Tutto
nacque così velocemente che mi sembra di non aver mai tenuto veramente tra le
mani questo sentimento.
Ma
andiamo con ordine.
Io
sono una sacerdotessa del sommo Osiride, dio giudice dei morti.
Sono
entrata a far parte del suo tempio quando ancora ero in fasce, infatti mia
madre, che non ho mai incontrato, mi abbandonò li per, a quanto pare, una
strana voglia sulla mia schiena, all’altezza della scapola, rappresentante il
simbolo della divinità.
Le
sacerdotesse non mi vedevano di buon occhio. Credo fossero gelose delle
attenzioni della matrice nei miei confronti. Già Foluke era l’unica che mi
trattasse con gentilezza all’interno di quelle mura. Per le altre ero solo una
sguattera.
Ma
a quanto pare il dio non aveva quest’idea su di me.
Foluke
si ammalò gravemente quando io avevo solo 7 anni.
Lo
sapevo che prima o poi sarebbe successo, era vecchia, ma non pensavo avvenisse
così presto.
Fatto
sta che mi mise al comando delle altre sacerdotesse. Vi rendete conto? Elesse
come suo successore una bambina.
Quando
lo venni a sapere corsi da lei agitata.
Avevo
paura delle altre sacerdotesse.
La
sacerdotessa madre mi guardò serena e al mio “Perché?” rispose con un semplice
“Non sono io che decido ma il nostro dio, Osiride”.
Rimasi
interdetta.
Osiride
mi aveva scelta?
Ricordo
che i giorni a venire feci fatica a dormire e non mi facevo molto rispettare
dalle altre che erano tutte più grandi di me e gelose della mia nuova
posizione.
Poi
una notte sognai il mio dio che mi indicava severo, come per ribadire che ero
io quella che aveva scelto.
Mi
sveglia di soprassalto.
La
voglia sulla mia schiena bruciava terribilmente.
Interpretai
il sogno come un invito di Osiride a farmi rispettare perché così doveva
essere, e lo feci, in un modo nell’altro.
Foluke
morì.
Divenni
ufficialmente la sacerdotessa madre del tempio di Osiride.
La
cerimonia funebre la eseguii io stessa, davanti all’intera famiglia reale e al
popolo.
Il
faraone Ramsess II era rimasto sbigottito nel vedere la nuova matrona.
Venne
a parlarmi e d’allora, non so come, entrai nelle sue grazie.
Gli
piacevo e per me questo era un grande onore.
Essendo
poi entrata nelle grazie del faraone le sacerdotesse non furono più un problema
anzi, divennero agnellini docili da comandare.
Gli
anni passavano e io crescevo velocemente, fisicamente certo, ma sopratutto
mentalmente. Riuscivo a discorrere e a mettere in imbarazzo per i miei
ragionamenti sopraffini uomini considerati saggi.
Non
ero più la bambina insicura che aveva paura di fare un passo da sola, ora amavo
questa mia solitudine perché nessuno mi controllava e decidevo della mia vita
con tranquillità.
Al
compimento del mio dodicesimo anno di vita conobbi una persona che mi avrebbe
stravolto la vita oltre che il cuore.
Quel
giorno mi trovavo nel giardino di orchidee nell’ala ovest del tempio. Ne stavo
raccogliendo un mazzetto come tutti i giorni da portare al dio, quando notai che
non ero sola.
Un
ragazzo poco più grande di me stava ammirando le orchidee bianche. Ad un certo
punto ne strappò una e se la rigirò fra le mani.
Mi
infervorai subito perché solo io potevo raccogliere quei fiori. Nessun altro.
Mantenendo
una calma apparente mi avvicinai a lui e gli chiesi cosa stava facendo.
Era
un ragazzo alto con capelli neri sbarazzini e occhi di un verde smeraldo che mi
fecero perdere per un attimo.
Mi
sembrava di averlo già visto da qualche parte.
Disse
che portava un messaggio per la sacerdotessa madre da parte del faraone.
Ancora
infastidita gli presi il fiore che aveva in mano e lo rimproverai, poi gli
dissi che ero io la matrona del tempio e che quindi se aveva un messaggio
poteva pure dirmelo.
Ricorderò
per sempre la sua faccia sbigottita.
Lui
sapeva che la sacerdotessa madre era molto giovane, mi aveva visto al funerale
di Foluke, insieme a tutta la sua famiglia, quella reale.
Eh
già Luxor era il figlio minore di Ramsess e Nefertari, ecco perché l’avevo già
visto.
Ed
anche se era preparato a vedersi una bambina rimase basito.
Mi
arrabbiai ancora di più.
Una
cosa che mi ha sempre dato fastidio è che la gente mi guardi con sorpresa ogni
volta che affermo di essere la sacerdotessa madre.
Comunque
dopo quel primo momento di smarrimento si riprese e mi diede il messaggio del
faraone.
In
quel periodo gli altri sacerdoti erano in combutta per rivalità fra divinità,
infatti tutti affermavano che il loro dio era più importante e che quindi
bisognava allargare il tempio e dare molti più tributi ad esso per onorarlo.
Io
in tutto questo non c’entravo niente.
Onoravo
Osiride e la gente lo onorava, non mi importava diventare più ricca, perché in
verità era questo che volevano gli altri sacerdoti, arricchirsi con le offerte.
Per
queste continue lotte Ramsess mi aveva incaricato di cercare di mettere un po’
di pace fra i sacerdoti. Disse, che scelse me perché ero l’unica di cui potesse
fidarsi.
Accettai
l’incarico un po’ controvoglia, perché non sopportavo quei boriosi che
fingevano di adorare il proprio dio, e partii alla volta di Tebe con Luxor e
altri attendenti che mi avrebbero protetta.
Erano
tutti sicuri che qualcuno avrebbe cercato di uccidermi perché ero troppo
importante, e così fu.
Ben
due attentati.
Falliti
entrambi.
Nel
primo però rimari ferita ad un braccio, niente di che, ma Luxor divenne
ossessivo, era come la mia ombra.
Non
lo sopportavo.
Alla
fine si risolse tutto e portai un po’ di buon senso nelle zucche vuote dei
sacerdoti.
Al
mio ritorno trovai una sorpresa: tutte le mie cose erano state trasferite a
palazzo reale.
La
scusa era che in seguito agli attentati alla mia vita non potevano lasciarmi
sola al tempio in balia di pazzi assassini, per questo sarei andata a vivere
sotto stretta sorveglianza del faraone.
La
verità era ben diversa: la regina Nefertari si era affezionata a tal punto a me
da ritenermi come una figlia e non voleva più vedermi solo una volta alla
settimana ma avermi sempre attorno.
Le
piaceva parlare con me e anch’io amavo quei momenti in sua compagnia.
Era
una donna dal grande quoziente intellettivo, e il faraone senza lei non sarebbe
stato tale.
Divenni
la sua ancella personale continuando però a mantenere il mio ruolo di
sacerdotessa madre del tempio di Osiride. Il mio dio mi aveva lasciato andare
ma non voleva perdermi.
Lì
cominciò la mia vita a palazzo.
Non
so come, ma con il tempo oltre a mutare io mutò anche il mio rapporto con il
giovane principe.
Eravamo
partiti decisamente con il piede sbagliato.
Io
non lo sopportavo, ma poi pian piano conoscendolo meglio cominciai ad ammirarlo
per il suo carattere solare al punto giusto e fermo sulle proprie decisioni
come un vero re deve essere. Sapeva prendere in mano le situazioni con una
calma esasperante, mentre io molto spesso mi agitavo per niente.
Lui
aveva sempre per me delle piccole attenzioni che mi fecero provare strani
capovolgimenti in zona addominale.
Poi
quando compii 14 anni lui partì. La guerra contro gli ittiti incombeva e lui
doveva aiutare il fratello maggiore con le milizie.
Per
un anno non lo vidi nemmeno una volta.
Tornò.
Il
ragazzo si era fatto uomo.
Il
mio cuore esplose di gioia. Non lo facevo vedere naturalmente. Sono sempre
stata alquanto fredda con gli altri forse dovuto al fatto della mia crescita
precoce, ma qualcosa cambiò radicalmente e non solo da parte mia.
Ci
scoprimmo con lentezza e delicatezza assaporando con gusto questi sentimenti
così forti che si erano impossessati di noi.
Ci
amavamo.
Eravamo
il nostro Lui e la nostra Lei.
Eravamo
uno parte dell’altra.
La
felicità di quel tempo come l’amore che ogni giorno lui mi dimostrava lo
porterò sempre con me.
E’
il mio tesoro.
Una
notte mentre ero sdraiata accanto a lui mi mise con gentilezza attorno al mio
collo qualcosa.
Lo
guardai.
Era
un monile stupendo, d’oro e ambra.
“Come
i tuoi occhi” mi disse.
Ci
baciammo intensamente poi mi chiese una cosa che io non mi aspettavo
assolutamente
“Mi
faresti l’onore di diventare mia moglie?”
Quelle
parole le ricorderò in eterno.
Accettai
senza esitazione.
Sapevo
che era lui la persona destinata a me, nessun altra, Lui.
Ma
la felicità da quel momento si trasformò in oscurità.
Prima
che ci sposassimo la mia cara regina Nefertari spirò tra le braccia del faraone
lasciando un grosso vuoto.
Posticipammo
il matrimonio.
Ma
le disgrazie, come si dice, non vengono mai sole.
La
guerra con gli Ittiti si era fatta più accesa e sembrava che la battaglia
finale sarebbe arrivata a breve.
Io
presi il posto della regina nel consigliare il faraone.
Intanto
scoprii una cosa che mi rese felice in quel dolore.
Ero
incinta.
Lo
dissi a Luxor temendo che lui la prendesse male perché in un tempo così
difficile un bambino sarebbe stato solo di impiccio. Invece lui rimase a
guardarmi per qualche minuto poi con uno scatto di felicità mi prese in braccio
e mi fece volare. Mi strinse forte e io per la prima volta scoppiai a piangere
davanti a lui contenta che l’avesse accettato con così tanta gioia.
Da
allora divenne ossessivo, ma non potè esserlo per molto.
Doveva
partire per Quadesh e lasciarmi sola nell’enorme palazzo.
Mi
opposi vivamente e il faraone accettò di portarmi sul campo di battaglia.
Aveva
bisogno di me.
Inutile
dire che Luxor era furente per la decisone del padre, ma non si discute un
ordine del faraone.
Mai.
La
felicità durò poco.
La
vidi volar via non appena l’avevo sfiorata.
La
persona che amavo morì sotto i miei occhi in quella battaglia.
Non
piansi, nemmeno una lacrima.
Non
serviva a nulla.
Il
dolore era dentro di me.
Non
mangiavo.
Ero
diventata una bambola senz’anima perché questa era volata via con lui.
Addosso
avevo solo il suo sangue.
In
seguito al forte trauma persi nostro figlio e caddi ancora più in depressione.
Mi
davo la colpa della morte sia di Luxor che del bambino.
Mi
lasciai morire così, lentamente accoltellandomi con il mio dolore immerso nel
sangue che avevo sulle mie mani e che usciva dal mio corpo.
A
nulla servì l’aiuto del faraone.
Morii
all’età di 17 anni con il dolore che mi perforava.
Il
mio unico desiderio era ricongiungermi a Lui. Ma questo non è ancora avvenuto.
La
mia anima vaga sola tra i secoli alla sua ricerca, e finchè non rivedrò e
afferrerò quella sfera di luce che da serenità, continuerò a vagare.
Ecco
qui... questa one-shot l'ho scritta stanotte... stavo leggendo quando
mi è venuta una voglia improvvisa di scrivere così fino
alle 4 e mezza sono rimasta incollata al computer... voi mi darete
della pazza e in effetti è vero, ma sentivo che dovevo
esprimermi ed eccomi qui.
Questa shot è praticamente un riassunto di una long-fic che
stavo scrivendo, ma poi non riuscendo ad esprimere veramente quello che
volevo, l'ho lasciata incompiuta. Forse un giorno la completerò.
Mah.
Comunque per adesso ho sfornato questa.
Che ne dite? è carina o fa pena? Fatemi sapere mi raccomando... naturalmente si accettano critiche...
baci...
Antil