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Autore: Mary P_Stark    04/07/2013    8 recensioni
I vizi e le virtù di Nickolas Van Berger, magnate di prim'ordine di Los Angeles, sono noti a tutti, specialmente tra le signore più altolocate della California. Suo malgrado, però, verrà a scontrarsi con l'unica donna che non subisce il suo fascino, scelta appositamente perché non lo porti in tentazione anche sul luogo di lavoro. Questa scomoda novità porterà Nickolas a porsi più di una domanda e a scoprire quanto, in realtà, le ritrosie di Hannah Fielding, sua scrupolosa segretaria, siano affascinanti. 1^ PARTE DELLA SERIE DI "HONEY'S WORLD".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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¤Capitolo 11¤

 

 

 

 

 

“Sì è addormentata?”

La voce fioca di Phillip fece sobbalzare leggermente Nickolas che, mezzo addormentato, sgranò un momento gli occhi prima di puntarli sul viso affaticato ma tranquillo dell'afroamericano dinanzi a lui.

La giacca di pelle del giovane ingegnere penzolava dal suo braccio mentre, nella mano libera, teneva un bicchiere di caffè ancora fumante.

“Circa un'oretta fa. Stavo per crollare anch'io, in effetti” mormorò il magnate, lanciando un'occhiata alla donna al suo fianco che, tranquillamente, stava dormendo col capo appoggiato contro la sua spalla. “Vai a casa?”

“Non proprio. Mi hanno chiamato per un'urgenza in un cantiere, e devo assolutamente andare. Bran ha riposato un po', ma ora è sveglio e... beh, abbiamo parlato. A quanto pare, ha avuto un altro alterco piuttosto acceso con vostra madre ma, stavolta, pare non aver retto al colpo” ammise Phillip, fissando l'uomo con aria spiacente.

“Immaginavo che fosse successo qualcosa di simile” sbuffò Nick, irritandosi non poco. Dopo un istante, però, gli domandò: “Che diavolo è successo per averti chiamato alle tre del mattino?”

“Un casino di proporzioni bibliche, ecco cosa. E, visto che sono l’ultima ruota del carro, chiamano me, non il grande capo. Comunque, telefonerò più tardi per sentire come sta Bran” lo informò il giovane prima di vedere Hannah riscuotersi un poco dal sonno che l’aveva presa.

Biascicando un mugolio indistinto, la donna sbatté le palpebre un paio di volte, scostandosi di colpo dalla spalla di Nickolas e ridacchiando imbarazzata per poi fissarsi su Phillip con aria dubbiosa.

“Vai via?” esalò lei, mezza addormentata.

“Un'urgenza sul lavoro. Pare abbiano trovato delle condutture che non erano nei progetti, e ora sono nel panico. Ma tu perché non sei ancora andata a casa?” le domandò Phill, premuroso.

“Resto per solidarietà. E poi sono sua sorella, no? Non sembrerebbe un po' strano che proprio io me ne andassi da qui?” ironizzò lei, sbadigliando sonoramente un attimo dopo.

Il giovane sorrise dolcemente nel notare le profonde ombre sotto i suoi occhi chiari e il segno rosso su una guancia, dove era stata appoggiata fino a quel momento.

Piegandosi verso di lei, le baciò le labbra con delicatezza e mormorò: “Non stancarti troppo, honey, mi raccomando.”

“Sono forte, io, cosa credi?” ridacchiò la donna, carezzandogli una guancia con affetto. “Tu pensa al guaio che ti aspetta. A Brandon badiamo noi.”

“So che è in buone mani. Ciao” li salutò lui, andandosene con passo stanco verso gli ascensori.

Quando fu scomparso dietro una porta metallica scorrevole, Nickolas tornò a volgere lo sguardo verso la sua segretaria e le domandò: “Come mai quel nomignolo?”

Strofinandosi gli occhi per svegliarsi del tutto, lei mugugnò: “Non te lo dico. E' troppo personale.”

Levando un sopracciglio con evidente sorpresa, il magnate fissò per un istante il punto in cui era sparito Phillip prima di tornare a squadrare Hannah e, al colmo dello stupore, esalò: “Siete... siete andati a letto assieme, voi due!”

Lei lo fissò bieca e grugnì: “Che ci trovi di strano?”

“Pensavo che Phill fosse... sì, insomma... che gli fossero sempre piaciuti gli uomini, ecco cosa...” protestò debolmente Nickolas, vagamente confuso.

“Ha passato un periodo di transizione e, nel mezzo, mi ci sono piazzata io. E' stato così che abbiamo capito che potevamo essere solo amici. Ma non ti dirò da dove viene il nomignolo. Questo mai!” gli spiegò succintamente lei prima di puntargli addosso un dito con fare intimidatorio.

Il profuso rossore sulle gote di Hannah glielo fece però intuire e Nick, ghignando suo malgrado, mormorò: “Non me l'aspettavo, da te.”

Alzandosi in piedi con aria torva, lei dichiarò lapidaria: “Vado a vedere come sta tuo fratello, così calmi i bollenti spiriti... capo.”

Nickolas scoppiò a ridere sommessamente di fronte a quell'innalzarsi preventivo delle barriere e, nell'afferrarle una mano, gliela strinse con gentilezza, mormorando: “Scherzo, dai... rimani qui, vado a vedere io come sta Bran.”

“Lo so che scherzi, ma io devo tenere un certo tono con te, altrimenti te ne approfitti” ammiccò lei, ghignando al suo indirizzo con aria birichina.

Più che mai sorpreso, il magnate scosse la testa con aria esasperata e ammise: “Mi freghi sempre.”

“Conto sul fatto che questa cosa perduri” dichiarò lei, soddisfatta. “Davvero, rimani lì. Inoltre, visto che è sveglio, desidero scambiare due paroline con lui. Penso abbia le idee un po' confuse su me e Phill, se ho capito bene, e voglio chiarire subito con lui.”

“D'accordo. Aspetterò qui buono buono” assentì l’uomo.

“Non infastidire le infermiere” lo ammonì bonariamente Hannah, allontanandosi lungo il corridoio con la sua camminata spedita e atletica.

“Sì, mammina” sghignazzò lui, perdendosi in contemplazione della figura slanciata e altissima della donna. Beh, non avrebbe certo sfigurato, su una passerella, ma la preferiva di gran lunga dietro la sua scrivania, impegnata a lavorare per lui… con lui.

§§§

La porta si aprì a sorpresa e Brandon, nel veder entrare Hannah, si irrigidì immediatamente, reclinando colpevole il viso un attimo dopo.

Phillip era stato chiaro con lui, poco prima di andarsene. Tra l’amico e la ragazza non c'era assolutamente nulla, e i motivi che l'avevano portato a stare da lei esulavano da qualsiasi contesto sessuale. E, soprattutto, non erano affar suo.

La gelosia, però, bruciava ancora dentro di lui, e accettare che lei avesse dormito – e fatto sesso – con Phillip era dura da digerire.

“Stai meglio?” esordì la donna, avvicinandosi per prendere posto ove, in precedenza, si era trovato il comune amico.

Lui annuì, guardandosi intorno nervosamente prima di posare i suoi occhi chiari sul volto serio della donna che, accavallando le lunghe e nude gambe, lo squadrò con aria ombrosa e asserì: “Nickolas è qui fuori, e tra un po' lo farò entrare, ma prima volevo chiarire un paio di punti con te.”

“Phill mi ha detto che non c'è niente tra di voi, ma...” mormorò Brandon, schiarendosi la gola un paio di volte prima di proseguire stentatamente. “... è difficile. Ti ho odiata per così tanto tempo, senza conoscerti. Ho sentito il tuo nome sulle sue labbra per anni e, ogni volta, provavo un fremito. Quando ti ho vista con lui e ho capito che eri tu, ... ho perso le staffe. Sapere che, poi, ha passato più volte la notte da te, beh... puoi immaginare il resto.”

“Me ne sono accorta. Trovavo strano, infatti, che mi odiassi a priori, senza che tra noi vi fosse stato neppure un minimo contatto lavorativo” bofonchiò lei, intrecciando anche le braccia e tamburellando le dita di una mano sulla pelle liscia.

L'imbarazzo aumentò ed il giovane, divincolandosi debolmente nel letto d'ospedale, le domandò: “Dove sono?”

“In una clinica privata, sotto falso nome. Ufficialmente, sei mio fratello” ghignò Hannah, sollevando ironica un sopracciglio.

“Cosa? Ma come...?” esalò Brandon senza capire, lo sguardo perso di un cucciolo.

Tornando seria, lei sospirò e ammise: “Tuo fratello mi ha chiamata chiedendomi aiuto, ed io ho risposto. Conosco diversi dottori, in questa clinica, e nessuno aprirà bocca. Sei al sicuro dalla stampa e dai paparazzi... e anche da tua madre. Non lo sa nessuno, a parte noi, che tu sei qui.”

Passandosi nervosamente una mano tra i capelli umidicci, il giovane Van Berger mormorò spiacente: “Ho fatto un gran casino.”

“Abbastanza. Ma, soprattutto, hai ferito le due persone che più ti vogliono bene e, solo per questo, ti spaccherei volentieri la testa” precisò Hannah, senza mezzi termini. “E, visto che io e Nickolas ci conosciamo appena, e perciò non me la sento di fare l'ipocrita e farti la predica per suo conto, la farò per conto di Phillip, che io amo come un fratello. Non osare mai più farlo star male come hai fatto stanotte. Ti ama più di se stesso, e non merita un simile dolore.”

Brandon cominciava a capire cosa ci avesse visto Phillip, in lei. Era forte e tenace, pronta a tutto per difendere coloro che amava e, a quanto pareva, pronta anche a passare sopra alle personali antipatie pur di aiutare chi riteneva giusto.

“Perché hai aiutato Nicky?”

Scrollando le spalle, la donna ammise senza particolari problemi: “Lo reputo un buon capo, e penso potremo diventare anche buoni amici, se il tempo ce lo concederà. Per questo. Non certo per secondi fini.”

Brandon annuì, trovando conferma nelle sue parole a quel che, da solo, aveva già immaginato ascoltando le parole accorate di Phillip e di Nicky.

Capiva perché il fratello si trovasse tanto bene a lavorare con lei, perché suo padre ne decantasse le qualità umane, e Dreyfus la volesse nel progetto.

Era una donna con un carattere forte, che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, e che se ne infischiava dei rischi che correva nel dire esattamente ciò che pensava.

Inoltre, non usava la sua bellezza per arrampicarsi sulla vetta come tante altre avevano tentato di fare, ma piuttosto affascinava con la sua intelligenza e la sua sagacia.

Più di tutto, non aveva cercato in nessun modo di entrare nel letto di suo fratello per incastrarlo. Ed era lì per reale interesse personale, non perché stesse cercando di sfruttare in qualche modo i loro sporchi segreti.

Se non per lui, sicuramente per Phill. E forse, anche per Nicky. Sì, Hannah non era un’arrivista. Solo una brava persona.

E lui l’aveva ferita. Molto.

“Nicky mi ha detto che dovremo collaborare per il progetto Dreyfus e... pensavo che...” Tentennando, Brandon si ritrovò a tossire, il sapore della bile che gli guastò il palato. Storcendo il naso, mugugnò: “Dio, ma che mi hanno dato?”

“Lavanda gastrica. Di certo, non un Dom Perignon” celiò Hannah, imperturbabile e vagamente divertita. “Stavi dicendo?”

Lanciandole un breve sguardo interrogativo, Brandon borbottò: “Lavorerò con te, ma vorrei sapere una cosa.”

“E cioè?”

“Phill ha dormito da te perché io l'ho fatto arrabbiare?” le domandò con il terrore nella voce, gli occhi smarriti e fragili.

Hannah a quel punto gli sorrise benevola, sinceramente colpita dalla paura che covava dietro quella facciata di apparente freddezza. Quali baratri aveva intravisto, quel giovane, per tremare al solo pensiero di perdere il suo amico fidato? Il suo amore?

Quali oscurità aveva solcato, per arrivare a perdersi nei vizi pur di non scorgerne altre dinanzi a sè?

Di certo, per quanto gelido volesse apparire al mondo, in realtà covava un mare di sentimenti dirompenti, sentimenti così forti che non aveva saputo controllare a causa delle enormi insicurezze che provava.

E, di certo, non era stato aiutato dalla madre che, in pratica, lo aveva rifiutato senza possibilità alcuna di redenzione.

Capiva, almeno in parte, cosa volesse dire sentirsi così.

Allungando una mano verso di lui, Hannah afferrò le sue, strette come morse sopra il copriletto bianco e azzurro e, nel notare il suo stupore – frammisto a dubbio e paura – gli disse con onestà: “Phill era preoccupato per te, non arrabbiato. Ma non si è fermato da me per questo. Ricordi l'aggressione che abbiamo subito in ufficio, diverse settimane fa?”

Lui annuì, preferendo rimanere in silenzio per farla proseguire. “Quell'episodio ha risvegliato in me dei brutti ricordi, ricordi che non mi permettevano di dormire, così Phill è venuto da me per aiutarmi. Già una volta mi aveva aiutata a recuperare l'equilibrio, e così ha fatto anche stavolta.”

Brandon inarcò le sopracciglia con aria interrogativa prima di adombrarsi in viso e impallidire subito dopo, colto da un orrendo sospetto.

Hannah allora annuì senza dire nulla ed il giovane, lasciandosi andare ad un ansito strozzato, mormorò con voce incrinata dall’orrore: “Stupro?”

“Tentato stupro. Fa comodo avere le gambe lunghe. Arrivi a dare ginocchiate perfette e nel posto perfetto” cercò di ironizzare Hannah, pur tremando dentro.

“Nicky lo sa o...”

“Lo ha appena saputo e, più o meno, le vostre espressioni sono state identiche. Il che, se non altro, depone a favore di entrambi” sorrise la donna, lasciandogli andare lentamente le mani.

Brandon però la trattenne e, iniziando a tremare incontrollabilmente, biascicò: “Non far entrare Nicky. Non voglio che mi veda così... così a pezzi. Per favore.”

Già sul punto di dirgli di non preoccuparsi, Hannah notò le lacrime che il giovane stava tentando di trattenere con tutte le sue forze e, sconvolta, si levò in piedi per attirarlo a sé.

Cullando il suo capo contro i seni, mentre il giovane scoppiava silenziosamente a piangere, avvertì le braccia dell'uomo avvolgerla alla vita con forza, come se temesse di cadere in un baratro senza fondo.

Con voce incrinata, mormorò: “Sfogati, Brandon. Sfogati. Non ha senso lasciare tutto dentro.”

“Cosa c'è … di sbagliato... ad amarlo?” singhiozzò Brandon, ormai libero da freni inibitori. “Tu lo ami!”

“Certo, ma non è la stessa cosa. Non so cosa si provi, Brandon, perché non ho ancora trovato nessuno da amare come tu ami Phill, ma posso dirti questo. Lui merita questo amore...” sussurrò lei, poggiando la guancia sui suoi capelli e continuando a cullarlo dolcemente. “... e nessuno potrà mai dire il contrario. Come nessuno potrà mai dire che tu non meriti di essere amato come lui ama te.”

Una risata gracchiante e tagliente come mille specchi ridotti in briciole uscì dalle labbra del giovane che, con una replica al vetriolo, esalò: “Piuttosto, mia madre mi castrerebbe!”

“Non giudico chi non conosco, Brandon, perciò non so le motivazioni che l'hanno spinta a farti credere di essere in errore, ma posso dirti quello che penso io” mormorò Hannah, carezzandogli la schiena in lenti movimenti circolari. “Amare non è mai sbagliato. Farsi del male, sì. Come fare del male.”

“Mi sono odiato ogni istante...ma... non ce la facevo... dovevo...” biascicò senza freno lui, stringendo denti e palpebre con veemenza. “Ho provato a non amarlo, ma sapevo di mentire a me stesso.”

Le lacrime sembravano acido sul suo viso ma, contemporaneamente, parvero dilavare il suo animo, purificandolo.

“Le prostitute?” ipotizzò Hannah.

Lui annuì debolmente e la donna, nel sedersi sul bordo del letto, il corpo tonico e forte di Brandon sempre stretto al suo, la donna asserì gentilmente: “Ti stavi punendo per l'amore che provavi per Phill?”

“Forse. O forse tentavo di punire mia madre, che non mi permetteva di amare chi volevo. Non lo so. Ero così confuso!” Il tono era flebile, niente più di un sussurro, ma c'era così tanta rabbia, in quelle poche parole!

Era difficile credere che un uomo di quella stazza, che avrebbe potuto tranquillamente stritolarla tra le braccia, potesse apparire anche così fragile.

“E le droghe? Servivano allo stesso scopo?”

Brandon allora ridacchiò stentatamente e, nel calmarsi un poco, le domandò per contro: “Te l'ha detto Phill? O Nicky?”

“Entrambi.”

“Erano antiacidi. Ma non ho mai fatto nulla per smentire le loro ansie. Volevo che stessero in pensiero per me. Crudele, eh?” Sospirò e lentamente si lasciò andare, ora più rilassato.

“Eri confuso all'inverosimile, e hai finito con lo sfogarti sulle persone che volevano proteggerti. Abbastanza normale, direi. Anzi, pare quasi una cosa ovvia, per voi fratelli Van Berger” contestualizzò Hannah con un sorrisino, carezzandogli i capelli prima di dirgli: “Mi sa che domani te li dobbiamo lavare. Hai sudato come un maratoneta!”

Brandon allora scoppiò in una risata sommessa, spezzettata qua e là da singhiozzi incontrollati e, dopo un attimo di indecisione, la abbracciò calorosamente prima di scostarsi, tergersi il viso e mormorare: “Sai di buono. Di persona buona.

“Grazie.” Sorrise appena, trovando strano trovarsi in una stanza d'ospedale con un uomo che praticamente non conosceva ma che, in definitiva, le aveva appena messo tra le mani tutta la sua esistenza travagliata. E solo perché aveva compreso di potersi fidare di lei.

Era ben curiosa, la vita.

“Ora ti lascio riposare. Ne hai bisogno.”

Fece per scostarsi, ma lui la trattenne ancora e, arrossendo sotto lo sguardo sorpreso di Hannah, mormorò: “Posso... posso chiederti di rimanere? So che non me lo merito, e che tu non mi devi nulla, ma...”

La donna allora si sollevò completamente sul letto dopo essersi tolta le scarpette da ginnastica e, passato il braccio attorno alle spalle di Brandon, lo attirò a sé per fargli poggiare il capo nell'incavo della sua spalla, poco sopra un seno.

Brandon chiuse immediatamente gli occhi e le avvolse la vita con un braccio. Nel giro di pochi minuti si assopì come un bambino, il volto rilassato e le labbra atteggiate ad un leggero sorriso.

Fiducioso e al sicuro.

Poggiata contro i guanciali, lo sguardo rivolto al viso rasserenato del giovane, Hannah non poté fare a meno di notarne la bellezza algida, i tratti nobili, gli zigomi alti e i bei capelli lisci.

Sì, immaginava tranquillamente quante donne avesse attirato con quel volto affascinante. E quanto potesse essere stato frustrante, per lui, non essere minimamente interessato a nessuna di loro, quando il bel mondo pensava e voleva ben altro.

I dissapori con la madre lo avevano certamente esacerbato e, a complicare il tutto, il suo carattere fragile aveva completato l'opera.

Da come si stringeva a lei nel sonno, dovevano essergli capitate davvero di rado le occasioni per poter approfittare di un simile calore spontaneo.

Tremando interiormente si domandò se, nelle notti di tempesta, il Brandon bambino fosse rimasto solo e impaurito nel suo letto perché impossibilitato a raggiungere la mamma.

Un quieto bussare la ridestò da quei tristi pensieri e, quando vide comparire il capo di Nickolas oltre il battente, lo invitò silenziosamente a entrare mentre, sul volto del magnate, si dipingeva lo sconcerto più assoluto.

“Perché sei...?” iniziò col dire l’uomo, notando un attimo dopo gli occhi tristi di Hannah. “Cosa c'è?”

“Non avete mai dormito nel lettone della mamma quando c'erano i temporali, vero?” gli domandò a sorpresa lei, carezzando quasi inconsapevolmente Brandon su una spalla. Lui si mosse e la strinse ancor di più, sorridendo nel sonno.

Nickolas lo notò e, nell'accomodarsi sulla sedia accanto al letto, scosse il capo, lo sguardo torvo che percorse le due figure stese sul letto. “Bran aveva il terrore dei fulmini, da piccolo, e si rifugiava nel mio letto spesso e volentieri. La mamma, però, una volta se ne accorse e lo sgridò, urlandogli che era sciocco e puerile avere paura di qualcosa del genere, specialmente stando in una casa grande e sicura come la nostra.”

“Quando successe?”

“Aveva cinque anni” mormorò Nickolas, allungando una mano per carezzare una gamba del fratello, ricoperta dal tessuto leggero del copriletto.

Hannah sospirò, poggiando una guancia sul capo del giovane e, in un mormorio sommesso, asserì: “Vi voleva forti e sicuri di voi.”

“Anche troppo” sbuffò Nickolas. “Brandon è troppo sensibile per il suo modo di fare. Ne ha sempre sofferto molto, fin da ragazzo.”

“Anche tuo padre lo tenne lontano dal letto?” si informò lei, trovando impensabile che Andrea potesse averlo cacciato in malomodo. Non rispondeva affatto all’idea che si era fatta di lui.

Il magnate scosse il capo, mormorando tristemente: “Papà, all’epoca, era molto impegnato con l’azienda e passava anche intere settimane via per lavoro. Non capitò mai che la mamma si facesse sentire da papà a rabberciare mio fratello in quel modo.”

“E tu non te la sentisti di dirglielo” ipotizzò la donna, annuendo pensosa.

Nickolas celiò: “Fare la spia su mia madre non era esattamente il modo migliore per sopravvivere in casa.”

“E' per questo che Bran si occupa di progetti umanitari?” volle sapere a quel punto la donna, rammentando le parole di Phillip.

“Sì. Ha un gran cuore, ed è sensibile alle problematiche dei più deboli. Vi si è sempre dedicato anima e corpo e, con la scusa della pubblicità positiva all'azienda, si è sempre lanciato in imprese benefiche più o meno importanti. Ma quello che ama di più è andare in mezzo alla gente per dare il suo contributo diretto, cosa che mamma detesta” mormorò lui, storcendo il naso. “Ricordo una volta che si presentò alla villa di famiglia con ancora addosso gli abiti che aveva usato per pulire i canali aperti di una parte di Los Angeles. Lei andò fuori di testa. Lo obbligò a cambiarsi e farsi la doccia nella dependance della servitù. Lui era furioso.”

Hannah si limitò ad annuire, continuando a carezzare il braccio di Brandon con lenti movimenti ritmici e Nickolas, sorridendole gentilmente, le domandò: “Sicura di volerlo fare?”

“Sono una brava sorella che si sta prendendo cura del proprio fratellino” ironizzò lei, prima di tornare seria e aggiungere: “E' ferito Nickolas, ferito nel profondo. Non potevo, in tutta coscienza, rifiutargli il mio aiuto.”

“Non tutte le persone sarebbero del tuo stesso avviso, anzi, tutt'altro. Perciò grazie. Di tutto cuore” mormorò il magnate, reclinando ossequioso il viso.

Detto ciò, si levò per raggiungere il mobile dove avevano messo gli abiti di Brandon e, dopo aver curiosato al suo interno, ne estrasse un pannetto leggero che distese sul corpo di Hannah.

Lei gli sorrise grata e Nickolas, nello strizzarle un occhio, celiò: “Non è giusto, però, che sia mio fratello a dormire con te. Lui non ne trarrà alcun godimento.”

La donna ridacchiò sommessamente e, indicata la poltrona reclinabile, asserì: “Dormi, che è meglio. Stai iniziando a straparlare.”

Nick scrollò le spalle noncurante e si allungò sulla poltrona, incrociando braccia e caviglie prima di chiudere gli occhi. A bassa voce, sussurrò: “Buonanotte, Hannah.”

“A te, Nickolas.”

§§§

Avvertiva un buon profumo di miele, la morbidezza tipica di un corpo femminile e tanto, tanto calore, non solo corporeo.

Fini capelli gli stavano carezzando il viso, e un respiro sommesso si univa al suo in una delicata sinfonia che lo portò a svegliarsi debolmente, confuso e stordito.

Lentamente, mosse una mano su quel corpo caldo per abbracciarlo con gratitudine. Quando però, una voce stranamente familiare e vagamente ironica, lo metteva al corrente di chi vi fosse al suo fianco, Bran si bloccò di colpo.

Levate immediatamente le palpebre, si ritrovò addosso due pezzetti di ghiaccio brillante e che, in un solo attimo, gli fecero tornare alla mente gli eventi di quelle ultime ventiquattro ore.

E del perché, in quel momento, si trovasse nel letto assieme a una donna.

E soprattutto, a quella donna in particolare.

Un profuso rossore si allargò sul suo viso raggiungendo anche le orecchie e Hannah, sorridendogli divertita, si scostò un poco da lui e asserì: “Sbaglierò, ma pensavi ci fosse qualcun altro, qui accanto a te.”

“Scusa, Hannah... scusa...” biascicò lui, sempre più imbarazzato.

Sistematosi in fretta a distanza di sicurezza, il sentore del suo profumo ancora nelle nari come la sensazione del suo seno contro il viso, Brandon la fissò al massimo della contrizione prima di notare i suoi capelli in disordine e la sua aria insonnolita.

Era … dolce.

Lei, che in casi normali era sempre impeccabile, perfetta e mai fuori posto, ora appariva come una bambina appena riemersa dal mondo dei sogni, con la bocca leggermente imbronciata e le guance rosee.

Sorridendo suo malgrado, Brandon chiosò: “Ora so perché ti chiama honey.”

“Come?” borbottò lei, accigliandosi immediatamente e recuperando, in un attimo, il suo contegno abituale nonostante i capelli spettinati.

Lui allargò il suo sorriso e mormorò: “Scioccamente, pensavo di trovarmi tra le braccia di mamma… pensavo di essere tornato bambino, e che lei mi stesse tenendo stretto per farmi passare la paura dei temporali. Avrei dovuto capire di stare solo sognando, visto che non è mai successo.”

“Oh, Brandon…” sospirò spiacente Hannah, perdendo di colpo il proprio cipiglio.

Notando solo in quel momento Nickolas ancora addormentato sulla poltrona, il viso stanco e un accenno di barba sulle guance, il giovane sorrise contrito.

Non doveva aver passato una nottata molto comoda, su quella poltrona, alto com'era. Ma era lì per lui, come sempre.

Scesa dal letto che fu, Hannah si stiracchiò le lunghe membra e, nel controllare il cellulare, sorrise e asserì: “Phill arriverà intorno a mezzogiorno. Gli dirò che stai meglio.”

“Grazie” mormorò il giovane, scrutando il fratello con espressione grata.

Nickolas, in quel mentre, si stiracchiò con un mugolio assonnato e sollevò stanco le palpebre, fissando stranito Hannah per alcuni attimi prima di illuminarsi in volto, come ricordando di colpo ciò che era avvenuto.

Il suo viso, immediatamente, si spostò verso Brandon e un lento sorriso sorse a illuminarlo mentre la sua voce, pur insonnolita, lo accarezzò gentilmente dicendo: “Ehi, fratellino. Tutto bene, ora?”

“Sto meglio, sì” annuì il giovane sorridendo poi a Hannah, che scrollò noncurante le spalle, sminuendo con quel gesto ciò che lei aveva fatto per lui quella notte.

“Vado a prendere un caffè e qualche porcheria alla macchinetta. Hai delle preferenze?” domandò la donna, rivolgendosi a Nickolas.

“Preferirei fare una colazione normale, onestamente” mugugnò lui, levandosi in piedi con mille dolori diversi a punzecchiargli i muscoli.

Scettica, Hannah si guardò un momento prima di asserire: “Non mi farò mai e poi mai vedere con te, la domenica mattina, conciata a questo modo. Non oso neppure pensare a cosa potrebbero scrivere sui giornali.”

“Non ho i paparazzi perennemente incollati alle calcagna, Hannah” replicò scocciato Nickolas, pur ammettendo che la donna aveva ragione.

Non era difficile ritrovarli nei posti più impensati, e la mise della sua segretaria non era esattamente delle migliori, per farsi vedere assieme. Per lo meno, non senza scatenare mille e più illazioni.

“Siamo nella parte sbagliata della città, Nickolas. Anzi, se proprio vogliamo essere onesti, dovresti scendere e allontanare la tua auto dalla clinica” precisò la donna, accigliandosi leggermente.

“Tranquilla. E' parcheggiata a due isolati distanza, in un angolo piuttosto riparato. Non penso proprio che ci sia qualcuno in giro che controlla tutte  le targhe di tutte  le BMW che si trovano a Los Angeles” la rassicurò il magnate, sbadigliando sonoramente.

“La sostanza non cambia. Non esco con te in pantaloncini corti e camiciola” brontolò lei, adombrandosi in viso e fissandolo burbera.

“E se fossi vestita bene, ci usciresti con me?” ironizzò Nickolas, ridacchiando suo malgrado.

“Oooh... non ti rispondo neanche” sbuffò Hannah, infilando rabbiosamente il cellulare nella tasca del marsupio.

Brandon ridacchiò di fronte a quello scherzoso battibecco e, intervenendo, disse: “Io sto bene, perciò potete andare. Qui si prenderanno cura di me anche senza voi due a star loro addosso. Portala alla villa e offrile una colazione decente, Nicky.”

“Buona idea, Bran. Sicuro, però, di voler rimanere da solo?” assentì dubbioso il fratello maggiore, restio ad abbandonare il fratellino dopo quello che aveva appena passato.

“Ho ricevuto una buona dose di calore umano, stanotte” sorrise Brandon ammiccando a Hannah, che lo squadrò con aria birichina.

“Cosa davvero ingiusta, tra le altre cose, ma fa lo stesso. Mi accontenterò di fare colazione con lei” scrollò le spalle Nickolas, ghignando.

“Ma... non sarà un po' rischioso andare lì? E tua madre che dirà?” protestò debolmente la donna.

“La mia villa di Malibù. Bran intendeva quella” specificò Nickolas. “Tranquilla. La mia auto ha i vetri oscurati e, per evitare problemi, tu salirai sul sedile posteriore, da vera VIP.”

“Non si può semplicemente evitare e basta?” ironizzò lei, ghignando senza troppe speranze.

I due fratelli scossero all'unisono il capo e Hannah, rassegnata, mugugnò: “E va bene. Vai a prendere quella benedetta auto. Io scenderò subito dopo.”

“Brava ragazza” sghignazzò Nickolas prima di avvicinarsi al fratello, abbracciarlo rapidamente e mormorare: “Non fare più follie simili, o ci penserò io ad ammazzarti.”

“Andata” assentì Brandon, guardandolo andare via.

Rimasto solo con Hannah, il giovane le allungò una mano per farla avvicinare e, con tono solo vagamente tremulo, asserì: “Ciò che hai fatto per me, io non lo dimenticherò mai, Hannah, te lo giuro. Se mai avrai bisogno di qualcosa, conta pure su di me.”

“Rendi felice Phillip. Mi basta questo” replicò lei, pur apprezzando le sue parole.

“Ti terrò comunque in serbo un bonus” ammiccò lui, sfiorandole il dorso della mano con un bacio.

Hannah non lo ritenne neppure per un attimo un gesto stupido, o un’esagerazione. C'era una profonda ammirazione, in quel breve bacio, un ringraziamento che partiva dal cuore e che voleva sfiorare il suo, un accorato desiderio di farle capire quanto avesse apprezzato il suo aiuto.

Gli sorrise, si chinò a baciarlo sulla fronte e, dopo un saluto con la mano, uscì a sua volta.

 

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N.d.A.: Chi vuole abbracciare Brandon assieme a me? ;-)

  
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