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Autore: Morgana_82    05/07/2013    1 recensioni
*AGGIORNAMENTO 24-04-2022*
Dopo lunghi anni (quasi 10 da quando l'ho pubblicato), torno a rimaneggiare questo mio piccolo racconto. Lo revisionerò e, spero, migliorerò.
Ho creato una nuova storia (con lo stesso titolo), in cui pubblicherò i capitoli revisionati.
Chiudo dunque questa storia. Grazie a tutti per aver seguito e commentato
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: AU, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Gáttir allar
Tutte le porte
áðr gangi fram
prima di varcarle
um skygnask skyli
vanno scrutate,
þvíat óvíst er at vita
ché dubbio sovviene
hvar óvinir
se nemici siedano
sitja á fleti fyrir”
nella sala [che ti sta] davanti”.
 
[Ljóða Edda, Hávamál]

 
 

Forse mi sto destando adesso da un sogno” pensa Loki, lo sguardo perso nelle venature del quadrato di marmo sotto le sue scarpe, “e scoprirò che non c’era nulla di vero. Non è accaduto nulla”, solleva una mano lorda di sangue e la mette a fuoco,“non ho quasi ammazzato Freyr e minacciato Thor con il mio potere, Gerdr non mi ha gridato in faccia che vorrebbe essere corteggiata da me e non sono stato aiutato da una creatura con quattro dita per mano e gli occhi come quelli di un serpente…
Tuttavia il sangue di Freyr gli imbratta ancora le mani, “se mio padre venisse a conoscenza quello che ho fatto mi caccerebbe via, non vorrebbe più avermi come figlio. E finalmente potrebbe dedicare tutto il tempo che vuole al suo amato Thor, senza dover fingere che gli interessi anche io”, il ricordo della faccia pallida di Freyr e delle sue ferite gli salta dentro la testa senza preavviso e gli provoca sentimenti contrastanti: è spaventoso scoprire che la vita di una persona possa essere tanto facile da spezzare, ma è anche esaltante rendersi conto di avere il potere per farlo, “ce l’avevo in mio potere, e lui non poteva fare nulla per fermarmi… perché questo è sbagliato? È una cosa che fa parte di me, è la mia natura. Sono io ad essere sbagliato, allora?
-Non farti domande la cui la risposta non sei sicuro di voler conoscere-, la voce dell’uomo dagli occhi di serpente lo fa sobbalzare.
Loki se ne sta con la schiena appoggiata al muro, le mani dietro la schiena. Il silenzio della stanza di marmo asettico è rotto solo da un ronzio sommesso, che proviene dall’interno della Camera di Guarigione, -non mi hai ancora detto il tuo nome-, dice il ragazzo.
-Non l’ho fatto?- l’uomo è seduto per terra, al lato opposto della stanza, sta armeggiando con degli strani piccoli oggetti che ha tirato fuori da una tasca della giacca verde.
-No-, dice Loki.
-Beh, non siamo abbastanza intimi perché io possa rivelarti il mio nome…- continua l’uomo portandosi alla bocca un bastoncino bianco.
-Che vuol dire?- chiede Loki perplesso.
-Il proprio nome è una cosa molto potente, che si rivela solo a poche persone- dice appiccando il fuoco al bastoncino con un fiammifero.
-Ti stai prendendo gioco di me?-
-Comunque, puoi chiamarmi Ràtto-.
L’aroma del fumo inonda la stanza -ti chiami topo?- domanda Loki sollevando un sopracciglio e storcendo il naso a quell’odore nuovo e fastidioso.
-No, Ràtto. Che vuol dire veloce-, risponde l’uomo soffiando via annoiato la prima boccata, come se fosse una domanda che è abituato a sentirsi porre.
-È uno strano nome-, commenta Loki osservando con interesse la sigaretta. L’uomo ha appena soffiato alcuni anelli di fumo che salgono lentamente verso il soffitto, -ma è una specie di magia quella che fai con la bocca?- chiede il ragazzo, stupito.
-La peggiore che esista. Quella che crea dipendenza… Non ce l’avete qui da voi?-
-Non ho mai visto nulla del genere in vita mia-, Loki scuote la testa e guarda ipnotizzato i cerchi di fumo che si intersecano tra loro.
-Forse per questo campate così a lungo-, ghigna Ràtto, Loki squadra l’uomo che ha di fronte, osservandolo nei minimi dettagli.
La sua faccia ha lineamenti regolari, affilati e appuntiti, il naso è piccolo, perfettamente dritto e aguzzo sulla punta. La bocca quasi non ha labbra e le guance e il mento sono glabri, non come un uomo che si sia appena rasato la barba, ma come un ragazzo che debba ancora svilupparla. La sua carnagione è pallida, di un colorito terreo, verdognolo, i capelli sono un’unica massa stopposa di lanugine castana, corti sulle tempie e più lunghi sulla cima.
Gli occhi e le mani, poi, sono la cosa più curiosa: i primi sono gialli, grandi, senza distinzione tra iride e sclera, spaccati in mezzo da due pupille verticali, sottili e nere come quelle di un rettile, le seconde, invece, hanno ciascuna quattro dita lunghe e affusolate, terminanti con unghie nere e leggermente ricurve. L’uomo è alto, magro come un giunco e nel complesso la creatura più bizzarra che Loki abbia mai visto.
-Ma chi sei tu, da dove vieni?- chiede alla fine Loki.
-Credevo che non me l’avresti più fatta questa fatidica domanda- ride l’uomo, scoprendo i piccoli denti aguzzi.
-No, davvero...- continua Loki, indagatore, -è certo che non sei di Asgard, quindi come hai attraversato il Bifröst senza che Heimdallr ti fermasse?-
-Il Bifröst non è l’unica via di entrata e di uscita da questo regno. Esistono sentieri segreti tra i mondi a cui perfino lui, coi suoi doni, è cieco-.
Loki si stacca dal muro di scatto, serrando i pugni in uno slancio isterico -rivelameli!- esclama con voce strozzata.
Ràtto ridacchia in una nube di fumo, -calmati, ragazzino-.
-Non sono un ragazzino e non trattarmi come se lo fossi-, sibila, i pugni che tremano di tensione -sono il figlio di Odino, padre degli Dèi, ed esigo che mi riveli il modo di uscire da Asgard senza essere visto!-
-Quanta arroganza per un nanerottolo dagli occhi verdi-, commenta Ràtto, -perché tanta urgenza, stai progettando di scappare di casa?- l’uomo tira l’ultima boccata di fumo e spegne il mozzicone di sigaretta, pressandolo contro la suola degli alti stivali neri.
Come se una vampata di fuoco si fosse spenta all’improvviso, Loki rilassa il corpo e torna ad appoggiarsi al muro, -vieni da un posto molto diverso da questo?-, chiede tranquillamente. L’uomo solleva un sopracciglio sottile, ma risponde senza esitare alla nuova domanda -dopo che ne hai visti un po’, ti rendi conto che i mondi si somigliano tutti-.
-Peccato-, continua Loki, vago, -speravo che, da qualche parte, potesse esserci un posto…-
-…di cui sentirti veramente parte?- lo interrompe l’uomo.
Loki lo guarda sorpreso -sì-, ammette, -qualcosa del genere-.
-Sei giovane, è normale che ti senta a quel modo-.
-Non capisci-, continua il ragazzo, tetro, -io qui sono come un estraneo, sono diverso da tutto e da tutti, la penso in maniera diversa da tutti. A volte credo di appartenere a un’altra razza…-.
-Invece ti capisco benissimo-, Ràtto si alza e va a specchiarsi contro la lucida capsula della Camera di Guarigione, -dove sono nato la gente non è come me. Sono nato diverso, un mostro. Ed ero disprezzato, allontanato da tutti, emarginato, perfino dalla mia famiglia, che avrebbe dovuto amarmi-.
-E che cosa hai fatto?- chiede Loki, sorpreso e interessato.
-Quando sono diventato abbastanza grande da potermene andare, sono scappato-, risponde l’uomo.
-E la tua famiglia ti ha cercato?-
-Non vedo come avrebbe potuto. Li avevo uccisi tutti.- Ràtto lo dice con candore, quasi con soddisfazione. Una sorta di strana luce bramosa si fa strada negli occhi di Loki, il ragazzo si irrigidisce e si lecca piano le labbra, -hai ucciso tutta la tua famiglia? Come?-
Ràtto guarda il suo riflesso, ma le pupille sono dilatate e vacue, la sua voce si fa più bassa e strascicata, -li avevo sentiti parlare tra loro, mio padre e i miei fratelli: volevano vendermi come schiavo, gli avrei fruttato molte pelli e l’inverno si avvicinava. Io dissi che non volevo, mi permisi di pregare mio padre di non mandarmi via… anche se a tutti gli effetti, mi trattavano già come uno schiavo. Però erano la mia famiglia, erano tutto ciò che avevo. Per quell’insolenza mio padre mi frustò e mi legò a una catena, fuori della tana, come una bestia. Non ho pianto quella volta, ma ho aspettato che si addormentassero tutti, mi sono sfilato le catene con un semplice gesto. Non so perché non lo avessi fatto prima, è stato facile. Ho preso il coltello da caccia di mio padre e l’ho sgozzato nel sonno. Poi è toccato a i miei fratelli, a mia madre e alla mia sorellina. Era nata da poco, lei, non aveva ancora nemmeno aperto gli occhi. Ma sarebbe diventata uguale a loro, e io non potevo permetterlo. Non ho permesso che continuassero a farmi del male. Ho capito che, se volevo essere libero, dovevo agire per esserlo. Ovviamente il mio è stato un gesto estremo, non lo consiglierei agli amici. Oltretutto sono stato condannato a morte, per quello-.
Loki ha la bocca secca, sente il cuore che pompa dentro le orecchie, -e come sei riuscito a cavartela?-
-È una parte della storia che ti racconterò più avanti- l’uomo sbatte le palpebre alcune volte e si ravvia i capelli stopposi, il suo tono è nuovamente allegro -ma parliamo di te, piuttosto. Sei un ragazzo in gamba, perché permetti che questi decerebrati muscoloidi ti trattino come il loro pungiball?-
-Il loro che?- chiede Loki, spiazzato dal repentino cambio d’umore.
-Perché ti lasci picchiare, senza provare a difenderti? Non ti piacerebbe stendere tuo fratello e dargliele di santa ragione?- Ràtto di avvicina a Loki e si appoggia al muro di fianco a lui.
-Scherzi? È una vita che lo sogno, ma come potrei, lui è molto più grosso di me-.
-Idiozie. La forza è un fattore relativamente importante in un corpo a corpo, potrei mettermi sulle ginocchia e sculacciare un combattente tre volte più imponente di me-.
-Non ci credo-.
-Basta saper usare questo-, si picchietta la fronte con un dito affusolato, -il cervello è l’arma migliore di un guerriero. Tu sei magro e svelto, hai tante qualità che si possono usare-.
-E tu potresti…-
-Insegnarti?- Loki annuisce, -potrei. E potrei insegnarti molte altre cose, ma ne parleremo più in la-.
-Perché non adesso?-
-Perché credo che il nostro bell’addormentato si stia svegliando-, risponde Ràtto, premendo il pulsante di apertura della Camera di Guarigione, il coperchio scivola lentamente scoprendo una vasca piena di vapore giallo ocra. Appena il vapore si disperde appare la sagoma di Freyr, il ragazzo ha di nuovo un colorito roseo e salutare, i vestiti sono strappati ma di sangue non c’è più traccia, così come non c’è più traccia delle profonde ferite inferte dalla magia di Loki.
-Mamma-, gracchia Freyr agitando le membra nella semi incoscienza.
-Il classico bulletto mammone-, commenta l’uomo, ridacchiando.
-Gli ci vorrà un po’ prima di riprendere coscienza-, commenta Loki, poi stringe le labbra -posso venire con te, quando te ne andrai da Asgard?-
-Perché mi fai questa domanda?-
-Adesso che Freyr si sveglierà, ricorderà tutto. Prima o poi la verità salterà fuori e arriverà alle orecchie di mio padre e allora, credimi: per me sarà meglio trovarmi a decine di mondi lontano da qui-.
-Mmh… sei davvero terrorizzato dal tuo paparino- continua Ràtto, tastando il corpo di Freyr che si agita debolmente nella vasca della Camera di Guarigione,
-Beh, sai… è il padre di tutti gli Dèi, è una cosa che mette soggezione-.
L’uomo abbozza un ghigno, come chi stia pensando a un segreto divertente, -credo di capire cosa intendi. Comunque non preoccuparti, la versione ufficiale dei fatti sarà quella fornita dalla tua fidanzatina-, apre un occhio di Freyr, esamina la reazione della pupilla alla luce, -“Principe di Asgard vittima di violenze e bullismo”, se aveste i giornali scandalistici, in questo posto, ci andrebbero a nozze con un titolo come questo. A proposito, strano mondo, il vostro: avete la tecnologia di Star Trek, per quanto riguarda la medicina, ma non avete ancora inventato nemmeno la stampa a caratteri mobili…-
Loki aggrotta la fronde, sconfortato, -Io, davvero, non riesco a dare un senso alla metà delle cose che dici, è come se parlassi un’altra lingua-.
-Lascia perdere, sto solo dicendo che il bamboccione biondo non ricorderà nulla di quello che è accaduto-.
-Non ricorderà nulla?- chiede Loki spiazzato, ma un’idea lo illumina improvvisamente, -che cosa vuoi fargli?-
-Oh, niente di irrimediabile… gli incasino un po’ il cervello. Non che sia proprio un genio, comunque, il ragazzo-.
-Che cosa vuol dire “gli incasino il cervello”?-
Freyr sta riprendendo conoscenza, apre gli occhi e si guarda intorno, stordito, provando a mettere a fuoco ciò che lo circonda -Gerdr?- chiama, impastando le lettere. L’uomo si sporge su di lui, gli mette una mano sulla fronte, delicatamente, e gli sussurra alcune parole all’orecchio. Freyr lo guarda inebetito, gli occhi leggermente vitrei, annuisce e si solleva faticosamente. Scavalca il bordo della Camera di Guarigione e pianta i piedi malfermi al suolo, l’uomo si fa da parte, lo osserva attentamente barcollare alcuni istanti poi respirare profondamente e scuotere la testa come un cane appena uscito dall’acqua.
-Vuol dire che, quando esattamente tra trentotto secondi, tua madre piomberà qui in lacrime…-.
-Mia madre?-
-…dovrai inscenare la parte del piccolo Loki, vittima dell’ingiustizia cosmica-.
-Ma io…-
-E bada di essere convincente, perché mentre noi parliamo tuo fratello sta per avere un colloquio con il terribile Dio Paparino, e credo proprio che non esiterà a spifferargli tutto. Se vuoi cavartela, devi fare quel che ti dico-.
-E se non funziona?-
-Non preoccuparti, io sarò più vicino di quel che pensi. Adesso vado, però-.
Loki sta per dire qualcosa, ma sente dei passi frettolosi provenire dal corridoio, si gira verso la porta poi torna a guardare Ràtto, per dirgli qualcosa, ma lui è svanito. Prima che possa chiedersi come o perché, la porta si spalanca e Frigga entra in uno svolazzare di veli giunonici, l’espressione di solito compassata e ferma del viso è sostituita da un’aria di agitata preoccupazione, -Loki, come stai?- Frigga abbraccia Loki con trasporto.
-Sto bene, Madre-, dice Loki sorpreso ma compiaciuto. Sua madre è una donna dolce e affettuosa, ma il rigido contegno che deve alla sua carica la fa spesso desistere dal dimostrare fisicamente il proprio amore ai figli. Staccatasi dall’abbraccio, Frigga esamina Loki minuziosamente. Il sangue che gli imbratta le mani e i vestiti le fa dilatare gli occhi, ma non dice nulla, essere la moglie del Dio della guerra tempra al sangue e di ferite aperte non ve ne sono, quindi si calma un poco e prende la mano del figlio.
-Gerdr è venuta da me come una furia, dicendo che Thor e Freyr ti avevano ucciso-, dice prendendo la mano sinistra di Loki, -vuoi dirmi, per amore degli Asi, che cosa è successo?-
Ecco, adesso comincia la parte davvero difficile…”, pensa Loki, “come posso mentirle così spudoratamente?
A peggiorare la situazione sopraggiunge Gerdr, bellissima e biondissima, che si fionda accanto a lui e gli prende l’altra mano.
Adesso Loki è stretto tra due fronti: Frigga alla sua sinistra e Gerdr alla sua destra “sono fregato”.
-Li ho visti io stessa, mia Signora Frigga-, esplode Gerdr puntando uno gli occhi furenti su Freyr, che la guarda ancora mezzo inebetito, -Thor e questo caprone lo portavano in braccio, svenuto, ed era pieno di ferite e tagli. Devono averlo usato come bersaglio per i loro pugnali. Sono delle bestie!-
Frigga stringe le labbra, ma parla con tono pacato e gentile, -mia cara, so che desideri il bene di mio figlio, ma vorrei udire dalla sua bocca quanto è accaduto-, si rivolge quindi a Loki -è vero quel che dice questa fanciulla? Sia Freyr che Thor ti hanno attaccato e ferito?-
Loki sta per rispondere di no, che non è vero, che è tutto un equivoco, poi vede negli occhi di Frigga un’espressione di ansiosa speranza e capisce… lei spera che Thor sia innocente.
Non le importa di Freyr, non le importa se lui sia stato ferito o meno. Le importa che non sia stato il suo amato primogenito a farlo! Un modo di bile gli sale alla gola, -Gerdr non mente, Madre.-
“Lei crede che quel che ha visto corrisponda a verità, solo che ciò che ha visto non era vero… Quindi neanche io sto mentendo”.
L’espressione di Frigga è ferita -dunque è così?-
-Non mi credi?-
-Sì, certo che ti credo, figlio mio, so che non mi diresti una bugia su una cosa così grave. Ciò nonostante non capisco per quale motivo tuo fratello avrebbe dovuto farti del male-.
-Vi chiedo perdono, mia Signora, ma che importanza ha il perché?- interviene Gerdr, -probabilmente Freyr gli avrà mentito per indurlo a credere il falso. Dico bene Freyr?-
Freyr, sentendosi interpellato, fa saettare lo sguardo perso tra Frigga e Gerdr, per poi posarlo su Loki, -io non sono sicuro di quel che è successo. Ricordo che lo stavo inseguendo nel frutteto, ero furioso, poi è successo qualcosa, non so cosa… c’era del sangue. E ricordo la voce di Thor, anche lui era arrabbiato-.
Frigga aggrotta la fronte e stringe la mano di suo figlio, -credo sia il caso di esaminare questa faccenda più accuratamente, quando sarete tutti meno confusi e agitati. Per ora voglio che tu ti riposi, figlio mio. Manderò le ancelle a preparati un bagno caldo per lavare via sangue e paura, anzi… Gerdr, bambina, potresti andare tu ad avvertirle?-
-Sì, mia Signora. Ne sarò onorata- la chioma bionda della ragazza sparisce oltre la soglia in un balenio di luce dorata.
-Tu, figlio mio, seguila in fretta e va a riposare-, poi si rivolge severamente Freyr, -tu verrai con me da Odino e sarai messo a confronto con Thor, sulla faccenda-. “Dunque siamo già a questo” pensa la donna, amareggiata, mentre sta imboccando l’uscita seguita docilmente da Freyr, “Bræðr munu berjask, ok at bǫnum verðask, ha detto laVolva nelle sue profezie: I fratelli si aggrediranno, esi daranno la morte”.
 
Loki è rimasto da solo, si umetta le labbra, ha la bocca secca e impastata. Sente nelle gambe una pesantezza strana, un affaticamento che non riesce a spiegare.
-Ràtto?- chiama piano, -Ràtto, ci sei?-. Non risponde nessuno, la stanza è silenziosa e immobile.
Loki attende ancora alcuni istanti, poi lentamente lascia anche lui la stanza, in effetti un bagno caldo è davvero l’ideale dopo una giornata come quella.
 
****
 
Ràtto osserva Loki lasciare la stanza, sorride soddisfatto lasciando andare l’illusione che lo proteggeva da sguardi indiscreti. Ha osservato, non visto, tutta la scena, e ridacchia stiracchiando le membra slanciate, soddisfatto del proprio operato. Si siede per terra, allungando le gambe affusolate sul pavimento di marmo, la schiena appoggiata al muro. Tira fuori una sigaretta di tabacco arrotolato e la accende, ispira la prima boccata e chiude gli occhi con espressione beata, quando è arrivato quasi al filtro avverte una leggera pressione al centro del petto e inizia a grattarsi, prima piano, poi sempre con maggiore insistenza. Un puntino bianco si accende sotto i suoi vestiti, percettibile appena, come una lucina di Natale gialla e intermittente.
-Dunque?- Una voce femminile si diffonde nella stanza. Non ha una provenienza precisa, ma il punto luminoso che scaturisce dal petto dell’uomo lampeggia cadenzandone le parole, -cosa puoi dirmi del ragazzo?- la voce è morbida, calda, ma concisa e ferma.
-E’ potente-, risponde l’uomo tirando l’ultima boccata di fumo azzurro -molto più di quel che pensa. Non gli manca certo l’intelligenza e la voglia di primeggiare in qualcosa-.
-Credi quindi che sia adatto?-
-Sì, credo proprio che faccia al caso nostro-, risponde l’uomo compiaciuto, espirando fumo dal naso affilato e dalla bocca.
-Molto bene, procedi, allora- continua la donna, -Ma sii cauto. Credo che Odino sospetti qualcosa, sento il suo occhio che tenta di penetrare le mie difese-.
-Il vecchio non è un problema-, l’uomo schiaccia il mozzicone con il piede, lasciando una macchia di cenere nera sul pavimento di marmo immacolato.
-Non sottovalutare i suoi poteri-, lo ammonisce la donna, con severità -è una creatura antica, anche più antica di me e dispone di incredibili risorse-.
-Come tu dici, Madre- dice lui, asciutto.
-Sento per caso nel tuo tono, una nota di condiscendenza?-
-No, mai-, si affretta a rispondere l’uomo -ma credo che Odino sia più cieco del mio piede nella scarpa, se non vede la gemma preziosa che cresce incolta nel suo giardino-.
-Non sta a te giudicare il modo in cui un padre ama il proprio figlio. Non farmi pentire di averti affidato quest’incarico-, il punto luminoso sul petto dell’uomo si fa più intenso, assumendo una sfumatura verde brillante. L’uomo si morde il labbro sottile in una smorfia di dolore e preme sul punto con la mano, -ti chiedo perdono-.
-Hai altro da aggiungere al tuo rapporto?-
-No, Madre-.
-La tua Mente nel mio Cuore-.
-Il tuo Cuore nel mio Petto-, il punto luminoso si spegne e l’uomo resta in silenzio per alcuni minuti prima di alzarsi e abbandonare a sua volta la stanza.

  
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