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Autore: Yuki Delleran    14/01/2008    8 recensioni
«Allora l’ha fatto davvero…» mormorò Al.
Winry strinse le mani in grembo. Di cosa stava parlando?
«Cosa? » incalzò. «Parla, Al! »
«Ti farà stare peggio…» tentò di tergiversare il ragazzo distogliendo lo sguardo.
«La persona che amo è morta! Non posso stare peggio di così! »
Quello scatto sembrò convincere Alphonse.
«Mio fratello… non l’aveva detto a nessuno ma lui voleva… bhè, voleva chiederti di sposarlo. Quello è un anello di fidanzamento. »
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Pride, Roy Mustang, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Love & Pride 12 Devo dire di essere rimasta abbastanza delusa nel constatare il poco interesse sollevato dall'ultimo capitolo postato. Siete tutti terribilmente impegnati o il mio modo di scrivere è diventato improvvisamente noioso? Quello che mi da da pensare sono le 79 visite alla pagina e l'unica recensione lasciata. In questa storia ci ho messo il cuore ed ero davvero felice di vedere che veniva apprezzata, ma adesso dopo 3 capitoli passati quasi inosservati, sto seriamente pensando di interrompere la pubblicazione. Non mi era mai capitata una cosa del genere, ma sono davvero scoraggiata... e mi dispiace... Ne devo dedurre che il limite massimo di un lettore di fanfiction sono 10 capitoli? Spero davvero di sbagliarmi e che si sia trattato solo di un brutto periodo. Questo capitolo è la prova del nove, il proseguimento della storia è tutto nelle vostra mani.
YUKI

Disclaimer: tutti i personaggi di Fullmetal Alchemist appartengono a © Hiromu Arakawa. Pride appartiene agli © Ocean X. Il personaggio di Maris è della mia amica © Miki. Tutte le canzoni utilizzate sono degli aventi diritto.




Love & Pride

di
Yuki Delleran



02
***
SOLITUDINE


Non ricordava che i prati che si vedevano dalla sua finestra fossero così verdi. Tutto il panorama di Resembool traboccava di luce e di vita. Una visione quasi insopportabile, specialmente in un momento come quello. Winry sospirò e fece per tirare le tende, ma all’ultimo momento rinunciò: chiudere fuori il sole sarebbe equivalso a rifugiarsi nelle tenebre del suo cuore e non era sicura di riuscire ad affrontarle. Eppure il sole le ricordava così tanto lui, i suoi capelli color dell’oro, i suoi occhi come il miele… Doveva smetterla o avrebbe ricominciato a piangere! Al funerale aveva fatto del suo meglio per trattenersi, ma davanti alla lapide bianca era crollata. Dopotutto il suo nome era lì, inciso nella pietra a dichiarare che Edward Elric era morto e questo rendeva tutto mostruosamente reale.
L’intero gruppo del generale Mustang era venuto da Central City appositamente ed era rimasto in dignitoso silenzio in un angolo rivolgendo il saluto militare a quella pietra muta. Perché era così che stavano le cose: ancora prima di essere un ragazzo di campagna, Edward era un militare. Winry era certa di aver visto gli occhi arrossati del tenente Hawkeye, l’espressione affranta del sottotenente Havoc, l’innaturale sorriso di circostanza del maresciallo Falman. Il sottotenente Breda e il sergente maggiore Fury erano rimasti per tutto il tempo a testa bassa. Persino il maggiore Armstrong, accompagnato dal sottotenente Ross e dal sergente Brosh, non aveva aperto bocca tutto il tempo.
Anche se sembrava tutto un orribile incubo, questi particolari le dicevano chiaramente che non era così.
Il generale Mustang era rimasto rigido e impettito per tutta la durata della funzione, la visiera del cappello calata sugli occhi a celarne l’espressione. Da quando si era recato a casa loro a Central City a restituire gli effetti personali di Ed, Winry non l’aveva più visto e preferiva che fosse così finché i sentimenti che provava non si fossero chiariti. Il vecchio rancore che provava nei suoi confronti si era improvvisamente ridestato, ma era anche consapevole del fatto che non poteva incolpare lui della morte di Ed. Sarebbe stato troppo facile avere qualcuno su cui riversare il proprio risentimento, quando in realtà non aveva la più pallida idea della reale entità di quello che era successo. Ma forse era proprio questo quello di cui aveva bisogno, una valvola di sfogo, qualcuno da colpevolizzare per fare in modo che ciò che era successo non le apparisse completamente privo di senso. Razionalmente le appariva chiara l’ingiustizia di questo ragionamento, ma temeva che parlandogli direttamente avrebbe potuto dirgli qualcosa di inconsulto. Per questo si era rifugiata nella sua stanza quando sua nonna lo aveva invitato a bere una tazza di thè per riprendersi. Alphonse invece era rimasto di sotto. Li sentiva parlare in lontananza. Com’era possibile che Al lo avesse perdonato così, ancora non le era chiaro. Ma del resto niente le era chiaro in quei giorni, aveva l’impressione di vivere in un perenne stato di stordimento. Fissò l’anello che portava all’anulare della mano sinistra e per l’ennesima volta si chiese cosa fosse esattamente successo. Ed voleva sposarla, non aveva intenzione di mettersi in pericolo di vita. Allora perché quella maledetta sera se ne era andato dall’ufficio in quel modo? A cosa stava lavorando? Dove era andato? Perché aveva avuto di nuovo a che fare con gli Homunculus? Era tutto talmente confuso che le sembrava di impazzire.
Un paio di colpi alla porta la riportarono alla realtà e quando aprì, si trovò davanti Alphonse con un’espressione terribilmente stanca.
«Il generale Mustang e gli altri se ne stanno andando. Li accompagno in stazione. » disse, poi rimase per un attimo titubante, come indeciso se fosse il caso di aggiungere altro.
«Cosa c’è, Al? » chiese lei. «È successo qualcosa? »
«Bhè… in effetti sì. Domani tornerò anch’io a Central City. »
Winry si sentì piegare le ginocchia. Prima di partire era stata piuttosto chiara: non aveva intenzione di rimanere nella casa di città, soffriva troppo in quel luogo e pensava che per Al fosse lo stesso. Anche se in effetti il ragazzo non si era mai espresso chiaramente in proposito, era convinta che sarebbe rimasto con lei a Resembool. Quella era una doccia fredda che la fece improvvisamente sentire abbandonata.
«Mi dispiace lasciarti sola, Winry, ma al lavoro hanno bisogno di me. Sheska non può gestire l’intero archivio. Anche il generale Mustang ha detto…»
A quelle parole la ragazza alzò la testa di scatto.
«Il generale Mustang?! Cosa vuole ancora il generale Mustang? Come può quell’uomo pretendere ancora qualcosa da noi?! »
Vide a malapena l’espressione shockata di Al, lo scansò e si precipitò di sotto. Non le importava più niente dei suoi sentimenti confusi, voleva solo dire in faccia a Mustang tutto quello che pensava di lui. Riversargli addosso tutta la sua rabbia. Sfortunatamente, sulla porta di casa quasi si scontrò con il tenente Hawkeye.
«Signorina Riza, dov’è il generale Mustang? » chiese seccamente.
«È successo qualcosa? » fece la donna stupita bloccandola per le spalle.
«E me lo chiede anche?! Mi ha portato via i miei genitori, mi ha portato via Ed e adesso vuole portarmi via anche Al! » gridò Winry. «Di quante altre persona care vuole privarmi? »
Era decisamente fuori di sé.
La presa sulle sue spalle si rafforzò e Riza la fissò con espressione dura.
«Non importa quale sia la tua motivazione. Non pronunciare mai, mai, questa parole davanti al generale, sono stata chiara? » le intimò. «Se lo farai, non ti perdonerò. »
Detto questo, la lasciò e uscì dalla stanza.
Sentendosi toccare, Winry che era rimasta immobile, si voltò di scatto.
«Al…»
«Il tenente Hawkeye ha ragione. » mormorò il ragazzo. «Ti prego di non dire quelle cose a Mustang. Anche se non lo dimostrava, era sinceramente affezionato al fratellone e in questo momento sta soffrendo quanto noi se non di più. Si sente personalmente responsabile per quello che è successo, anche se in realtà non ha nessuna colpa. Ha fatto di tutto per proteggerci e mi ha salvato la vita. Non accusarlo. »
«Se non fosse stato per lui, però…»
«Se non fosse stato per lui, probabilmente mio fratello sarebbe rimasto un invalido su una sedia a rotelle e io un’anima imprigionata in un’armatura. »
«Con tutto quello che vi ha fatto passare?! »
«Winry, basta… è inutile recriminare adesso. »
La ragazza capitolò. Non era certo il momento di scaricare la propria rabbia su qualcun altro.
«Ho capito. » disse.
Prese tra le sue una mano del ragazzo e la strinse.
«Però promettimi una cosa: che non farai niente di pericoloso. Promettimelo sul serio, non come Ed che mi raccontava un sacco di balle solo per non farmi preoccupare. »
Alphonse sorrise.
«Winry, lavoro in un archivio. Il pericolo più grave che posso correre è quello di rimanere sepolto sotto una pila di scartoffie. »
«Al! »
«Va bene, te lo prometto e ti prometto anche che verrò trovarti molto spesso. »
Quando la lasciò, anche se era solo per accompagnare la squadra di militari alla stazione, Winry si sentì abbandonata e rimase ad aspettarlo sui gradini di casa fino al suo ritorno. Aspettare era quello che aveva fatto per tutta la vita. Prima il ritorno dei suoi genitori, poi dei suoi migliori amici, infine del ragazzo che amava. Nessuna attesa era mai stata soddisfatta, ma ora era diverso. Aveva la certezza che lui non sarebbe mai tornato e il rimpianto per tutto quello che avrebbe potuto essere e non era stato, anche per colpa della sciocca ostinazione di entrambi, le toglieva l’aria.
La trovò così, Al, al suo rientro: rannicchiata su sé stessa con le ginocchia strette al petto. Rimasero seduti in silenzio sugli scalini finché non si fece buio. Non era necessario parlare per sapere che anche l’altro avvertiva la presenza nota che aleggiava tra di loro. Winry poteva quasi sentire la sua mano che le accarezzava gentilmente i capelli. Chiuse gli occhi e riportò alla mente il tocco delle sue labbra, provato in quel primo e unico bacio. Solo quando il gusto salato si mescolò a quello dolce che la sua mente stava rievocando, si rese conto delle lacrime che scivolavano sulle guance. Sarebbe stato sempre così? Sapeva che con il passare del tempo il dolore si sarebbe affievolito, ma era certa che quella stretta al cuore che provava pensando a Ed, tutto il rimpianto racchiuso nelle parole “avrebbe potuto essere”, non sarebbe mai svanito.
L’indomani mattina non riuscì a impedire a sé stessa di rimanere a guardare Alphonse allontanarsi lungo la strada. Come se si fosse trattato di un monito, il ragazzo aveva indossato il soprabito rosso che portava anni prima e ad ogni battito di ciglia, Winry aveva l’impressione di vedere una treccia bionda ondeggiare sopra la stoffa rossa.
Adesso come allora, non poteva fare altro che rimanere a guardare la schiena di una persona cara che si allontanava senza poter fare niente per fermarla, mentre un senso di profondo sconforto la invadeva.


CONTINUA...


Next -> "Innaturale"
(Nessuno che strillava, nessuno che correva avanti e indietro con documenti ritardatari da firmare, persino i telefoni tacevano. Era tutto innaturalmente tranquillo. Innaturale. Ecco, era quella la definizione esatta che Alphonse cercava. Spiegava perfettamente l’intera realtà che lo circondava.)
   
 
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