeva cieco e mi costringeva a ricordare. Quei ricordi di dolore che si erano depositati in fondo al mio cuore per essere ricoperti da tanti altri, ma che certo non erano dimenticati.

Lì, impolverati, persistevano e tenevano compagnia a quelle ferite sempre aperte.

Il lutto e il dolore non dovrebbero sparire e il tempo non dovrebbe scemare i ricordi.

La testa mi pesa e inerme ricade nelle mie mani.

Sette anni di sacrifici, in cui ci ho versato il sangue. Ogni maledetto giorno passato con la paura di morire, di non farcela e con la morente speranza di poter riabbracciare i miei figli, mia moglie e i miei amici.

Poterli abbracciare e chiedere perdono, perchè tutti ti odiano. Tutti, dal primo all’ultimo.

Draco se potesse mi strangolerebbe nel sonno: gli ho portato via la moglie e distrutto la famiglia. Senza contare il tradimento, come amico l’ho tradito e beffato.

Lui non ha mezzi termini: ti giura odio eterno e vendetta. Non ama il raggiro: vuole verità.

È anche per questo che crede che Hermione sia una gran puttana: le apparenze ingannano, come il dolore che ti acceca. Diventi sordo e muto.

E non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Mi domando a volte se sia la forza dell’odio che faccia girare il mondo o se sia quella del rancore. Sicuramente tra le due è una bella lotta.

Credo che quello che faccia più male sia il rancore e il rancore trasformato in odio, oltre all’indifferenza, sia chiaro.

Non potrò mai dimenticare quel giorno ad Hogwarts poco tempo fa. Ho sentito dire in giro che l’hanno chiamata “L’Invasione dei Draghi”. Io l’ avrei chiamata “La spedizione punitiva dei Draghi”.

Quella mattina ho visto gli occhi della speranza del Mondo Magico spegnersi e diventare opachi.

Spesso fa quest’effetto la mia presenza: ho ferito troppe persone per restare illeso, incontrandole.

L’ho visto colpire il mio corpo con occhi rancorosi e lucidi, fino a che riconoscendomi si è armato di ascia, dando il colpo di grazia. Non disse una parola mentre io mascherato dalla mia nuova esistenza di fasullo Mangiamorte lo mettevo in guardia verso quel Raidel.

Credo di avergli dato la botta finale quella mattina: erano otto anni che non mi rivedeva, otto anni che non parlavamo nella stessa stanza.

E ora il Rancore ha scoperto il mio segreto: Edward Deverall Dalton, la testa di rame più testa di cazzo di tutta la Gran Bretagna. Sento già i microfoni urlare questo slogan con tanto di immagine del sottoscritto che appare e scompare.

Sono appeso ad un filo pendente dalla lama di un coltello e con me anche Hermione.

Ma tutto questo sembra avermi insegnato tanto della vita: di sicuro ho imparato che la vita è gran fregatura.

Cosa serve venire al mondo speranzoso di godersi un po’ di felicità e scoprire invece che prima devi patire come un morto sul patibolo per imparare qualcosa o forse non imparare nulla? Non serve a nulla vivere in questo mondo: puoi morire da un giorno all’altro e nessuno magari verrà alla tua tomba a portarti anche solo un fiore secco.

Perché è questo che succede: non ci si deve far ingannare dal bell’aspetto di quell’angelo traditore che dal Paradiso ci vuole trascinare all’Inferno.

“Lasciate ogni speranza, o voi ch’intrate!”.

Così direbbe Dante, grand’uomo e grande mago. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo solo per fargli i complimenti: aveva davvero capito tutto.

Io credo che sia giusto condannare i peccati dell’uomo.

Una punizione, niente più.

L’uomo è volubile, iracondo, superstizioso, malizioso.

Assecondarlo non porta mai a nulla di buono, questo è ormai assicurato.

Non voglio assecondare ogni capriccio di Richard solo perché lui è Richard Ashlocke, il capo, e io sono Edward Dalton, il confidente. La vita non è fatta solo di capricci.

Ma lui è il classico esempio di uomo a cui non importa nulla se non dei suoi sporchi e marci ideali, a cui non interessa se muoiono innocenti o ci rimettono bambini: lui vuole il mondo. Punto e basta.

È riuscito anche a liberare un Dio, Sadorn, per raggiungere il suo scopo.

E che io sia maledetto che gli ho fornito l’ultima ed indispensabile chiave.

Ma d’altronde l’uomo è anche un grande stupido e un inetto.

Alzo lo sguardo verso il l’orologio a pendolo che c’è nella sala da pranzo.

Sono quasi le sette di sera e devo andare a svegliare Hermione.

Mi ha pregato di farlo perché vuole accompagnarmi da Richard.

Molto probabilmente non ha la forza di rimanere a casa da sola, d’altronde è pur sempre Natale.

Meglio passarlo in compagnia, anche se pessima, che in completa solitudine.

Forse perché se stesse qui chiusa in casa, anche lei inizierebbe a ricordare. E ora so per certo che è qualcosa che cerca di non fare.

Con un sospiro mi alzo poggiando i pugni sul tavolo. Mi fermo per qualche istante ancora, lì, ad osservare quelle polaroid.

Sorrido mesto sperando che forse un giorno…

Le accarezzo dolcemente soffermandomi su ciascun volto per imprimermelo meglio nella mente e provo ad evitare quelle squallide foto vuote.

E un magone mi sale fino alla gola. Sento gli occhi inumidirsi e allora, dopo aver avuto la prova che nonostante sia un uomo volubile o altro, sono ancora in grado di piangere, vado da lei.

La stanza è semibuia e lei è distesa sul letto. Non ha sfatto neanche le coperte e un delicato vestito nero la adorna e la fa sembrare una principessa che aspetta il bacio del suo amato.

Purtroppo per lei io non lo sono. E purtroppo per me lei non è Ophelia.

Mi piego leggermente su di lei, dopo aver accesso l’abatjour.

- Herm, svegliati. Dobbiamo andare.- La vedo arricciare il naso e arcuare le sopracciglia. Apre leggermente un occhio, accenna a sorriso per poi far di sì con il capo.

Io mi alzo e torno nell’altra stanza per prendere la giacca e la bacchetta.

Poco dopo Hermione esce dalla camera. Sembra che non abbia affatto dormito per tutto il pomeriggio: è perfetta nella sua bellezza. Minuta e prosperosa si presenta come una donna da amare nella sua dolcezza ed esuberanza.

La prendo sotto braccio baciandole la guancia e prima di smaterializzarci lancio uno sguardo ancora verso quel mucchio sul tavolo, che Hermione guarda incuriosita.

Col capo le faccio cenno di lasciar perdere, mentre per un ultima volta le osservo da lontano.

E mentre le guardo, sparisco lasciando solo l’ombra di me in quella casa che non sento veramente casa.

E si, lascio anche una speranza. Piccola, è vero, ma c’è.

.........

Credo che arriveranno anche altri lavori fra qualche tempo, in cui pubblicherò i ringraziamenti a chi recensirà questa storia!Grazie per essere arrivati fin qua!

Un saluto a chi recensirà e a chi non lo farà!

Un bacio Herm85

   
 
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