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Autore: terychan    19/01/2008    1 recensioni
Questa fiction è nata dopo aver visto Jiraiya da giovane, e non so voi, ma io lo trovo estremamente affascinante. Non ci saranno spoiler perché questa storia è ambientata nel passato.
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Orochimaru, Sorpresa, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza in pericolo

 

 

Sulla riva di un fiume se ne stava seduto, su un masso, un ragazzino di circa 12 anni; era seduto con le gambe incrociate, fra le mani teneva una canna da pesca e fischiettava sereno una canzoncina. All’improvviso la canna del ragazzino cominciò a curvarsi, sotto il peso di un pesce che tirava con tutte le sue forze per non farsi trascinare sulla superficie.

“Non ti mollo piccola peste!” esclamò il ragazzo e tirò con più forza. Mentre era concentrato a tirar su la sua preda, notò la sagoma indistinta sotto il pelo dell’acqua.

“Wow, è enorme!” strillò felice. Dal fiume tirò su una mano grande e subito dopo il braccio: il ragazzino non aveva pescato nessun pesce, bensì un uomo. Quest’ultimo non si muoveva e il ragazzo ne dedusse che doveva essere morto. Non si stupì più di tanto, era abituato a vedere cadaveri in giro per i boschi o nascosti dall’acqua.

Tutto ad un tratto, la sagoma si alzò in piedi. Era piena di alghe, un pesciolino si era incastrato tra i fluenti capelli bianchi di quella sorta di mostro emerso dall’acqua leggermente torbida. Il ragazzino urlò spaventato a morte e scappò via, abbandonando la sua attrezzatura da pesca. Lo strano mostro pallido non era altri che Jiraiya, sporco e ricoperto di alghe viscide.

Il Sannin si trascinò fuori dal corso d’acqua, tossendo e vomitando. Una volta al sicuro si sdraiò supino, godendosi i raggi del sole che gli scaldavano il viso.

“Merda, non so nemmeno dove mi trovo.” Disse ansante. L’acqua sotto la cascata era profonda ed era riuscito a salvarsi, non aveva ferite a parte qualche graffio del combattimento o qualche livido a causa degli scogli contro cui la corrente lo aveva fatto sbattere. Però il corso d’acqua lo aveva trascinato a qualche centinaio di metri più avanti.

Rimase sdraiato li qualche minuto per recuperare un po’ di forze.

Poi, una volta riposato si tolse gli abiti fradici che aveva addosso per non ammalarsi, e si accese un fuoco affinché asciugasse prima.

Rilassandosi la sua mente iniziò a vagare mentre osservava le fiamme crescere. Gli tornava alla mente lo sguardo disperato di Tsunade mentre lui precipitava nel vuoto. Era la prima volta che lo aveva guardato in quel modo. Possibile che lo considerasse già spacciato? Forse aver perso delle persone care l’aveva resa più apprensiva? Non voleva illudersi di aver fatto breccia nel cuore della ragazza. Era riuscito ad avvicinarsi di più a lei negli ultimi tempi. L’aveva stretta fra le braccia mentre urlava e piangeva disperata per la morte del suo amato. L’aveva curata quando lei ormai non voleva più vivere, e non usava i suoi ninjustu per curarsi da una malattia. Le era stato accanto nel dolore. Ricordava ancora bene quando le aveva urlato contro la sua rabbia. Era frustrato, perché lei non riusciva a vedere che esistevano ancora persone che l’amavano. Tsunade aveva chiuso il suo cuore crogiolandosi nel dolore. Non sopportava vederla in quel modo. Ma soprattutto non sopportava essere ignorato da lei, nonostante tutti gli sforzi che faceva. Jiraiya prendendo tutto il coraggio, l’aveva lasciata sola, nella speranza che reagisse. E fu allora che Tsunade era andata a cercarlo. Gli aveva dato un pugno sulla testa, come era abituata a fare, e gli aveva detto “Deficiente, come osi lasciare sola una donna?”

Dopo i primi battibecchi, lei gli aveva confessato che aveva ragione lui. Il sommo Hokage era andato a parlarle e lei aveva aperto gli occhi. Si era resa conto che aveva ancora i suoi compagni, il sommo Hokage a cui era affezionata, ed infine la sua allieva Shizune.   

Da quel giorno ogni tanto Tsunade gli sorrideva riconoscente. Almeno per i primi minuti, perché poi Jiraiya faceva sempre qualcosa che la faceva imbestialire e lo picchiava. E fino a quando Tsunade lo picchiava o lo rimproverava, allora significava che andava tutto bene. Anche quella serpe di Orochimaru aveva provato a starle accanto, o almeno per quello che concedeva il suo carattere strambo. Orochimaru…… “Porca miseria, adesso Orochimaru starà da solo con lei!” disse Jiraiya scattando in piedi come una molla.

“Quel maledetto bastardo approfitterà della situazione e tenterà di sedurla!” disse ancora e grugnendo qualcosa di incomprensibile si vestì in fretta. Non aveva intenzione di permettere al suo amico-nemico di abbracciare la bella Tsunade. Più ci pensava e più si innervosiva, doveva trovarli al più presto. Sapeva che Tsunade non era del tutto indifferente al fascino di Orochimaru

Quando erano piccoli, lei aveva avuto una cotta per lui.

Si tirò i capelli per la frustrazione sperando che lei non ricordasse.

In realtà Orochimaru non era il tipo da sedurre una donna. O meglio non faceva parte dei suoi interessi, almeno per il momento. Certo non disdegnava le belle donne, ma aveva un progetto a cui stava dedicando tutto se stesso e non aveva tempo per l’amore. Pensava che l’amore fosse una cosa futile e che rendeva uno shinobi debole. E lui invece voleva diventare il più potente, l’unico a conoscere tutti i jutsu del mondo, per riuscire a dominarlo, e a portare finalmente la pace; perchè solo sotto un unico regno non ci sarebbero state guerre, perché non esistendo terre da conquistare o deboli da sottomettere, non ci sarebbe stato nessun motivo per muovere guerra.

Jiraiya si mise a correre nella foresta, sperando di incontrare al più presto i suoi compagni.

Mentre correva in lontananza vide una figura a terra con la testa adagiata su una grossa radice. Rallentò la sua corsa fino a fermarsi di fronte alla figura. Era una donna. Era svenuta, e sulle braccia presentava vari lividi e tagli, così come sulle gambe. Jiraiya non potè fare a meno di fermarsi, soprattutto visto che si trattava di una donna, e tutti lo sapevano che il suo più grande punto debole era il suo carattere libertino da don giovanni, che gli impediva di fermarsi se vedeva una bella donna, a maggior ragione se questa sembrava indifesa e in attesa di un aiuto.

E questa in particolare era molto bella. Aveva lunghi capelli neri, le labbra rosee, un naso piccolo e perfetto. Dall’aspetto sembrava una sua coetanea. Provò a cercare il coprifronte per capire a quale terra appartenesse. Ma non lo trovò. Il suo abbigliamento era strambo. Portava un paio di calzoncini corti . Degli stivali che arrivavano sopra al ginocchio sui quali c’erano delle placche in metallo che proteggevano il ginocchio e gli stinchi. Sopra i calzoncini verde scuro portava una sorta di body nero, con le spalle scoperte. Alle braccia aveva dei guanti senza le dita, verdi anch’essi che le coprivano gli avambracci fin sopra il gomito, su di essi c’erano altre placche di metallo e dei polsini di metallo decorati con delle incisioni. Legata alla vita portava una katana. Quella donna lo incuriosiva sempre di più. Come mai aveva la katana con se? Se era stata sconfitta di sicuro l’arma gliel’avrebbero portata via. Molto probabilmente la ragazza dopo aver combattuto a lungo era scappata e sfinita dalla battaglia doveva aver perso i sensi.

Jiraiya notò quanto fosse sexy la ragazza, e senza alcun pudore studiò le forme della ragazza, prendendo anche qualche appunto su un taccuino. Dopo essersi dato un contegno decise di aiutarla. Così la prese fra le braccia e si stupì nel constatare quanto fosse leggera. Non sapeva dove portarla, si guardò in giro e notò in lontananza una grotta. Senza pensarci due volte la portò lì.

Non voleva accendere un fuoco, aveva paura che i nemici di quella ragazza fossero ancora in giro. E se li scoprivano doveva combattere, e non se la sentiva dato che non era ancora riuscito a recuperare molto chackra. Recuperò un po’ di foglie secche con cui improvvisò un letto e ci sdraiò sopra la ragazza. Si sedette accanto a lei, tendendo le orecchie fuori.

Le ore passavano e tutto sembrava tranquillo, ma nonostante tutto Jiraiya fece un giro di ricognizione per essere sicuro. Il mistero di quella ragazza si infittiva, perché nessuno era dietro le sue tracce? Aveva perso del sangue per strada, e lui aveva fatto scomparire le tracce. Il sole tramontò e arrivò la sera. Quando Jiraiya tornò alla grotta la ragazza dormiva ancora. Avrebbe voluto che Tsunade fosse lì con lui per curarla. Sentì la ragazza muoversi, e si avvicinò a lei. Sembrava che si stesse svegliando ma si sbagliava. La misteriosa donna cominciò a battere i denti. Jiraiya si stupì, perché il clima era mite e nella grotta faceva persino caldo. Controllò la temperatura poggiando una mano sulla fronte, e notò subito che scottava. Aveva la febbre alta. Jiraiya accese un fuoco sperando di non attirare attenzione. Uscì ancora una volta e si mise alla ricerca di piante medicinali. Era stata Tsunade a insegnare a lui e Orochimaru le proprietà curative della natura. Si procurò dell’acqua e preparò un infuso, con quello che era riuscito a trovare nelle vicinanze. Sollevò piano la testa della ragazza per versarle il liquido sulle labbra. Ma la maggior parte della bevanda le colava dagli angoli della bocca per poi disperdersi nel fogliame secco sotto di lei.

“Su forza bellezza devi bere.” Disse provando di nuovo. Osservò le labbra carnose della ragazza e la sua natura perversa uscì fuori dandogli l’idea di cosa fare. Prese un sorso della bevanda trattenendola nella bocca. Poi si avvicinò alla ragazza: aveva intenzione di dargliela bocca a bocca. Ma arrivato vicinissimo si sentì avvampare e per la tensione ingoiò il liquido. Iniziò a tossire forte e si stava quasi strozzando per l’essenza forte delle piante.

“Che schifo! Questa bevanda è orrenda.” disse, ma non si scoraggiò era pienamente intenzionato a dare la bevanda bocca a bocca. Si chinò di nuovo su di lei e poggiò delicatamente le labbra a quelle della ragazza. Erano calde e umide. Con un dito Jiraiya le abbassò leggermente il mento per permettergli di spostare il liquido dalla sua bocca a quella della ragazza. Senza volerlo le sfiorò la lingua con la sua. Si staccò bruscamente, se la ragazza si sarebbe svegliata in quel momento lo avrebbe di sicuro ucciso credendolo un aggressore. Ma neanche quel pensiero lo fece desistere e le diede un’altra boccata di medicina.

Quando finì la bevanda, coprì la ragazza con il suo giubbotto, e notò che la ragazza in qualche modo sembrava migliorata. Non batteva più i denti, e il colorito sembrò meno pallido.

Jiraiya sospirò sollevato, e si sdraiò accanto a lei per riposarsi.

“Chissà come si chiama?” pensò mentre le palpebre diventarono sempre più pesanti

 

 

 

  
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