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Autore: Strega_Mogana    16/01/2008    3 recensioni
Non è facile vivere la mia vita.
Soprattutto se fin dal giorno della tua nascita sei continuamente paragonata al fratello che tutti ritengono perfetto.
Non è facile portare il mio nome.
Attenzione postato il capitolo 17 e l'epilogo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Avevo ormai perso ogni speranza.
Iniziai seriamente a pensare che Lucius non mi avrebbe mai aiutato ad entrare nei Mangiamorte. Ogni volta che un gufo o un uccello qualsiasi volava vicino a casa nostra sobbalzavo nella speranza di riconoscere il messaggero di Casa Malfoy.
Nulla.
Forse aveva parlato con Severus e lui gli aveva intimato di non parlare di me al Signore Oscuro.
Ero demoralizzata. Credevo che il mio finto autocontrollo e la mia finta sicurezza bastavano per far capire a Lucius che facevo sul serio. Ma, probabilmente, non era bastato.
Nel frattempo Severus era sempre fuori casa, sempre più scosso da qualcosa che non voleva, o non poteva, raccontarmi.
Sempre più infelice.
Vederlo soffrire così, solo e in silenzio, escludendomi da quel mondo, mi faceva morire dentro. Pezzo dopo pezzo, minuto dopo minuto. Un dolore così radicato nelle profondità del mio animo che non potevo ignorare.
Piangevo di notte, quando ero sola in camera, spesso mi addormentavo con il viso ancora rigato dalle lacrime che non ero capace di controllare.
Una lugubre sera di pioggia fredda e battente Severus rientrò più presto del solito. Per un attimo fui spaventata dallo sguardo truce che mi lanciò prima di dirigersi silenzioso al bagno, ma poi tornai alle mie faccende immaginando che non ce l’avesse con me in particolare.
Mentre finivo di cucire un bottone sulla sua giacca nera lui entrò in cucina, indossava solo i pantaloni grigi del pigiama e si stava asciugando i capelli con una salvietta verde.
- Come mai così presto?. – chiesi tagliando il filo in eccesso con un colpo di bacchetta.
- Perché non lo fai con la magia?- ribatté ignorando completamente la mia domanda.
- Una volta qualcuno mi disse che è maleducazione rispondere ad una domanda con un’altra.
Rimase in silenzio osservando la mia mano che stava riordinando il materiale per il cucito.
- Non c’era più bisogno di me. – disse infine.
- Mi piace fare qualcosa alla Babbana ogni tanto. – sorrisi, rispondendo alla domanda come lui aveva fatto con la mia, sistemai la giacca sulla sedia vicina e mi alzai.
Mi sistemai davanti a lui cingendogli il collo con le braccia.
- Lucius ci ha invitati in ad una festa in maschera per la settimana prossima. - il mio stomaco fece una capriola, mi irrigidii qualche istante tra le sue braccia ma Severus non disse nulla - Non lo aveva mai fatto. – continuò sospettoso.
- Vorrà dire che sarà la nostra prima uscita ufficiale.
Tentavo di metterla su ridere, di non mostrare la mia angoscia ma Severus era bravo a distinguere ogni mio misero cambiamento.
Lui mi fissò senza dire una sola parola, la sua mano destra indugiava sul mio fianco mentre l’altra mi accarezzava distrattamente una ciocca di capelli.
- Non posso perderti. – sussurrò debole.
Chiusi gli occhi, sentivo che stavo per piangere: aveva capito i miei piani e sapevo che non mi avrebbe fermato.
- Non mi perderai. – risposi cercando di sorridere.
Sospirò chiudendo gli occhi, appoggiando la sua fronte ancora bagnata con la mia calda.
- Sì, invece.

***
Come al solito la sala per la festa era riccamente addobbata.
Eleganza e sobrietà: erano questi gli aggettivi che utilizzava spesso Narcissa Malfoy durante le conversazioni con in mano un calice pieno di succo di zucca: l’unica cosa che non le dava la nausea. Mostrava fiera la piccola pancia che si intravedeva sotto l’abito bianco con ricami d’oro, dicendo a tutti che aveva già scelto il nome per l’erede del marito.
Trovavo il nome Draco ridicolo e, alquanto, pomposo.
Io e Severus indossavamo due costumi simili e opposti nello stesso tempo; quando uscivo con Remus, lui mi prestava spesso qualche libro. Era appassionato di mitologia e storia antica, mi aveva prestato un tomo con varie leggende e storie d’amore tra Dei pagani e non. Una mi aveva colpito in modo particolare.
Parlava della Dea della Luna e del Dio Sole.
Due amanti uniti solo nei fugaci minuti in cui la luce e le tenebre si fondevano.
Avevo trovato quella storia commuovente ed estremamente romantica ma gli avvenimenti accaduti, dopo la mia rottura con Lupin, avevano sotterrato quella leggenda in un angolo remoto della mia memoria. Era riaffiorata quando avevo visto i costumi nella vetrina di un negozio a Diagon Alley. Erano perfetti per noi, avevo speso un patrimonio ma sapevo che ne sarebbe valsa la pena.
Severus era la mia luce e non avevo paura di urlarlo al mondo magico e babbano.
Entrammo nella sala addobbata a festa verso metà serata. Severus non amava le entrate trionfali e io non ci tenevo a passare tutta la serata con le mogli e le amanti dei miei ex compagni di classe.
Mi sentivo a disagio, un pesce fuor d’acqua ma tenevo duro.
Per lui.
Per Severus.
- Possiamo andarcene quando vuoi. – mi sussurrò al portone d’ingresso, poco prima di entrare – Anche ora… a Lucius posso tranquillamente mentire.
- Non a tutti puoi mentire. – gli risposi con voce calma anche se dentro tremavo come una foglia secca d’autunno.
- Nessuno ti costringe a farlo.
- Lo so.
Ero appartata con lui in un angolo dell’immensa sala, al centro alcune coppie ballavano sulle note di un gruppo musicale sconosciuto per la maggior parte degli inviatati.
Mentre bevevo il terzo bicchiere di vino elfico l’elegante padrone di casa si avvicinò a noi due. Indossava un vestito simile a quello della moglie, bianco, con ricami in oro, osservandolo bene ero giunta alla conclusione che i costumi richiamassero i pavoni bianchi che i Malfoy avevano nel parco.
- Sono felice che siate venuti. – ci accolse Lucius, i suoi occhi color ghiaccio brillavano dietro la mascherina dorata – Posso rubarti la tua compagna per un ballo, Severus?
Non spostai lo sguardo da Lucius, ma sentii chiaramente gli occhi di Severus posarsi su di me.
- Un ballo solo però… - rispose con ironia nella voce profonda – non uno di più.. potrei esser geloso, Lucius.
Malfoy ghignò come un leone che si lecca i baffi prima di fare l’agguato alla preda. Presi la mano che mi porgeva e mi lasciai condurre fino al centro della sala dove mi mise una mano sul fianco iniziando a muoversi lentamente.
Io lo seguivo senza mai staccare gli occhi di suoi.
- Quando avremo finito. – mi disse con un sibilo – Vai in biblioteca.
Annuii solamente e spostai lo sguardo oltre la sua spalla alla ricerca di Severus. Non si era mosso, alcune persone mascherate che non riconoscevo gli erano andati vicino e stavano parlando pacatamente. Lui cercava di seguire il discorso ma ogni pausa era una scusa per lanciare un’occhiata a me mentre ballavo con Lucius.
Il ballo fu più breve del previsto, o forse ero così agitata che non mi ero resa conto del tempo che passava.
Lucius mi condusse fino alla biblioteca, aprì la porta e mi fece entrare. La richiuse alle mie spalle lasciandomi sola in quella vasta sala. Mi guardai attorno per quanto la luce fioca delle candele me lo permettesse, le librerie erano alte, cariche di libri, non riuscivo a vederne la cima, l’oscurità le inghiottiva verso la metà. Al centro c’era un lungo tavolo di legno lucido, molto probabilmente antico e prezioso, tre candelabri a sei braccia erano posizionati lungo il mobile così da illuminare parte del legno. C’era un camino spento sovrastato da un grande specchio, i bordi in argento erano stati lavorati in modo tale da formare due serpenti intrecciati. Per molti sarebbe stato un oggetto d’arredamento inquietante ma per una ragazza che aveva passato svariati anni in casa Black era solo uno specchio come tanti.
Le finestre erano in fondo alla biblioteca, le spesse tende rosse erano state legate ai lati permettendo alla luce della luna di filtrare e illuminare un poco il pavimento di pietra. Mi tolsi la maschera appoggiandola sul tavolo e mi avviai verso la prima libreria, non sapevo cosa sarebbe successo, forse era solo uno scherzo di pessimo gusto. Il cuore mi batteva all’impazzata ma cercavo in tutti i modi di tenere un contegno dignitoso e di non sembrare nervosa. Sfiorai le copertine rigide di pelle con un dito mentre sussurravo i titoli come una lenta litania.
Presi un libro a caso, non sapevo quanto dovevo restare in quella stanza e volevo sembrare il più tranquilla ed indifferente possibile.
Nel silenzio sentivo il mio cuore rimbombare in petto e nella testa.
Aprii il tomo ad una pagina qualsiasi, non vedevo le parole ma solo segni. La mia mente si rifiutava di assimilare qualunque tipo di notizia e i miei sensi erano tesi, all’erta.
C’era qualcuno o qualcosa in quella stanza. Potevo percepirlo ma non riuscivo a vederlo, questo mi rendeva inquieta anche se facevo di tutto per non darlo a vedere. Mentre fingevo di leggere quelle che mi sembravano rune, uno spiffero gelido mi sfiorò la schiena. Mi voltai di scatto verso le finestre, uno dei vetri era aperto, la tenda era stata tolta dal suo nastro e svolazzava sotto il vento freddo. Stringendo il libro al petto, come se potesse farmi da scudo, mi avvicinai alla finestra. Osservai il parco attorno al castello; non c’era nessuno, vedevo la luce della sala di sotto filtrare dai vetri colorati, la musica giungeva bassa alle mie orecchie. Ma non c’era nessuno.
- Sono paranoica…- mormorai cercando di convincermene – non c’è nessuno. Deve esser stato il vento a farla aprire…
Con una mano tenni il libro mentre con l’altra chiusi la finestra, quando alzai lo sguardo sul vetro il libro mi scivolò di mano, cadendo a terra e producendo un suono secco che rimbombò per la biblioteca deserta.
Due fessure rosse mi fissavano alle mie spalle.
Sentivo il mio corpo tremare.
Era Lui.
La luce della luna rendeva la sua pelle ancora più bianca, i suoi occhi ancora più rossi.
Deglutii cercando di darmi forza, cercando di non scappare via urlando, cercando di non pensare a nulla.
Ne avevo sentito parlare a lungo, lo avevano descritto ma non l’avevo mai visto così da vicino.
Chiusi la finestra e mi voltai lentamente, incrociai per pochi attimi i suoi occhi, abbassai lo sguardo e chinai il capo in segno di rispetto e ubbidienza.
La sua tonaca nera, come la notte che mi circondava, sfiorava il pavimento grigio. Il suo respiro era basso, regolare, mi scrutava dall’alto, sentivo i suoi occhi su di me. Era come esser nuda, mi leggeva l’anima e io ringraziai Severus per avermi insegnato le basi dell’Occlumanzia. Non avevo molto da nascondere a dire il vero, ma avrei preferito che certi pensieri restassero solo miei.
- Lucius mi ha informato che volevi vedermi. – la sua voce era un sibilo raccapricciante.
Era come il metallo che strideva. Un brivido mi percorse la schiena. Annuì solamente senza osare alzare lo sguardo.
- Puoi parlare…- continuò lui mettendomi due dita bianche sotto il mento e alzando il mio viso.
Senza dire una sola parola feci quello che mi ordinava solo con un gesto, osservai il suo viso mentre lui analizzava il mio. Il suo volto era come quello di un morto, mia madre aveva la stessa espressione prima di morire, gli occhi fiammeggiavano, le pupille erano verticali, il naso quasi del tutto piatto. Non c’era nulla di umano in lui.
- Ci incontriamo sempre in una biblioteca, Alice Potter. – sibilò togliendo le dita da sotto il mio mento.
Aprii appena la bocca stupita, quell’uomo in biblioteca era così diverso dall’essere che avevo davanti agli occhi in quel momento. Del bel mago che mi aveva spaventato quella sera a Hogwarts non era rimasto nulla.
- E come sempre io non la sento arrivare.
Non so dove trovai il coraggio di rispondere, ma lo feci. Molto probabilmente in un attimo di follia. Mi mordicchiai un labbro ma non abbassai lo sguardo, i suoi occhi rossi erano rimasti, comunque, magnetici e penetranti.
- Ti avevo già spiegato che ho il passo leggero.
Annuì solamente.
- Hai trovato la tua strada in questi anni? – sembrava annoiato dalla domanda, forse era solo un modo per allungare quella tortura psicologica.
Scossi li capo.
- Speravo di trovarla qui…- risposi – con Voi.
- Molti sperano di trovare la propria strada con me. – mi rispose allontanandosi e voltandosi verso gli scaffali – Ma non tutti sono pronti o sono le persone… giuste. – l’ultima parola la disse in modo minaccioso.
- So quali sono i requisiti che desiderate… Mio Signore. Io li possiedo tutti.
- Non è il tuo sangue che mi crea qualche problema… - fece Lui senza guardami continuando ad osservare i libri ma non vedendoli veramente – ma il tuo cognome.
Mi aspettavo qualcosa del genere.
- Il mio cognome è solo un fardello che porto da quando sono nata. Avere lo stesso nome di mio padre e di mio fratello non fa di me un’alleata di Silente o di quello che lui definisce Ordine della Fenice.
La risposta era pronta sulle labbra, in fondo non era così difficile da dire. Anche dopo anni il mio pensiero su Silente e la mia famiglia era rimasto lo stesso.
- Questo non può che farmi piacere, Alice. – il mio nome sulle sua labbra sembrava quasi un insulto – Ma non posso fidarmi solo sulla tua parola… i traditori sono ovunque.
Feci un passo verso di lui.
- Farò quello che volete, Padrone. Ordinate… e io eseguirò.
Si voltò di nuovo verso di me. Indietreggiai spaventata da quel gesto così repentino ed inaspettato, prese la sua bacchetta dall’interno di una delle maniche del mantello e io resistetti all’impulso di prendere la mia.
La mosse velocemente e una torcia si accese in un angolo.
Se credevo che la presenza che sentivo era causata dall’Oscuro dovetti ricredermi quando vidi quello che c’era in quell’angolo.
Un uomo, emaciato, sudicio, la tunica dorata era strappata in più punti, logora, sporca di sangue e altre sostanze che non desideravo conoscere. Era legato da funi invisibili, apparentemente privo di sensi.
- E’ un Auror… - mormorai più a me stessa che a Lui.
- Avvicinati. – ordinò.
Feci come mi era stato ordinato senza mai staccare gli occhi da quel mucchio si stracci che stava in quell’angolo.
Mi chiesi da quanto Malfoy lo teneva prigioniero.
Un altro colpo di bacchetta del mago e il prigioniero aprì gli occhi di scatto, si mosse cercando di liberarsi, quando vide Lord Voldemort iniziò a tremare, una macchia scura si ingrandì all’altezza dell’inguine, qualcosa di bagnato inzuppò le sue scarpe. Sentii il mago accanto a me sogghignare soddisfatto.
- Non ci sono più i maghi di una volta. – disse ma ero certa che non stesse parlando a me – Ti presento Jonny Davies, uno dei nuovi Auror del Ministero. Il signor Davies ha portato in salvo diverse famiglie di babbani nell’ultimo periodo. Proteggendoli come se fossero persone come noi. Suo padre è un babbano e ci stiamo chiedendo come abbiano fatto al Ministero ad accettare un Sanguemarcio tra i protettori dei maghi.
- Cosa devo farne di lui?- domandai con la gola arsa.
Aspettai la risposta come un condannato che aspetta di sentire la data dell’esecuzione.
- Uccidilo.
Un sibilo solo.
Presi la bacchetta che avevo appuntato in una taschina laterale della gonna. Il giovane mago mi guardava solo con un occhio, l’altro era gonfio e tumefatto, completamente chiuso. Ma quell’unico occhio spalancato era lucido, piangeva e cercava di supplicare ma un incantesimo aveva bloccato la sua voce rendendolo muto. Mi ripetevo che lo facevo per Severus, per stargli accanto, per aiutarlo a superare l’orrore che vedeva, il dolore che provava.
Lo stesso orrore che vedevo io in quel momento.
Lo stesso dolore che provavo.
Puntai la bacchetta.
Il mio cuore batteva all’impazzata, sentivo la mano sudare e la gola ardere secca. Averi voluto piangere per lui. Ma resistetti, rimasi ferma nella mia posizione, apparentemente priva di qualsiasi sentimento.
L’unica cosa che potevo fare era dargli una dipartita veloce e indolore.
L’unica cosa che potevo fare.
- Avada Kedava!
Il lampo verde illuminò la stanza per un breve e lunghissimo attimo.
L’Auror si accasciò a terra, l’occhio sano, ormai vuoto e spento, fissava la torcia sopra la sua testa. Le fiamme creavano giochi di luce inquietanti sul suo viso scavato e pallido.
Rimisi la bacchetta al suo posto e mi voltai verso di Lui.
Dentro tremavo, fuori sembravo fatta di pietra.
L’Oscuro mi fissava, sembrava compiaciuto.
- Speravo che ti divertissi un po’ con lui.
- Alla prossima occasione…- promisi disgustandomi da sola.
- Questo ti rende una persona… cattiva…- continuò ricordando il discorso di diversi anni prima.
- Una sera, - risposi sicura – un mago mi disse che non esistono persone buone o cattive. Ma esiste solo la magia e le persone che posso usare il potere della magia. Le altre devono solo sottomettersi a questo potere.
Gli angoli della sua bocca serpentina si incurvarono verso l’alto in quello che doveva essere il massimo del suo sorriso.
- Dammi il braccio, Alice.
Feci come mi era stato ordinato e allungai il braccio sinistro. Con una mano mi alzò la manica del costume, il contatto con la sua pelle fredda e liscia mi fece girare la testa disgustata ma resistetti e chiusi occhi come se fossi stata grata per il grande dono che stavo per ricevere.
Sentii la punta della sua bacchetta sul mio avambraccio e immediatamente un bruciore sulla pelle. Era come se qualcuno mi avesse messo un tizzone ardente sul braccio, mugugnai appena mentre aprivo gli occhi. Il teschio stava prendendo forma sulla mia pelle marchiandola per il resto della vita. Poi il teschio aprì la bocca e vomitò il serpente. Il bruciore fu sostituito da un gelo insopportabile. Non era solo superficiale ma entrava nella carne, nelle ossa, era come se il mio intero corpo e la mia anima fossero state avvolte dalle spire di quel serpente.
Volevo urlare.
Poi tutto finì.
Sollevò la punta della bacchetta.
Io fissai ancora il mio braccio per sempre Marchiato, poi alzai lo sguardo su di Lui.
- Grazie Padrone.
- Ora vai…- disse sbrigativo, annoiato quasi – i tuoi fratelli e le tue sorelle ti aspettano. Vorranno festeggiare.
- Sì…- risposi ubbidiente chinando il capo – Mio Signore.
- Attenta Alice…- mi richiamò prima che io uscissi dalla biblioteca – il Signore Oscuro è generoso per con i suoi fedeli servitori, ma crudele con chi lo vuole tradire.
Non risposi, mi mancava l’aria nei polmoni e non avevo le forze per dire qualcosa, mi limitai ad annuire.
Mi dileguai in fretta. Non volevo restare in quel posto, appena chiusi la porta alle mie spalle mi appoggiai al muro stringendo il braccio dolorante al petto. I miei occhi si inumidirono nell’istante in cui il mio cervello ricordò quello che avevo appena fatto.
Avevo appena ucciso un uomo la cui unica colpa era quella di esser stato caritatevole verso i babbani e di esser nato da uno di loro.
- Sarai contento papà…- sibilai acida, faticavo a parlare per via del groppo in gola che avevo – ora sono proprio quello che tu hai sempre odiato.
Chiusi gli occhi ma il raggio verde che era uscito dalla bacchetta mi lampeggiò dietro le palpebre serrate, le orecchie sentirono di nuovo il tonfo sordo che quel mago aveva fatto quando aveva toccato il pavimento morto per mano mio.
Cercai di soffocare un conato con la mano ma vomitai parte del vino elfico che avevo bevuto.
Caddi in ginocchio, con la mano sporca ancora premuta sulla bocca.
- Alice! – Severus stava correndo verso di me – Alice…- si inginocchiò, mi mise le mani sulle spalle – stai male?
Appoggiai entrambe le mani sul tappeto che ricopriva il pavimento del corridoio e chiusi gli occhi, due grosse lacrime scesero dai miei occhi.
- Ho appena ucciso un uomo… - mormorai con la voce rotta dai singhiozzi.
Non disse una sola parola, sentii la sua presa stringersi sulle mie spalle, si issò aiutandomi poi ad alzarmi.
- Non puoi stare qui. – aprì la prima porta aperta che trovò: era una delle tante stanze degli ospiti del castello.
Prese il lavamano di ceramica posto accanto al mobile da toilette e mi fece sedere sul letto mettendomi il lavabo in mano.
Vomitai tutto quello che avevo mangiato in quella giornata.
Lui rimase accanto a me, mi sorreggeva i capelli.
- Andrà tutto bene…- tentò di tranquillizzarmi ma sapevo che era una bugia.
Mentre continuavo a vomitare i miei pensieri andavano all’Auror che avevo ucciso.
Jonny Davies la mia prima vittima.
   
 
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