¤Capitolo
11¤
“Sì è addormentata?”
La voce fioca di Phillip fece
sobbalzare leggermente Nickolas che, mezzo addormentato, sgranò un momento gli
occhi prima di puntarli sul viso affaticato ma tranquillo dell'afroamericano
dinanzi a lui.
La giacca di pelle del giovane
ingegnere penzolava dal suo braccio mentre, nella mano libera, teneva un
bicchiere di caffè ancora fumante.
“Circa un'oretta fa. Stavo per
crollare anch'io, in effetti” mormorò il magnate, lanciando un'occhiata alla
donna al suo fianco che, tranquillamente, stava dormendo col capo appoggiato
contro la sua spalla. “Vai a casa?”
“Non proprio. Mi hanno chiamato per
un'urgenza in un cantiere, e devo assolutamente andare. Bran ha riposato
un po', ma ora è sveglio e... beh, abbiamo parlato. A quanto pare, ha avuto un
altro alterco piuttosto acceso con vostra madre ma, stavolta, pare non aver
retto al colpo” ammise Phillip, fissando l'uomo con aria spiacente.
“Immaginavo che fosse successo
qualcosa di simile” sbuffò Nick, irritandosi non poco. Dopo un istante, però,
gli domandò: “Che diavolo è successo per averti chiamato alle tre del mattino?”
“Un casino di proporzioni bibliche,
ecco cosa. E, visto che sono l’ultima ruota del carro, chiamano me, non il
grande capo. Comunque, telefonerò più tardi per sentire come sta Bran” lo
informò il giovane prima di vedere Hannah riscuotersi un poco dal sonno che
l’aveva presa.
Biascicando un mugolio indistinto, la
donna sbatté le palpebre un paio di volte, scostandosi di colpo dalla spalla di
Nickolas e ridacchiando imbarazzata per poi fissarsi su Phillip con aria
dubbiosa.
“Vai via?” esalò lei, mezza
addormentata.
“Un'urgenza sul lavoro. Pare abbiano
trovato delle condutture che non erano nei progetti, e ora sono nel panico. Ma
tu perché non sei ancora andata a casa?” le domandò Phill, premuroso.
“Resto per solidarietà. E poi sono sua
sorella, no? Non sembrerebbe un po' strano che proprio io me ne andassi da
qui?” ironizzò lei, sbadigliando sonoramente un attimo dopo.
Il giovane sorrise dolcemente nel
notare le profonde ombre sotto i suoi occhi chiari e il segno rosso su una
guancia, dove era stata appoggiata fino a quel momento.
Piegandosi verso di lei, le baciò le
labbra con delicatezza e mormorò: “Non stancarti troppo, honey, mi raccomando.”
“Sono forte, io, cosa credi?”
ridacchiò la donna, carezzandogli una guancia con affetto. “Tu pensa al guaio
che ti aspetta. A Brandon badiamo noi.”
“So che è in buone mani. Ciao” li
salutò lui, andandosene con passo stanco verso gli ascensori.
Quando fu scomparso dietro una porta
metallica scorrevole, Nickolas tornò a volgere lo sguardo verso la sua
segretaria e le domandò: “Come mai quel nomignolo?”
Strofinandosi gli occhi per svegliarsi
del tutto, lei mugugnò: “Non te lo dico. E' troppo personale.”
Levando un sopracciglio con evidente
sorpresa, il magnate fissò per un istante il punto in cui era sparito Phillip
prima di tornare a squadrare Hannah e, al colmo dello stupore, esalò: “Siete...
siete andati a letto assieme, voi due!”
Lei lo fissò bieca e grugnì: “Che ci
trovi di strano?”
“Pensavo che Phill fosse... sì,
insomma... che gli fossero sempre piaciuti gli uomini, ecco cosa...”
protestò debolmente Nickolas, vagamente confuso.
“Ha passato un periodo di transizione
e, nel mezzo, mi ci sono piazzata io. E' stato così che abbiamo capito che
potevamo essere solo amici. Ma non ti dirò da dove viene il nomignolo.
Questo mai!” gli spiegò succintamente lei prima di puntargli addosso un dito
con fare intimidatorio.
Il profuso rossore sulle gote di Hannah
glielo fece però intuire e Nick, ghignando suo malgrado, mormorò: “Non me
l'aspettavo, da te.”
Alzandosi in piedi con aria torva, lei
dichiarò lapidaria: “Vado a vedere come sta tuo fratello, così calmi i bollenti
spiriti... capo.”
Nickolas scoppiò a ridere
sommessamente di fronte a quell'innalzarsi preventivo delle barriere e,
nell'afferrarle una mano, gliela strinse con gentilezza, mormorando: “Scherzo,
dai... rimani qui, vado a vedere io come sta Bran.”
“Lo so che scherzi, ma io devo tenere
un certo tono con te, altrimenti te ne approfitti” ammiccò lei, ghignando al
suo indirizzo con aria birichina.
Più che mai sorpreso, il magnate
scosse la testa con aria esasperata e ammise: “Mi freghi sempre.”
“Conto sul fatto che questa cosa
perduri” dichiarò lei, soddisfatta. “Davvero, rimani lì. Inoltre, visto che è
sveglio, desidero scambiare due paroline con lui. Penso abbia le idee un po'
confuse su me e Phill, se ho capito bene, e voglio chiarire subito con lui.”
“D'accordo. Aspetterò qui buono buono”
assentì l’uomo.
“Non infastidire le infermiere” lo
ammonì bonariamente Hannah, allontanandosi lungo il corridoio con la sua
camminata spedita e atletica.
“Sì, mammina” sghignazzò lui, perdendosi
in contemplazione della figura slanciata e altissima della donna. Beh, non
avrebbe certo sfigurato, su una passerella, ma la preferiva di gran lunga
dietro la sua scrivania, impegnata a lavorare per lui… con lui.
§§§
La porta si aprì a sorpresa e Brandon,
nel veder entrare Hannah, si irrigidì immediatamente, reclinando colpevole il
viso un attimo dopo.
Phillip era stato chiaro con lui, poco
prima di andarsene. Tra l’amico e la ragazza non c'era assolutamente nulla, e i
motivi che l'avevano portato a stare da lei esulavano da qualsiasi contesto
sessuale. E, soprattutto, non erano affar suo.
La gelosia, però, bruciava ancora
dentro di lui, e accettare che lei avesse dormito – e fatto sesso – con Phillip
era dura da digerire.
“Stai meglio?” esordì la donna,
avvicinandosi per prendere posto ove, in precedenza, si era trovato il comune
amico.
Lui annuì, guardandosi intorno
nervosamente prima di posare i suoi occhi chiari sul volto serio della donna
che, accavallando le lunghe e nude gambe, lo squadrò con aria ombrosa e asserì:
“Nickolas è qui fuori, e tra un po' lo farò entrare, ma prima volevo chiarire
un paio di punti con te.”
“Phill mi ha detto che non c'è niente
tra di voi, ma...” mormorò Brandon, schiarendosi la gola un paio di volte prima
di proseguire stentatamente. “... è difficile. Ti ho odiata per così tanto
tempo, senza conoscerti. Ho sentito il tuo nome sulle sue labbra per anni e,
ogni volta, provavo un fremito. Quando ti ho vista con lui e ho capito che eri tu, ... ho perso le staffe. Sapere che,
poi, ha passato più volte la notte da te, beh... puoi immaginare il resto.”
“Me ne sono accorta. Trovavo strano,
infatti, che mi odiassi a priori, senza che tra noi vi fosse stato neppure un
minimo contatto lavorativo” bofonchiò lei, intrecciando anche le braccia e
tamburellando le dita di una mano sulla pelle liscia.
L'imbarazzo aumentò ed il giovane,
divincolandosi debolmente nel letto d'ospedale, le domandò: “Dove sono?”
“In una clinica privata, sotto falso
nome. Ufficialmente, sei mio fratello” ghignò Hannah, sollevando ironica un
sopracciglio.
“Cosa? Ma come...?” esalò Brandon
senza capire, lo sguardo perso di un cucciolo.
Tornando seria, lei sospirò e ammise:
“Tuo fratello mi ha chiamata chiedendomi aiuto, ed io ho risposto. Conosco
diversi dottori, in questa clinica, e nessuno aprirà bocca. Sei al sicuro dalla
stampa e dai paparazzi... e anche da tua madre. Non lo sa nessuno, a parte noi,
che tu sei qui.”
Passandosi nervosamente una mano tra i
capelli umidicci, il giovane Van Berger mormorò spiacente: “Ho fatto un gran
casino.”
“Abbastanza. Ma, soprattutto, hai
ferito le due persone che più ti vogliono bene e, solo per questo, ti
spaccherei volentieri la testa” precisò Hannah, senza mezzi termini. “E, visto
che io e Nickolas ci conosciamo appena, e perciò non me la sento di fare
l'ipocrita e farti la predica per suo conto, la farò per conto di Phillip, che
io amo come un fratello. Non osare mai più farlo star male come hai
fatto stanotte. Ti ama più di se stesso, e non merita un simile dolore.”
Brandon cominciava a capire cosa ci
avesse visto Phillip, in lei. Era forte e tenace, pronta a tutto per difendere
coloro che amava e, a quanto pareva, pronta anche a passare sopra alle
personali antipatie pur di aiutare chi riteneva giusto.
“Perché hai aiutato Nicky?”
Scrollando le spalle, la donna ammise senza
particolari problemi: “Lo reputo un buon capo, e penso potremo diventare anche
buoni amici, se il tempo ce lo concederà. Per questo. Non certo per secondi
fini.”
Brandon annuì, trovando conferma nelle
sue parole a quel che, da solo, aveva già immaginato ascoltando le parole accorate
di Phillip e di Nicky.
Capiva perché il fratello si trovasse
tanto bene a lavorare con lei, perché suo padre ne decantasse le qualità umane,
e Dreyfus la volesse nel progetto.
Era una donna con un carattere forte,
che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, e che se ne infischiava
dei rischi che correva nel dire esattamente ciò che pensava.
Inoltre, non usava la sua bellezza per
arrampicarsi sulla vetta come tante altre avevano tentato di fare, ma piuttosto
affascinava con la sua intelligenza e la sua sagacia.
Più di tutto, non aveva cercato in
nessun modo di entrare nel letto di suo fratello per incastrarlo. Ed era lì per
reale interesse personale, non perché stesse cercando di sfruttare in qualche
modo i loro sporchi segreti.
Se non per lui, sicuramente per Phill.
E forse, anche per Nicky. Sì, Hannah non era un’arrivista. Solo una brava
persona.
E lui l’aveva ferita. Molto.
“Nicky mi ha detto che dovremo
collaborare per il progetto Dreyfus e... pensavo che...” Tentennando, Brandon
si ritrovò a tossire, il sapore della bile che gli guastò il palato. Storcendo
il naso, mugugnò: “Dio, ma che mi hanno dato?”
“Lavanda gastrica. Di certo, non un
Dom Perignon” celiò Hannah, imperturbabile e vagamente divertita. “Stavi
dicendo?”
Lanciandole un breve sguardo
interrogativo, Brandon borbottò: “Lavorerò con te, ma vorrei sapere una cosa.”
“E cioè?”
“Phill ha dormito da te perché io l'ho
fatto arrabbiare?” le domandò con il terrore nella voce, gli occhi smarriti e
fragili.
Hannah a quel punto gli sorrise benevola,
sinceramente colpita dalla paura che covava dietro quella facciata di apparente
freddezza. Quali baratri aveva intravisto, quel giovane, per tremare al solo
pensiero di perdere il suo amico fidato? Il suo amore?
Quali oscurità aveva solcato, per arrivare
a perdersi nei vizi pur di non scorgerne altre dinanzi a sè?
Di certo, per quanto gelido volesse
apparire al mondo, in realtà covava un mare di sentimenti dirompenti,
sentimenti così forti che non aveva saputo controllare a causa delle enormi
insicurezze che provava.
E, di certo, non era stato aiutato
dalla madre che, in pratica, lo aveva rifiutato senza possibilità alcuna di
redenzione.
Capiva, almeno in parte, cosa volesse
dire sentirsi così.
Allungando una mano verso di lui,
Hannah afferrò le sue, strette come morse sopra il copriletto bianco e azzurro
e, nel notare il suo stupore – frammisto a dubbio e paura – gli disse con
onestà: “Phill era preoccupato per te, non arrabbiato. Ma non si è fermato da
me per questo. Ricordi l'aggressione che abbiamo subito in ufficio, diverse
settimane fa?”
Lui annuì, preferendo rimanere in
silenzio per farla proseguire. “Quell'episodio ha risvegliato in me dei brutti
ricordi, ricordi che non mi permettevano di dormire, così Phill è venuto da me
per aiutarmi. Già una volta mi aveva aiutata a recuperare l'equilibrio, e così
ha fatto anche stavolta.”
Brandon inarcò le sopracciglia con
aria interrogativa prima di adombrarsi in viso e impallidire subito dopo, colto
da un orrendo sospetto.
Hannah allora annuì senza dire nulla ed
il giovane, lasciandosi andare ad un ansito strozzato, mormorò con voce
incrinata dall’orrore: “Stupro?”
“Tentato stupro. Fa comodo avere le
gambe lunghe. Arrivi a dare ginocchiate perfette e nel posto perfetto” cercò di
ironizzare Hannah, pur tremando dentro.
“Nicky lo sa o...”
“Lo ha appena saputo e, più o meno, le
vostre espressioni sono state identiche. Il che, se non altro, depone a favore
di entrambi” sorrise la donna, lasciandogli andare lentamente le mani.
Brandon però la trattenne e, iniziando
a tremare incontrollabilmente, biascicò: “Non far entrare Nicky. Non voglio che
mi veda così... così a pezzi. Per favore.”
Già sul punto di dirgli di non
preoccuparsi, Hannah notò le lacrime che il giovane stava tentando di
trattenere con tutte le sue forze e, sconvolta, si levò in piedi per attirarlo
a sé.
Cullando il suo capo contro i seni,
mentre il giovane scoppiava silenziosamente a piangere, avvertì le braccia
dell'uomo avvolgerla alla vita con forza, come se temesse di cadere in un
baratro senza fondo.
Con voce incrinata, mormorò: “Sfogati,
Brandon. Sfogati. Non ha senso lasciare tutto dentro.”
“Cosa c'è … di sbagliato... ad
amarlo?” singhiozzò Brandon, ormai libero da freni inibitori. “Tu lo ami!”
“Certo, ma non è la stessa cosa. Non
so cosa si provi, Brandon, perché non ho ancora trovato nessuno da amare come
tu ami Phill, ma posso dirti questo. Lui merita questo amore...”
sussurrò lei, poggiando la guancia sui suoi capelli e continuando a cullarlo
dolcemente. “... e nessuno potrà mai dire il contrario. Come nessuno potrà mai
dire che tu non meriti di essere amato come lui ama te.”
Una risata gracchiante e tagliente
come mille specchi ridotti in briciole uscì dalle labbra del giovane che, con
una replica al vetriolo, esalò: “Piuttosto, mia madre mi castrerebbe!”
“Non giudico chi non conosco, Brandon,
perciò non so le motivazioni che l'hanno spinta a farti credere di essere in
errore, ma posso dirti quello che penso io” mormorò Hannah, carezzandogli la
schiena in lenti movimenti circolari. “Amare non è mai sbagliato. Farsi del
male, sì. Come fare del male.”
“Mi sono odiato ogni istante...ma...
non ce la facevo... dovevo...” biascicò senza freno lui, stringendo
denti e palpebre con veemenza. “Ho provato a non amarlo, ma sapevo di mentire a
me stesso.”
Le lacrime sembravano acido sul suo
viso ma, contemporaneamente, parvero dilavare il suo animo, purificandolo.
“Le prostitute?” ipotizzò Hannah.
Lui annuì debolmente e la donna, nel
sedersi sul bordo del letto, il corpo tonico e forte di Brandon sempre stretto
al suo, la donna asserì gentilmente: “Ti stavi punendo per l'amore che provavi
per Phill?”
“Forse. O forse tentavo di punire mia
madre, che non mi permetteva di amare chi volevo. Non lo so. Ero così confuso!”
Il tono era flebile, niente più di un sussurro, ma c'era così tanta rabbia, in
quelle poche parole!
Era difficile credere che un uomo di
quella stazza, che avrebbe potuto tranquillamente stritolarla tra le braccia,
potesse apparire anche così fragile.
“E le droghe? Servivano allo stesso
scopo?”
Brandon allora ridacchiò stentatamente
e, nel calmarsi un poco, le domandò per contro: “Te l'ha detto Phill? O Nicky?”
“Entrambi.”
“Erano antiacidi. Ma non ho mai fatto
nulla per smentire le loro ansie. Volevo che stessero in pensiero per
me. Crudele, eh?” Sospirò e lentamente si lasciò andare, ora più rilassato.
“Eri confuso all'inverosimile, e hai
finito con lo sfogarti sulle persone che volevano proteggerti. Abbastanza
normale, direi. Anzi, pare quasi una cosa ovvia, per voi fratelli Van Berger”
contestualizzò Hannah con un sorrisino, carezzandogli i capelli prima di
dirgli: “Mi sa che domani te li dobbiamo lavare. Hai sudato come un
maratoneta!”
Brandon allora scoppiò in una risata
sommessa, spezzettata qua e là da singhiozzi incontrollati e, dopo un attimo di
indecisione, la abbracciò calorosamente prima di scostarsi, tergersi il viso e
mormorare: “Sai di buono. Di persona buona.”
“Grazie.” Sorrise appena, trovando
strano trovarsi in una stanza d'ospedale con un uomo che praticamente non
conosceva ma che, in definitiva, le aveva appena messo tra le mani tutta la sua
esistenza travagliata. E solo perché aveva compreso di potersi fidare di lei.
Era ben curiosa, la vita.
“Ora ti lascio riposare. Ne hai
bisogno.”
Fece per scostarsi, ma lui la
trattenne ancora e, arrossendo sotto lo sguardo sorpreso di Hannah, mormorò:
“Posso... posso chiederti di rimanere? So che non me lo merito, e che tu non mi
devi nulla, ma...”
La donna allora si sollevò
completamente sul letto dopo essersi tolta le scarpette da ginnastica e,
passato il braccio attorno alle spalle di Brandon, lo attirò a sé per fargli
poggiare il capo nell'incavo della sua spalla, poco sopra un seno.
Brandon chiuse immediatamente gli
occhi e le avvolse la vita con un braccio. Nel giro di pochi minuti si assopì
come un bambino, il volto rilassato e le labbra atteggiate ad un leggero
sorriso.
Fiducioso e al sicuro.
Poggiata contro i guanciali, lo
sguardo rivolto al viso rasserenato del giovane, Hannah non poté fare a meno di
notarne la bellezza algida, i tratti nobili, gli zigomi alti e i bei capelli
lisci.
Sì, immaginava tranquillamente quante
donne avesse attirato con quel volto affascinante. E quanto potesse essere
stato frustrante, per lui, non essere minimamente interessato a nessuna di
loro, quando il bel mondo pensava e voleva ben altro.
I dissapori con la madre lo avevano
certamente esacerbato e, a complicare il tutto, il suo carattere fragile aveva
completato l'opera.
Da come si stringeva a lei nel sonno,
dovevano essergli capitate davvero di rado le occasioni per poter approfittare
di un simile calore spontaneo.
Tremando interiormente si domandò se,
nelle notti di tempesta, il Brandon bambino fosse rimasto solo e impaurito nel
suo letto perché impossibilitato a raggiungere la mamma.
Un quieto bussare la ridestò da quei
tristi pensieri e, quando vide comparire il capo di Nickolas oltre il battente,
lo invitò silenziosamente a entrare mentre, sul volto del magnate, si dipingeva
lo sconcerto più assoluto.
“Perché sei...?” iniziò col dire l’uomo,
notando un attimo dopo gli occhi tristi di Hannah. “Cosa c'è?”
“Non avete mai dormito nel lettone
della mamma quando c'erano i temporali, vero?” gli domandò a sorpresa lei,
carezzando quasi inconsapevolmente Brandon su una spalla. Lui si mosse e la
strinse ancor di più, sorridendo nel sonno.
Nickolas lo notò e, nell'accomodarsi
sulla sedia accanto al letto, scosse il capo, lo sguardo torvo che percorse le
due figure stese sul letto. “Bran aveva il terrore dei fulmini, da piccolo, e
si rifugiava nel mio letto spesso e volentieri. La mamma, però, una volta se ne
accorse e lo sgridò, urlandogli che era sciocco e puerile avere paura di
qualcosa del genere, specialmente stando in una casa grande e sicura come la
nostra.”
“Quando successe?”
“Aveva cinque anni” mormorò Nickolas,
allungando una mano per carezzare una gamba del fratello, ricoperta dal tessuto
leggero del copriletto.
Hannah sospirò, poggiando una guancia
sul capo del giovane e, in un mormorio sommesso, asserì: “Vi voleva forti e
sicuri di voi.”
“Anche troppo” sbuffò Nickolas.
“Brandon è troppo sensibile per il suo modo di fare. Ne ha sempre sofferto
molto, fin da ragazzo.”
“Anche tuo padre lo tenne lontano dal
letto?” si informò lei, trovando impensabile che Andrea potesse averlo cacciato
in malomodo. Non rispondeva affatto all’idea che si era fatta di lui.
Il magnate scosse il capo, mormorando
tristemente: “Papà, all’epoca, era molto impegnato con l’azienda e passava
anche intere settimane via per lavoro. Non capitò mai che la mamma si facesse
sentire da papà a rabberciare mio fratello in quel modo.”
“E tu non te la sentisti di dirglielo”
ipotizzò la donna, annuendo pensosa.
Nickolas celiò: “Fare la spia su mia
madre non era esattamente il modo migliore per sopravvivere in casa.”
“E' per questo che Bran si occupa di
progetti umanitari?” volle sapere a quel punto la donna, rammentando le parole
di Phillip.
“Sì. Ha un gran cuore, ed è sensibile
alle problematiche dei più deboli. Vi si è sempre dedicato anima e corpo e, con
la scusa della pubblicità positiva all'azienda, si è sempre lanciato in imprese
benefiche più o meno importanti. Ma quello che ama di più è andare in mezzo
alla gente per dare il suo contributo diretto, cosa che mamma detesta” mormorò lui,
storcendo il naso. “Ricordo una volta che si presentò alla villa di famiglia
con ancora addosso gli abiti che aveva usato per pulire i canali aperti di una
parte di Los Angeles. Lei andò fuori di testa. Lo obbligò a cambiarsi e farsi
la doccia nella dependance della servitù. Lui era furioso.”
Hannah si limitò ad annuire,
continuando a carezzare il braccio di Brandon con lenti movimenti ritmici e
Nickolas, sorridendole gentilmente, le domandò: “Sicura di volerlo fare?”
“Sono una brava sorella che si sta
prendendo cura del proprio fratellino” ironizzò lei, prima di tornare seria e
aggiungere: “E' ferito Nickolas, ferito nel profondo. Non potevo, in tutta
coscienza, rifiutargli il mio aiuto.”
“Non tutte le persone sarebbero del
tuo stesso avviso, anzi, tutt'altro. Perciò grazie. Di tutto cuore” mormorò il
magnate, reclinando ossequioso il viso.
Detto ciò, si levò per raggiungere il
mobile dove avevano messo gli abiti di Brandon e, dopo aver curiosato al suo
interno, ne estrasse un pannetto leggero che distese sul corpo di Hannah.
Lei gli sorrise grata e Nickolas, nello
strizzarle un occhio, celiò: “Non è giusto, però, che sia mio fratello a
dormire con te. Lui non ne trarrà alcun godimento.”
La donna ridacchiò sommessamente e,
indicata la poltrona reclinabile, asserì: “Dormi, che è meglio. Stai iniziando
a straparlare.”
Nick scrollò le spalle noncurante e si
allungò sulla poltrona, incrociando braccia e caviglie prima di chiudere gli
occhi. A bassa voce, sussurrò: “Buonanotte, Hannah.”
“A te, Nickolas.”
§§§
Avvertiva un buon profumo di miele, la
morbidezza tipica di un corpo femminile e tanto, tanto calore, non solo
corporeo.
Fini capelli gli stavano carezzando il
viso, e un respiro sommesso si univa al suo in una delicata sinfonia che lo
portò a svegliarsi debolmente, confuso e stordito.
Lentamente, mosse una mano su quel
corpo caldo per abbracciarlo con gratitudine. Quando però, una voce stranamente
familiare e vagamente ironica, lo metteva al corrente di chi vi fosse al suo
fianco, Bran si bloccò di colpo.
Levate immediatamente le palpebre, si
ritrovò addosso due pezzetti di ghiaccio brillante e che, in un solo attimo,
gli fecero tornare alla mente gli eventi di quelle ultime ventiquattro ore.
E del perché, in quel momento, si
trovasse nel letto assieme a una donna.
E soprattutto, a quella donna
in particolare.
Un profuso rossore si allargò sul suo
viso raggiungendo anche le orecchie e Hannah, sorridendogli divertita, si
scostò un poco da lui e asserì: “Sbaglierò, ma pensavi ci fosse qualcun altro,
qui accanto a te.”
“Scusa, Hannah... scusa...” biascicò
lui, sempre più imbarazzato.
Sistematosi in fretta a distanza di
sicurezza, il sentore del suo profumo ancora nelle nari come la sensazione del
suo seno contro il viso, Brandon la fissò al massimo della contrizione prima di
notare i suoi capelli in disordine e la sua aria insonnolita.
Era … dolce.
Lei, che in casi normali era sempre
impeccabile, perfetta e mai fuori posto, ora appariva come una bambina appena
riemersa dal mondo dei sogni, con la bocca leggermente imbronciata e le guance
rosee.
Sorridendo suo malgrado, Brandon
chiosò: “Ora so perché ti chiama honey.”
“Come?” borbottò lei, accigliandosi
immediatamente e recuperando, in un attimo, il suo contegno abituale nonostante
i capelli spettinati.
Lui allargò il suo sorriso e mormorò:
“Scioccamente, pensavo di trovarmi tra le braccia di mamma… pensavo di essere
tornato bambino, e che lei mi stesse tenendo stretto per farmi passare la paura
dei temporali. Avrei dovuto capire di stare solo sognando, visto che non è mai
successo.”
“Oh, Brandon…” sospirò spiacente
Hannah, perdendo di colpo il proprio cipiglio.
Notando solo in quel momento Nickolas
ancora addormentato sulla poltrona, il viso stanco e un accenno di barba sulle
guance, il giovane sorrise contrito.
Non doveva aver passato una nottata
molto comoda, su quella poltrona, alto com'era. Ma era lì per lui, come sempre.
Scesa dal letto che fu, Hannah si
stiracchiò le lunghe membra e, nel controllare il cellulare, sorrise e asserì:
“Phill arriverà intorno a mezzogiorno. Gli dirò che stai meglio.”
“Grazie” mormorò il giovane, scrutando
il fratello con espressione grata.
Nickolas, in quel mentre, si
stiracchiò con un mugolio assonnato e sollevò stanco le palpebre, fissando
stranito Hannah per alcuni attimi prima di illuminarsi in volto, come
ricordando di colpo ciò che era avvenuto.
Il suo viso, immediatamente, si spostò
verso Brandon e un lento sorriso sorse a illuminarlo mentre la sua voce, pur
insonnolita, lo accarezzò gentilmente dicendo: “Ehi, fratellino. Tutto bene,
ora?”
“Sto meglio, sì” annuì il giovane
sorridendo poi a Hannah, che scrollò noncurante le spalle, sminuendo con quel
gesto ciò che lei aveva fatto per lui quella notte.
“Vado a prendere un caffè e qualche
porcheria alla macchinetta. Hai delle preferenze?” domandò la donna,
rivolgendosi a Nickolas.
“Preferirei fare una colazione
normale, onestamente” mugugnò lui, levandosi in piedi con mille dolori diversi
a punzecchiargli i muscoli.
Scettica, Hannah si guardò un momento
prima di asserire: “Non mi farò mai e poi mai vedere con te, la domenica
mattina, conciata a questo modo. Non oso neppure pensare a cosa potrebbero
scrivere sui giornali.”
“Non ho i paparazzi perennemente
incollati alle calcagna, Hannah” replicò scocciato Nickolas, pur ammettendo che
la donna aveva ragione.
Non era difficile ritrovarli nei posti
più impensati, e la mise della sua
segretaria non era esattamente delle migliori, per farsi vedere assieme. Per lo
meno, non senza scatenare mille e più illazioni.
“Siamo nella parte sbagliata della
città, Nickolas. Anzi, se proprio vogliamo essere onesti, dovresti scendere e
allontanare la tua auto dalla clinica” precisò la donna, accigliandosi
leggermente.
“Tranquilla. E' parcheggiata a due
isolati distanza, in un angolo piuttosto riparato. Non penso proprio che ci sia
qualcuno in giro che controlla tutte le targhe di tutte le BMW che si trovano a Los Angeles” la
rassicurò il magnate, sbadigliando sonoramente.
“La sostanza non cambia. Non esco con
te in pantaloncini corti e camiciola” brontolò lei, adombrandosi in viso e
fissandolo burbera.
“E se fossi vestita bene, ci usciresti
con me?” ironizzò Nickolas, ridacchiando suo malgrado.
“Oooh... non ti rispondo neanche”
sbuffò Hannah, infilando rabbiosamente il cellulare nella tasca del marsupio.
Brandon ridacchiò di fronte a quello
scherzoso battibecco e, intervenendo, disse: “Io sto bene, perciò potete
andare. Qui si prenderanno cura di me anche senza voi due a star loro addosso.
Portala alla villa e offrile una colazione decente, Nicky.”
“Buona idea, Bran. Sicuro, però, di
voler rimanere da solo?” assentì dubbioso il fratello maggiore, restio ad
abbandonare il fratellino dopo quello che aveva appena passato.
“Ho ricevuto una buona dose di calore
umano, stanotte” sorrise Brandon ammiccando a Hannah, che lo squadrò con aria
birichina.
“Cosa davvero ingiusta, tra le altre
cose, ma fa lo stesso. Mi accontenterò di fare colazione con lei” scrollò le
spalle Nickolas, ghignando.
“Ma... non sarà un po' rischioso
andare lì? E tua madre che dirà?” protestò debolmente la donna.
“La mia villa di Malibù. Bran
intendeva quella” specificò Nickolas. “Tranquilla. La mia auto ha i vetri
oscurati e, per evitare problemi, tu salirai sul sedile posteriore, da vera
VIP.”
“Non si può semplicemente evitare e
basta?” ironizzò lei, ghignando senza troppe speranze.
I due fratelli scossero all'unisono il
capo e Hannah, rassegnata, mugugnò: “E va bene. Vai a prendere quella benedetta
auto. Io scenderò subito dopo.”
“Brava ragazza” sghignazzò Nickolas
prima di avvicinarsi al fratello, abbracciarlo rapidamente e mormorare: “Non
fare più follie simili, o ci penserò io ad ammazzarti.”
“Andata” assentì Brandon, guardandolo
andare via.
Rimasto solo con Hannah, il giovane le
allungò una mano per farla avvicinare e, con tono solo vagamente tremulo,
asserì: “Ciò che hai fatto per me, io non lo dimenticherò mai, Hannah, te lo
giuro. Se mai avrai bisogno di qualcosa, conta pure su di me.”
“Rendi felice Phillip. Mi basta
questo” replicò lei, pur apprezzando le sue parole.
“Ti terrò comunque in serbo un bonus”
ammiccò lui, sfiorandole il dorso della mano con un bacio.
Hannah non lo ritenne neppure per un
attimo un gesto stupido, o un’esagerazione. C'era una profonda ammirazione, in
quel breve bacio, un ringraziamento che partiva dal cuore e che voleva sfiorare
il suo, un accorato desiderio di farle capire quanto avesse apprezzato il suo
aiuto.
Gli sorrise, si chinò a baciarlo sulla
fronte e, dopo un saluto con la mano, uscì a sua volta.
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N.d.A.: Chi vuole
abbracciare Brandon assieme a me? ;-)