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Autore: giraffetta    29/06/2013    1 recensioni
-Ho urlato e urlato e urlato a gran voce che quella che gli altri vedevano, non ero io. Io non ero anoressica, io ero sana.
Ma nessuno mi ha ascoltato. Nessuno mi ha capito.
Ed io ho ceduto.-
Ispirato ad una storia vera. La mia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                    Diario di una falsa anoressica



                                                                                                             “Non c'è niente di più profondo di ciò che appare in superficie.”
                                                                                                                                                                                        -Georg Hegel-


 



Me lo ricordo, quando è cominciato.
È come scorgere nella mente una linea sottile che separa il prima dal dopo, un orizzonte preciso che spezza in due passato e presente.
Non è stato un temporale improvviso, di quelli che arrivano in estate con pesanti scrosci di pioggia e si spengono nel giro di poco tempo, lasciando il cielo di un colore azzurro e un timido arcobaleno che balena nell’atmosfera.
Non è stato nemmeno un fulmine a ciel sereno, di quelli che ti fanno sobbalzare col cuore in gola e stringere nelle spalle, che ti rimbombano dentro anche dopo che il loro eco si è placato.
No, è stata una cosa graduale, a tratti indefinita, ma ben presente nella mia testa.
Prima, ci sono stati gli sguardi, rapide occhiate inquisitorie, penetranti, taglienti.
Non ci ho fatto subito caso. Il mio mondo, il mondo di Lis, continuava a girare tranquillo, spinto dalla solita forza armonica di tutte le sue parti.
Non mi accorgevo che intorno a me, tra le persone che mi erano sempre state accanto, stava crescendo una muraglia di risentimento, leggera e impalpabile.
Le prime volte ho dato la colpa di quegli sguardi a come ero vestita. Magari il mio jeans un po’ largo o la mia felpa rosa confetto potevano destare qualche perplessità, per questo non ci ho badato. Credevo che gli occhi della gente si posassero sui miei colori sgargianti, sui miei codini sbarazzini o sul filo di matita nera che vezzosamente e molto maldestramente mi delineava gli occhi.
Invece, mi sbagliavo.
Quelle occhiate erano sì scagliate contro la mia esteriorità, ma mi stavano scavando dentro, mi stavano analizzando alla ricerca di una colpa, di uno sfregio, di una risposta. Mi vagliavano per trovare cicatrici invisibili, peccati mai compiuti, cadute inesistenti.
Erano i primi anno del liceo, non ero ancora sicura di me stessa e non sapevo come fare a spiccare quel piccolo balzo che divide la fanciullezza dalla prima giovinezza.
È stato con un’amica che ho scoperto la moda, le riviste di gossip e il trucco. Io e Tara abbiamo passato insieme interi pomeriggi, io a studiare per le interrogazioni di biologia e letteratura del giorno dopo e lei a prendere appunti sull’ultimo mascara super allungante o sulla minigonna di tessuto jeans più corta.
È stato facile tenderci una mano.
Io aiutavo lei negli esercizi di matematica e nelle traduzioni di spagnolo e lei aiutava me a capirci di moda e maquillage. È stata una scoperta interessante e un divertimento fresco quello di passare qualche sabato pomeriggio in giro per negozi, attente a comprare cose carine a poco prezzo.
Piano piano ho capito che potevo valorizzarmi di più, che potevo aiutare la natura laddove era già stata generosa con me. Ho cambiato look, iniziando ad abbinare i colori giusti e a farmi una treccia piuttosto che i due codini da bambina. Tara invece non è mai migliorata in matematica e spagnolo, è stato un vero combattimento perso in partenza.
Forse le occhiate c’erano anche prima, così acute e taglienti. O forse lo sono diventate solo in seguito, quando sono uscita fuori dal mio bozzolo caldo. Fatto sta che è allora che me ne sono accorta.
La gente non guardava la mia camicia di jeans o il lucidalabbra alla fragola che avevo messo su, così come prima non guardava le mie felpe multitasche o le mie scarpe da ginnastica con i pallini colorati.
Guardava oltre. Guardava dentro.
All’inizio, li ho ignorati.
Erano poche persone a guardarmi così, e allora non mi sono preoccupata. Non si può piacere a tutti, no? Evidentemente ad alcuni stavo antipatica e questo era il loro modo per farmelo notare, per sottolinearlo. A ciò si univa il fatto che erano quasi tutti sconosciuti, persone guardate di sfuggita nei corridoi durante la pausa tra una lezione e l’altra.
Perché dovevo preoccuparmi di alcuni estranei?
Poi, però, le occhiate sono arrivate da qualcuno vicino a me. Dagli amici. Dalle amiche.
Un giorno, nella prima pausa di metà mattino sgranocchiavo un pacchetto di crackers. Avevo lo stomaco sottosopra per essermi abbuffata la sera prima e cercavo di tamponare i danni. Stavo ascoltando il gruppo parlare di una prossima festa, quando notai due occhi scuri fissarmi con un sorrisetto enigmatico.
Era Leonor, e tra me e lei c’era sempre stato qualche attrito e qualche incomprensione. Purtroppo, a pelle non mi era piaciuta e, anche conoscendola, era rimasta una traccia in sospeso nell'aria, che mi faceva diffidare di lei almeno un po’. Ma eravamo amiche, se così potevamo definirci.
Al suo sguardo insistente, risposi con un’occhiata interrogativa, ma lei si limitò a scuotere le spalle e a voltarsi dall’altro lato.
Non ci ho pensato più. Ed ho fatto male, perché quello era il primo sintomo di una malattia che si sarebbe abbattuta su di me nel giro di poco tempo.
Allora credevo che ci fossero delle stranezze nel mondo, che spesso non si possono capire. Invece, non esistono cose strane. Esistono cose che non vengono capite. O ignorate. O minimizzate.
La mia vita è continuata normalmente, mi sono chiusa nel mio mondo e ho lasciato il resto fuori.
Avevo tanti interessi che mi occupavano le giornate e quando uscivo con le amiche non stavo a notare come mi guardavano o mi scrutavano. Uscivo e basta. Mi divertivo e basta.
Ma i segnali c’erano ed ero io che non sapevo coglierli.





NOTE:

Primo capitolo di questo mio percorso nella mia memoria. Grazie a tutti coloro che hanno letto il prologo e a Kary91 per il suo commento! <3

un bacio, Giraffetta

  
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