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Autore: clepp    04/07/2013    12 recensioni
"Cos'è l'amore, Wendy?"
Rimase per un attimo stordita da quell'improvvisa domanda.
"L'amore? - ci pensò un attimo, poi diede la più banale delle risposte - l'amore è quando l'altra metà è felice"
Silenzio. Wendy era abituata ad aspettare minuti prima di avere una risposta da lui. Era fatto così.
"Sei felice?" Le chiese.
Lei annuì. "Si, certo"
Silenzio.
"Allora credo di amarti"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zayn and Wendy'
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THE DARK SIDE OF ME.

(ONE)
-what a bad day




 
 

 “can you stop?”
“sorry” she blushed.

 

Wendy si infilò velocemente la giacca, afferrando lo zaino con una mano e le chiavi di casa con l’altra. Uscì di corsa, rischiando di cadere sugli scalini della veranda e spezzarsi l’osso del collo.
Non le capitava mai di essere in ritardo e si odiava per aver tirato l’orario la sera prima stando alzata fino a tardi per finire di vedere l’ultima puntata della sua serie preferita.
Con una rapida corsetta attraversò la strada deserta e arrivò al lato opposto del marciapiede. Si sbrigò a svoltare l’angolo e raggiungere la fermata dell’autobus, posta esattamente di fronte al parco dove era solita portare Susan la domenica mattina. Passò davanti alla pasticceria aperta e, con rammarico, proseguì dritto: non c’era tempo per la sua solita colazione a base di brioche al cioccolato.
Poco più in là scorse la fermata, cosciente del fatto che ormai aveva perso il solito pullman delle sette e dieci e che per sua sfortuna avrebbe dovuto aspettare quello successivo. Sospirando raggiunse la piccola panchina blu occupata interamente da un ragazzo e dalla sua roba, lo zaino mimetico buttato malamente al suo fianco e lo skateboard verde, rotto e malconcio, accanto ai suoi piedi.
Wendy lo osservò per un momento per capire se lo avesse mai visto in giro. Era una faccia del tutto estranea e così doveva rimanere.
Odiava aspettare, ma soprattutto odiava pensare che quella mattina avrebbe sicuramente preso una nota disciplinare per essere arrivata in ritardo.
E in più quello stupido pullman non era ancora arrivato.
Wendy sbuffò e si spostò la coda bassa da un lato, cominciando nervosamente a giocherellare con le punte dei capelli.
Quel giorno aveva anche una verifica di matematica e un’interrogazione di storia e temeva di non essersi preparata abbastanza nonostante le ore intense dedicate allo studio il pomeriggio precedente.
Sbuffò di nuovo e iniziò a picchiettare con insistenza la punta del piede sull’asfalto. Lo faceva sempre, quando era nervosa.
Quella giornata iniziava già nel peggiore dei modi e quando una giornata cominciava così, lo sapeva per esperienza, significava che tutto sarebbe peggiorato.
Si sporse in avanti per controllare se il pullman fosse anche solo lontanamente visibile. Ovviamente, non c’era.
Le venne automatico sbuffare di nuovo e abbassare lo sguardo sulle sue converse bianche che aveva lavato qualche giorno prima per liberarle dal fango e dalla terra.
“Hai finito?”
Wendy alzò di scatto la testa e rimase per un attimo sorpresa da quell’improvvisa domanda che, evidentemente, era rivolta a lei. Il ragazzo seduto sulla panchina aveva gli occhi puntati su di lei e Wendy si accorse solo in quel momento delle cuffiette infilate nelle sue orecchie e della musica attutita che proveniva da quegli aggeggi. Pensò che doveva essere parecchio alta se lei riusciva a sentirla fino a lì.
Quando si ricordò che lui la stava fissando in attesa di una risposta aggrottò la fronte, incapace di capire a cosa si riferisse.
“Finito di fare cosa?” chiese ingenuamente, schiarendosi la voce con evidente nervosismo.
Il ragazzo cominciò a sbuffare e a muovere il piede destro insistentemente in una chiara imitazione dell’impazienza di Wendy. Nonostante l’umoristica scopiazzatura si capiva che lui non trovava la cosa affatto divertente e Wendy non poté trattenersi dall’arrossire.
“Scusa – rispose, mordendosi il labbro inferiore – la smetto” continuò, abbozzando un debole sorriso che non trovò risposta. Il ragazzo infatti si era voltato verso lo schermo del suo ipod prima che Wendy riuscisse a finire la frase.
Rimase così sconcertata da quel comportamento così sprezzante che l’improvviso rumore delle porte del pullman la fece sobbalzare. Si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e si diresse verso l’entrata dell’autobus, completamente vuoto a quell’ora.
Con la coda dell’occhio notò che anche il ragazzo aveva recuperato skate e cartella e si era alzato dalla panchina per salire sul mezzo. Lei si accomodò su uno dei sedili liberi e richiamò tutta la sua forza di volontà per trattenere l’ennesimo sbuffo della giornata mentre lui si sistemò in uno dei sedili in fondo.
Si ritrovò a pensare se l’avesse mai visto, ma non le sembrava una faccia conosciuta e neanche molto affidabile. Probabilmente era qualcuno venuto a far visita a qualche amico di Holmes Chapel, oppure era un nuovo arrivato. Sperò con tutta se stessa che non fosse nessuna delle due possibilità.
Decise di lasciar perdere e di concentrarsi sull’interrogazione di storia. Cominciò a ripassare i concetti principali, muovendo con discrezione il labiale per aiutarsi meglio nell’esposizione.
Mentre ripeteva la travagliata storia d’amore di Enrico VIII e Anna Bolena un improvviso scoppio e uno scossone del pullman le fecero cadere lo zaino sul pavimento sudicio dell’autobus. L’autista frenò di colpo e lei fece appena in tempo ad aggrapparsi ai pali gialli per evitare di sbattere contro il vetro del finestrino.
“Ma che diavolo...” sentì l’autista borbottare e, uscito dalla cabina di guida, lo vide scendere dal pullman per andare a controllare il motivo di quell’improvviso guasto.
Wendy recuperò lo zaino e lo ripulì dalla polvere, pregando in tutte le lingue del mondo che l’autista rientrasse e la avvisasse che andava tutto bene e che sarebbe arrivata a scuola in perfetto orario. Certo, e magari il professore l’avrebbe accolta con una brioche appena sfornata.
“Ragazzi – l’uomo riapparve dalle porte aperte, attirando l’attenzione degli unici due passeggeri – c’è un problema con il motore, dovete scendere” disse, senza tanti preamboli e Wendy, non riuscendo a trattenere uno sbuffo irritato, afferrò lo zaino e scese a passo pesante da quel dannato trabiccolo.
Quando si guardò attorno si accorse che si erano fermati proprio nel bel mezzo del nulla, attorno a loro solo campi e distese di erba. Da lì alla scuola ci volevano almeno altri venti minuti abbondanti. La giornata stava via via degenerando e Wendy si pentì di essersi alzata dal suo letto e di aver messo piede fuori casa.
“Spero per lei che arrivi un altro pullman” l’arroganza di quelle parole la fecero voltare meccanicamente verso il ragazzo. Alzò gli occhi al cielo quando l’autista rispose che avrebbero dovuto aspettare un’ora buona prima dell’arrivo di un nuovo autobus.
“E io come ci arrivo a scuola in tempo?” borbottò Wendy, stringendo con impazienza il laccio dello zaino sulle sue spalle. Il ragazzo le lanciò un’occhiata di traverso e cominciò a frugare freneticamente nelle tasche del suo giubbino, alla ricerca di qualcosa.
“Mi dispiace, dovrete aspettare” si giustificò l’uomo e, probabilmente per evitare altre lamentele, si ritirò nella cabina di guida.
Wendy strinse le labbra fino a farle diventare un’unica linea orizzontale. Girò i tacchi e borbottando lamentele fra sé e sé cominciò a camminare, pensando che, con un buon passo e un pizzico di fortuna sarebbe riuscita ad arrivare a scuola per l’inizio della seconda ora.
Ma lei di fortuna non ne aveva e di fiato anche meno.
“Hai intenzione di camminare fino a scuola?”
Per la seconda volta, la voce di quel ragazzo attirò la sua attenzione e, controvoglia si voltò annuendo.
“Certo e dovresti farlo anche tu” gli fece notare, con un certo disappunto nella voce. Il ragazzo alzò un sopracciglio e la guardò come se fosse impazzita.
“Ti sembro il tipo che si dispera per un ritardo?” domandò, retorico e Wendy non poté fare a meno di abbassare lo sguardo sul suo abbigliamento stravagante e sui tatuaggi sparpagliati per il corpo. L’insieme rispondeva in parte alla sua ironica domanda.
“Sicuramente no” si rispose, con una smorfia.
“Esattamente” il tizio gettò lo zainetto per terra e ci si sedette sopra, allungando le gambe e poggiando i piedi sullo skateboard. Wendy lo osservò per qualche secondo fino a che lui non le lanciò un’occhiata che le fece abbassare lo sguardo, in imbarazzo.
“Beh ehm... ci vediamo allora” mormorò, con un filo di voce, alzando una mano in segno di saluto. Lui non rispose e si accese con un accendino blu elettrico la sigaretta già tra le labbra.
Wendy tornò sui suoi passi, affranta.
“Ragazzina – fu costretta a girarsi nuovamente, richiamata dall’autista – dove stai andando?” le domandò, con un cipiglio severo.
“A scuola” replicò lei trattenendo l’istinto di roteare gli occhi.
“E quanto pensi di metterci? Il tempo che impiegherai ad arrivare a scuola è il tempo che ci impiegherà l’autobus ad arrivare qui, quindi risparmia la fatica e aspetta” le consigliò lui, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni blu e lanciando un’occhiata al ragazzo, steso sul ciglio della strada. “Segui il suo esempio” continuò, abbozzando un sorriso ironico.
“No, grazie, preferisco camminare” replicò Wendy, alzando le spalle.
“La secchioncella ha paura di essere sgridata” affermò il ragazzo, con un sorrisetto divertito, gli occhi chiusi e le mani incrociate dietro la testa.
“Non... non è vero” mentì Wendy, aggrottando la fronte, a disagio.
“Allora perché così tanta voglia di andare a scuola?” domandò lui, aprendo un occhio solo. Wendy socchiuse la bocca per ribattere ma non le venne in mente nulla di brillante da dire, così preferì rimanere in silenzio e, senza tante cerimonie, si voltò e tornò sui suoi passi.
“Dovresti andare con lei” udì l’autista rivolgersi allo sconosciuto e lui scoppiare in una risata ironica che le fece abbassare gli occhi.
“No” fu la sua unica risposta.
Wendy strinse i pugni lungo i fianchi e, sospirando pesantemente continuò a camminare, senza voltarsi.
Dopo una decina di minuti si lasciò indietro i campi della periferia e raggiunse una strada interna della città. Se i suoi calcoli erano giusti, sarebbe arrivata a scuola più o meno entro mezzora, così respirò a fondo e allungò il passo, mentre nella testa ripeteva per la milionesima volta il programma di storia, attenta a non sbagliare nessun pezzo.
Quando arrivò a scuola, stanca e col fiatone, aveva ripetuto talmente tante volte la lezione che se non avesse preso una A avrebbe denunciato l’insegnante.
Entrò nel cancello ancora aperto e, poco più in là, appoggiato al muro accanto al portone d’ingresso vide il tizio dell’autobus.
Non era poi tanto diverso da un’ora prima. Aveva una sigaretta quasi finita tra le mani, lo zaino sulle spalle, lo skateboard posato a terra e l’espressione arrogante. Capì in quel momento che non era un ragazzo venuto a far visita ad un amico. 
“Sembri stanca” disse, ironicamente, osservandola salire gli scalini con fatica.
“Sto benissimo” replicò, cercando di nascondere il fiato corto. Lui assottigliò gli occhi e le soffiò in faccia il fumo, facendola tossicchiare. Gli lanciò un’occhiata di traverso che lo fece alzare un sopracciglio, con arroganza.
Lo lasciò perdere ed entrò nell’ingresso proprio mentre la campanella che annunciava la fine della prima ora risuonava nei corridoi così si sbrigò a raggiungere il suo armadietto per poggiare lo zaino e prendere i libri.
Una volta giunta in classe riuscì a scampare la nota con una scusa quasi credibile e si trascinò verso il suo banco salutando qualche suo compagno.
“Ragazzi prima di cominciare la lezione vorrei presentarvi un vostro nuovo compagno. Vi prego di essere gentili con lui e di accoglierlo in classe con il dovuto rispetto. Prego, si accomodi. Lui è Zayn Malik”
Wendy alzò la testa dal suo quaderno con disinteresse.
Quando la porta della classe si aprì, rivelando l’identità del loro nuovo compagno, Wendy avrebbe voluto essere ovunque, fuorché lì dentro.
Il ragazzo del pullman entrò a passo lento, dirigendosi verso uno dei banchi liberi, senza mostrare un particolare interesse nei confronti della classe.
Wendy tornò a fissare il quaderno.
Fantastico.
 




Ebbene si, sto già postando ahahahah dato che le mie giornate consistono nello svegliarmi alle 11.15 la mattina, guardare pretty little liars, mangiare, stare al computer, guardare TVD, mangiare, e gironzolare per casa, la sera non posso fare altro che aggiornare nuove ff, giusto no? lol
Beh, comunque, ho voluto aggiornare per il semplice motivo che visto che il prologo non se l'è cagato nessuno (buhuuuu a me) ho pensato che magari postando il primo capitolo la storia avrebbe preso un po' di forma. Credetemi ci tengo davvero molto, e vedere che comincia a interessare mi farebbe molto piacere :)
Comunque, detto questo, ecco qui che i nostri due giovincelli si incontrano. Ovviamente, Zayn si comporta come un ragazzo scontroso e bla bla bla bla bla.. letto mille volte giusto? 
Avete ragione ma io amo scrivere di Zayn scontroso, quindi perdonatemi ahahah l'unica cosa che posso dirvi per invogliarvi a leggere è che non si aprirà molto facilmente con Wendy (ci metteranno una vita) quindi... stay tuned!
Ok, credo di  avervi rotto abbastanza le palle! Ringrazio coloro che hanno recensito il prologo e hanno messo la storia nelle preferite e nelle seguite! Significa davvero molto per me! :)
un bacio,

clepp


 





(TWO)
-the legend

“Grazie Evans – Wendy immediatamente sentì il rossore espandersi sulle sue guance – ma quelle storie effettivamente sono vere” 
 

  
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