Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: _StayStrong    07/07/2013    0 recensioni
Gaia è una ragazza indipendente, che si è costruita una facciata forte e cammina sempre a testa alta; tuttavia non è sempre stata quel tipo di ragazza e forse non lo è ancora pienamente. I fantasmi del passato sono sempre dietro l'angolo e le voci interiori sono sempre quelle più difficili da combattere. Ci sono dei momenti in cui semplicemente non si può scappare.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NdA: Vi prego, se vi va, mettete "mi piace" qui ---> https://www.facebook.com/nowimawarrior.diariodiunviaggio  

A volte le riunioni riescono a tirare fuori il peggio di me, non sempre sento che la mia opinione sia voluta, soprattutto perché dovrei darne due, a seconda del ruolo che mi si chiede di ricoprire al momento; poi sono comunque la più piccola del team e questo non giova sempre. Capitano spesso delle situazioni in cui la mia opinione è quella che potrebbe spostare l’ago della bilancia e ogni volta mi sento gli occhi puntati addosso di tutti, come se volessero trafiggermi se sbagliassi a rispondermi. All’inizio nutrivo un certo timore e tendevo ad accontentare la persona la cui proposta era stata messa ai voti, poi mi è stato detto di fregarmene e pensare con la mia testa – quello per cui mi avevano assunta – e mi sono sbloccata. Ora ci sono dei momenti in cui sono gli altri membri del team che mi guardano se non con timore con un certo rispetto, simbolo che sono veramente entrata in famiglia.

“Ho bisogno della tua opinione sulla nuova recluta” mi chiese Riccardo picchiettando a ritmo regolare la penna sul tavolo con la superficie di cristallo intorno al quale eravamo seduti “Da manager e da creativa; non ti nascondo che mi interessa più la prima” aggiunse sorridendomi in modo ironico, sapeva a cosa stava andando incontro, aveva annusato subito il fatto che la nuova ragazza non mi piacesse neppure un po’. Ovviamente preferisco sempre dare un’opinione da creativa che manager, nasco come creativa e non come manager, quello lo sono diventata sudando un po’ di più. Non mi piace tenere conti, calcolare sulla pelle delle persone, decidere del loro futuro artistico leggendo delle tabelle piene di numeri e di linee che crescono e decrescono in base ai trend del momento che non è detto siano condivisi da tutti. Tuttavia sono due aspetti che mi portano a fare ciò che più amo al mondo: lavorare nell’industria musicale; quella che ho sempre sognato fin da bambina.

“Posso immaginare come mai” rispondo sorridendo e ricambiando l’occhiata del nostro capo supremo, ometto di sessant’anni con una spiccata intelligenza e gli occhi che sorridono da soli, uno dei primi ad aver avuto fiducia in me “Da Manager sono d’accordo, si vende bene e la musica che fa è quella del momento, poi canta anche in inglese e potrebbe attirare più pubblico. Bella ragazza – speriamo non sia solo la classica bambolina – e capelli formidabili, darei una mano per averli così morbidi” sentì ridere tutti e mi unì al coro delle risate; ciò che mi aveva resa simpatica alla maggior parte di quelle persone è che ho sfatato dei luoghi comuni. Sono riuscita a fare capire anche ai più anziani che anche se giovane e donna non avevo nulla in meno di un uomo e che lavoravo sodo, non ero la tipica bambolina, riuscivo ad essere seria e professionale e insieme a mantenere un distacco ironico nel momento in cui arrivavano delle provocazioni, avevo fatto vedere che per quanto mi facessero piegare riuscivo a non spezzarmi ed era quello che cercavano.

“Ora da creativo; ho notato un tono di polemica fino ad ora” mi incitò Riccardo che aveva i capelli grigi che schizzavano da tutte le parti e la camicia perfettamente stirata dalla moglie fuori dai pantaloni e la cravatta allentata; proprio non sopportava dare l’immagine del classico capo d’azienda, non con noi almeno.

“Questa ragazza se farà successo lo farà solo per la bellezza. Le ho parlato ed è viziata, arrogante e con poco talento. Io e Stefano abbiamo letto dei testi e facevano...” incominciai a dire ma poi mi bloccai di colpo; mi dispiaceva alla fine dire che proprio non riusciva a scrivere qualcosa di decente, non era un dono che avevano tutti e a volte ci metteva tanto a svilupparsi. Tuttavia lei era proprio non caso perso.

“Schifo” completò Stefano togliendomi le parole di bocca, o meglio, mettendo quelle che avevo bloccato prima che uscissero “Non sto scherzando e non possiamo pretendere che i nostri parolieri perdano tempo per una cantante che potrebbe cantare bene ai concerti solo in playback” aggiunse dando una stoccata finale; lui era quello che tra di noi non aveva mai peli sulla lingua, diceva quello che doveva dire senza guardare in faccia nessuno, probabilmente avrebbe usato le stesse parole che aveva utilizzato con noi anche con lei. Io, per quando stronza, le avrei modificate, addolcire la pillola a volte potrebbe far bene.

“Però come hai fatto notare, Gaia, vende ed è quello che ci importa adesso” il più anziano però dopo aver annuito a ciò che aveva detto Stefano si voltò ancora verso di me. Sapevo già dove voleva andare a parare e non mi piaceva per nulla; i soldi, i ricavi, gli utili, erano importanti ed erano quelli che ci facevano andare avanti, quelli che facevano godeva la vita del futuro pensionato a Riccardo, quelli che avrebbero permesso ai figli di Stefano di studiare all’estero e quelli che avrebbero permesso a me di sposarmi e di avere la cerimonia che ho sempre voluto.

Ma a che prezzo? Lanciare sul mercato artisti solo sulla carta? No, c’erano delle politiche che secondo me bisognava rivedere.

“Teoricamente dovrebbe importarci anche la qualità, Riccardo e là fuori ci sono persone molto più dotate” disse Paola – anche lei sulla sessantina, supervisore ed uno dei direttori artistico più quotati - con un tono di critica direttamente rivolta a lui; più il tempo andava avanti più Riccardo sembrava interessato più al successo senza qualità che alla qualità che aveva reso l’etichetta ciò che è ora. Non so se sono nella posizione di giudicare, forse no, forse tra una quarantina d’anni mi ritroverò ad essere nella sua stessa posizione e dovrò ragionare così anche io.

“Che non venderebbero così bene, Paola. Hai delle obiezioni su questo?” chiese Riccardo alla sua collaboratrice di più vecchia data nonché cognata, con la quale sembrava avesse un rapporto tra l’amore e l’odio, fatto di frecciatine e battutine giocose che facevano sorridere tutti.

“Siamo messi così male da dover puntare su una persona che non rientra nei nostri standard?” chiesi; ogni volta che si pone questo genere di problema trascino fuori sempre la solita domanda per sentirmi dare sempre la solita risposta.

“No, assolutamente ma penso che per una volta seguire le correnti non sia male. Ci penserò comunque” disse poi cercando di tranquillizzare si a me che Paola e Stefano che eravamo gli unici contrari“Poi, vediamo; la questione Marco?” chiese cambiato argomento con una facilità che poteva essere solo sua. Stefano alzò gli occhi al cielo, ma non capì se per il cambio d’argomento o per il tipo do argomento che aveva scelto, particolarmente delicato. Stefano voleva bene a Marco, lo vedeva come un riflesso di sé quando era più giovane, solo scarso.

“Io e Gaia siamo d’accordo che sarebbe ora di licenziarlo o mandarlo per un po’ di mesi in archivio a riordinare le tracce e tutta la roba che abbiamo là” rispose alla domanda di Riccardo con un distacco che mi sorprese, ero stata io la prima a consigliare l’allontanamento e lui era stato il primo a non essere subito d’accordo, giustamente  “Non ha la stoffa per lavorare in team ed è lento” aggiunse con riluttanza anche se sapeva che era vera ogni singola sillaba che aveva appena pronunciato. Mi chiesi, per un attimo, se io sarei mai riuscita a proporre il licenziamento di Andrea con la stessa freddezza che aveva usato Stefano; no, non ci sarei riuscita, mi sarei lasciata cogliere dai vecchi tremori e avrei ricominciato a balbettare, mi sarei sentita dannatamente in colpa, anche se avessi avuto ragione.

“Non potete dargli un po’ di tempo? Non tutti nascono bravi” propose Paola con la cadenza della mamma chioccia; cercava di evitare i licenziamenti, diceva sempre che se si poteva evitare e riparare era meglio e che tutti avevano bisogno di una seconda possibilità e di imparare dai propri errori.

Filosofia giustissima, tuttavia non riuscivo a condividerla.

“Un anno penso sia stato abbastanza” le dissi sorridendo ma con fermezza; nel tempo che avevo passato all’etichetta avevo imparato il tipo di approccio da usare con ognuno di loro, con Paola dovevi dire le cose con fermezza ma non tralasciando mai un sorriso “Non dico di licenziarlo subito, possiamo vedere se l’archivio lo potrà motivare a fare meglio la prossima volta o mandarlo nell’altro team” proposi di nuovo incontrando gli occhi di Stefano che annuì leggermente per poi scuotere la testa deciso, come se avesse appena cambiato idea.

“Entrambi però dubitiamo che possa funzionare” disse guardandomi velocemente e poi guardando Paola che lasciò andare un sospiro e si appoggiò allo schienale della sua sedia con aria stanca.

“Va bene, vedrò cosa fare anche per questo” Riccardo scrisse qualcosa velocemente sul foglio che aveva davanti a sé sotto la voce Marco e poi picchiettò la penna per un po’ di volte sul tavolo mentre noi aspettavamo il prossimo punto della lista. Prima finivamo prima tornavo a casa da Simone.

“Il nuovo assistente di Alessio?” chiese; io mi irrigidì sulla sedia e sentì Stefano sogghignare divertito, doveva aver capito, più o meno, che tra di noi c’era stato qualcosa in passato, seppur non sapendo cosa quel qualcosa volesse effettivamente dire. Aveva osservato tutto da lontano senza fare nessuna domanda – cose che ho sempre amato di lui.

“Domanda di riserva?” chiesi sorridendo a accavallando nervosamente le gambe e tirandomi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio “Scherzavo” aggiunsi, sentì le mani incominciare a sudare e mi odiai per l’effetto che quell’idiota poteva ancora farmi “Ha avuto dei problemi nella prova di venerdì per l’audio del concerto di Lambert. Ha un temperamento un po’ troppo caldo e non ascolta” dissi cercando di andare a focalizzarmi sui fatti e mantenere un certo distacco, alla fine quello che avevo appena detto era la verità. Cercai di convincermi che ciò che avevo etto era totalmente professionale, senza nessuna inflessione personale. Finché non ci riuscì veramente.

“Oggi non ne va bene uno?” chiese Riccardo con una certa esasperazione e Stefano si mise a ridere nel mentre io mi dedicavo alla mia solita alzata di spalle.

“Non si tratta di quello; conosco il Signor Pontini da tempo e so come si comporta sotto stress; non siamo poi fatti per lavorare insieme e lui non ha il temperamento giusto per lavorare in team. Preferirei che lui non dovesse riferirsi a me durante il lavoro...” ed ecco che la mia parte professionale andava a farsi fottere insieme a tutti i miei buoni propositi.

“Posso occuparmene io” mi disse Stefano capendo il pasticcio personale in cui mi ero appena andata ad infilare; a volte non pensavo, non collegavo subito il cervello alla bocca e finivo per pentirmene.

“Tuttavia sono una professionista e farò uno sforzo. Al primo errore però mi occuperò personalmente di trovargli un sostituto” cercai di salvarmi sul filo di lana; come il funambolo che tenta un salto carpiato senza sapere come atterrare e che ha il culo di farlo senza farsi troppo male. E ce la faccio anche, osservo l’espressione di Riccardo che si addolcisce appena mi sente dire che sono una professionista e inizia a sorridere.

“Affare fatto” mi disse annuendo due volte consecutive, io guardo con la coda dell’occhio Stefano che se ne accorge e mi fa l’occhiolino, un complimento per come me la sono cavata all’ultimo “Voglio che possiate lavorare nelle migliori condizioni” aggiunse Riccardo, le mie migliori condizioni sicuramente non contemplano la presenza di Andrea tuttavia non voglio deludere nessuno, non quelle persone che hanno avuto  così tanta fiducia in me da assumermi per un a posizione importante anche essendo così notevolmente giovane per i loro standard “Potete andare” disse poi facendo un cenno veloce con  la mano verso gli altri ma guardando me dritto negli occhi “Tu rimani un attimo Gaia, vorrei scambiare quattro chiacchiere con te”

Ecco. Quando il capo vuole scambiare quattro chiacchiere con te non è sempre una cosa positiva; di promozioni al momento non potrei averne e sicuramente non vorrà cambiarmi di posto. Vado alla soluzione più semplice: si è accorto dei miei turbamenti su Andrea e mi vuole chiedere spiegazioni, spiegazioni che non sono pronta a dare.

“Spero non sia successo nulla di grave” dissi avvicinandomi a lui tenendo stretto al petto il mio tablet, quando vede la mia espressone preoccupata lo vedo sorridere con un certo masochismo che solo un tuo superiore può avere quando si accorge dell’effetto che una semplice richiesta di colloquio può avere sulla povera dipendente che si sente messa con le spalle al muro.

“Tutt’altro” mi rassicurò dopo avermi fatta quasi venire un piccolo infarto “Ho parlato con Lambert prima che andasse via e mi ha fatto una proposta interessante” alla fine della frase il mio cuore incomincia a battere forte. Adam faceva sempre le sue proposte, me ne aveva fatte tante nel corso degli ultimi anni e si era sempre sentito rispondere un secco no, il problema di quell’uomo era che odiava sentirsi ripetere quella sillaba ogni volta che mi chiedeva qualcosa.

Sapeva benissimo che l’unica possibilità che aveva per farmi dire di sì era quella di mettere in mezzo il mio capo e l’etichetta per la quale lavoravo.

“Va bene, dimmi. Anche se non so dove possa centrare io” dissi fingendo non curanza e cercando di essere piuttosto convincente, più convincente di quanto lo era stata poco prima, per lo meno.

“So che siete amici di lunga data e che la ragione per cui in Italia è sotto la nostra etichetta è per merito tuo; lui ora vorrebbe produrre il prossimo disco sotto la nostra etichetta e vorrebbe te nel suo enturage”

Ci avrei scommesso.

Sempre la solita storia.

“Tipico di Adam” dissi con un’alzata di spalle, mettermi con la schiena al muro era il suo obiettivo principale a quanto sembrava  “E  dato che lui non po’ restare in Italia per tanto tempo vorrebbe un mini team dei nostri che lo seguisse con durante i tour per iniziare al più presto a lavorare” aggiunse; nulla che non sapevo insomma. Era la solita richiesta di unirmi al suo gruppo di lavoro personale ma invece di essere in pianta stabile era a tempo determinato, un tempo che, conoscendolo, si sarebbe allungato passo dopo passo fino a che non fosse riuscito a convincermi che il mio posto era on the road, non in un ufficio. Era vero, il mio sogno era vivere la vita che mi stava offrendo lui, ci eravamo conosciuti durante quel periodo della vita dove i sogni sono i propulsori principali della tua vita e  sono quelli che vorresti vivere. Tuttavia non siamo tutti dei Peter Pan, ad un certo punto non si è più solo noi e il nostro lavoro, ad un certo punto prendono piede altri fattori, più importanti, come per esempio la famiglia che ti stai per creare – che radici potrei darvi se iniziassi a spostarmi continuamente?

“In sei mesi circa” aggiunse; a quel punto penso che avevo anche del fumo che usciva dalle orecchie oltre che le guancie rosse dall’irritazione. SE continuavo a rifiutare c’era un motivo e speravo potesse capirlo.

“Sei mesi?” chiesi incredula “Vorresti dire che dovremmo iniziare a lavorare con lui il gennaio prossimo?” chiesi di nuovo cercando di far percepire tutto il mio fastidio alla massima potenza “Io mi sposo tra quattro mesi” aggiunsi stringendo a me il povero tablet che se avesse avuto il dono di una mente pensante e di gambe sarebbe già scappato e andato per la sua strada lontano da me.

“Ottobre non è lontano, eh? Panico da altare?” chiese Riccardo cercando di alleggerire l’atmosfera che si rea creata ma senza avere il risultato che sperava.

“Assolutamente no!” dissi puntando i piedi come una bambina capricciosa e Riccardo si mise a ridere “Non penso di poter accettare la proposta, Adam lo sa. Parlerò con lui” sentenziai non ammettendo repliche di nessun genere.

Riccardo rise ancora di più e io avevo voglia di portarmi le mani sulla testa rannicchiarmi e iniziare ad urlare il più forte che potevo. Odiavo essere portata a fare qualcosa che non volevo, odiavo quando la gente insiste troppo per farmi fare qualcosa, odiavo non poter avere un vera scelta, odiavo accumulare stress, odiavo Adam in quel momento e odiavo il fatto di dover lavorare con Andrea.

“Sei uno dei migliori elementi della squadra e sarebbe una buona opportunità per noi e per te” disse ancora cercando di farmi vedere la cosa da un altro punto di vista, che avevo ovviamente già analizzato da me, tempo prima.

“Non lascerò mio marito pochi mesi dopo il matrimonio” risposi senza dargli la soddisfazione di fargli pensare che avrei potuto fare un pensierino sopra alla proposta; avevo passato notti intere insonni in passato sopra quella proposta, anche se questa volta era stata posta in modo diverso.

“Pensaci almeno, hai tempo” mi disse mentre stavo raggiungendo la porta “Nel caso manderemo qualcun altro”

Non mi voltai neppure.

 
 
 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: _StayStrong