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Autore: Sundance    19/01/2008    4 recensioni
... I miei occhi risalirono il suo braccio fino al torace, proseguirono sul collo e si fermarono sulle labbra. Notai che sembrava giovane, cosa che si ricollegava bene alla voce, e che si era fatto la barba evidentemente. Poi in un impeto di coraggio estremo alzai di scatto gli occhi e li puntai nei suoi.
E mi sciolsi.
E capii perchè conoscevo quella voce.
Perchè la sentivo risuonare nella mia testa nei momenti più impensabili, perchè aveva pronunciato frasi che avrei sempre ricordato, perchè un "Depends on the one day" assume tutt'altra forma e sensazione quando è quella voce che lo dice.
E compresi anche che se mai avessi potuto sperare di incontrarlo, non sarebbe mai, MAI stato con il trucco sbavato da lappate di cane, i pantaloni sporchi per la caduta e l'espressione di una che sta per collassare.
Completata (sorpresa: capitolo 39 più epilogo)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"E così sei italiana. Sei in vacanza o studi qui?"
"Veramente dovevo lavorare qui ma non posso coprire le spese, perciò in attesa di ripartire faccio la turista."
"Hai scelto un bel posto da vedere."
"Era l'unico parco che mi mancava.... o meglio, Hyde Park e St James li conosco bene, solo che non avevo mai visto finora la statua di Peter Pan, e così..."
"Ti accompagno io, così Sidi cammina e non attacca altre persone."
Risi. E non ci credevo, mentre accadeva a me di passeggiare lungo i bei viali dei giardini che accolsero la nascita del Fanciullo Immortale di J.M. Barrie, al fianco suo. Di Orlando Bloom. Io e lui. Com'era successo?


Passata la ridarella, mi porge la mano e si presenta:
"I'm Orlando."
Gliela stringo come poco prima, e di nuovo mi stupisco a notare quanto le mie dita dipendano dalle sue.
*Svegliati.*
"I'm Luna, pleased to meet you."
Il cane abbaia e fa per saltarmi di nuovo addosso. Lui - che a sentire il mio nome aveva assunto un'aria incuriosita - lo trattiene e aggiunge:
"E questo è Sidi, testone e disubbidiente."
Alza lo sguardo su di me e prosegue, serio:
"Davvero, spero non ti abbia spaventata, prima. Non lo aveva mai fatto, solitamente non si comporta così. E' colpa mia, avrei dovuto tenerlo al guinzaglio, ma non credevo che lasciarlo libero due minuti portasse a questi incidenti."
Sorrido e scuoto il capo, posando la mano sulla testa del cagnone, che apprezza scodinzolando.
"Non ti preoccupare, a me piacciono i cani grossi, e poi non mi ha fatto nulla..."
E Sidi mi posa le zampe sulla cintura dei jeans. Orlando lo tira indietro e lo accuccia severo, ripetendo le scuse.
"Sicuramente gli stai simpatica, tutta questa confidenza la mostra solo ai miei amici stretti, che vede più spesso."
"Bene, allora è una cosa positiva!"
Alza la testa alla mia esclamazione e sorride, poi si fa serio e mi guarda la mantellina leggera e i pantaloni.
"Ti ha ridotta maluccio, però. Mi dispiace davvero, permettimi di rimediare, c'è una tintoria poco distante da qui..."
"No, assolutamente. Tra poco tornerò a casa, ci penserà la lavatrice, metto i pantaloni in valigia e via."
Lui mi guarda interrogativamente, perciò spiego:
"Non vivo qui... sfortunatamente. Devo tornare in Italia."
"Oh. Capisco."
Silenzio. Faccio di tutto perchè non se ne vada, perciò esco con un:
"Se però sai dirmi dove posso trovare una fontanella, mi fai un favore. Come ho detto adoro i cani, ma l'Inghilterra è la patria dell'educazione e andare in giro con la saliva di Sidi non mi attira benevolenza, immagino."
*Sei irrimediabilmente scema.*
Mi guarda in viso, e di nuovo mi sento diventare rossa. Perciò chiudo gli occhi e balbetto:
"Ti prego, dimentica le mie ultime parole. Non sono stupida, davvero, è che non sapevo che dire."
*Viva la sincerità.*
Sorride divertito, invece, e annuisce.
"Non stavo considerando il tuo stato mentale, pensavo che in effetti Sidi è un cane che lascia il segno."
E dicendo questo allunga una mano a spazzolare due o tre foglie via dalla mia mantellina.
*Controllati, sei ridicola, hai un'età, insomma. Non vorrai comportarti come le milioni di fan allucinate.*
"Comunque la fontanella c'è. Non è potabile, se non ricordo male, ma fa al caso nostro. Vieni, ti accompagno."
"Sei sicuro, non è che interrompo la tua passeggiata?"
"Mi sembra il minimo, dopo lo spavento che ti ho causato."
"Ahm, allora... grazie."
"You're welcome."

Non è meraviglioso il modo di dire "prego" che hanno gli inglesi? "Sei la benvenuta". E' meraviglioso.
Ci incamminiamo lungo i viali, e intanto, stranamente, risulto abbastanza sicura di me da rispondere alle sue domande o alle sue osservazioni, che stranamente, continua a farmi. Non so perchè continui a parlare con me. Mi sorge il dubbio che sia per tranquillizzarmi, oppure per evitare che gli faccia causa, che ne so. Sia come sia, mi godo il momento. E lo sfrutto, perchè sfodero il mio inglese, lingua che - in un lampo di lucidità - ricordo di sapere abbastanza bene. Almeno faccio pratica.
*Smetti di razionalizzare. Prendi in giro solo te stessa.*

Arrivati alla fontana mi tiro su le maniche della giacca, poso la borsa per terra e mi sciacquo per bene il viso. Quando mi sento abbastanza fresca e pulita, lancio una rapida occhiata alla superficie lucida della cannella. Non riesco a vedere se son riuscita a togliere tutto il mascara o no. Recupero la borsa e rifletto rapidamente: prendere il portacipria per guardarmi è escluso, sembrerei la classica fighetta che si preoccupa solo del trucco. Ma se invece al contrario non facendolo sembrassi trasandata e sciatta? Oddio, che farei se fossi con un amico?
"Secondo te ho gli occhi a panda?"
*CHE CAVOLO FAI?!?*
Mi guarda a metà tra l'incuriosito e il sorpreso.
*Ma dannazione, non è un tuo amico, non hai una confidenza tale da porre questa domanda, stupida!*
"Intendevo..."
*Oltretutto non si dice "occhi a panda" in inglese, scema! Chissà che hai detto!*
"... ho gli occhi neri?"
Si avvicina ancora con l'aria stupita, e dopo avermi fissata a lungo sembra capire qualcosa e fa:
"Ah! Mi stai chiedendo se il rimmel ti ha macchiato gli occhi?"
*Standing Ovation per la tua brillante intelligenza, cara.*
"... sì."
"No, sono a posto. Fortunatamente non avevi il rimmel water-proof, so che è difficile da sciacquare via."
Adesso sono io che lo guardo stranita, e lui con un sorrisino mi fa:
"Lo vedo al lavoro, quando le mie colleghe si devono truccare... se usano il rimmel water-proof devono tergersi il viso con più insistenza."
"Oh... capisco. No, comunque hai ragione, non avevo messo il water-proof."
Meglio non dirgli che sai benissimo con che tipo di colleghe lavora, belle e perfette anche se sbaffate di trucco.
"Conosco il tuo nome. Non so parlare bene l'italiano, ho studiato solo il francese, ma qualche parola l'ho appresa... però non pensavo fosse un nome da dare anche alle persone, non so se capisci che intendo."
"Oh... oh, sì, perchè è il nome con cui noi identifichiamo la luna, però sì, è anche un nome proprio."
Ero rimasta sorpresa dalla sua affermazione, ma mi sembrava di aver dato una risposta inconcludente.
"Sai, come Gwyneth Paltrow, che ha dato nome a sua figlia "Apple". Anche se è un minimo differente, forse..."
Orlando sorride e annuisce:
"Effettivamente non darei a mio figlio il nome di qualcosa da mangiare."
Sorrido anche io e mi sistemo le maniche.
"Ma "Luna" suona carino."
Resto a bocca aperta. Mi ha fatto un complimento.
*Reagisci, non sei un merluzzo.*
"Ah, ehm, grazie. A me piace il tuo. E' il nome di un cavaliere."
*Non aggiungere che il cavaliere in questione era un pazzo furioso, ti prego.*
Sorride divertito e sfoderando il sorriso sghembo di prima chiede:
"Facciamo a cambio?"
E a quel punto, sto zitta e rido. Almeno non corro il rischio di dire altre assurdità.


Arrivammo davanti ad una piccola discesa, che portava ad un lago, sulla destra. Respirai profondamente l'aria mattutina. Mi sentii rinascere. Mi voltai verso il mio accompagnatore e di colpo fu come se lo vedessi per la prima volta.
Mi presi il tempo di guardarlo, di ammirarlo, con calma. I capelli erano scuri e gli ricadevano lisci fino a sotto le orecchie, in una specie di caschetto disordinato. La pelle era chiara, ma non pallida, anzi sembrava ancora abbronzato nonostante fosse autunno inoltrato. E gli occhi, che seguivano ogni movimento del suo amico a quattro zampe, si posavano sulle persone e su quanto ci circondava avvolgendo tutto con la forza della loro dolcezza color cioccolato. Fu in quel momento che sentii distintamente riaffiorare in me la me stessa di qualche anno prima, quando, sedicenne, entrai per la primissima volta a contatto col suo viso, nelle vesti di un principe Elfo, biondo e dagli occhi color mare, che scendeva da cavallo. Sentii di nuovo tutta la forza di quello sguardo magnetico e quasi impossibile da sostenere, e considerai che in quella mezz'ora lo avevo incontrato molte volte. Mi lasciai sfuggire un sospiro tremante.
Lui se ne accorse, perchè cercò il mio sguardo, lo avvertii, ma tenevo la testa bassa, e prima che la potessi rialzare mi aveva toccato il braccio che tenevo rilassato accanto al suo. Lo guardai e mi resi conto che tra me sedicenne e me ventitreenne non c'era alcuna differenza, in quel momento.
"Ti senti bene? Non volevo chiedertelo prima, ma hai battuto la testa? Ti fa male la schiena?"
C'era qualcosa in quegli occhi preoccupati che mi dava serenità. Qualcosa che manca negli occhi della gente quando ti rivolge questa domanda senza un vero interesse dietro.
"No..."
Sincerità. Ecco cosa brillava tra l'iride e la pupilla.
"... sto bene. Stavo solo pensando... a Sidi. E' davvero bello, sul serio."
Sorrise, e mi affrettai ad aggiungere:
"Non sospiravo per lui, era un sospiro... di benessere, ecco. Mi piace Londra. La adoro con tutta l'anima. Non vorrei vivere in nessun'altra città."
"Davvero? Ci eri già stata?"
"Sì. Come lo sai?"
"Per apprezzarla bisogna viverla, e hai detto di essere qui per un lavoro, perciò non avevi in programma di visitarla, ma se ti piace così tanto significa che hai potuto farlo."
Sorrisi annuendo. E ripresi:
"Non mi piace solo Londra. E' la gente, che mi attira. E la lingua, cerco di impararla il più possibile, perchè mi piace davvero."
"Lo vedo. Sei brava, in ogni caso. Finora non hai fatto alcun errore."
"Oh... grazie! Sei gentile!"
Sorridemmo entrambi, e soprappensiero aggiunsi:
"Il fatto è che mi risulta più facile parlare in inglese che in italiano. Sono un pò dislessica, e parlare un'altra lingua mi aiuta a esprimermi correttamente, perchè avendola imparata, non posso sbagliarla... non so se riesco a spiegarmi."
"Sì, invece. Io avevo lo stesso problema anni fa. Capisco cosa intendi."
"Ottimo."
"Eccoci qua."
Di colpo tornai alla normalità. Al mio fianco sinistro, con il lago sulla destra ed una piccola salita davanti, si ergeva la piccola, tenera statua di Peter Pan. Mi avvicinai in estasi: l'avevo vista in un film da bambina, ero commossa, e ammirai ogni singola parte dell'opera col fiato sospeso e tenerezza nel cuore. Un altro sogno esaudito. Alzai lo sguardo a fissare il volto del bambino eterno, e pregai con tutte le mie forze di bimba che esaudisse anche un altro desiderio: quello di rivederlo, un giorno.
Mi voltai a guardare Orlando sorridendo per ringraziarlo, ma non c'era.
Un tuffo al cuore.
E poi una ben nota spinta mi tirò in avanti: Sidi mi aveva afferrata per la mantella. Ero così sollevata che presi il suo muso tra le zampe e ridacchiai:
"Ma che bel cucciolone che sei!"
Lui scodinzolò, e abbaiò. Orlando apparve da dietro la statua - c'era una specie di piccolo giardino - e lo sgridò nuovamente:
"Ma insomma, Sidi!" poi guardò me spalancando le braccia come a dire "che posso fare?" e sospirò:
"Qualsiasi cosa tu gli abbia detto, se era severa mi associo. Non si regge quando decide di fare il matto."
Io sorrisi e risposi:
"No, non era severa, e anche se lo fosse stata, non mi avrebbe dato retta, ti pare?"
Lui mi fissò un attimo pensieroso e valutò attentamente lo stato in cui mi ero ridotta, poi sospirò:
"Non so davvero come scusarmi, ti prego di credere che sono desolato."
"Non è niente, ti giuro. Anzi... sei stato gentile ad accompagnarmi fin qui, lo apprezzo tantissimo, con tutto quel che avrai da fare, immagino..."
"No, sono in vacanza, in realtà, in pausa."
"Oh..." Evitai di nuovo ti sfiorare il tasto "attore/Hollywood" e continuai:
"Comunque davvero, non disturbarti oltre, se devi andare vai, non voglio obbligarti a starmi dietro per tutta la mattina, davvero..."
Cercai di sembrare il più gentile possibile, perchè capisse che non lo stavo scacciando, stavo solo cercando di semplificarci la vita: lui avrebbe continuato la sua, io la mia, con un ricordo più bello.
Riprese Sidi e lo legò più stretto, poi mi guardò e mi sorrise. Io mi feci coraggio e decisi di staccare il prima possibile per non stare peggio dopo. Gli tesi la mano ed esclamai:
"E' stato un piacere conoscervi entrambi. Buon... buona giornata, allora."
Lui mi prese la mano e la strinse gentilmente, trattenendola. Lo guardai negli occhi, per bearmi un'ultima volta della loro luce.
"E' stato un piacere anche per noi. Sidi ha sicuramente apprezzato." Sorrise, ed io ridacchiai.
"Non che io abbia apprezzato di meno, non fraintendermi. Spero tu possa tornare qui a vivere, se è un tuo desiderio."
"Tu ci sarai?"
Oh no.
*Ma sei impazzita?!*
Che frase mi era uscita? Ritirai la mano abbassando lo sguardo, imbarazzatissima, pregando perchè non m'avesse sentita.
"Perchè, ecco, è piacevole parlare con te, sai. Tutto qui."
Il famoso "that's it" che salva le frasi azzardate.
*Respira, ormai la frittata è fatta.*
"Meglio che vada. Grazie ancora di tutto."
Senza rialzare lo sguardo accarezzai la testa di Sidi e feci per voltarmi, mordendomi il labbro.
"Non mi dispiacerebbe incontrati ancora. Anche per me è stato piacevole chiacchierare con te."
...
*Respira. Respira.*
"... Thank you. Ahm, well... goodbye."
"Goodbye."
E mi incamminai, sola, verso l'uscita dei giardini.
  
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