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Autore: Red_Ginger    06/07/2013    6 recensioni
Quando la vidi, per la prima volta dopo secoli il cuore morto nel mio petto sembrò riprendere a battere e la cenere arida che aveva sostituito il mio sangue diventò un fiume di lava bollente. Decisi in un solo istante che l'avrei avuta. Io sono il conte Alexandros Demetriou, e questa è la mia storia.
Una gradevole (o almeno lo spero) storia nella venezia del '700.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dalla disperazione, la speranza

 

Scattai quando

sentii una morsa

al cuore.

Elisabetta era in

pericolo, più di quanto

era stata fino

a quel momento.

Seguii il mio istinto,

percependo sulla pelle

l’acquamarina che Aicha

mi aveva dato

scottare, vedendola

brillare nell’oscurità.

Corsi più veloce

che mai.

 

Mentre controllavo la

ferita di Giovanni una

certezza mi colpì

come una freccia:

Alexandros

sapeva dov’era Betta,

l’avrebbe trovata.

E allora sospirai

di sollievo.

 

Il cardinale se n’era

andato, ma la paura

era ancora forte.

Daniele era lì,

incombeva su di me.

Era pazzo e io, stordita,

non avrei di certo

avuto la forza

di combatterlo.

Mai come allora

sperai che Alekos tornasse.

 

Probabilmente

quell’impulsivo

di Daniele avrebbe cercato

di conquistarla, lei

avrebbe rifiutato

e potevo benissimo

immaginare

cosa le avrebbe fatto.

Ma per quanto mi riguardava

avrebbe anche potuto ucciderla.

Per me l’importante era

 eliminare quel vampiro.

Mi sedetti ad aspettarlo

con calma

sorseggiando vino.

Neanch’io potevo immaginare

chi era quella

creatura.

 

Qualcuno mi aiuti, pensò Elisabetta spaventata, gli occhi serrati e il volto girato di lato.

Ora non vedeva Daniele, ma sapeva che non si era mosso di un centimetro.

Ora sentiva il sapore della paura. Stava per diventare una preda di Daniele. Di quel pazzo.

 

Dio, se è bella, pensò Daniele, guardandola.

Distesa sul letto, avvolta in quel semplice abito azzurro in magnifico contrasto con i suoi capelli di fiamma, sembrava un angelo. Un angelo caduto dal cielo per lui.

Si sedette sul letto e avvicinò una mano al suo viso candido.

-Betta, guardami- le disse in tono gentile. Sorprendentemente gentile.

La ragazza si chiese cosa avesse in mente e aprì gli occhi, convinta dal tocco dolce sul viso.

In quel momento Daniele le sembrò molto diverso dal giorno dell’aggressione a Giovanni. Il suo viso non aveva più la gelida espressione di quel giorno sciagurato. Era addirittura carino, e non sembrava fuori di sé. Forse non le avrebbe fatto nulla.

-Daniele…- cominciò a dire con voce tremante.

Il ragazzo notò che tremava.

-Daniele, ti prego… ti prego, lasciami andare- implorò lei a voce bassa.

La risposta dell’altro fu sorprendentemente gentile.

-Non posso Betta. Tu torneresti da lui e io non posso permettere che ti rovini. È un nemico della Chiesa-

Elisabetta cominciava davvero a essere stufa. Era stufa del fatto che qualcun altro scegliesse al posto suo. Si passò una mano sul volto per calmarsi e quando rispose la sua voce era ferma.

-Non puoi permettere che lui mi rovini? Chi credi di essere per arrogarti il diritto di decidere al mio posto? Non capisci che io lo amo, che tenendomi qui mi fai solo del male?- non si era accorta di aver alzato la voce, di aver urlato l’ultima frase.

La calma risposta di Daniele la mandò letteralmente fuori dai gangheri.

-Tu sei solo una bambina, non puoi decidere nulla, non ne sei in grado. Sei troppo piccola per capire cosa sia il vero amore. Per questo rimarrai qui con me. E prima o poi imparerai ad amarmi-

La giovane scoppiò in una risata aspra mentre le lacrime le salivano agli occhi.

-Amare te? Preferirei morire! E ora vattene!-

L’altro si alzò cercando di rimanere calmo. Le parole di Betta lo ferivano, ma capiva che erano dettate dall’ira. Del resto anche lui si sarebbe infuriato se lo avessero allontanato a forza dalla propria casa, ma alla fine avrebbe capito che era per il suo bene. Doveva solo aspettare che anche lei lo capisse.

-Cambierai idea quando capirai che sposarmi sarà l’unica via per uscire di qui. Ma io so aspettare- l’attesa non avrebbe fatto altro che accrescere la felicità nel momento in cui lei avrebbe finalmente accettato di diventare sua moglie.

Anche Elisabetta si alzò, rendendosi conto che la porta era rimasta socchiusa.

-Mai, non ti sposerò mai! Neanche se sposarti significasse riavere la libertà! Mi disgusti, mi fai schifo! Credi di poter conquistare una persona rapendola?-

La rabbia crebbe dentro Daniele. Il leggero fuoco che gli scorreva sotto pelle, prodotto del nervoso causato dall’attesa del vampiro, si tramutò in un incendio.

Con un potente schiaffo sbatté Elisabetta sul letto, spaccandole un labbro.

In un attimo le fu sopra e la baciò con forza, sentendo il sapore del suo sangue. Un sapore che lo rese ebbro di desiderio.

La ragazza si dibatteva, gli diede addirittura un morso, ma non riuscì a toglierselo di dosso.

Lottarono silenziosamente, lei distesa sul letto e lui sopra. L’unico suono nella stanza era quello del loro respiro accelerato. E poi un’unica frase che uscì dalla bocca dell’uomo.

-Io ti avrò, che tu lo voglia oppure no, ricordalo ragazzina! Tu sei mia!-

Il rumore della stoffa strappata fece immobilizzare Elisabetta.

Terrorizzata la giovane voltò di nuovo il viso di lato, sotto lo sguardo stupefatto di Daniele, deliziato da quello che finalmente vedeva.

 

Il posto dev’essere questo.

Alexandros era davanti ad un antico edificio fuori Venezia, isolato e nascosto dalla vegetazione.

Un nascondiglio perfetto.

L’aveva trovato, e neanche lui sapeva come. Era rimasto a casa per tre giorni, chiuso nella sua stanza, a riflettere, ignorando le domande della governante e della servitù su Giovanni e Betta, e questo non aveva fatto altro che aumentare la loro agitazione. Era rimasto ore ed ore seduto sulla poltrona, ad occhi chiusi, con il ciondolo in mano, concentrato su sé stesso. Immerso in un oceano di silenzio.

-Dovete pensare che non esiste nulla al di fuori di voi. Dovete concentrarvi sul vostro cuore, sulle vostre emozioni. Immergetevi in voi stesso, conoscetevi il più profondamente possibile- gli aveva detto Aicha, poco prima che lui se ne andasse da casa sua.

Lui l’aveva fatto. Era sprofondato lentamente in sé stesso.

Aveva ripercorso tutti i momenti passati con Betta, impressi a fuoco nella sua memoria. E poi all’improvviso l’aveva sentita. Lo chiamava. Aveva aperto gli occhi e si era trovato in un posto inondato di luce. Un posto che aveva realizzato essere un giardino. Il giardino della villa. Aveva sentito di nuovo quel richiamo. Aveva trovato Betta nel gazebo, una struttura di metallo su cui le piante crescevano, intrecciate ai pali.

-Alekos, vieni. Vieni da me!- aveva esclamato lei ridendo, tendendogli una mano. Era ancora più bella avvolta in quel vestito bianco, i capelli sciolti in lunghe onde di fuoco.

Lui si era avvicinato, ma non aveva fatto in tempo a fare cinque passi che gli steli dei fiori sui pali si erano trasformati in tronchi, avvolgendo il gazebo e chiudendovi dentro Betta. Imprigionandola. Aveva cercato di liberarla ma non ci era riuscito.

E all’improvviso si era trovato nel campanile di una chiesa abbandonata.

Nessuna traccia di Betta. Aveva alzato lo sguardo e aveva visto le campane muoversi senza emettere alcun suono. Poi la chiesa era scomparsa, lasciandolo in un prato ingiallito e secco.

Una voce sconosciuta era echeggiata in quel posto desolato.

Qui dove le campane di San Marco non si sentono…

Qui dove le campane non suonano più…

La visione era terminata e lui si era precipitato fuori di casa, e dopo aver corso molto aveva trovato quel posto. Abbastanza lontano dalla città affinchè le campane della basilica non si udissero, vicino alle rovine di una chiesa, immerso nella vegetazione.

Ora era lì, davanti alla porta sul retro.

Senza esitare entrò.

Betta, sono qui.

 

Le mani di Daniele cominciarono a scorrere sul corpo bianco di Elisabetta, causandole dei brividi. Lo avrebbe fatto, non c’era via di scampo.

Il giovane le insinuò una mano sotto la gonna, ignorando le sue suppliche, le sua lacrime.

Un momento prima era sopra di lei, e un momento dopo volava contro il muro, sbattendo la testa e svenendo.

Lei si alzò a sedere di colpo, cercando di coprirsi e vide il suo amato, in piedi, infuriato.

Subito lui si sedette sul letto.

-Betta, che ti hanno fatto? Stai bene?-

Lei annuì, la voce bloccata in gola e le lacrime agli occhi.

Alexandros la strinse a sé dolcemente, sussurandole di calmarsi quando lei scoppiò in violenti singhiozzi.

-Dobbiamo andare via di qui. Te la senti di camminare?-

-Sì- rispose lei debolmente.

Alexandros la coprì con la giacca e le diede un bacio a fior di labbra, con dolcezza.

Scesero al piano di sotto, lentamente. Il cardinale, seduto con le spalle rivolte verso la scalinate li sentì.

-Allora, vediamo chi è questo vampiro che ama così tanto questa povera umana da andarsi a cacciare nella tana del lupo-

Il vago sorriso che aveva sul volto scomparve quando si voltò verso di loro. Il bicchiere che aveva in mano si infranse sul pavimento.

-No- esclamò il religioso –non puoi essere tu. Non puoi essere tu!-

 

Angolo autrice

Olè, capitolo pubblicato nel giro di pochi giorni!

Mi sentivo proprio ispirata ^^

Chissà perché il cardinale sembra così… stupito? Spaventato? Chissà, a voi le supposizioni (e le recensioni!)

Ciao topi :)

 

  
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