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Autore: Red_Ginger    02/07/2013    5 recensioni
Quando la vidi, per la prima volta dopo secoli il cuore morto nel mio petto sembrò riprendere a battere e la cenere arida che aveva sostituito il mio sangue diventò un fiume di lava bollente. Decisi in un solo istante che l'avrei avuta. Io sono il conte Alexandros Demetriou, e questa è la mia storia.
Una gradevole (o almeno lo spero) storia nella venezia del '700.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vecchi ricordi, nuove emozioni

 

Decisi che avrei fatto visita

alla ragazza.

D’altronde era rinchiusa in quella

stanza da tre giorni ormai.

Non mi interessava sapere

chi era il mio simile,

dato che ci avrebbe

sicuramente trovati,

volevo solo spaventarla

e divertirmi.

E il pensiero del suo sangue,

che avrei presto felicemente bevuto,

non faceva che aumentare

la mia gioia.

 

Dopo tre giorni

quell’uomo orribile

venne a farmi visita.

Finalmente lo vedevo per quello che era.

Un uomo di Chiesa, che avvolto

in quella veste rosso carminio

sembrava il Diavolo in persona.

 

Mai come allora sperai.

Mai prima d’allora avevo sperato

così tanto.

Sperai che la giovane vita

del ragazzo che aveva voluto

proteggere Elisabetta

Non si spegnesse come la fiamma

di una candela a causa

 di uno spiffero gelido.

E soprattutto sperai per Alexandros.

Sperai che riuscisse a trovare la sua amata

e che eliminasse quel mostro.


 

La ferita sta smettendo di sanguinare, per fortuna, si disse Aicha mentre cambiava le bende a Giovanni, che ancora non dava segni di ripresa. Il ragazzo respirava normalmente, ma non si era ancora svegliato. Del resto la ferita era grave, perciò lei si sarebbe stupita del contrario.

Non sapeva perché ma si sentiva attratta da quel giovane. Non riusciva a spiegarselo, non lo conosceva, non gli aveva mai parlato, eppure sapeva che era buono, lo sentiva.

Sciocchezze, devo essere completamente impazzita a sentirmi attratta da lui. Giovanni, non so nulla di te, non so nemmeno com’è la tua voce, non so nemmeno di che colore sono i tuoi occhi… pensò mentre gli scostava una ciocca di capelli dal viso rilassato in quello che sembrava essere un sonno profondo.

Gli rimboccò le coperte e mentre lo faceva lui si mosse. In un lampo le tornarono in mente le parole che sua madre le aveva detto tanti anni prima, quando lei, poco più che ragazzina, diffidava ancora dei propri poteri.

Aicha, non chiederti sempre il perché delle cose, non essere sempre scettica. Devi imparare a fidarti del tuo istinto e del destino. Non ti porteranno mai sulla strada sbagliata, non dubitarne.

Sua madre, Giuditta, era molto diversa da lei. Una donna forte e serena, che confidava nelle proprie capacità. Aicha sorrise ripensando al suo aspetto: con i capelli ramati, la pelle candida e gli occhi grigi, così diversa da lei, non sembrava neanche sua madre. Sempre avvolta in vestiti di seta e broccato, alta e snella, dotata di grande fascino, era stata ammirata dagli uomini, veneziani e non, e invidiata dalle donne.

Lei, Aicha, non le somigliava per nulla; minuta e bruna, con la carnagione olivastra e i capelli scuri. Aveva preso tutto, fuorché la bassa statura, da suo padre, nobile napoletano discendente da una ricca famiglia francese. Alto, moro e affascinante, aveva conquistato sua madre con la musica.

La giovane si perse in uno dei suoi ultimi ricordi felici, prima che succedesse tutto.

La casa era sempre uguale. Una bellissima villa, non troppo grande perché ai suoi genitori non piacevano le dimore troppo dispersive, con un giardino delizioso.

A lei piacevano soprattutto il pergolato di glicine, sotto cui tutti insieme facevano colazione, e dove nelle giornate abbastanza calde  si riunivano per cenare, e l’agrumeto. Passare sotto quegli alberi solidi le dava sicurezza, mentre respirava a pieni polmoni il profumo dei frutti che maturavano sui rami mossi dalla brezza marina.

Ogni volta per lei il viaggio in nave era un’avventura. Si divertiva a stare sul ponte a guardare incantata le onde che s’infrangevano sulla prua della nave, amava immaginare che oltre l’orizzonte ci fossero terre nuove ed inesplorate.

Ogni volta suo padre le raccontava storie di pirati e principesse, e lei lo guardava estasiata immaginando arrembaggi e combattimenti.

E ogni volta che sbarcavano a Napoli i suoni, i colori e gli odori del porto riempivano i suoi sensi, stupendola come la prima volta che vi aveva messo piede.

Quell’estate lei aveva compiuto da poco dieci anni, e come sempre era scesa dalla nave con entusiasmo.

-Ti ricordi la promessa che ti ho fatto l’anno scorso?- le aveva chiesto suo padre sorridendole.

Promessa, promessa… ma certo!

-Avevi detto che mi avresti comprato un cavallo!- aveva esclamato lei entusiasta.

-E indovina un po’ per chi è quel purosangue bianco?- aveva continuato lui indicando uno splendido cavallo portato da un ragazzo.

-Grazie papà! È bellissimo!-  aveva praticamente gridato abbracciandolo.

Si, quell’estate sarebbe stata perfetta.

Non immaginava assolutamente che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto Napoli con la sua famiglia.

Aicha si riscosse dai suoi pensieri quando sentì una voce maschile alle proprie spalle.

-Dove mi trovo? Che è successo?-

La ragazza si voltò e affogò nelle profondità di due occhi neri come l’onice.

Giovanni si era svegliato, e si era faticosamente messo sedere sul letto.

 

Elisabetta si alzò di scatto dal letto quando sentì la chiave nella toppa girare.

Ormai era lì da tre giorni. Tra giorni chiusa in quella camera. Prigioniera.

Il misterioso visitatore si rivelò essere il cardinale.

Finalmente si presentava in tutto il suo splendore: la veste rossa, la croce d’oro. Portava i capelli grigi raccolti in una coda e gli occhi innaturalmente chiari brillavano come due fiammelle color del ghiaccio.

-Che cosa volete da me?- la voce di Elisabetta uscì brusca e roca per la paura.

-Ma come siamo gentili oggi- osservò il religioso in tono mellifluo sorridendo maligno –dimmi, per caso Daniele e Gustavo ti hanno fatto mancare qualcosa? Penserò io a rimproverarli- i suoi denti candidi e perfetti scintillarono mentre il suo ghigno si allargava, diventando quasi bestiale.

Sembravano incredibilmente affilati, come quelli di un predatore. Inquietanti, com’era inquietante il fatto che un uomo che ormai doveva essere sulla sessantina avesse dei denti così… impeccabili.

-No, non mi hanno fatto mancare nulla- rispose lei. In effetti era così, Daniele e Gustavo si erano alternati nel portarle pasti abbondanti, e l’avevano persino accompagnata a lavarsi una volta al giorno, restando dietro la porta.

-Bene. Comunque, cara la mia fanciulla, da te io non voglio nulla- a parte il tuo sangue –voglio capire chi è questo vampiro che minaccia il mio potere su Venezia. Voglio che venga qui per salvarti- ormai a che serviva tenere il segreto? L’avrebbe uccisa, nessuno avrebbe mai saputo.

-E che farete se verrà? Lo ucciderete?- domandò Elisabetta, ora decisamente spaventata e preoccupata.

-Naturalmente. D’altronde la città è troppo piccola per due creature delle tenebre, non credi? E non provare a dirlo a Daniele e Gustavo, il primo non ti crederebbe, il secondo lo sa già- disse l’uomo di fronte all’espressione orripilata della ragazza.

Le si avvicinò, ghignando perché lei si ritrasse, finendo contro il muro, senza via d’uscita.

Prese una ciocca di capelli tra due dita e ne inspirò il profumo, chiudendo gli occhi.

-Non preoccuparti ragazzina, io non ti farò nulla, per ora- disse a voce bassa, sfiorandole una guancia con un dito freddo –sarebbe un peccato far appassire un fiore così bello- di nuovo quel ghigno.

Elisabetta sentì un moto di rabbia salirle dal profondo ed esplodere.

-Voi siete un mostro! Lasciatemi, lasciatemi andare! Io lo amo, e preferisco morire piuttosto che fare da esca per il vostro piano- urlò la giovane buttandoglisi addosso, tempestando di pugni un petto duro come la pietra. Il cardinale scoppiò a ridere sotto quei colpi che per lui erano lievi come piume. Ma il suo ghigno divenne un ringhio quando Elisabetta lo graffiò aprendogli tre tagli nella guancia.

Le afferrò i polsi senza difficoltà con una mano, con l’altra le tirò un potente schiaffo che la stordì.

-Bene- esclamò con il respiro affannato –visto che trattarti con gentilezza non serve a nulla… Daniele!- chiamò.

-Sì, padrone?- rispose il più giovane, precipitatosi al piano di sopra per il trambusto.

-Volevi la ragazza? Eccola, prendila! Fa’ quello che vuoi di lei! È tutta tua!- disse il religioso forte, quasi urlando. Poi si passò una mano sulla guancia e si leccò via il sangue dalle dita. Infine se ne andò, lasciandoli soli.

Daniele si trovò a guardare Elisabetta, semisvenuta sul letto, con desiderio crescente.

La ragazza, con lo sguardo appannato dalle lacrime, vide una figura incombere su di lei. E voltò il viso di lato, chiudendo gli occhi.


In quel momento Alexandros aprì gli occhi, con la certezza di sapere dov’era Betta, e con la certezza che la sua amata era in pericolo.

Resisti amore, sto arrivando.

Corse più veloce che mai.

 

Angolo autrice scrittrice dispersa

Ciao topi :)

Comincio prostrandomi un milione di volte per chiedervi scusa, ma non mi piaceva come era venuto il  capitolo (e a essere sincera non mi convince molto neanche ora ç.ç)

Coooomunque, so che gente di mia conoscenza sarà dispiaciuta dal fatto che il nostro caro Alekos compare solo nelle ultime due righe (e non faccio nomi, chi deve intendere intenda!!) ma dovevo fare così per la suspense, e tranquilli, mi rifarò nel prossimo capitolo!!

Un grazie immenso a chi recensisce, a chi ha messo la storia tra la preferite e chi la segue.

Elena

 

 

 

  
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