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Autore: Lacus Clyne    03/07/2013    4 recensioni
"Cominciò con un incubo. Un incubo tornato dalle profondità dell’anima in cui avevo cercato di relegarlo innumerevoli volte, da quando ne ho memoria." Per Aurore Kensington i sogni si trasformano in incubi sin da quando era una bambina. Sempre lo stesso incubo, sempre la voce gentile del fratello Evan a ridestarla. Finchè un giorno l'incubo cambia forma, diventando reale. Aurore è costretta a fare i conti con un mondo improvvisamente sconosciuto in cui la realtà che le sembrava di conoscere si rivela essere una menzogna. Maschere, silenzi, un mistero dopo l'altro, fino al momento in cui il suo adorato fratello Evan e la loro mamma scompaiono nel nulla...
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! *----* Capitoletto breve breve! <3 Che poi, pensandoci, si tratta più di paragrafi... o_O Mandando un grande abbraccio a Taiga-chan... <3 Buona lettura!! >_<<3 E ovviamente, se volete commentare, fate pure!! >_<

 

 

 

Wiesen. Un tempo si diceva che fosse il luogo in cui nascevano i corsi d’acqua dell’Underworld. Rispetto a Shelton, che brulicava di vegetazione, Wiesen era ricca di laghi, bacini e fiumi, molti dei quali davano origine a meravigliose cascate e a prodigiosi giochi d’acqua. Era lì che veniva prodotta gran parte dell’energia utilizzata nell’Underworld, ed era nella capitale, Boer, che eravamo arrivati dopo un giorno intero di viaggio. Avevo sentito diversi mercanti parlare del canale di Boer, che tagliava la città in due isole. Era una bella città, diversa da Karelia, la capitale di Shelton, le cui strutture marmoree erano imponenti. Boer era più piccola, più luminosa, con abitazioni più proporzionate e palazzi antichi dai colori vividi e dai lunghi colonnati.

- Mi ricorda Venezia…

Mormorai, osservando le imbarcazioni che solcavano il canale.

- Venezia?

Mi domandò Leandrus, incuriosito. Era bello riuscire a suscitare la sua attenzione. Mi ricordava la curiosità dei miei nuovi compagni di classe quando arrivavo in una nuova scuola.

- E’ una città che ho visto durante i miei viaggi. Ci sono dei canali che la attraversano e la gente si sposta utilizzando le gondole.

- Ci sei mai salita?

Chiese Damien.

- Sì, insieme alla mamma. Evan si era rifiutato, soffriva il mal di mare.

Sorrisi nel ricordare quella scena. La mamma mi aveva abbracciata forte, e mentre il gondoliere si allontanava dal molo, Evan ci salutava con la mano. Sorrideva anche lui, ed era bellissimo. Passando sotto al ponte dei Sospiri, la mamma mi aveva baciato in fronte, spiegandomi che secondo una leggenda, chi si baciava al passaggio, sarebbe stato benedetto dall’amore eterno. Arrossii al pensarci nuovamente, soprattutto quando vidi un ponte sotto di noi, e una barca che trasportava una giovane coppia in abiti nuziali.

- Oh, beati loro.

Commentò Leandrus, con un sorrisetto sghembo.

- Già…

Sussurrai, scoprendomi a lanciare una timida quanto imbarazzata occhiata verso Damien, che si guardava intorno. Fortunatamente, non si era accorto della scena, ma il ricordo del giorno precedente nella locanda e successivamente fuori, era davvero forte, e più di quanto volessi, tornava a farsi sentire.

- Guardate!

Esclamò, indicando un gruppo di persone con dei lunghi mantelli scuri che entravano in un palazzo poco lontano. Erano le guardie della Croix du Lac, che potevo riconoscere dalle maschere sul volto. Guardai il palazzo, che probabilmente doveva essere una residenza nobiliare.

- Non possiamo avvicinarci oltre, Warren.

Disse Leandrus, improvvisamente serio.

- Lo so. Lo so bene, ma devo sapere se c’è Jamie lì in mezzo.

- Se ci mischiassimo alla popolazione forse riusciremmo ad avvicinarci, no?

Proposi.

- E’ il palazzo della famiglia Devereaux quello. E’ escluso.

- La famiglia Devereaux? Quindi… lì potrebbe esserci Livia Devereaux?

- La Lady del lapislazzuli, sì. Ma per quanto ne so, non alloggia spesso in città.

Spiegò Leandrus.

Mentre cercavamo una soluzione al problema, e Damien scalpitava all’idea che il suo fratellino potesse essere molto più vicino a lui di quanto lo era stato finora, fummo sorpresi dall’andirivieni di carrozze dirette alla residenza e dal vociare crescente per strada. Scendemmo a terra, e prestando attenzione al susseguirsi di voci, scoprimmo che quella sera era in previsione un ballo in maschera a palazzo.

- Il ballo del Doge!

Esclamai. Damien e Leandrus mi guardarono perplessi.

- Scusate, ho sempre sognato di parteciparci…

Leandrus sospirò.

- Non so a cosa tu ti riferisca, ma è escluso che ci partecipiamo. Lì dentro sarà pieno di guardie imperiali e di nobili del posto, dunque, come pensi anche solo di potervi entrare, soprattutto dal momento che non abbiamo inviti né possiamo esporci?

Aveva ragione. Eppure, avevo la soluzione a portata di mano.

- Potremmo parteciparvici come parte della servitù.

I due ragazzi si guardarono tra loro. Ok, pessima idea.

- E’ un’idea suicida…

- Ma al momento è l’unica così folle da poterci essere utile.

Disse Damien.

- Potete scordarvelo. E comunque, come ho già detto, non faremo niente senza la consultazione di Blaez.

Ci smontò Leandrus, incrociando le braccia. Sembrava pronto allo sciopero con quella posa. Tuttavia, Damien fu più convincente, avanzando una controproposta.

- Aurore e io cercheremo mio fratello mentre tu contatterai Blaez. Capisco che per te sia pericoloso, e credimi, sarei il primo a oppormi se non fosse una questione così importante e avessi quest’unica possibilità. Jamie è un bambino, e ha solo me. Faresti lo stesso se tu avessi un fratello.

Leandrus studiò la sua espressione ferma, rivolgendogli uno sguardo scettico che mi scoraggiava non poco, poi a sorpresa, acconsentì.

- Grazie!

Esclamai, facendo un saltello.

- Tuttavia, ricordate che le tre guardie vi hanno visto. Inoltre, Warren, hai preso in considerazione l’idea che possa esserci anche tuo padre?

Damien si irrigidì di colpo. Non l’aveva certamente considerata, né l’avevo fatta io, in effetti.

- Non ha importanza.

- Lo avrà se verrete smascherati.

- Non accadrà. E se dovesse, beh, allora puoi stare tranquillo. Né io né Aurore esporremo te, Blaez e chiunque altro.

Leandrus scosse la testa.

- Non è per questo. O almeno, non soltanto. Se dovesse accadervi qualcosa mentre siete sotto la mia responsabilità, Blaez mi torturerà. Sapete che adora gli attrezzi di tortura? Ci tengo alla pelle, io.

Ero davvero shockata per il tono con cui Leandrus aveva espresso la sua paura, anche se l’idea di Blaez che lo torturava mi solleticava non poco. Ma quello che mi stupì maggiormente fu la faccia di Damien in quell’occasione. Se l’avevo visto sempre disinteressato nei confronti di Blaez Vanbrugh, vidi per la prima volta il suo sguardo illuminarsi al sentire parlare di lui.

- Damien, tu…

Damien mi guardò.

- Blaez comincia seriamente a piacermi.

Deglutii. Leandrus si fece indietro di qualche passo.

- E poi ti chiedi perché ti chiamano despota.

Sospirai, voltandomi a guardare il palazzo Devereaux.

Poco dopo, Leandrus ci illustrò come accedere alle cucine, sfruttando la confusione della festa e da lì, come raggiungere le sale ai piani superiori, evitando i saloni, dove si sarebbe certamente concentrata la maggior parte degli invitati. Secondo l’accordo, ci saremmo ritrovati alle ventitré sull’ultima barriera del canale di Boer, che divideva la città come una sorta di muro perimetrale e favoriva la fuga. Niente di sconsiderato, niente che ci esponesse. Leandrus intanto avrebbe contattato Blaez e avremmo valutato il da farsi dopo esserci ricongiunti. Damien e io ci guardammo un’ultima volta. Era ora di andare. 

  
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