Hoola.
Ecco a voi il nono capitolo di Sleeping.
Oddio, già siamo arrivati al nono :')
Che dire...è breve ma...intenso, penso.
Si capiscono un pò più di cose del passato di Isabella, che si chiariranno senz'altro nei capitoli a seguire.
Grazie per chi segue/preferisce/ricorda/recensisce/legge soltanto questa ff!
Un bacione! :*
Buona lettura (?)
ps: ho iniziato una nuova ff e sarei felice se vorreste passarci, ora vi lascio il link! :3 (fandom twilight!)
And I can’t understand
Why my heart is so broken
Rejecting your love
Without love gone wrong
Life
Less words
Carry on"
-Shattered, Trading Yesterday.
-(ascoltatela fino alla fine, per favore.)
#9
Shattered.
«Sono
stanca.
Stanca
di esser continuamente in ansia. Ha
presente signore, quell’ansia che ti attorciglia tutti gli
organi in un
groviglio doloroso e confusionario, quell’ansia che ti
attanaglia il cuore come
se qualcuno si divertisse a stritolarlo, causandoti soltanto dolore?
Ecco, io
mi sento sempre così.
E
vorrei riuscire a dormire, ma non
riesco.
Appena
provo a coricarmi,-sempre in
compagnia di nonna Marie o del mio migliore amico Stefan,
l’incubo continua.»
«E
cosa sogna di solito, signorina?» con
un dito il signor Spencer riportò gli occhiali, appena
scivolati sul naso
aquilino, verso l’alto.
«Sogno
che lui uccida anche me. Che non
riesca a fermarsi grazie all’intervento della polizia e della
sua follia che lo
ha portato a dilungarsi in deliranti discorsi. Sogno i miei genitori,
ricordo
insistentemente il modo in cui gli ha torturati di fronte ai miei
occhi. Ho
paura, signore. Ho paura.»
Spencer
allungò la convezione di
fazzoletti, che utilizzai per asciugare le lacrime.
«Signorina,
il tempo a nostra disposizione
è scaduto. L’aspetto per la prossima seduta, e si
asciughi gli occhi, perché
son talmente belli che è un peccato veder annegare nelle
lacrime.
Con
un cenno del capo annuì,
ringraziandolo silenziosamente per l’aiuto.
Ma
le lacrime del cuore, chi me le avrebbe
mai asciugate, signor Spencer?
Ma
soprattutto, sai mai riuscita a
ritornare alla vita, mio caro psicologo?
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«Sei
davvero sicura, Isabella?»
«Stefan,
è la trentesima volta che me lo chiedi.»
«Lo
so, ma volevo soltanto sapere se ecco, eri sicura.»
«Lo
so che sto per rivederlo, lo so benissimo. Eppure devo farlo.»
Voglio
farlo.
Voglio
rivedere i suoi occhi, il suo
volto, le sue mani, il suo corpo, il suo sguardo.
Voglio
rivedere lui, Stefan.
Perché
ciò che più mi terrorizza non è
tanto un suo cero rifiuto, -non voglio tornare assieme a lui, non me lo
merito;
bensì la perdita di memoria.
Non
voglio dimenticare neanche un
particolare di lui, questo è ciò che
più mi spaventa.
Non
riuscirei a sedare i miei incubi
causati dal mostro con gli occhi azzurri, non ci riuscirei.
«E
poi non eri tu il mandante dei biglietti?» Ruotai gli occhi
verso il sedile del
guidatore.
In
risposta semplicemente si aprì in un sorriso che
illuminò tutta l’auto e stesse
per parlare, quando gli arrivò una chiamata sul cellulare.
Dalla
gioia che emanavano i suoi occhi compresi all’istante che si
trattava di Leah.
Si
erano incontrati all’università di Oxford, e un
appuntamento tira l’altro, il
mio migliore amico si era innamorato di lei.
Una
ragazza bella, solare e decisamente simpatica; il meglio che potevo
sperare per
lui.
«Ti
amo anche io» sentii mormorare da Stefan.
Le
sue labbra, i suoi occhi, i suoi
gemiti.
Le
sue mani gentili e allo stesso tempo
passionali, sul mio corpo.
L’amore
che esprimeva in ogni gesto.
I
suoi baci sulle mie cicatrici, senza
chiedere nulla.
I
suoi baci.
Istintivamente
chiusi gli occhi, sentendo un calore salire riscaldando il mio cuore e
la mia
mente.
«Isabella,
devo avvertirti di una cosa, comunque…», mi
voltai, riscuotendomi dai miei
pensieri, «Edward è fidanzato.»
Edward
è fidanzato.
Provai
rabbia.
Un
rabbia distruttiva, corrosiva, mista alla gelosia più
spietata che mai ebbi
provato prima d’ora.
L’idea
che se solo non avessi avuto il passato che ho avuto, costellato
dall’uccisione
dei miei a causa di Robert Redforls, le infinite cliniche su cui sono
dovuta
andare, l’adozione da parte di Reneè e Charlie;
Edward sarebbe potuto essere
mio.
Avrei
potuto vivere una vita felice, priva di timori se non quello latente di
un
possibile abbandono.
E
invece…
«Lo
odio.»
Stefan
immediatamente capii a chi mi riferivo, difatti mi abbraccio stretto.
Ma
non ero più qui.
Ero
altrove.
Un
luogo fatto di ricordi e doloro, da cui mai sarei riuscita a tornare.
«Lei
signor Redforls, sostiene di non aver
ucciso i coniugi Denali?» proruppe l’avvocato di
Charlie Swan, amico e da poco
tutore della piccola creatura sopravvissuta al mostro.
Isabella,
la piccola Isabella si trovava
abbracciata a Reneè, tremando di paura.
Ma
sfortunatamente, assieme ai video
ottenuti dalle telecamere inserite nella sua casa lei era
l’unica testimone e
superstite di quella strage avvenuta quel 18 Settembre.
«Assolutamente.»
«E
questi video, come li spiega? Non è
forse lei l’uomo che sta violentando
Victoria Denali, e nel video precedente non è
lei ad aver ucciso
brutalmente con il calco della sua pistola Laurent Denali?»
«Sarà
un sosia.»
In
quel momento Isabella provò un’ enorme
rabbia.
Un’enorme
rabbia verso quell’uomo che a
solo dieci anni la portò ad esser sola, in balia di
sé stessa e della sua
sofferenza.
Charlie
Swan, venne tenuto per il braccio
da sua moglie, che lo ammonì con lo sguardo.
Malgrado
l’unico desiderio dei due consorti era quello di
vedere quell’uomo in un
carcere per il resto dell’esistenza, al momento non volevano
far altro che
ucciderlo.
Isabella
guardò si guardò attorno
sorpresa, felice per un breve istante di vedere tutte quelle persone
attorno a
lei che criticavano e non credevano alle parole del mostro.
Il
mostro era stato incastrano, nessuno
gli credeva.
«Vorrei
poter chiamare il mio tester,
Isabella.»
Le
ginocchia le tremarono violentemente,
aveva paura.
Paura
soltanto di guardare quell’uomo.
Eppure
doveva farlo, per sé stessa.
Per
i suoi genitori.
La
giustizia avrebbe dovuto vincere, a
qualunque costo.
La
piccola Isabella si alzò dalla sedia
tremante e si avvicinò all’avvocato di Charlie.
Il
momento della verità era arrivato.
«Piccola,
svegliati.»
Stropicciò
gli occhi più volte con le mani strette a pugno.
Senza
rendersene conto si era addormentata in auto ed ora, si trovava di
fronte al
pub in cui Edward avrebbe dovuto suonare.
Scambiò
un lungo sguardo con Stefan e scendendo dall’auto,
continuò a ripetersi che ciò
a cui aveva appena ripensato era soltanto un sogno al momento.
Soltanto
un sogno terribilmente reale.
«Te
la senti?»
«Glielo devo, gli devo la verità Stefan. Se
vorrà ascoltarla, l’avrà.»
Sarebbe
riuscito la non più piccola
Isabella a guardare negli occhi il ragazzo senza nome, e tirar fuori
tutta la
sua storia?
L’unico
cosa di cui era certa al momento,
è che mai le erano tremate le ginocchia così
tanto se non come allora, in quel
processo.
Il
momento della verità era arrivato.