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Autore: ViKy_FrA    13/01/2008    1 recensioni
"Quella che non sei, quella che non sei, non sei
Ma io sono qua e se ti basterà
Quella che non sei, non sarai
A me basterà..."
Ci sono storie che parlano di un'altra forma di amore, non quello romantico, ma ugualmente forte, ugualmente importate, ugualente rassicurante... E, in nome di quell'amore, proteggere la persona amata, a qualunque costo, a qualunque prezzo...
Draco e la sua lotta contro il mondo per salvarla...
"C'è un posto dentro te in cui fa freddo
E' un posto in cui nessuno è entrato mai
Quella che non sei..."
(Quella che non sei, Ligabue)
Genere: Romantico, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HARRY POTTER

Truth #2

 

 

- Ciao Hermione!

La vocina di Calliope arrivò finalmente a spezzare quel raggelante scambio di sguardi. Piccola, esitante, era uscita dalla bocca di una ragazzina che aveva intuito fin troppo la situazione, che non voleva lasciare una persona così cara troppo a lungo sotto uno sguardo freddo.

Aveva accompagnato il saluto con un debole gesto della mano sinistra, la destra ancora stretta al braccio del fratello.

Purtroppo il suo intervento attirò all’istante, oltre al sorriso rassicurante di Hermione, anche le occhiatacce dei due ragazzi, più disorientati che scocciati dalla sua intrusione. Naturalmente, come una reazione scientifica, a queste seguì da parte di Draco – che vide ‘attaccata’ la sorellina – uno sguardo carico della maggior quantità di disprezzo incanalabile su Potter. E non era poco.

A disagio, e forse anche un po’ spaventata, per tutta quella improvvisa e aggressiva attenzione, la manina di Calliope scese a stringere quella grande e asciutta del fratello. Si accorse che era ghiacciata.

Hermione si sentì in dovere di fare qualcosa: aveva un istinto protezione nei confronti di Calliope, e inoltre non voleva far scoppiare una rissa. Non il giorno del suo trapasso, almeno.

- Ehm… Calliope! Che ne dici… di dare un occhio alla cucina?? Posso portare via Calliope, vero? – chiese, a nessuno in particolare.

Harry fece per dire qualcosa, ma Draco lo precedette.

- Certo che, con le tue capacità, una proposta migliore la potevi anche trovare! – la prese in giro, non con cattiveria, ma con la confidenza che aveva imparato ad avere con lei.

Senza pesarci troppo, Hermione rispose con una smorfia.

- Scusi, ma non sono al massimo delle mie potenzialità! – ribatté, ironica nel’usare la forma di cortesia.

Forse messa a sua agio da quel breve e confidenziale scambio di battute, anche Calliope si lasciò sfuggire la sua, parodiando la frase del fratello.

- Certo che, con la tua donna, un comportamento migliore lo potresti anche tenere!

Ron e Harry non fecero in tempo a voltarsi di nuovo verso di lei, sconvolti, il primo con un verso strozzato e il secondo con un fioco – Eh? – che già la piccola si era portata la mano alla bocca.

- Oddio, dovevo tacere, vero? – chiese, retoricamente, da dietro le sottili dita bianche.

- Sì! – rispose Draco, con un sorriso che pareva molto di più la smorfia di chi si è arreso alla catastrofe.

- Fa niente… Era questione di minuti… - la rassicurò Hermione, la testa china e una mano sugli occhi; era a un livello di disperazione che rasentava la comicità.

Tuttavia, a Draco sembrò giusto specificare nuovamente che:

- E comunque lei non è…

- Torno subito!! – sbottò all’improvviso Harry, iniziando l’atto di voltarsi per salire le scale.

- Bene, nel frattempo accompagno Call… - iniziò Hermione.

- Tu sali con noi!! – e il tono non ammetteva repliche. Draco lo incenerì, ma Hermione fermò all’istante, con uno sguardo dolce e ammonitore, ogni possibile azione, come se avesse già previsto tutto. Il ragazzo abbassò malvolentieri gli occhi. Non voleva causarle ulteriori guai, e se lei lo voleva zitto, purtroppo sarebbe rimasto zitto.

L’accento di Harry era inequivocabile. Eppure Hermione volle tentare. Non era certo finita nella gloriosa casata di Grofondoro per nulla, lei…

- Preside, vero che posso… - L’autorità scolastica. Vano sforzo, ma giusto per non lasciare nulla di intentato.

- Si chiamano responsabilità, signorina Granger… - rispose l’anziano uomo, col suo solito tono calmo, e un immancabile sorriso.

Ecco appunto.

- Si è mai chiesto, lei, perché il Cappello Parlante non mi ha mai proposto Tassorosso, vero? – sibilò; tuttavia, preferì rimandare a dopo il fargli notare che, in quanto a responsabilità, era stato lui a far sollevare tutto quel casino. Che almeno ora le salvasse la vita!

- Hermione, saliamo! – tornò a farsi sentire Harry, con quel tono arrabbiato e perentorio.

Senza dire una parola, seguì lui e Ron – che non aveva ancora aperto bocca – lanciando un sorriso incoraggiante, ma riuscito male, a una Calliope che la fissava preoccupata.

- Remus, per favore, falli accomodare tu! – Harry non si voltò nella sua prepotente richiesta.

“Falli accomodare”. Evidentemente il suo comportamento lo feriva molto di più dell’avere Draco in casa. Non alzò la testa; fissò ogni scalino, ogni trama della passatoia.

Era vero, doveva assumersi le sue responsabilità.

 

Se non l’aveva trascinata su di peso, afferrandola malamente per un braccio, era grazie a quella microscopica parte di razionalità e buon senso che gli era rimasta. O almeno, che sperava gli fosse rimasta.

Certo era che in quell’eventualità non sarebbe bastata un’occhiataccia a Draco, per tenerlo fermo e buono. Dannazione a lui, proprio perché le disgrazie non viaggiano mai sole!! Del resto, se lui non fosse entrato in scena, Hermione non si sarebbe mai scoperta. Non così direttamente, almeno. No, no… probabilmente avrebbe davvero taciuto per sempre, se avesse potuto…

Continuando a tenere la testa china, la ragazza entrò nella stanza di cui Harry teneva aperta la porta bianca, seguendo un Ron stranamente silenzioso. Da un gesto sgarbato di Harry capì di doversi andare a sedere sul letto: era la sua camera. Sbatté violentemente la porta, facendola sobbalzare. Finalmente lo guardò.

- Si può sapere cosa diavolo significa?? – urlò. Con un pugno dato di lato colpì la porta a cui quella stessa mano stava appoggiata fino a un istante prima.

Non rispose. Lui non voleva risposte, né giustificazioni. In quel momento Harry voleva solo urlarle addosso tutta la sua rabbia. E la sua delusione.

- Ti rendi vagamente conto della situazione?? Cioè… cioè… - le braccia allargate, un principio di ristata che non voleva uscire, di chi non trova le parole per descrivere qualcosa di troppo assurdo per poter essere reale, uno scherzo grottesco che non si è ancora capito chiaramente - …è Draco Malfoy, Hermione!!

Non l’aveva mai visto così. Sperò vivamente che al quinto anno, dopo la notte al ministero, nell’ufficio di Silente, quando – aveva raccontato a loro – aveva dato fuori di matto, fosse stato in uno stato peggiore di quello. L’idea che le due situazioni, i due sfoghi, potessero essere anche solo lontanamente comparati, la faceva stare male. E le faceva paura.

- Hai dimenticato anni di insulti, scherzi bastardi, attacchi… violenze?

Paura di un Harry che non conosceva, che non aveva mai incontrato, che mostrava uno stato d’animo che non aveva mai visto, non nei suoi confronti.

Paura di averlo ferito irreparabilmente, che dopo tutta quella rabbia e quella urla non si sarebbe messo a sedere, aspettando di sentirla parlare per discolparsi.

- E l’idea che ha di noi, di te!! Di te soprattutto!!!

Sarebbe invece uscito, sbattendo la porta, e non avrebbe più voluto vederla.

Rimaneva ferma, e zitta. Seduta rigida sul letto, le mani strette in grembo, le unghie che pungevano i palmi semplicemente per non lasciare le dita ferme.

Harry si muoveva avanti e indietro, come una bestia arrabbiata in gabbia, come un leone impaziente di sapere come mai la caccia è stata così scarsa, o meglio: irritato dal risultato deludente, poco importa il perché.

- Ti ha sempre considerato feccia, spazzatura, e tu ora lo… - si fermò. Il fiato grosso, forse sospiri per provare a calmarsi, forse ricerca di ossigeno per ridare lucidità al cervello, forse ricarica per riprendere più deciso di prima.

- Da quanto va avanti? – la sua voce tremò: stava provando a controllarne il tono – Questa conoscenza, considerazione… confidenza… Qualsiasi cosa sia!! 

Silenzio. Questa era una domanda diretta. Che prevedeva una risposta, e anche veloce! Comunque, qualsiasi cosa avrebbe detto, l’avrebbe solo fatto infuriare ancora di più.

- Da… - rantolò. Sembrava non usasse la voce da anni. Hermione si schiarì la voce e ritentò.

- Da giugno, luglio? – la precedette, brusco, Harry. Pareva le volesse suggerire la risposta. Pareva volesse sentire una risposta del genere.

“Sì! E ti giuro che mi sembra qualcosa di assurdo… Non sapevo come dirvelo! Semplicemente ci siamo messi a parlare… Ci siamo incrociati a Diagon Alley e stranamente non mi ha insultata…” o sull’espresso di ritorno da Hogwarts, o nei gabinetti della scuola, o in un qualsiasi altro stramaledetto posto a caso.

Ma sarebbe stato inutile.

Volendo, avrebbe potuto raccontargli qualsiasi cosa, addirittura che aveva agito sotto Imperius, ma a che scopo? Ormai era legata a Draco, e non voleva abbandonarlo. E aveva comunque ferito Harry, tutte le sue balle non potevano che essere dei piccoli cerotti sullo squarcio di una spada.

Perché scaricare i fatti su di lui, quando lei per prima aveva accettato, aveva voluto partecipare a quel gioco?

- Da prima di Natale.

Come una lapide, un sasso freddo gettato sulla terra nuda.

Silenzio. Un silenzio glaciale, teso. La calma surreale che anticipa una tempesta.

Hermione non aggiunse nulla. Né che per ben tre mesi aveva cercato di ignorarlo, né quello che aveva imparato a capire di lui, né l’affetto che pian piano era nato nei suoi confronti.

Non disse di come era stata male – di come si era fatta del male – nel scegliere di accontentarsi di una relazione ‘a metà’, della gioia di sentirsi importante per qualcuno, anche se solo per gioco, di quanto aveva pianto la prima notte a casa, nel buio della sua stanza e della sua tristezza.

Non disse della tenerezza che aveva trovato in lui quando stava con Calliope, della gratitudine sincera che aveva saputo dimostrarle.

Non disse di quanto potessero essere tristi le sue lacrime, o di quanto potessero essere dolci le sue mani quando la toccava.

Semplicemente sostenne lo sguardo di Harry, che lentamente assimilava la sua lapidaria risposta.

- Otto mesi… - mormorò – Otto dannatissimi mesi, in cui non mi hai detto nulla, in cui mi hai nascosto tutto…!! E io stupido, che nemmeno andavo a pensare-, che nemmeno avrei mai pensato a una cosa del genere!!

Il suo tono era decollato ai toni alti e rabbiosi di prima.

Aveva parlato al singolare. Evidentemente il suo rifiuto per quello che stava scoprendo era troppo, per poter includere anche Ron. Non sentiva tradita la loro amicizia, il loro trio. Si sentiva tradito lui stesso.

- Cazzo, Hermione!! Come se non se la fosse mai presa direttamente con te! Per le tue origini, per come sei… Come se non ti avesse mai disprezzata!! Come se la notte alla Coppa del Mondo non fosse stato disposto a urlare chi eri, e che tu eri lì, a un passo da lui!

- Ma non la fatto… - credette di averlo solo pensato, invece le era sfuggito in un soffio; soffio che Harry riuscì ad udire benissimo.

- Che cazzo c’entra Hermione!!!! – tuonò – E’ un Malfoy, ti è chiaro? Suo padre è un Mangiam-…

- Imperturba la stanza! – urlò lei all’improvviso.

Harry si bloccò, non aspettandosi una reazione del genere, né in quel momento, né quella richiesta.

Hermione approfittò di quell’istante per eseguire l’incantesimo, e poi si affrettò a spigare, a bassa voce, come se l’imperturbazione non fosse stata appena effettuata da lei stessa.

- Calliope non sa nulla, e nulla deve sapere!

Harry sembrò non capirne il perché, ma non c’era cosa che gli importasse meno in quel momento. Che imperturbasse la stanza! Non si era fatto problemi ad urlare fino a quel momento, e meno se ne sarebbe fatti dopo.

- Che tipo di relazione c’è, tra di voi? – sibilò invece.

Hermione strinse le gambe, come se cercasse di raggomitolarsi il più possibile malgrado fosse seduta e rigida; la rassicurante posizione fetale. Le mani si intrecciarono di più nel grembo.

Distolse rapida lo sguardo.

Che tipo di relazione c’era, tra di loro?

L’aveva colpita su un punto vivo e fragile, non tanto perché non sapesse incasellare il suo rapporto con Draco in un qualcosa di tradizionale – cosa comunque vera, quanto perché ora le toccava mettersi a nudo davanti a lui, cosa che avrebbe dovuto fare mesi prima.

- Amicizia, credo… - stava fissando la trama del tappeto; aveva la gola secca e le parole faticavano a uscire.

- Amicizia? – ironico, per evitare di iniziare a insultarla sul serio.

- Hai voglia di sentire tutta la storia? – alzò lo sguardo su di lui, ma senza ancora guardarlo in viso.

- Non sto aspettando altro – un tono indefinibile tra la rabbia glaciale e l’ironia, ostile, malgrado il significato delle parole. Si sedette sulla panca a ridosso del muro alle sue spalle, di fronte a Hermione.

Lei continuò a fissare per terra, in silenzio, cercando le parole adatte, se mai fossero esistite. Nonostante fosse perfettamente cosciente della gravità – e dell’irreversibilità – della situazione, la sua mente stava ancora cercando il modo migliore per raccontare una storia scomoda, la versione più opportuna che non rivelasse troppo ma senza essere una cronaca bugiarda. Ma ormai, il primo colpo, quello mortale, l’aveva già inferto diversi lunghi minuti prima, nell’ingresso di quella casa.

Abbandonò ogni pudore, e iniziò a raccontare.

 

Calliope continuava a gettare occhiate in direzione delle scale. Stava seduta rigida sul bordo del divano, perfettamente immobile, tranne che per i piedi, proprio non riuscivano a stare fermi, e per il labbro inferiore, che continuava a mordersi.

- Stai tranquilla – le disse Draco all’improvviso, dopo qualche chiacchiera banale con gli altri due uomini, come il caldo dei giorni scorsi o le condizioni pietose del giardino di Potter, e se quei due elementi fossero correlati tra loro.

Lei si voltò di scatto, sorpresa da quell’intervento imprevisto. Era totalmente assorta dai suoi pensieri – e preoccupazioni, tanto da non essersi accorta di lanciare segnali così chiari di agitazione.

- Sono suoi amici – la volle rassicurare, e poi azzardò, per farla ridere – altrimenti, pensa cosa farebbero dei nemici!

Calliope, ignara di infinite cose, ridacchiò, lasciando aprire la bocca ad un sorriso rilassato. Distendendosi visibilmente anche nel corpo, ma non troppo, tornò a guardare le scale.

Essendo Calliope di spalle, il fratello si lasciò andare una smorfia: avrebbe voluto mordersi la lingua non appena terminata la frase, ma poi avrebbe dovuto anticipare troppe spiegazioni a quella curiosa di sua sorella. Da come lo guardarono, anche Silente e Lupin avevano colto la realtà dell’infelice battuta.

Lo sapeva fin troppo bene cosa le avrebbero fatto dei nemici.

 

Harry la stava fissando. Gli occhi verdi improvvisamente così trasparenti, ma di una trasparenza dura, insensibile; la mascella rigida e serrata; il corpo proteso in avanti, nella posizione che non aveva mai mutato mentre la ascoltava. Seduto, braccia poggiate sulle gambe divaricate, mani intrecciate nello spazio ampio tra le ginocchia. Sembrava immobile, ma le nocche sempre più bianche facevano capire quanto forte e convulsa fosse la stretta.

Ron non si era mosso dal suo cantuccio, una poltrona nell’angolo della stanza; muto, sul suo viso erano passate tutte le espressioni di cui era capace.

Hermione le aveva viste cambiare tutte, con la coda dell’occhio, mentre si sforzava di fissare Harry almeno in viso. Riuscì a puntare lo sguardo nel suo solo quando tacque, e preferì non averlo fatto.

Senza una parola, Harry si alzò brusco e deciso, e prese la direzione della porta.

- Harry! Ehi, Harry! – aveva iniziato a chiamarlo Ron, mentre non riusciva ad aprire la porta imperturbata.

Harry, mano alla bacchetta che riposava nei passanti posteriori dei jenas, mormorò il controincantesimo e uscì, con un Ron che lo seguiva e lo chiamava.

- Non credere che non sia incazzato con te, ma ne basta uno che fa il matto! – le disse mentre le passava davanti, prima di uscire anche lui – Harry, dannazione…!

Hermione rimase sola, nel silenzio in cui era stata lasciata. Improvvisamente, le lacrime le salirono agli occhi. Avrebbe voluto sentirlo urlare di nuovo, magari anche insultarla, offenderla. E invece, zitto e indifferente, se n’era andato.

Non me ne frega più nulla di te.

Le lacrime iniziarono a scendere, facendola singhiozzare.

Non voleva che succedesse tutto questo. Non voleva perdere Harry, ma contemporaneamente non riusciva a pentirsi di aver dato fiducia a Draco, di essersi lasciata andare con lui, di averlo sognato, aspettato, agognato… Non voleva un bivio, non voleva dover scegliere, perché per lei non c’era nulla da scegliere! Aveva visto qualcosa di bello in Draco e lo voleva mostrare a tutti… Ma evidentemente una soluzione così semplice non era possibile, nella realtà non c’era il “e vissero tutti felici e contenti”. Harry era stato ferito troppe volte da Draco, aveva visto troppe volte lei venire ferita. Forse nemmeno voleva vedere qualcosa di diverso nell’altro.

Oppure era semplicemente deluso da lei. Da un’amica che non si era confidata, da una donna che si era sprecata, da una Grifondoro che si era umiliata.

Sbatté la porta ma si creò un cuscino d’aria che si prese gioco di lei impedendo al legno di fare rumore. Picchiò un pugno di lato sullo stipite, e quando si morse le labbra per fermare una bestemmia che le stava salendo alla bocca, capì di star perdendo il controllo della situazione.

Ma in quel momento era sola, nella stanza. Nessuno l’avrebbe vista, nessuno avrebbe commentato, nessuno sarebbe rimasto deluso.

Si appoggiò al legno bianco della porta, scivolò verso il basso e si abbracciò le ginocchia, piangendo come una bambina.

 

Si sentirono dei passi veloci e confusi sulle scale.

- Harry, cazzo, mi vuoi stare a sentire?

La figura alta e asciutta di Harry marciò attraverso l’ingresso diretto in cucina. Dietro, quella scarmigliata di Ron, che sembrava non riuscire a stargli dietro, per quanto si impegnasse.

La porta della cucina sbatté, in un rumore sordo che stava diventando tristemente famigliare.

Dal salotto, tutti tesero le orecchie. Non si sentiva nulla.

- Hanno imperturbato anche la cucina… - commentò Lupin, e non era chiaro se la cosa gli dispiacesse o se fosse una mera constatazione.

- E Hermione? – chiese Calliope voltandosi verso Draco.

- Deve essere rimasta di sopra – spiegò con un tono quasi rassegnato. Ma fosse stato per lui si sarebbe messo a urlare. L’impulso di salire era forte; aveva la brutta sensazione che lei stesse male. Ma non era la sua battaglia: salire avrebbe peggiorato le cose e con la testa sapeva di doverne stare fuori, benché il cuore dicesse altro. Hermione, poi, non l’avrebbe cacciato: probabilmente era così a pezzi che non ne avrebbe avuto la forza, ma attaccarsi a lui non era certamente quello che lei voleva.

- Posso… - iniziò la bambina.

- No, Calliope – la interruppe fermo il fratello – E’ una cosa loro e devono sbrigarsela da soli…

Purtroppo

- Perché? – chiese dopo qualche istante di silenzio. Perché litigano?

Silente sollevò le sopracciglia incuriosito dalla risposta che avrebbe dato Draco; Lupin fu improvvisamente attratto dalla carta da parati, sentendosi di troppo nell’attesa di una risposta delicata.

Perché Hermione frequenta il figlio di un Mangiamorte.

Draco tacque. La guardò e basta, senza dire nulla.

- Oh… - Calliope sembrò capire; un piccolo sorriso amaro comparve sulle sue labbra, forse il primo di tutta la sua breve incantata esistenza. Così inappropriato sul suo piccolo visetto.

E mentre Draco si concentrava su quella piega delle labbra che non apparteneva alla sua dolce sorellina, accarezzandole la testa e scendendo con la mano fra i lunghi capelli biondi, lei continuò.

- Saprò anche questo, giusto?

Stava cambiando? Stava davvero sperimentando la tristezza, l’amarezza, la solitudine? La paura?

Non voleva crederci. Non ora, era ancora troppo presto, lei era ancora troppo piccola, troppo bambina. Doveva essere spensierata, giocare con le bambole nel suo piccolo mondo di zucchero filato…

Non era giusto.

Non voleva.

Ma non poteva farci niente…

- Saprai anche questo… - confermò dopo un poco, quando le sue dita lasciarono la fine di quei sottili fili d’oro.

 

- L’hai sentita?? L’hai sentita, vero? – a metà tra una conferma e un’accusa, come se non volesse crederci e contemporaneamente volesse vendicarsi.

- Sì che l’ho sentita, Harry, però… - iniziò Ron.

- E non la difendere, sant’Iddio!

- Non la sto difendendo, ma…

- E’ impazzita, non trovo altra spiegazione! Rincretinita del tutto!!

Harry non riusciva a stare fermo; camminava nervoso e urlante in giro per la cucina, intorno al tavolo, su e giù dal piano cottura, avanti e indietro tra la porta e le finestre.

- Perché? Perché lo è andata a cercare? Perché proprio lui?? Con tutte le persone del mondo… Dopo come l’ha trattata per anni

- Harry, l’ha detto…

- Ha detto anche troppo, dannazione!! – urlò – L’hai sentita, no??

- Tu l’hai sentita?? – lo interruppe brusco, alzando finalmente la voce anche lui.

Harry si zittì, non aspettandosi l’impatto con la rabbia di Ron. Anzi, nemmeno aveva realizzato che lui era nella sua stessa situazione.

- Rispondimi! L’hai sentita? – ripeté, senza abbassare il tono. Harry annuì, improvvisamente immobile.

- L’hai guardata, l’hai ascoltata? – Harry annuì di nuovo – Non credere che io non sia incazzato nero con lei – precisò – ma in tutto quello che ho sentito… che ho guardato e che ho ascoltato… – la sua voce era tornata normale, e sembrava stesse scegliendo con calma e cura le parole – ho trovato solo la sua sincerità, il suo solito e ingenuo senso di giustizia, la sua frustrazione e la sua volontà di non ferirci.

Silenzio.

- Per la prima volta nella sua vita si è finalmente sentita una donna. Ed era qualcosa che noi non potevamo darle.

Harry spostò una sedia e vi crollò sopra. Poggiò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani, come se fosse improvvisamente troppo pesante per essere sostenuta solo dal suo collo inaspettatamente troppo sottile.

- Ed è questo che mi fa paura.

Ron attese che continuasse. Harry alzò la testa per posare le sguardo sull’amico, in piedi, poggiato a un ripiano, con un’espressione seria che poche altre volte gli si era vista in volto.

- Non ha sentito il bisogno di dirmi nulla. Era appagata, felice, anche senza di me. E non è di questo che è fatta un’amicizia.

- Non voleva ferirti – rispose Ron – e il fatto si sentirsi a suo agio con… con Malfoy - sembrava avesse detto una parolaccia, in fondo ancora non se ne capacitava – l’ha incentivata a tacere.

Parlare al singolare, perché la cosa riguardava tutti e due, ma nel loro unico e specifico rapporto che ciascuno aveva con Hermione. Non il trio, ma due legami della stessa amicizia.

- Non doveva farlo, se è vero che fra amici si condividono gioie e dolori… Il fatto che non abbia sentito la necessità di parlare è… è infinitamente triste.

- Lo è.

Di nuovo silenzio.

- Ma – riprese Ron – se anche avesse parlato, tu saresti stata a sentirla buono buono, ad ascoltare in silenzio le sue ragioni, i motivi che l’avevano portata ad accettare una serpe come Malfoy?

- Bhè…

- Sincero, Harry. Che hai fatto oggi?

Harry distolse lo sguardo, e lo puntò sul giardino secco oltre le finestre.

Beccato.

- Sapeva che ci saremmo incazzati, perché da anni disprezziamo Malfoy, perché lui ha sempre disprezzato noi, perché per quel che ci riguarda può solo farle del male, perché ci saremmo sentiti traditi.

- Siamo stati traditi dal suo silenzio.

Entrambi.

- E’ vero… Ma se avesse parlato subito, nel bel mezzo dei fatti, avremmo rovinato il nostro rapporto per una suo capriccio, che per quanto sciocco e stupido e insensato fosse, era proprio soltanto un capriccio.

- E adesso? – Harry era tornato a guardarlo.

- Adesso è diverso.

- Adesso c’è una bambina da salvare…

- E’ il perché siamo qui oggi. Non sarebbe mai andata a cercare Malfoy dopo la fine della scuola, e questo lo sai.

Harry annuì.

Stettero in silenzio per qualche minuto, o forse per pochi secondi: il tempo che serviva loro per riordinare un poco, da soli, le idee. Alla fine, Harry si alzò, facendo strisciare involontariamente la sedia sul pavimento. Ron lo guardo, distratto dal rumore.

- Non deve sentirsi bene nemmeno lei.

- Già. Io però sono ancora arrabbiato – volle precisare Ron.

- Anch’io, e credo di restarlo ancora per un po’ di tempo… – fece spallucce – Ma le voglio bene.

Tolse l’imperturbazione dalla stanza, ma prima di uscire tornò a voltarsi verso Ron.

- Com’è che all’improvviso sei tu a fare il mediatore?

- Perché ti ho visto così fuori da ogni grazia divina che ho creduto fosse meglio che qualcuno mantenesse la calma… Prima che scappasse il morto…

Harry abbozzò una risatina, forse riconoscendo l’aggressività della sua reazione, ma ancora troppo caldo per provarne imbarazzo.

 

Dal salotto li rividero passare, in silenzio, e li sentirono risalire le scale con calma. Pareva tutto tranquillo, o comunque in via di risoluzione.

Le mani strette a pugno, Draco nemmeno si accorse di quanto erano sbiancate le sue nocche al pensiero di Hermione, sola, mentre evidentemente i suoi amici avevano superato il limite di sopportazione per arrivare a lasciare la stanza.

Chissà quanto stava male.

Chissà cosa loro avevano deciso di farle passare: la felicità di sentirsi di nuovo accettata, o la tristezza di vedersi rifiutata, o cos’altro?

Non ne poteva più di star lì a far niente.

Lo sguardo di Hermione, prima di salire con Potter e Weasley, gli balenò in testa.

Rimase fermo dov’era.

 

Quando Harry aprì di nuovo, ma con tutt’altre maniere, la porta della sua stanza, trovò l’unica donna che era mai stata capace di farlo arrabbiare tanto seduta sul suo letto, la testa china e lo sguardo arrossato dalle copiose lacrime fisso sui suoi piedi che giocherellavano fra loro: la sua migliore amica appariva più tristemente devastata che mai.

Stava peggio di quando al primo anno avevano parlato male di lei che li aveva sentiti; peggio di quando aveva urlato e litigato e bisticciato con Ron per via di Grattastinchi o di quando l’avevano isolata per la storia della Firebolt; o, ancora, peggio del Ballo del Ceppo prima, dopo e durante, ovvero tutte le volte che si scontrava con Ron e col fatto di essere stata lasciata “come ultima spiaggia”.

Peggio di quando veniva presa in giro da una certa qual persona per essere una Mezzosangue… una Sanguesporco.

- Hermione… - azzardò Harry a voce non troppo alta. Subito lei alzò lo sguardo, piantando su di lui i suoi bulbi rossi per il pianto.

- Harry… - rispose lei, esitante, titubante, la voce tremò per le lacrime che minacciavano di riprendere a scorrere. Quale sarebbe stato il verdetto?

 

Ron restò fuori dalla stanza, aspettando. Era qualcosa che li colpiva in modo diverso e che altrimenti non avrebbe potuto fare; qualcosa che li chiamava in causa uno per volta. Da soli.

Quindi restò fuori, aspettando che toccasse a lui di ritrovarsi da solo di fronte a Hermione. Perché più passavano i minuti, più si rendeva conto che, fra i due, era stato Harry a ricevere la ferita più profonda; invece lui – Ron – aveva ancora la forza per aspettare

Con un’accortezza e una discrezione che meravigliò lui stesso, Ron chiuse la porta per lasciarli alla loro soluzione. Si stava accorgendo che se anche Harry avesse impiegato un tempo infinito per riappianare la situazione, il suo percorso con Hermione sarebbe stato diverso – ora più che in passato.

Se una volta, per una scopa o un gatto, potevano mettersi d’accordo per perdonarla o semplicemente aspettare che tutto sbollisse, ora non era più possibile.

Ron appoggiò le fronte contro il muro del corridoio tinto di un bianco panna, pensando che diventare grandi fosse solo una grande, grandissima fregatura…

 

Dall’altra parte del muro, Hermione attendeva. Una mossa di Harry, una sua parola, una sua espressione. Stava in piedi, a guardarla, senza nessuna emozione precisa dipinta in volto.

Alla fine sospirò e allargò le braccia con un messo sorriso.

- Vieni qui, scema!

Hemione non se lo fece ripetere. Corse verso di lui in quel breve spazio che li separava, per poi circondargli con le braccia il torace e affondare il viso nella sua camicia. E riprendere a piangere e singhiozzare di nuovo.

Le braccia di Harry si chiusero sulle sue piccole spalle tremanti e chinò la testa affondandola nei suoi capelli.

I pugni dell’amica strinsero forte il tessuto della camicia: Harry era tornato, aveva aperto le braccia per lei; non era più da sola in quella stanza, c’era lui, concreto sotto la sua stretta e nell’abbraccio intorno a lei. Lui che la vedeva, che poteva commentare, restare deluso e anche giudicare. Lui, che adesso, al posto dell’eco di una stanza vuota, le stava offrendo la sua spalla su cui piangere.

- Nessuna donna mi aveva mai fatto star così male, lo sai? – mormorò Harry tra i suoi capelli, l’abbozzo di una bonaria presa in giro nel metterla sul piano generico delle “donne”. Da Hermione, solo altri singhiozzi più potenti in risposta. Harry rafforzò la stretta.

- Ma vederti così… Pensare che, a conti fatti, stai così per colpa mia… Mi fa stare peggio.

Questa volta fu lei a stringere ancora di più la stretta. Hermione provò a calmarsi, inspirando a fondo per placare i singhiozzi; sentì le braccia di Harry sciogliere lentamente l’abbraccio e poi le sue mani che le sollevavano il viso arrossato – e sicuramente impresentabile, si disse.

- Vi do il beneficio del dubbio, a entrambi. Potrai farmi capire cosa ti ha portato a dagli fiducia e cosa te lo ha reso così caro…

Hermione, finalmente, sorrise.

- Grazie… - mormorò, quasi senza voce.

- E la prossima volta che ti faccio piangere così… Ti prego, picchiami! Picchiami finché non ti è passata, finché non piango anch’io…

Hermione affondò di nuovo il viso nella sua camicia, e sentì le braccia di Harry tornare a circondarla. Era stato inevitabile, lo sapevano entrambi, così come lei sapeva che Harry era ancora arrabbiato.

Ma che lui fosse tornato indietro, che l’avesse abbracciata, che avesse dimostrato la sua sofferenza nel vederla così, valeva molto, molto di più.

 

- Adesso mi tocca cambiarmi la camicia! – Harry stava guardando, sghignazzando, l’alone umido di lacrime che Hermione gli aveva lasciato addosso – Tu invece va in bagno a rinfrescarti!

Lei annuì, in piedi di fronte a lui, ridendo per averlo innaffiato così tanto. Aprì la porta del bagno della camera e subito si diresse al lavandino per lasciar scorrere l’acqua nell’attesa raggiungesse la temperature ideale. Divertita, nello specchio fissava Harry che – nella camera – si dannava alla ricerca di una camicia, quella che indossava sbottonata.

- Allora l’ordine in camera tua è solo apparente…

- No, è che non c’è più niente da incasinare… E’ un po’ che non stiro ed evidentemente ho tutta la roba giù di sotto…

- Incantesimo asciugante? – propose lei, sciacquandosi più volte il viso.

- Trovata! – esclamò lui quasi contemporaneamente.

- Sotto il letto?

- Spiritosa… No, nella cassettiera! Il posto meno probabile dove io potrei infilare una camicia…

Hermione evitò di commentare; si appoggiò allo stipite della porta e rimase a fissarlo sovrapensiero mentre si cambiava. Aveva lavato via tutto il rossore e tutte le lacrime; c’erano solo gli occhi – rossi dove avrebbero dovuto essere bianchi, e ancora un po’ lucidi – a tradirla.

- Embè? – le chiese, accorgendosi del suo sguardo fisso su di sé mentre iniziava ad allacciarsi la camicia partendo dal basso.

- Te lo concedo… Non sei proprio da buttare! – lo prese in giro.

- Spiritosa! – ribatté, ma anche lui voleva dire la sua – Te ne accorgi solo ora?

- Prego?

- Massì, alla fine della scuola! Te ne accorgi solo ora? – ripeté.

Hermione sembrò non capire, poi il lume della comprensione le attraversò lo sguardo, seguito dall’imbarazzo e da un po’ di vergogna.

- Oddio! – esclamò, chinando il capo e coprendosi gli occhi con una mano – La fatidica Ultima Notte a Hogwarts!

- Eh già! – ghignò lui.

- Che vergogna! Grazie a Dio era tutto buio!

- Macchè “vergogna”! E’ stato bellissimo!

- “Bellissimo” un corno! Faceva un freddo cane!!

- L’acqua però era calda!

- Quando trovavi il coraggio di entrare…

- Come la fai lunga!

- Grazie al Cielo abbiamo avuto abbastanza criterio da tenerci addosso l’intimo…

- Che ridere! Quasi ci beccavano!!

- “Ridere”!?! Rischiavamo l’espulsione, a poche ore dal ritorno, dopo sette anni che la scampavamo sempre liscia per ogni fattaccio, e tu dici “che ridere”!?! Almeno avevamo già dato gli esami… Oddio! Pensa se ci ritiravano i M.A.G.O.?? Dici che sarebbe stato possibile? – piantò su di lui uno sguardo terrorizzato.

- Per una cosa così? Andiamo, è tutta natura!!

Harry si era seduto sul letto e ora non tratteneva più le risate davanti a quel lato improvvisamente così puritano di Hermione. E davanti al suo consono terrore dell’espulsione e della bocciatura.

- “Natura” un accidenti! – biascicò.

- Bhè, nessuno ti ha trascinato con la forza! Potevi benissimo andartene quando volevi – constatò, senza il minimo rimprovero nella voce.

- No, non potevo! Era l’Ultima Notte a Hogwarts anche per me sai? E non volevo… bhè…

- Allora ti sei divertita!

- Ma questo non c’entra nulla! – provò inutilmente a difendersi.

- No, è solamente fondamentale per quella serata!

Hermione mise il broncio, ed Harry, mezzo stravaccato sul letto, riprese a ridacchiare al ricordo di quella notte di qualche mese prima.

- Certo che è stata la migliore idea di Calì e Lavanda in sette anni che le conosco… - commentò Harry, e aggiunse fra sé e sé – Anche meglio di quando Calì accettò di accompagnarmi al Ballo, ora che ci penso…

- Al diavolo Calì, Lavanda, e le loro migliori idee – biascicò Hermione.

- Andiamo, era geniale! Lo riprova il fatto che tutto il settimo Rawenclaw fosse lì da almeno un’ora!! Anche se ce ne siamo accorti solo alla fine… - aggiunse.

- “Geniale”? “Geniale”!?! Per me, fare il Bagno di Mezzanotte, nel lago della scuola, dove vive una piovra gigante insieme ad un’infinità di altri esseri sconosciuti, con tutto il proprio anno della propria Casa, rischiando l’espulsione per essere di notte fu-o-ri dalla scuola e in un posto vietato… - prese fiato per un istante – (sarebbe stata una cosa più intelligente!! NdV) sembra soltanto pazzo!!!

(c***ti sotto che potesse trasformarsi in una Harry/Hermione, eh? …no? non ci siete cascati nello scherzetto? no, eh? uffa… vorrà dire che la prossima volta curerò meglio le mezze frasi… sempre se ci sarà qualcosa da curare… £_£ <- sguardo diabolico ndv – l’autrice, fusa per i troppi mesi che impiega per un singolo cap, inizia a straparlare…)

Harry stava ancora ridendo quando presero la direzione della porta mentre un’assurda curiosità gli attraversò la mente.

Com’era stato, in quegli stessi ultimi giorni di scuola, dire addio a Malfoy?

Preferì tacere per non forzare,mettere alla prova, inutilmente quell’equilibrio che avevano appena raggiunto. Forse gliel’avrebbe chiesto quando si sarebbero definitivamente assestati in questa nuova situazione.

Ma non riuscì a trattenere un piccolo sorriso, che lei non colse, mentre le teneva aperta la porta per uscire. Sorrideva a se stesso, per quell’impensabile domanda che gli era sorta poco prima; perché forse, per l’istinto e il cuore, fidarsi di un’amica a cui si era sempre ciecamente affidato, era più facile di quanto la mente credesse. O pretendesse di sapere.

 

L’illuminante e impegnativa contemplazione del soffitto da parte dell’acuta mente di Ron, scivolato a terra contro il muro – la quale contemplava dubbi atavici come perché questo colore? o quelle venature poco più scure sono volute o dipendono dagli anni? oppure chissà cosa direbbero i signori Potter di fronte a quell’orrenda macchia di umido nell’angolo, causata sicuramente dagli anni e dall’età? e che si ostinava a ignorare il fatto che quella macchia di umidità l’avevano causata lui ed Harry allagando il bagno del sottotetto in un esperimento di idraulica – venne interrotta dai due amici che finalmente uscivano da quella dannata stanza. Iniziava a sentirsi ignorato.

Alzandosi in piedi e abbandonata la viscerale riflessione sul soffitto, Ron riprese il filo dei pensieri che l’avevano accompagnato negli ultimi minuti, o forse nell’ultima ora… insomma, da quando erano saliti con Hermione. Nell’arco di un istante ripercorse tutto il complesso discorso e con la stessa velocità lo rimise al suo posto in un angolo, con quell’assurda e irreale rapidità di cui solamente il pensiero è capace (wow, ron pensa!! NdV =P).

Forse per i Mangiamorte, o direttamente per Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, o per la vendetta personale dei suoi genitori, o per la Profezia, o per qualsiasi altra stramaledetta ragione, Harry era stato colpito più di lui dalla novità. Era chiaro.

Per quanto riguardava lui, invece… In fondo si parlava di una guerra che – ancora – non l’aveva toccato da vicino, non gli aveva portato via nulla. C’era soltanto l’affronto di un sodalizio con un ragazzo che l’aveva sempre trattato come meno di zero.

Era per questo forse che Harry aveva dato in escandescenze così tanto e così velocemente. E il vederlo così, sommato alla minore intensità dell’offesa nei suoi confronti, aveva impedito a Ron di esplodere; forse la necessità di qualcuno che mantenesse la calma che si fondeva con l’assenza dell’urgenza di urlare il proprio rancore.

Era rimasto abbastanza calmo da poter rintracciare in quell’Hermione che credeva di non conoscere più, tutte le tracce di quella vecchia amica che conosceva fin troppo bene. Il suo coraggio, il suo senso di giustizia, la determinazione, l’altruismo, una vaga ingenuità, e tutti i valori che l’avevano portata a fondare e sostenere il C.R.E.P.A, e tutto quello che l’aveva portata a restare sempre accanto ad Harry e a lui, anche quando le si leggeva in faccia che non approvava.

Insieme a molte altre cose a cui però non riuscì proprio a dare un nome.

Tutti questi pensieri gli filarono nella testa per poi tornarsene da dove erano venuti, nel tempo dei due passi che Hermione mosse verso di lui.

- Senti, Ron – iniziò la ragazza, mentre Harry, avviato verso le scale, si fermava sul primo scalino per aspettarli, ma allo stesso tempo dargli quel poco di intimità che, solo in quel momento se ne rendeva conto, gli aveva lasciato anche Ron.

Ron le posò una mano sulla bocca, con l’intenzione dolce di farla tacere.

- Non dirmi niente. Hai già parlato con Harry e per oggi è sufficiente. – fece una pausa mentre Hermione lo fissava vagamente spaesata dal suo discorso – Non credere, sono ancora arrabbiato con te, e anche tanto… - sospirò in modo teatrale – Ma del resto capisco il tuo istinto altruista nel raccogliere e accudire tutti i piccoli reietti e derelitti che incontri in giro…

Harry, che dalla sua posizione riusciva comunque a sentire, emise il buffo suono soffocato, di chi trattiene un’improvvisa e violenta risata, mentre anche l’espressione di Hermione si avvicinava sempre di più alla risata. Aveva candidamente definito Malfoy un piccolo reietto e derelitto! Questa era decisamente la più sottile e raffinata vendetta di Ronald Weasley che avessero mai sentito.

- …quindi posticiperò ogni giudizio e aspetterò nel vedere come si evolve la situazione.

Concluse Ron con un sorriso, mentre la mano si spostava per riavviarle i capelli dietro l’orecchio accarezzandole la guancia.

Di slancio Hermione lo abbracciò, cogliendolo di sorpresa.

- Grazie – gli disse, in un flebile, riconoscente sussurro.

Ron le posò le mani sui fianchi e scherzò:

- Ti rendi conto di che goduria se un giorno sarò io a dirti “Te l’avevo detto!”?

Hermione aspettò un istante prima di sciogliersi dall’abbraccio e poi rimase a guardarlo.

- Avanti, dillo! – la provocò.

- Cosa? – chiese lei, sinceramente ignara.

- Stai morendo dalla voglia, si vede! – continuò a prenderla in giro, benché vedesse solo il suo interrogativo.

- Che cosa? – ripeté, con gli occhi spalancati.

Ron piegò la bocca in un sorriso:

- Che questo non accadrà mai!

- E’ la mia più grande speranza… - bisbigliò lei, abbassando lo sguardo. Un istante e ritrovò anche la sua caparbietà: alzò di nuovo lo sguardo, più vivo e deciso di prima - …e sicurezza!

Non era un sfida, non adesso che barcollavano così evidentemente, ma solo l’invito a fidarsi di lei.

- Brava! – le passò un braccio attorno alle spalle conducendola verso le scale – E quando mai la nostra Hermione ha sbagliato, Harry?

- Eh? – Harry cadde dalle nuvole, improvvisamente chiamato in causa. Guardò Hermione, serio.

Lei sapeva perfettamente quante volte aveva sbagliato… Non sarebbero stati su quella scala in quel momento, per esempio… Non perché lei aveva taciuto tutto a degli amici, almeno…

- Mai!

Hermione sorrise, rassicurata, con l’espressione un po’ fragile ed esitante per tutte quelle emozioni provate.

Sentì la mano di Harry premerle sulle schiena per invitarla a proseguire, il braccio di Ron era sceso un poco dalle spalle abbandonando il gesto rozzo per uno un po’ più elegante, e finalmente scesero insieme quelle scale.

 

Con naturalezza, in silenzio per il semplice fatto di non avere nulla da dire, Hermione, Harry e Ron entrarono in salotto.

Draco osservò con cura la ragazza e, appurato che malgrado tutto sembrava piuttosto in forma, si permise di fare dello spirito. A modo suo.

- Con calma, Hermione, tanto abbiamo tutto agosto!

Hermione rispose con una smorfia, notando quella piccola e goffa intenzione, che era stata la sua battuta, di farla sentire a suo agio indipendentemente da ciò che era successo di sopra, almeno in quel momento, almeno con lui.

E probabilmente anche Calliope percepì quella distensione sia tra i due sia con gli altri ragazzi.

- La propria donna fa sempre aspettare! E tu potresti anche trattarla meglio! – ma subito aggiunse con un lamento – Ancora…

Non riusciva proprio a tacere. Voltando la testa altrove, si morse letteralmente la lingua, come le labbra semiaperte mostrarono. Draco ed Hermione scoppiarono a ridere mentre nemmeno Harry e Ron riuscirono a trattenere qualche singhiozzo.

I tre ragazzi si erano seduti sul divano dove Harry aveva fatto accomodare Hermione al suo arrivo, in quella che sembrava una vita intera fa; di fronte a loro Draco e Calliope; Silente sulla poltrona e Lupin alla finestra, dove probabilmente stava escogitando qualcosa per salvare l’umanità da quell’obbrobrio che era il giardino sul retro.

Forse inconsapevolmente, ma i tre amici si erano disposti lasciando Hermione proprio al centro, in mezzo a loro.

Con ancora il sorriso sulle labbra per l’ultima situazione, Silente finalmente intervenne.

- Bene, direi che ci siamo tutti.

La calma e il controllo tornarono sul salotto riunito.

Con non-chalance, Remus si rivolse a Calliope.

- Signorina, adesso noi non c’entriamo più nulla… Cosa ne dice di lasciare la stanza?

Calliope guardò il fratello, nella spontanea ricerca dell’autorizzazione, benché sapesse già che le avrebbe concesso qualsiasi cosa. Draco guardava altrove. Non le era mai successo; ovvio e sicuro, forse inutile perché amava viziarle e concederle tutto, ma il consenso di suo fratello per lei c’era sempre stato. Disorientata annuì e si alzò in piedi.

- Allora, Draco, io vado? – non riuscì a non dare alla frase l’inclinazione della domanda.

Draco si voltò verso di lei e fece un cenno; non la guardò negli occhi e il suo sorriso non era grande come al solito.

- Direi che la biblioteca potrebbe essere un passatempo adeguato mentre qua si finisce… - propose Lupin, ora alle spalle della ragazzina. Mentre Calliope ancora si voltava, con sorpresa perché non aveva notato che l’uomo si fosse spostato – troppo silenzioso l’uomo, o forse troppo turbata lei.

- Direi di no! – si intromise Hermione con fin troppa foga; tutti si voltarono verso di lei e continuò – Direi che i libri di Harry non siano l’ideale per un sabato pomeriggio… I libri di lavoro

Lanciò un’occhiata a Harry in cerca di sostegno, il quale pur non avendo capito un accidenti, riuscì ad essere abbastanza convincente.

- Sì, è roba noiosa… Proporrei… Eh… La cucina! Non so, se volete uno spuntino… sarebbe l’ideale…

(per noi così vi levate!! ndV)

Lupin, che pure non aveva capito un tubo, ma che era abbastanza sveglio da riparare le situazioni, esclamò.

- L’ha mai vista una cucina babbana, signorina?

Calliope si illuminò in volto, aprendo la bocca in un sorriso di gioia.

- No! – esclamò.

- Bene, vi accompagno… - Hermione si alzò convinta dal divano - Prendo qualcosa da bere! – l’occhio le cadde sul tavolino, e sulle bottiglie e bicchieri che vi erano posati – Qualcos’altro da bere!

- Harry, t’incendieremo la cucina temo… - commentò Lupin mentre prendevano la porta.

- Fate pure… - disse Harry, accompagnando la frase con un gesto della mano.

Quando furono usciti – Calliope che fino all’ultimo sperò invano riservando al fratello la coda dell’occhio – si permise di affondare la testa sulla spalla di Ron.

- Nooo… La cucina di mia madre… - si lagnò. Nemmeno troppo convinto!

 

In cucina Hermione si mise a recuperare vassoi, bottiglie e bicchieri. Conosceva tutto di quella cucina. Ci avevano messo due giorni a pulirla e riordinarla, lei ed Harry. Anzi, lei ci aveva messo due giorni; Harry era stato solo in grado di entrare, mettere qualcosa di sporco nel lavandino, lasciare qualche traccia di grasso in giro, e poi uscire dopo aver spostato qualcos’altro.

- Tutto bene Calliope?

La ragazzina, che si stava guardando intorno tutta presa, annuì senza voltarsi. Ma nei piedini che non riusciva a tenere fermi era incanalata tutta la sua ansia: non si muoveva impaziente sul posto, non saltellava; ferma e attenta a ciò che le stava intorno, caricava il pesi sulla punta muovendo il tallone.

Hermione sospirò, la raggiunse e le mise una mano sui capelli. Finalmente si voltò a guardarla.

- Draco è un po’ agitato per oggi… E’ solo tensione, non ti devi preoccupare.

Calliope annuì.

- Non ti preoccupare, immaginavo che qualcosa lo disturbasse… - lo immaginava, ma doverci fare i conti era tutt’altra cosa; un attimo di silenzio e poi tornò a guardarla – Perché i tuoi amici se la sono presa tanto con te?

- Perché… - perché tuo fratello sa essere un bastardo di prim’ordine? no decisamente non andava… - Diciamo che è perché non si sono mai piaciuti… I miei amici e Draco…

- Logico… - ragionò lei – Non è obbligatorio che tutti si stiano simpatici…

Hermione sorrise, accarezzandole il capo biondo.

- E’ che… - riprese, guardando basso – ci sono tante cose che non capisco, ma non me ne preoccupo, perché Draco mi ha detto che mi spiegherà tutto il prima possibile… - il cuore di Hermione perse un battito – Però… - sollevò lo sguardo da terra – Non voglio che tra noi – un noi che intendeva “io e lui, io e te, noi tre” – cambi qualcosa!

La ragazza si chinò a baciarle la fronte.

- E allora non cambierà!

Non sapeva se era vero o meno, non sapeva se bastava una grande forza di volontà. Ma le avrebbe detto qualsiasi cosa pur di tranquillizzarla, di toglierla da quella impalpabile inquietudine. E poi, lei stessa aveva deciso di proteggerla dalla sua solitudine, dalla sua sofferenza, ad ogni costo.

Per quanto questo fosse come cercare di afferrare l’aria… Ma scacciava l’idea di un fallimento, non ci poteva credere.

Calliope tornò a sorriderle, forse più per quel bacio che per tutto il resto, chissà…

- Ti affido al signor Remus! Io torno di là… A dopo! – e con una carezza la salutò.

- Allora, signorina… - iniziò Remus che si era tenuto discretamente in disparte fino a quel momento; aveva la mano su una manopola dei fornelli – la accendiamo?

Lo sguardo di Calliope luccicò mentre annuiva.

 

Hermione tornò in salotto col vassoio, e una vistosa occhiataccia tutta per Draco.

Posò il tutto sul tavolino e si sedette sul divano accanto a Draco. Probabilmente era per una questione di posti. O forse non lo era. Ma tutti quanti lo notarono.

- Non farlo mai più! – lo rimproverò secca.

- Fare cosa? – provando il forte desiderio di rassicurarla dopo lo scontro con i suoi migliori amici, ritrovarsi sulla difensiva era disorientante.

- Lo sai! – alludeva a Calliope, a come era stato distaccato.

Silente si schiarì la voce, pronto per parlare.

- Ma- … - riprovò lui, ma Hermione lo zittì. Lui sospirò: aveva capito benissimo a cosa alludesse e certo non ne era contento nemmeno lui, lui che era l’unico rimasto a Calliope.

Ma l’ansia di quella riunione era troppa. E temeva che lei capisse – intuisse – qualcosa troppo presto… se mai un tempo adatto fosse esistito.

Hermione distolse lo sguardo da Draco per posarlo un istante su Harry. Un breve sorriso da parte di tutti e due, finalmente erano al dunque. Il motivo che aveva portato Hermione a scoprirsi e di conseguenza Harry ad arrabbiarsi. Eppure si sorrisero…

Silente prese la parola.

- Harry, Ron… - voltò lo sguardo sull’atro lato – Hermione, Draco… Finalmente possiamo iniziare ufficialmente il nostro incontro. La copertura della signorina Calliope Narcissa Malfoy.

 

 

 

 

@@@@-@@@@-@@@@-@@@@

 

BHA! BUBBOLE!!

 

E ho finito anche questo… Olè!!! Oh, cielo, un litigio!!! Com’è venuto?? Non ho risolto troppo presto vero? Nel senso, non sembra frettoloso e privo di importanza emotiva?? E’ che se c’è una cosa che odio sono i litigi, anche i momenti di crisi tra i due protagonisti che a volte arrivano puntuali e regolari nei film… sono una cosa che non sopporto!! (E che non so sostenere in prima persona… =P) Quindi ditemi com’è venuto, e se la risposta è positiva sarò doppiamente contenta, perché vorrà dire che malgrado tutto certe situazioni le so raccontare!!!

 

Uh-uh… siamo vicini alla mezzanotte… Riuscirò a pubblicare il 18, o sarà già il 19?? Non per altro, ma oggi (18) è il compleanno di una mia amica e benché lei non legga né fanfic né harry potter, ci tenevo a pubblicare e a farle gli auguri anche qui… (ahia, devo recuperare anche i ringraziamenti, direi che non faccio in tempo… sigh…)

 

Questa volta nada “prime pubblicazioni” o “piccoli ringraziamenti” perché…

PUBBLICO IN SIMULTANEA SU MANGA.IT E SU EFP!!!

Ce l’abbiamo fatta!!! Anche questa fic “parificata”… da qui in poi tutto inedito!! ^_^

YUHUU!!!

 

Ed ora i miei uMiLi RiNgRaZiAmEnTi a…

 

da manga.it:

§ neanche un cane… mannò!! Sono tutta così esaltata x la pubblicazione in simultanea… *.*… vabbè, ok che manco da aprile, ma già allora non si è fatto sentire nessuno!!

 

da efp:

§ Kilamoon: semplicemente e infinitamente grazie!!! Ormai scrivo sta fic solo per te!! (Oltre che per me, ovvio =P) Se vuoi puoi sentirti onorata!! =P Comunque sia, che mi dici di questo inedito, dopo la bellezza di cinque mesi?? (L’ho rifatto… avevo promesso di non farlo più e invece l’ho rifatto… Ritaaardo!!) Eh? Eh? Eh? Sono curiosaaa!!! Qui gli sguardi direi che si sprecano! E il discorso di Hermione coronato dal “no” ha dato l’effetto desiderato (ovvero, ucciderla!!) Posso immaginare che abbia sortito anche l’effetto desiderato primario, ovvero far ridere?? Grazie mille ancora, della tua infinita perseveranza!!! Ti invio tanti bacini!! =)

 

E per concludere (malgrado sia 00:01 del 19)…

AUGURI LAURAAAA!!!!

 

*

… un mese e 25 giorni dopo …

SCUSATEEEE!!!! Ma il mio geniale e labile equilibrio di internet è chiavette è andato a put.. ehm, è saltato!! La chiavetta salvava male i file!! Ora ho formattato la chiavetta (ma ho dovuto aspettare il computer nuovo perché quello di mia sore non aveva abbastanza spazio per passarci i dati prima di formattarla) come mi ha consigliato

SARA (sorella di un’amica – la citata Fox – terzo anni di architettura ma l’altro corso non il mio =P)

e quindi questo capitolo è simpaticamente dedicato a lei!! Benché non sappia nemmeno che scrivo ff… Però ama Harry Potter!! Il settimo l’ha letto in inglese e ha concluso che la zia Jo è un genio!! =P Uh, io lo preso in italiano e lo sto leggendo =) Mortaci alla neve che non mi ha fatto fare la coda la notte fuori al freddo e al gelo come una scema aspettandolo… Se voi ci siete riusciti vi invidio!!! =P

Bene, PRIMA PUBBLICAZIONE DELL’ANNO nonché DAL COMPUTER NUOVO!!! Olè!!!

Ed ora… potrei anche carburare… Bhè, a febbraio sono a casa per gli esami, ho un sacco di mattine per scrivere =P

A prestooo…!!! (bene, prima erano 13 pag di word esatte, ora x questa aggiunta, no… grazie chiavetta! Oh! E se era il 13 a portare sfiga!! -.^)

   
 
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