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Autore: Ortceps    07/07/2013    1 recensioni
Ed era bianco come la neve e gli occhi come il ghiaccio, quando il suo cavaliere scese si accorse che anche i suoi occhi erano bianchi, tornando al normale colore nocciola lui riuscì a concentrarsi sul resto del viso contornato dai capelli corti e scompigliati. Il riflesso che la luce colpendo il suo drago proiettava sul suo viso la rendeva ancora più bella.
Quando ruggì allora capii che aveva ragione sarei andato con loro per poter vivere ancora la vita che mi apparteneva e mi sarebbe sempre appartenuta.
STORIA CONCLUSA
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DIPINTO DEL DRAGO
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1° CAPITOLO

DRAGO

Era solo ormai, pochi mesi o molti anni il tempo si confondeva nella sua mente; era arrivato il cavaliere rosso a rompere la sua prigionia: serviva Galbatorix da tempo, doveva solamente fornirgli energia quando il re la richiedeva e in cambio lui lo lasciava alla sua silenziosa meditazione.

Meditava sulla morte del suo cavaliere, non ne ricordava il viso né il nome; ricordava solo la voce, melodiosa persino mentre moriva rivolgendogli le sue ultime parole lo implorava di vivere; non più in forma corporea ma di tener vivo il suo spirito per vedere quando sarebbe giunta la fine per chi guidava i Rinnegati, coloro che avevano tolto la vita alla sua metà. Aveva dovuto fare da mentore a Murtagh e a Castigo, li aveva trattati come dei figli e insieme avevano coltivato il loro odio per il re; ma dopo a togliergli quel legame era arrivato Eragon che aveva deposto colui che li teneva prigionieri ma li aveva irrimediabilmente separati e lui non lo avrebbe mai accettato, non poteva perdere ancora un pezzo così importante della sua esistenza, non glie ne rimaneva più molta; aveva meditato a lungo sulla distruzione di ciò che lo imprigionava ancora lì dopo la morte del despota; ora non voleva morire ma impedire che Murtagh rimanesse solo con Castigo e i propri rimorsi; doveva impedire che si logorasse e infine morisse in essi.

Eragon lo aveva allontanato da Alaghesia cosa che lui voleva per allontanarsi da quei ricordi ma rivoleva il suo piccolo umano che con il suo drago ancora cucciolo vagava solo ancora in quella terra corrotta da millenni di male; perché Galbatorix era solo il frutto di quello che già altri avevano compiuto; si fece coraggio per sovrastare le miriadi di voci che come lui non più draghi in carne e ossa rimanevano solo pensieri, ricordi e emozioni racchiusi in una piccola sfera: l’Eldunarì.

“ascoltami per favore!” si rivolse a lui ma non lo ascoltò, da quando il ragazzo aveva tolto al palazzo distrutto ogni cuore dei cuori e ogni arma appartenuta ai cavalieri deceduti aveva chiuso la mente a tutti loro che solo ora dopo tempo (indefinito impossibile dire quanto perché la loro vita così lunga non si basava più su misure come i giorni, i mesi o gli anni) cominciavano a comprendere la caduta del despota e cercavano dopo la prigionia di esaudire i loro desideri: alcuni avrebbero voluto essere distrutti mentre altri volevano aiutare e dare consigli mentre altri ancora non si aprivano restavano a crogiolarsi nel dolore. Perché il ragazzo dopo la lunga festa al villaggio dei nani, l’ultimo avamposto prima del mare e dell’ignoto si era chiuso come se non volesse andare avanti ma era costretto a farlo; sapeva che era per l’elfa, diventata da poco cavaliere; lui l’amava lo capiva come Murtagh a suo tempo aveva amato Nasuada (aveva dovuto rinunciare a quell’amore quando essa venne fatta prigioniere dal re per non farla soffrire ulteriormente, anche se l’aveva aiutata come ricordo di quel sentimento), ora il giovane piangeva lacrime fatte di pensieri e voleva fare questo in solitudine; ma lui non poteva aspettare che il cuore del giovane guarisse col tempo; lui di tempo non ne aveva più. Intensificò la sua voce sulla mente di Eragon diventando pressante ma senza avere l’intensione di infrangere le sue difese, voleva solo essere ascoltato; voleva comunicargli la sua richiesta di aiuto.

ERAGON

Aveva lasciato Arya da due giorni aveva pianto da solo, nemmeno Saphira aveva assistito; era mattina e dalla sera precedente sentiva questa coscienza tamburellare sulle sue difese mentali, aveva pensato che fosse un Eldurnaì che volesse parlargli ma ora si accorgeva che questo a differenza degl’altri non si infrangeva come un debole ruscello ma continuava a premere sulla sua mente, aveva deciso di ignorarlo rimandando il dialogo tra quel drago al giorno dopo (sapeva che non si sarebbe arreso, conosceva i draghi erano esseri caparbi), lo incuriosiva quell’Eldurnaì ma la sua mente era occupata dal dolore che però si andava affievolendo di giorno in giorno.

Arrivò la sera e lui ancora avvertiva lo spirito del drago premere contro la sua mente, ne avvertiva il dolore, non era dispiaciuto per il dolore del drago anzi era felice di non essere solo, guardava il mare dal lato destro della nave quando l’elfo di vedetta si mise a urlare: ”Terra!” Non pensava che sarebbero arrivati così in fretta alla costa della terra sconosciuta, corse veloce verso il timone per vedere meglio: si scorgeva in lontananza il profilo di una striscia di terra, la speranza di una nuova vita lo distolse un momento dai suoi tristi pensieri. “Eragon arriveremo domani mattina se la corrente ci è favorevole” aveva parlato il comandante della nave Nayr: alto e snello, coi capelli lunghi legati in una treccia che gli ricadeva sulla schiena coprendo in parte la camicia di tessuto elfico; Eragon si girò verso di lui e annui poi tornò a fissare il profilo ondulato della sua nuova casa, dopo il tramonto si rifugiò nella sua cabina: una piccola stanza con un letto, una cassapanca e una piccola scrivania cosparsa di fogli e libri; si sdraiò sul letto con la testa appoggiata al cuscino e i pensieri rivolti all’Eldurnaì che cercava la sua attenzione, decise di ascoltare subito la sua richiesta e gli aprì la mente “come posso aiutarti?” chiese cordialmente, non dovette aspettare molto per una risposta “grazie per avermi aperto la tua mente ,ti volevo chiedere di non abbandonare Murtagh, ha bisogno di te e me, mentre io ho bisogno di lui” il tono di quel pensiero stupì Eragon quanto il suo contenuto: l’anima del drago parlava di Murtagh con dolcezza ma ripiangeva di non averlo vicino; “ha bisogno di restare solo non è pronto a tornare e quando lo sarà verrà da se” “non puoi lasciarlo solo non resterà in vita” Eragon sapeva che il drago aveva ragione e che dopo pochi anni suo fratello non avrebbe mai più cavalcato Castigo ma aveva dei doveri verso i draghi; “non posso andare a cercarlo ma la tua razza dipende da me e ….” Non lo lasciò finire di parlare “capisco la lealtà verso i tuoi doveri, non chiedo che tu vada subito a cercarlo ma spero che lo farai in un prossimo futuro” alla supplica il cavaliere non poté che accettare e dopo essersi consultato Saphira disse nell’antica lingua (per dimostrare che avrebbe mantenuto la parola data) che sarebbe andato a cercare il fratello dopo 4 mesi dal suo arrivo nella nuova terra.

DRAGO

Il consenso di Eragon ad andare a cercare il suo piccolo umano e il cucciolo suo drago lo rese felice; dovevano passare quattro mesi prima che partissero alla sua ricerca ma non gli importava l’avrebbe rivisto era felice e voleva comunicarlo a tutti: aprì la mente e mentre lo faceva si accorse che qualcosa non andava; oltre all’equipaggio composto da elfi e a Eragon un’altra coscienza era presente nella nave: una coscienza femminile, giovane, umana e nascosta molto probabilmente nessuno sapeva che si trovava lì; cercò di forzare le sue difese mentali che erano resistenti ma dopo qualche tentativo riuscì a entrare e in pochi istanti venne a conoscenza di tutto su quella ragazza: Il suo nome era Sil aveva 15 anni si era intrufolata dentro alla nave durante la festa nel villaggio dei nani non voleva nuocere a nessuno voleva solo vivere avventure lontano dalla terra natia dove aveva perso i genitori a causa della guerra. Si era nutrita di mele e pane conservati nella stiva. Si sentì in dovere di avvertire Eragon, non perché non gli piacesse quella ragazza ma soprattutto per il suo bene. “Ragazzo credo che ci sia un problema” non aggiunse altro ma gli fece vedere con la mente la ragazza nascosta nella stiva e inviandogli la sua storia e chiedendogli tacitamente di non arrabbiarsi troppo poiché l’unica colpa della ragazza era la sua sete di avventure (che lui conosceva già molto bene), Eragon lo lasciò vedere coi suoi occhi mentre scendeva nella stiva e si fermava davanti alla porta; non sapeva cosa lo aspettava: se la ragazza era armata o il suo aspetto, insomma lui anche potendo entrare nella sua mente non aveva accesso a informazioni a cui la ragazza non pensava. Restando sempre nella mente del giovane cavaliere vide la mano di lui spingere la porta e vide anche la ragazza in piedi sopra un barile per poter guardare fuori da un finestrino posto in alto; “Chi sei e cosa ci fai qui?” la ragazza si girò di scatto mostrando la sua faccia con gl’occhi color nocciola le labbra non troppo sottili e i capelli lunghi fino alle scapole coprirle il collo, era poco più bassa di Eragon e sembrava spaventata, molto spaventata. Non rispose subito ma dopo qualche momento disse:” Mi chiamo Sil …” fece una pausa intimorita e poi riprese: “sono qui perché me ne volevo andare da Alaghesia, lì sono morti i miei genitori e il mio fratellino; anche per colpa tua!” Lo aveva accusato della morte dei sui genitori e aveva ragione sia il drago che Eragon lo sapevano.

NOTE DELL’AUTRICE: Allora cosa ne pensate? Naturalmente è solo l’inizio spero che recensirete perpoter sapere se vi è piaciuta oppure no o anche cosa dovrei migliorare. .

   
 
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