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Autore: Hasya    06/07/2013    5 recensioni
Un errore cambierà le loro vite, facendole irrimediabilmente congiungere.
La loro storia era quanto di più spagliato ci possa essere al mondo e pure la passione, l’ossessione supera qualsiasi ostacolo. La voglia di volere ciò che è proibito attrae chiunque e Christian e Arianna ne rimangono fregati. Entrambi erano consapevoli che una volta entrati nel tunnel non ne sarebbero più usciti, erano consapevoli di essere in pericolo, erano consapevoli dell’errore che commettevano e pure nessuno dei due era capace di mettere un punto a quella strana storia, troppo deboli per resistere alla tentazione di possedersi. Sguardi maliziosi di giorno e amanti focosi di notte. Una scuola, un rapporto professore-alunna e un letto ad unirli.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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I don't live without you, secondo capitolo.
 

 

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Con una rapida frenata il bus si ferma, rischiando di far cadere tutte le persone che quella mattina non avevano trovato un posto per sedersi, aspettai che si sfollasse un po’ lo spazio ristretto vicino alle porte e poi in silenzio sia io che Maria ci alzammo, scendendo.
«Com’è andata la comunione?»
Chiese Maria giusto per rompere il silenzio, perché sapevo con certezza che su tutti gli argomenti delle nostre conversazioni quello della comunione era sicuramente il più palloso.
«Noia totale.»
E lo era stato anche la festa.
Scarpe con i tacchi per tutto il giorno, non che non mi piacesse essere sensuale, anzi un complimento era sempre ben accetto.
Parenti che d’un tratto ti trovano diversa, cambiata, cresciuta.
Quel genere di feste non erano adatte a me, per niente.
«Di cosa parlavate?»
Interruppe i miei pensieri Angela, una nostra compagna di classe, membro del fan club dedicato al professore d’inglese.
«’Giorno anche a te.» la apostrofai io.
«Parlavamo della comunione di domenica di Marina la cugina di Ari.» spiegò invece Maria
«Capito,» ci liquidò «oggi c’è il mio prof preferito in classe, come sto?» domandò continuando..
«Ah ma oggi entri? Pensavo avessi trovato lavoro in un night club.»
«No, no sei fuori strada, non è un luogo adatto a me, soprattutto perche Chrì non frequenta questo genere di posti.»
Spiegò rapida lei, prima di affrettarsi a salire.
Chrì era lo stupido nomignolo con il quale le componenti del fan club chiamavano il professore.
«Andiamo dai.»
«Hai fretta di salire? Ansiosa di vedere Chrì?» imitai la voce a papera che aveva usato poco prima Angela.
«Se tu avessi letto almeno una volta in più l’orario sapresti che il professore di inglese viene alle ultime due ore nella nostra classe.»
«Lo sapevo infatti.»
Bugia, non ne avevo idea.
Sapevo che avevamo lezione di inglese con lui solo perché sabato mattina le ragazze nella mia classe si organizzarono per i vestiti da indossare lunedì mattina, cioè oggi e conoscendole probabilmente avranno tutte il rosso come colore dominante, pensano sia sensuale.
Quando intravidi Antonio, il mio ex, da lontano afferrai saldamente il braccio di Maria e aumentai il passo per evitarlo.
«Hey,hey,hey.» si fermò d’un tratto Maria «Cosa succede?»
«Antonio in avvicinamento, non mi va di vederlo, saliamo.» le spiegai telepatica pregando che qualche suo amico o amica lo fermasse per salutarlo.
«Come vuoi.»
Questa volta fu Maria ad afferrare il mio braccio e a camminare tra gli studenti, scavalcandoli beccandosi anche qualche insulto ai quali lei non diede retta, eravamo quasi arrivate alla porta principale che portava alle scale.
«Arì, hey aspettami. Arianna.» urlava a gran voce una persona.
In un primo momento decisi di evitarla, insomma quante ragazze in quest’istituto hanno il mio stesso nome? Tantissime, quindi.
Ma fu totalmente impossibile ignorarla per due validi motivi, la voce continuava ad urlare costantemente il mio nome e di conseguenza quasi tutti i ragazzi, che conoscevo, m’iniziarono a fissare e dovetti per forza fermarmi. Quando mi girai e vidi lui, volevo ucciderlo lentamente soprattutto quando mi accorsi del suo sguardo puntato addosso.
«Finalmente! Ma non conosci il tuo nome?» scherzò Giuseppe.
«Stronzo.» lo maledì sussurrando
Si avvicinò pian piano a noi e ci salutò con un bacio sulla guancia e mentre salutava Maria gli tirai un pugno alla pancia.
«Hey e questo per cos’era?»
«Mmh vediamo per la figura di merda che mi hai fatto fare e per ieri sera!»
Non appena finì di parlare scoppiò a ridere facendo ridere pure Maria, mentalmente li mandai a quel paese e con  un espressione incavolata m’incamminai verso la porta principale della scuola trovando il professore d’inglese intento ad osservare la scena insieme alla bidella.
«Rapida Lombardi, la campana è suonata già da un pezzo.»
Mi apostrofò sorridendo il professore d’inglese, Christian Mancini.
«Scusi prof.»
Sorrisi di rimando mentre lo sorpassavo per entrare.
«Spero abbia studiato Lombardi, oggi la interrogo.»
Per un momento sbiancai, interrogare? Me?
Non era proprio la giornata migliore, ma cercai di ricompormi e sorridendo ancora annuì con il capo, mentre venivo raggiunta da Maria e Giuseppe che salutarono anche loro il prof, la prima forse con un sorriso troppo marcato. Iniziammo a salire le scale e alla seconda rampa di scale fummo raggiunti dal prof Mancini e dalla professoressa Martuccio d’italiano.
«Buon giorno professoressa.»
Salutò Maria, aveva una certa ammirazione per la professoressa Martuccio, l’adorava praticamente.
«Buon giorno Bianchi, Lombardi e Giordano.»
Salutò lei rispettivamente prima Maria, poi me e infine Giuseppe che rispose con un cenno del capo.
La nostra sezione era al terzo piano, probabilmente perché eravamo una terza.
Varcammo la porta d’ingresso del terzo piano e con Giuseppe al centro che teneva a braccetto sia me che Maria ci avviammo alla nostra classe.
Ci bloccammo di colpo quando leggemmo III C.
La porta era ancora aperta, segno che il prof chiunque esso sia, ancora non era arrivato.
Entrai in classe e posai la cartella al mio posto mentre Maria m’imitava.
«Oggi giornata soft, possiamo unire i banchi.»
Detto, fatto.
In meno di due minuti tutti i banchi erano uniti ed io stranamente capitai vicino a Giuseppe.
Giuseppe Giordano, ha diciassette anni ed ha un fratello più grande di lui che frequenta l’università, entrambi due bei ragazzi c’è da aggiungere.
Lui è il ragazzo che più si avvicina alla figura del migliore amico.
C’è sempre per me e il suo appoggio, insieme a quello di Maria non mi è mai mancato, qualcuno in classe ci definisce addirittura il trio.
Al contrario di Maria, lui l’ho conosciuto alla fine della terza media quando venni a vedere l’istituto nel giorno dell’Open Day, praticamente mi colpì al naso con la porta d’ingresso. Mi chiese scusa un centinaio di volte mentre mi aiutava ad alzarmi e mentre io gli ripetevo che andava tutto bene anche se il sangue continuava copioso ad uscirmi dal naso.
Quando all’inizio dell’anno del primo superiore me lo ritrovai come compagno di classe rimasi incredula, subito legammo e dal primo anno in poi siamo sempre stati in un certo senso inseparabili.
Ci sedemmo tutti quando la professoressa di francese entrò il classe.
«Bonjour, garçons»
«Bonjour.» ripete in coro la classe
«Oggi interroghiamo.»
Mentalmente pensavo, fa che non chiami me, fa che non chiami me.
E fortunatamente la sfortunata non fui io ma Angela, che in modo provocante si alzò recandosi alla cattedra dove la professoressa di francese l’aspettava.
Le interrogazioni di francese erano, forse, quelle più temute da tutta la classe, interrogava un alunno alla volta e gli continuava a fare domande finché la campana non la invitava gentilmente ad alzarsi e ad andare via.
E mentre la classe era divisa da persone che giocavano con i telefonini, persone che ascoltavano l’interrogazione e persone che parlavano tra di loro, io ero lì che ripetevo inglese.
La seconda ora arrivò storia e dato che ero già stata interrogata, non fui chiamata e continuai a ripetere inglese.
Anche la terza ora non fu da meno, infatti continuai a ripetere anche se con scarsi risultati temevo.
Ed arrivo anche la quarta ora, tra pochi minuti il professore Mancini avrebbe fatto il suo clamoroso ingresso. Di solito quando avevamo il prof Mancini Angela insieme ad altre compagne di classe si spostavano miracolosamente ai primi banchi, cosa che non accadde oggi poiché eravamo seduti tutti su un'unica fila.
«Good morning.»
Salutarono in coro le ragazze quando il professore entrò mentre i ragazzi si limitarono ad alzarsi dalle sedie per poi risedersi dopo pochi secondi.
Il prof regalò un sorriso alla classe che fece scogliere la maggior parte della popolazione femminile e si accomodò sulla sua sedia dietro la cattedra, mentre io continuavo a tenere gli occhi fissi sul libro di inglese cercando di memorizzare qualcosa.
Ma quando mi sentì fissare, alzai gli occhi dal libro e vidi il professore di inglese che cercava di troncare una risata, mentre fissava me e il mio libro di inglese, cos’avrà da ridere? Mha’.
«Bene, bene, cosa facciamo oggi?» chiese mentre apriva il registro di classe firmava per le sue dure ore per poi aprire il suo registro, fissando la fila di nomi e cognomi.
I ragazzi proponevano di fare nulla, le ragazze di spiegare qualche argomento nuovo poiché volevano bearsi del posteriore del prof e alcuni secchioni si offrivano per essere interrogati ed è a loro che diede ascolto il professore.
«Interroghiamo, ottimo.» sorrise e se prima qualche ragazza aveva intenzione di ucciderlo e di nascondere successivamente i resti del corpo, dopo il suo sorriso tutte si sciolsero un ennesima volta.
«Giordano.» chiamò il prof mentre il mio vicino di banco si alzava e si dirigeva a passo svelto verso la cattedra.
Chiamò altri due ragazzi e due ragazze e chiuse d’un colpo il registro mente io lo guardavo stranita, mi aveva espressamente detto che mi avrebbe interrogata, avevo sprecato tutta la giornata a ripetere inglese quando potevo benissimo parlare con Maria e lui non mi chiamava,bene!
L’interrogazione di Giuseppe andò alla grande, era uno dei più bravi in inglese, mandò a posto i ragazzi e rimasero solo le ragazze.
«Bravo!»
Sussurrai a Giuseppe non appena si sedette al suo posto lui si girò e mi sorrise mentre mi faceva la linguaccia e sussurrava qualcosa del genere “io non sono una schiappa come te in inglese.”
Scoppiai a ridere attirando l’attenzione dell’intera classe su di me e ovviamente anche quella del professore.
«Cos’è che la fa tanto ridere Lombardi?»
«Scusi, prof.» mi scusai la seconda volta in quel giorno
«Non si scusi, condivida con tutta la classe il motivo della sua improvvisa risata tutti abbiamo voglia di ridere, vero?» chiese in modo retorico alla classe che comunque rispose con un sonoro “si.”
«E’ stata colpa mia professore, mi scusi.» si assunse le colpe Giuseppe.
«Non facciamolo più ricapitare.»
Scossi meccanicamente la testa mentre sul suo viso si dipinse un ampio sorriso.
Mandò a posto le due ragazze mentre io guardavo l’orario sul cellulare, che segnava l’una meno dieci, era praticamente volato il tempo.
«Lombardi.» alzai lo sguardo quando sentì pronunciare il mio nome
«Si, prof?»
«Preparati per la prossima volta perché sul serio t’interrogo, cerchiamo di rimediare a quel cinque del compito.»
«Sarò preparatissima, prof.»
«Lo spero per te, non vorrei ti portassi la mia materia a fine anno.»
Disse mentre mi scrutava.
Passarono altri dieci minuti e il professore ci fece alzare e ci avvicinammo alla porta, già pronti per uscire.
Giuseppe era con i suoi amici di classe, mentre io parlavo con Maria non tanto distante dalla cattedra.
«Cosa farai? Sei un disastro in inglese!»
«Oh, grazie mi hai davvero tirato su di morale. Comunque chiedo a Giuseppe di aiutarmi.»
«Ma che bella idea, però per favore non fare i maialini.»
Disse mentre scoppiava a ridere ed io diventavo dello stesso colore della gonna di Angela, rosso pomodoro. Probabilmente anche il professore aveva sentito, terza figura di merda, al diavolo.
Chiamai Giuseppe che si scusò con i ragazzi e si avvicinò a me e Maria.
«Che c’è dolcezza?»
«Mi aiuti tu in inglese, vero?»
«Va bene, passo da te alle quattro.»
«Ma domani non abbiamo inglese, però!»
«No ma l’abbiamo dopo domani e credimi ci vorranno più di tre ore per farti capire qualcosa.»
«Va a quel paese!»
Esclamai mentre mi allontanavo.
«Ti sei davvero offesa, stupidina?» chiese mentre mi circondava i fianchi con le braccia da dietro, abbracciandomi.
«No!»
«Hai le tue cose?» chiese perplesso
«No.» risposi più calma
«Ah pensavo.»
«Pensavi male, coglione.»
«Ti amo anche io, you know.»
«Che diavoleria hai detto?»
Chiesi fingendo di non aver capito.
«Siamo davvero nei guai.» rise scherzando anche lui mentre uscivamo dalla classe dato che la campana era appena suonata.



Nel trambusto che si era creato tra le scale avevo perso Giuseppe e Maria e quindi avevo continuato a scendere le scale da sola.
Dopo parecchie spinte e qualche minaccia di morte ero riuscita ad uscire da quella prigione e mi fermai al cancello per aspettare i miei due amici deficienti.
«Ciao bellezza.»
Appena udì quell’appellativo mi girai di scatto pronta a fucilare chiunque lo avesse usato e mi ritrovai Antonio che mi fissava con aria divertita, il suo sguardo m’imbarazzava anche se lo considero uno stupido.
«Ciao coglione.»
Lo salutai usando il suo stesso tono e lui m’incenerì con lo sguardo avvicinandosi subito dopo alla sua comitiva di amici strambi, appunto i miei dov’erano?
Esaminai l’intero cortile della scuola cercando di trovarli e incrociai gli occhi di Mancini, diamine ma era legale avere dei diamanti al posto degli occhi? Erano in assoluto gli occhi più belli che avessi mai visto in tutti i miei sedici anni di vita. Mi rivolse un ultimo sguardo e poi salì a bordo della sua Range Rover nera, macchina stupenda appropriata ad un tipo da stupro.
«Buh.»
«Idiota.»
Dissi rivolgendomi a Maria mentre distoglievo lo sguardo dal professore, guardando Maria.
«Chi guardavi con così tanto entusiasmo e passione?»
Domandò ridendo mentre io strabuzzavo gli occhi.
«Nessuno.» mi affrettai a rispondere
«A me puoi dirlo pure io penso che sia un gran bell’uomo e che uomo.»
Rise di nuovo riferendosi senza ombra di dubbio a Christian Mancini con un tono di assoluto apprezzamento.
«Bell’uomo? Dico ma lo hai visto ha degli occhi da paura.»  le risposi
In verità non so per quale motivo facevo apprezzamenti sul prof, mai prima d’ora avevo ammesso quello che pensavo, insomma è strano pensare queste cose di un prof, soprattutto se c’è la possibilità che lui lo scopra.
«Vorrei poter vedere altro oltre agli occhi.»
Disse in tono malizioso Maria facendo scoppiare a ridere una terza voce, Giuseppe.
«Ci degni della tua presenza onnipotente Giuseppe.» lo prese in giro Maria
«Solo per le mie depravate preferite, andiamo vi accompagno alla fermata.»
«Grazie.» dicemmo in coro io e Maria mentre quest’ultima con uno sbuffo aggiungeva «Non sono una depravata.»
«Certo ed io sono ancora vergine e Arianna prenderà otto all’interrogazione di inglese.»
«Hey!» lo ripresi cercando di non ridere «Non ti permetto di offendermi.»
«Andiamo dolcezza è una cosa ovvia.» rise lui, idiota.
Continuammo a camminare in sincronia mentre Maria canticchiava “Ho un amico stronzo.” facendo girare quei pochi ragazzi dell’istituto rimasti mentre noi ridevamo.
Arrivammo dopo cinque minuti alla fermata facendo una piccola sosta in un bar, Giuseppe doveva comprare le sigarette e Maria delle patatine che sicuramente avremmo mangiato insieme nel bus.
«Oggi alle quattro, se non ti fai trovare in casa giuro pubblico una tua foto di quando eri piccola e brufolosa.» minacciò Giuseppe.
«Dopo la tua minaccia, ci sarò sicuramente, tranquillo. Comunque studiamo per un paio di ore poi usciamo, abbiamo appuntamento con i ragazzi.»
«Questo lo so da prima di te, dolcezza.»
Ridacchiai mentre io e Maria salivamo sul bus e con la mano salutavamo quel pappamolle del nostro amico. Ci sedemmo negli stessi posti che avevamo occupato la mattina, stranamente a quell’ora non c’era quasi nessuno, cioè erano quasi tutti seduti, invece la mattina chi saliva dopo la terza fermata doveva per forza restare alzato e invece erano quasi tutti seduti quando tornavamo a casa probabilmente perché i licei circostanti uscivano alle due e noi all’una.
Maria aprì il pacchetto di patatine vivaci e immerse la mano afferrando delle patate subito dopo di lei io la imitai.
«Sabato sera cosa facciamo?» chiese mentre ingoiava
«Mmh, non lo so, alternative?»
«Allora possiamo andare in piazza e stare lì con i ragazzi, oppure andare in qualche pizzeria.»
«Altre alternative?»
«Possiamo pedinare il prof di inglese insieme al club, dai loro calcoli questo sabato sarà in un discopub che inaugura il locale per la prima volta sabato sera.»
Il discopub sembra l’idea più allettante e meno pallosa e per quanto mi costi ammettere pedinare il professore e con un po’ di fortuna magari vederlo pure, avrebbe di sicuro migliorato il sabato sera.
«Chiediamo oggi ai ragazzi se vengono anche loro e poi magari andiamo a dare un’occhiata a questo discopub.»
«Vuoi dare un’occhiata al locale o al professore?»
Cercai di nascondere il sorriso, mentre masticavo una patatina, mi conosceva troppo bene.
«Entrambe le cose, ma il locale veramente mi attrae.»
«Locale è un nuovo codice criptato per chiamare un affascinante professore di inglese?»
Mi chiese sarcastica mentre dissentivo pulendo la mia mano sporca sul suo gilet.
«Questa me la paghi troia!»
Urlò facendo girare tutti i presenti nella nostra direzione.
«Io non la conosco, ma so che è pazza.» giustificai il suo comportamento girandomi verso il finestrino
Eravamo quasi arrivate a destinazione e stranamente Maria non aveva più parlato dall’episodio dell’urlo, magari si sente in imbarazzo pensai sghignazzando.
Ci fermammo alla penultima fermata e mentre la metà della gente scendeva dal bus io osservavo una coppia di bambini sorridersi felici. Il piccolo le aveva raccolto una margherita dal prato e l’aveva posata nei suoi lunghi capelli biondi mentre lei lo aveva ringraziato con un sonoro e salivoso bacio sulla guancia che il bambino apprezzò parecchio.
Quanto avrei desiderato tornare ad essere piccola come loro e innocente. Ricordo che quand’ero piccola desideravo crescere velocemente, infatti per la festa dei miei sei anni indossai un abito di mia madre, che mi andava molto largo, le sue collane e i suoi trucchi e dissi a tutti di venire vestiti a tema, quel giorno Maria e la madre vennero prima del previsto a casa mia perché la mia migliore amica voleva prepararsi con me e fortunatamente sia mia madre e sia sua madre acconsentirono a lasciarci sole per vestirci. Ridemmo come pazze mentre indossavamo i vestiti che avevamo scelto che erano come minimo cinque taglie in più, indossammo i gioielli delle nostre rispettive madri e ci truccammo. Lei truccava me ed io truccavo lei, certo il risultato non fu dei migliori ma fu comunque bello.
 
Sorrisi immaginandomi due bambine con dei vestiti non adatti, due litri ciascuno di profumo addosso e con un rossetto rosso provocante che di provocante non aveva  poi molto visto che quando sorridevamo ci mancavano alcuni denti.
«Che c’è?»
«Ti ricordi quando compì sei anni e ci truccammo come delle prostitute per la mia festa a tema?»
Mi guardò in modo strambo per poi scoppiare a ridere mentre annuiva.
«Ammettilo eravamo bellissime.»
«Stupende proprio, guarda.»
Le dissi ridendo mentre cercavamo di scendere dal bus senza fare danni dato che continuavamo a ridere senza curarci della gente che ovviamente ci osservava come se ci fosse spuntata una seconda testa.


Read me, please.
Buona sera.
Ho aggiornato in tempo record, anche se ammetto che mi sarei aspettata almeno una recensione,
ma va bhe' a me la storia piace e continuo se c'è qualche anima che la legge bene, altrimenti.
Spero questo capitolo abbia attratto di più del precedente e che ci sia almeno una recensione.

Aggiornerò presto, alla prossima :)

 

   
 
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