Fanfic su attori > Orlando Bloom
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Autore: Sundance    21/01/2008    1 recensioni
... I miei occhi risalirono il suo braccio fino al torace, proseguirono sul collo e si fermarono sulle labbra. Notai che sembrava giovane, cosa che si ricollegava bene alla voce, e che si era fatto la barba evidentemente. Poi in un impeto di coraggio estremo alzai di scatto gli occhi e li puntai nei suoi.
E mi sciolsi.
E capii perchè conoscevo quella voce.
Perchè la sentivo risuonare nella mia testa nei momenti più impensabili, perchè aveva pronunciato frasi che avrei sempre ricordato, perchè un "Depends on the one day" assume tutt'altra forma e sensazione quando è quella voce che lo dice.
E compresi anche che se mai avessi potuto sperare di incontrarlo, non sarebbe mai, MAI stato con il trucco sbavato da lappate di cane, i pantaloni sporchi per la caduta e l'espressione di una che sta per collassare.
Completata (sorpresa: capitolo 39 più epilogo)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi arrivano delle voci da dietro la tenda. Che sia già sul palco? La scosto di furia e guardo. Immersa nel buio non mi vedrà nessuno. Un'occhiata verso la parte opposta. Sì, è lì in piedi. E davanti a lui, in prima fila, una serie di persone. La voce appartiene al signore in mezzo, cerco di fare attenzione a che dice intanto che mi siedo tra le ultime file. La busta di plastica dura fa un pò di rumore ma nessuno ci bada. Avvolta nell'ombra, mi godo il "mio" spettacolo.
"... Prospero's Speech, from The Tempest."
Oh. Oh, lo conosco. Loreena McKennitt lo ha anche messo in musica. Pare l'ultima preghiera di un condannato a morte, è bellissimo. Senza contare che Waterhouse ne ha fatto un dipinto, ed io amo i Preraffaelliti. Mi accorgo che la chiusura d'ottone della mia borsa riluccica. Pensavo d'essere al buio. Mi sbagliavo, una delle luci minori, fortunatamente lieve, s'è spostata su di me. Che stupida, è vero, è questo il danno delle ultime file... ebbene, non conta. Vedere, vedo. Mi assale il dubbio che possa vedermi lui, e che possa distrarlo.
*Guarda che non sei così importante, ricordatelo.*
Che c'entra, se è nervoso tutto può dargli fastidio... La luce si spegne per cui mi risolve il problema. Mi abbandono ai miei pensieri. Noto adesso che senza giacca e sciarpa è vestito di scuro. Che di nuovo perdo un battito. E rifletto purtroppo su quanto quella semplice situazione delinei perfettemanete la mia con lui: è vicinissimo, pochi metri da me. Ma non posso raggiungerlo, c'è la quarta parete. Ed è così anche nella realtà. Potrà toccarmi, sfiorarmi finché voglio... non potrà mai farlo davvero.
Mi costringo a non liberare un sospiro accorato, e a lasciarlo andare per gradi. Non bisogna disturbare durante lo spettacolo, mamma mi ha educata bene.

Lo individuo tra gli altri e gli vado incontro. Sente i miei passi, mi sorride. Questo sì che è un sorriso rilassato.
"Come ti senti?"
"Meglio, decisamente meglio."
"Quando ci diranno qualcosa?"
"Penso verso la fine dei provini."
Annuisco. I ragazzi si dividono tra quelli che già hanno superato la prova, e quelli che ancora devono farlo. Due o tre guardano nella nostra direzione e confabulano tra loro. Orlando segue il mio sguardo perplesso e punta i tipi, che smettono di chiacchierare e fanno un cenno di saluto. Lui ricambia, stavolta sorpreso lui, e io facilmente me lo spiego. Mi schiarisco la voce:
"Vuoi che vada fuori?". Mi piace l'espressione che assume per negare. Come se ci tenesse.
"No, perchè?"
"Penso ti abbiano riconosciuto, non vorrei complicarti qualcosa..." ma mi muore in bocca tutta l'ultima parte. Che cosa pretendo di complicare? Non ha una ragazza. Non siamo in atteggiamento equivoco. Non siamo in alcun atteggiamento preciso. Mi riprendo in fretta e concludo:
"... se pensano che tu sia disposto a fare gli autografi ti assaltano." Lui sorride, e mi fa:
"Si vede lontano un miglio che non sei una fan, tranquilla. Siamo al sicuro."
E mi guarda con un viso d'angelo. Adesso sì, è perfettamente Legolas. Lui è al sicuro, questo è certo.Io un pò meno.

"Scusami per prima. Spero tu non ti sia offeso: con gli amici, prima di un esame o di qualcosa di importante, lo faccio sempre. E' un portafortuna."
L'aria fresca mi dà sollievo come sempre. Siamo usciti, è venuto a macare il quorum della commissione, quando una telefonata ha portato via con non ho capito quale scusa una delle donne presenti. Provini rimandati. "Ma quelli che lo hanno già superato possono stare tranquilli, abbiano registrato tutto."
Meglio così, da un lato: sarebbe stato snervante aspettare fino alla fine. Così stiamo passeggiando fino alla fermata di un bus che mi porti a casa. E quale argomento migliore, se non le scuse per quell'azzardato lieve bacio sulla guancia?
*Masochista.*
"E' così gentile da parte tua invece, grazie." Mi salva sempre. Un angelo. Sembra anche colpito dal fatto che io 'conceda questo privilegio' solo agli amici. E, altro battito mancante, ne è colpito in senso positivo.
"Prego."
"Torni subito a casa?"
Perchè me lo chiede?
*Curiosità, nulla più. Rispondi, avanti.*
"Beh, shopping l'ho fatto." Sorrido. "Però credo che lascerò tutto a casa e andrò a gustarmi il sole, visto che c'è." Ancora. "Forse andrò verso i parchi. Tu?"
"Anche io. Voglio portare Sidi a spasso, oggi ancora non è uscito di casa."
"Abbraccialo da parte mia."
Sorride. "Lo farò." Poi ha un'idea e aggiunge:
"Perchè non ci troviamo al St. James? Oppure a Hyde Park. Così puoi abbracciarlo di persona."
*Respira, Luna.*
"Volentieri, certo. Con piacere. Hyde Park allora?"
"Sì. Verso le cinque?"
Do un'occhiata al suo orologio: ce la faccio, sono appena le quattro. Posso anche sistemarmi.
"Va bene, alle cinque. Ci... troviamo in un posto preciso, o lasciamo fare al destino?". Ci metto tutta me stessa per non farlo sembrare un appuntamento.
"Finora è stato clemente. Incontrarsi tre volte in meno di cinque giorni non capita spesso, a Londra. In tre diversi scherzi del caso."
"Questo perchè sono fortunata. Tu di meno." Sorrido divertita. Mascherare con l'ironia è più facile, quando tieni davvero a mascherare qualcosa.
"Ti sottovaluti, Luna. Parlare con te mi piace ogni volta di più."
Calmo, sincero.
*Non lo sai se è sincero.*
Poteva ridere e basta invece di dirlo. Lo guardo. E mi manca più di un battito.
"Anche a me."
Deus ex machina, il bus. Siamo già alla fermata. Grazie; chiunque ci sia lassù, se questo è il tuo modo di odiarmi continua pure a farlo.
"Allora, ecco il mio bus. Alle 5 a Hyde Park, dunque."
"Bene. Io e Sidi ti aspettiamo."
Sorrido e salgo sul bus, passo la Oyster card sullo schermo accanto al guidatore, poi mi volto a salutarlo. Lui alza la mano e mi regala un sorriso bellissimo. Ricambio, e spero che il mio sia altrettanto mozzafiato. Ne dubito. Poi le porte si chiudono, il bus si mette in moto, e lo perdo di vista.

"Mi scusi, Madam, ha forse visto passare un ragazzo, alto più o meno fin qui", e alzo il braccio a compensare quei quasi 20 centimentri che mi separano dalla sua testa - 15, ho gli stivali coi tacchi -,"con un grande cane nero?"
La signora mi guarda pensierosa, intanto che la osservo. Assomiglia a mia nonna materna. Ho un impeto di affetto verso di lei. Corruga la fronte nello stesso modo anche. Poi spalanca gli occhi e risponde:
"Oh, sì. Sono passati da questo viale poco fa, andavano di là." Mi indica il lato opposto della strada.
"La ringrazio, buona giornata!", esclamo, e la signora sorride. Chissà che sta pensando. Sicuramente che ai suoi tempi era il ragazzo a seguire la ragazza, non lei ad inseguire lui e il suo cane.
Calcolando le falcate di Sidi mi affretto. E rifletto su quanto sono scema. 'Lascia fare al destino.' Chi credevo d'essere? Non si può essere talmente baciati dalla sorte. La sto scontando tutta, comunque. Un quasi appuntamento con Orlando Bloom, e non riesco a trovarlo. E' patetico. Di più, è da buttarsi sotto un treno.
Percorro il viale di traverso per tagliare e raggiungerlo prima, ma non vedo niente. Abbasso le braccia e riprendo fiato. Segnali di fumo?
Richiamo vocale? Un ululato, per richiamare l'attenzione?
*Per vedere se ti porta via l'addetto del canile? O l'ambulanza del manicomio, magari.*
Sospiro, liberando il petto di metà della pena.
Un suono di trotto felpato, ammorbidito dall'erba, alle mie spalle.
Mi volto in tempo per reggere l'urto e il latrato che mi risuona a mezzo metro dal naso, puntando i piedi per terra e sostenendo il grosso cane nero con la passione per gli abbracci. Destino un corno: fortuna che c'è Sidi.
"Ma ciao, cucciolone! E' un piacere vederti!" esclamo, in italiano, e lui gradisce lo stesso, perchè mi lascia andare e abbaia scodinzolando. Mi chino e gli porto le mani ai lati della testa, per grattargli le orecchie. Lui si siede, come un re sul trono. Della serie: continua pure, che è un piacere.
"Ciao! Ti ha trovata prima di me."
Mi alzo lasciando andare Sidi, e lo guardo venirmi incontro. Non mi sono ancora abituata a vederlo. Sorrido quando mi è accanto, la risposta pronta sulle labbra, ma lui si china e mi bacia sulle guance. Su tutte e due le guance.
Per un riflesso condizionato ricambio, senza premeditazione, con naturalezza, come fosse la cosa più ovvia del mondo. Lo è, in effetti, ma qui si parla di un'altra situazione.
"... Ciao. Sì, praticamente è stato lui ad abbracciare me, ma ci sono abituata." A questo sì.
"Non riuscivo a vederti, pensavo non ce l'avessi fatta."
"Da quando le donne ti danno buca?"
"Non mi crederesti, per cui lascia perdere." Sorride. Non ci credo infatti, ma va bene così.
Sidi abbaia, poi trotta in avanti e si gira. Io e Orlando ci guardiamo.
"Beh, ehm..."
"Sì, seguiamo lui. Rifiutarsi non sarebbe saggio."
"Lo credo bene", rispondo, azzardando un'occhiata alla stazza del cane. Lui ride.
"Ma è un Golden Retriever o un Labrador?"
"Un meticcio, in verità. Non ha un'ascendenza ben definita."
"Oh."
"L'ho trovato in Marocco, durante le riprese di un film."
"Oh, racconta, ti prego!"
Mi lancia un'occhiata, ma non ho bisogno di convincerlo che mi interessa davvero, un tono così sincero non mi era mai uscito. Amo gli animali, casa mia è un gattile ambulante, per cui basta una storia sull'adozione di un cucciolo a catturare il mio interesse. Se poi il narratore è lui...
"Beh, lo vidi durante una pausa. Era lì, da solo, si aggirava come se avesse perso il senso dell'orientamento. Mi avvicinai e si lasciò toccare, mi piacque subito. Non ci crederai, ma era grande così all'epoca, e molto magro."
"Chi, lui?! Ma stai parlando di un altro cane, allora..."
Scoppiamo a ridere, guardando il 'piccolo cane malnutrito' che, sdraiato sull'erba, sradica zolle su zolle.
"Ti assicuro, era davvero malridotto. Per cui l'ho preso e l'ho portato qui."
"Ma, te lo han fatto portare senza problemi? Io sapevo che qui, quando importi qualche animale, deve stare in quarantena."
Mi balenò nella mente l'immagine del mio amore. Il micio più bello, più bianco, più amabile che potessi mai desiderare di avere. Il mio Ramses. Quante volte gli avevo promesso che l'avrei portato con me. Eravamo fratelli, io e lui. Solo che lui aveva quattro zampe e una coda in più.
Sorrise e rispose: "Mi sono rivolto al Pets Travel Scheme. Ti aiutano loro."
"Oh... che bello, grazie d'avermelo detto."
"Vuoi portare un animale qui?"

Flashback. Il mio gattone, ad occhi spalancati, steso sulla tavola. Io gli accarezzo la testa, ma lui non può sentirmi. Non può più sentirmi.

Mi si è bloccato il respiro. Scuoto il capo, e tentando un tono stabile, rispondo:
"No. Non ho più nessuno da portare qui."
Mi ferma trattenendomi piano per il braccio. Oddio, non lo avrò mica messo in difficoltà? Lo guardo e lo vedo preoccupato, mentre cerca di capire. E mentre gli rispondo, non è difficile lasciare che le parole, e la memoria, escano dal mio cuore.
"Avevo il migliore amico che si potesse mai immaginare. Un gattone bianco. Anche lui era un incrocio, aveva il pelo lungo e gli occhi d'ambra. Lo chiamavo Ramses perchè era faraonico, in tutto, anche nell'atteggiamento."
Mi sento sorridere al ricordo di come alzava gli occhi su di me con espressione sorniona.
"Si è ammalato, e nonostante la sua forza, non ce l'ha fatta. Ho dovuto... addormentarlo."
Ucciderlo, mai. Ucciderlo sarebbe stato lasciarlo stare male. Non l'ho ucciso. Non è il termine. Non è quel che ho fatto.
Mi alza il mento, gentilmente, e lo guardo di nuovo. Mi scruta, senza essere invadente, e sento che mi capisce perfettamente, adesso.
"Mi dispiace. Anche io ho perso un amico a quattro zampe cui volevo molto bene. Quando è successo?"
Calma, perfettamente seria, un macigno sul petto, rispondo:
"Due settimane fa."
Eccolo, il vero motivo della mia partenza. Non avevo nient'altro che mi trattenesse. Dovevo allontanarmi da una casa che la mattina avrei visto vuota.
Mi posa il braccio sulle spalle e mi attira a sè, stringendomi appena. Lo circondo con l'altro braccio, passandoglielo dietro la schiena.
"Mi dispiace davvero."
Lo so. Lo vedo. Ci capiamo al volo, ora. Siamo uguali.
"Grazie. No, sinceramente. Sei la prima persona cui lo dico. Non mi riesce parlarne."
Gli sorrido, per stemperare l'atmosfera. Lui risponde con un sorriso e un'altra lieve stretta, poi mi vedo dall'esterno e perdo tre, quattro, cinque battiti di fila:
ma che stai camminando con Orlando Bloom, il tuo braccio dietro la sua schiena, il suo braccio sulle tue spalle, te ne sei accorta? Che non è propriamente un tuo amico di vecchia data? Che ci sono circostanze da considerare? Eh? La vogliamo fare, qualche considerazione??
"Ahm, comunque, è una buona novità in ogni caso. Non mi sembrava giusto, infatti, lasciare gli animali in gabbia per quaranta giorni. Fa impazzire."
"Hai ragione. Il servizio è ottimo, ti aiutano in tutto."
"Bene. Bene."
Nessuno che mi salvi? Sidi, Sidi bello, non mi salti più addosso?
Un latrato e una corsa nella direzione opposta. Caspita, mi legge nel pensiero.
Accidenti, ma sta puntando uno scoiattolo.
"Sidi! Sidi! Qui!"
Ci lasciamo contemporaneamente, correndogli dietro. Sidi stranamente obbedisce e a metà corsa fa un salto su se stesso e torna indietro, buttandosi contro il padrone, abbaiando allegramente. Orlando ride, lo abbraccia, il cagnone salta e si rotola, lo spinge e fa finta di allontanarsi qualche passo per poi ritornargli addosso.
E' una scena da quadro. Da foto, è troppo vivida per i colori tenui della pittura. No, ci vorrebbe una videocamera.
Senza rendermene conto tiro fuori di tasca il cellulare e lo punto sui due, scattando. Sidi al suono del 'click' rivolge la sua attenzione su di me e si sdraia per terra rotolandosi. Io rido e lo fotografo.
Orlando sorride divertito, fa finta di sospirare:
"Che esibizionista."
"Ehi, sarà abituato alle foto. Guarda che meraviglia."
Gli mostro il cellulare facendo scorrere le immagini del cagnone appena immortalate. E' troppo divertente.
"Però, Sidi, sei fotogenico."
Sidi abbaia e resta sdraiato, lanciando un uggiolìo sbuffante che ci fa scoppiare a ridere. L'ultima immagine ritrae loro due assieme.
"Questa è bellissima."
La guardo, non ho ancora visto com'è venuta. Lo schermo mostra un ragazzo, dai capelli lisci e scuri, tagliati quasi a caschetto, con un ginocchio a terra, su di un prato ancora verde, che stringe la testa di un cagnone nero che ricambia il suo sguardo, una zampa sulla sua spalla, l'altra sul suo braccio. Il sole è leggero, ed è autunno, ma la luce illumina tutti e due. Mi toglie il fiato. L'ho fatta io?
"E' più che bellissima. E' da poster." E mentre lo dico mi viene un'idea.
"Sei brava, hai talento. Non sarai una giornalista travestita?"
"Che fai, prendi in giro?"
Alza le mani, come a chiedere "pace", e ride:
"No, saresti troppo brava come attrice per essere una giornalista. Non è che è un'altra delle tue tattiche?"
"Ebbene sì, e visto che finora hanno funzionato tutte... Visto che mi hai scoperto, su, siediti e cominciamo."
Lui sta al gioco e si siede per terra, accanto a Sidi. Io incrocio le gambe davanti a lui e, seduta, faccio finta di prendere appunti.
"Dunque, lei è solito, Mr Bloom, permettere al suo cane di distruggere metà del suo abbigliamento?"
Lui ride guardandosi la giacca strattonata.
"Ma sì, perchè no, i cani hanno diritto di divertirsi."
"Le ricordo che parla ad un pubblico di ragazzi che potrebbe, per questa sua affermazione, lasciare che il proprio cane scorrazzi per la casa addentando cuscini, stoviglie e alimenti vari."
Scoppia a ridere e si porta la mano alla nuca, imbarazzato, socchiudendo gli occhi:
"Non sono un gran bell'esempio, vero?"
"Stai scherzando? Vuoi sapere con che ragazzi ho il piacere di trovarmi ad uscire io?"
"Sì, dai, racconta!"
Lo squadro lanciandogli un'occhiataccia, ma lui ride, perciò rinuncio e alzo una mano per contare.
"Dunque, uno ha insistito un mese per uscire con me, e quando gli ho detto ok, per sfinimento, ha avuto il coraggio, una volta capito che non intendevo farci nulla, di dirmi impettito 'Ma se non ti piaccio perchè sei uscita con me, scusa, potevo dedicarmi a qualcun'altra.'"
"No..." mi guarda allibito. Annuisco seriamente e proseguo.
"Uno per impressionarmi mi ha portato in un locale dove un cocktail analcolico costa dieci euro, e me lo ha fatto notare", imito la voce del tizio: "Sai quanto l'ho pagato? dieci euro. Eh, hai visto in che posti ti porto?"
Orlando ride e chiede: "E tu?"
"Io? Io gli ho detto molto innocentemente "Ma scusa, allora tanto valeva prenderlo vicino casa, così risparmiavi cinque euro."
Lui si piega letteralmente dalle risate.
"Avrei voluto vedere la sua faccia."
"Già. Poi dunque, il terzo ha cercato di saltarmi addosso tutto il tempo, finchè non gli ho tirato un ceffone, e il quarto... beh, il quarto è stato il mio ragazzo. Per due anni e mezzo. Poi ho scoperto che raccontava un sacco di frottole. A me, alla sua ragazza e all'altra sua ragazza."
Mi guarda basito:
"Cioè mentre stava con te..."
"... intratteneva una relazione con altre due. Già." Scrollo le spalle. Non mi fa un baffo da due anni, questa storia. Lui però sembra davvero irritato.
"Che bastardo."
"Ah, beh, tranquillo, mi sono vendicata a sufficienza."
"Cioè?"
"Mi è bastato contattare le altre due e farci trovare a casa mia una era in cui dovevamo vederci."
"Ben gli sta, così impara." Annuisce vigorosamente, sorridendo. Poi il sorriso si addolcisce.
"Mi dispiace però, dopo due anni e mezzo deve essere stato tremendo."
"Sai come si dice, ciò che non uccide, fortifica... E poi è una cosa passata, ormai. Sono stata male perchè era il mio primo ragazzo, la mia prima relazione seria. Però, ecco... Non rimpiango il mio passato con lui, quel che ho fatto l'ho fatto di mia volontà perchè ne ero felice."
Mi guarda a lungo, in silenzio. Io passo una mano tra i fili d'erba e l'allungo verso Sidi, il quale mi ci posa sopra la zampa.
"E poi vedi, adesso c'è Sidi." Sorrido. Anche lui sorride.
"Sei davvero in gamba, Luna. Sinceramente. Sono contento di averti incontrata."
"Anche io. Sei un ragazzo con cui stare è davvero piacevole. Grazie."
Sorride, e scuote il capo, come a dire "di nulla". Sidi si rotola e mugola. Io rido, poi lo guardo di nuovo.
"Ehi, l'intervista dovevo farla io a te, si sono scambiate le parti."
Orlando sorride e risponde:
"Sono a tua disposizione. Quando vuoi. Mi piacerebbe conoscerti il più possibile."
"Anche a me. Davvero."

Troppe frasi si susseguono, non riesco a focalizzarne una per analizzarla che già rispondo con un'altra senza pensarci, così come mi viene. Sto giocando a mosca cieca sull'orlo di un baratro, circondata da mille fiammelle pronte a bruciarmi. Rischio la scottatura più grande della mia vita.
Ma invece no. Perchè mi basta guardarlo e tutta questa furiosa analisi svanisce, perde senso e consistenza. Gli sto aprendo il mio cuore, perchè lui non ha chiesto di entrarci a forza. Si sta facendo strada poco a poco. E mi permette di fare altrettanto. Mi permette di fare altrettanto.

"Magari quando mi vengono in mente domande serie."
"Va bene. Allora nel frattempo ne approfitto per tentare di sondarti di più."
"Mi hai presa per il laghetto del St James?"
Sorride, e risponde:
"Aspetto anche io qualche domanda seria."
Sidi invece non aspetta assolutamente niente e di colpo si rimette in piedi, abbaiando. Non capisco cosa voglia, però il cagnone evidentemente sì, perchè mi spinge con le zampe giù per terra.
"Sidi!" gridiamo all'unisono. Io prendo una schienata da film, e riesco a non farmi nulla. Sidi si ritrae e mi si sdraia accanto, annusandomi collo e petto.
"Sidi, buono, stai giù, testone d'un cane, giù!", gli intima Orlando. Ma il massimo che risolve è che Sidi smette di annusarmi. Beh, almeno una cosa l'ha ottenuta.
"Scusami, ti prego, non so che gli prenda a volte."
Mi porge una mano per tirarmi a sedere.
"Ma ti pare, mai sminuire un impeto di affetto così profondo ed esuberante."
"Chiamalo affetto. Cane disubbidiente e maleducato!"
Scuote il dito indice guardando male Sidi, che non se lo fila per niente. E io scoppio a ridere per la scena, e non riesco ad allungargli la mano per farmi aiutare.
"Oddio... oddio... è troppo forte..." boccheggio quasi.
"Tu ci ridi, dovresti vedere come mi ha ridotto il letto quando aveva un anno e mezzo."
"Posso immaginare." Sospiro e resto sdraiata. Alzo lo sguardo e incontro il cielo. E' terso. La luce comincia a svanire, ma è bellissimo comunque. Verso est si vede già la luna, pallida, azzurra.
"Guarda. Adoro il cielo quand'è così. Ho sempre preferito il tramonto. Distende."
Lo sento sorridere anche se non lo vedo.
"E' vero. Ha dei colori bellissimi."
"Sul mare poi è una visione."
Annuisce. Mi sento osservata, riporto lo sguardo su di lui.
"Che cosa c'è?"
Mi studia lo sguardo ed il viso, angelicamente, bellissimo e distante, no, vicino e dirompente.
"Ti sono tornati verdi. Gli occhi."
Taccio.
E intreccio il mio sguardo al suo. Ci metto tutta l'intensità che provo quando lo ricambia, uno scambio di energia, di forza, di sensazioni che mi fanno rabbrividire, mi impediscono di annegare ma non mi lasciano riemergere. Affondo.
Ho paura. Ho paura di te. Di te che mi guardi eppure non mi vedi. Di te che mi leggi fino in fondo all'anima, senza averne l'intenzione, solo perchè sono io, io, ad aprirti le sue porte. Sono lo specchio trasparente di ciò che provo, adesso. E tu mi fissi. Mi vedi per ciò che sono. In profondità. Ti supplico. Annientami così, o salvami una volta per tutte.
Quando il cuore comincia a farmi male fisicamente, compongo un sussurro.

"Ti prego..."
"Che cosa?". Un sussurro anche il suo. Mi dilania.
"... non guardarmi."
Non stacca gli occhi dai miei, ma li spalanca, stupito.
"Non mi dai fastidio. Ma non riesco... a fronteggiarti. Mi sento... scoperta."
Il suo sguardo non si allontana, serio, introverso.
"Anche io."
Sussurro.
"Che cosa?"
Sussurro.
"... Mi stai vedendo davvero."
Sussurro.
"Mi dispiace."
"Non mi dà fastidio."
Silenzio.
Ho bisogno di respirare. Di battere le palpebre. Lo facciamo entrambi, e distogliamo lo sguardo.
Sento di nuovo i confini del mio corpo, e percepisco l'infinità della mia anima racchiusa in una gabbia così piccola. Ho uno spazio abbastanza grande per contenerla solo quando la condivido con i suoi occhi.
Silenzio.
Ma torniamo nei nostri corpi. Rabbrividisco: comincia a fare freddo, prendo coscienza di me, di nuovo. Anche lui pare pensare lo stesso. Si chiude la giacca.
"Temo di averti lasciata andare troppo in profondità."
Sorride appena, guardando in basso.
"Ti assicuro che non volevo danneggiarti."
"Non l'hai fatto." Alza di nuovo lo sguardo. "E' stato un momento particolarmente troppo intenso per entrambi."
Sorrido.
"Davvero. Meglio limitarsi alle domande."
Lui sorride e mi porge di nuovo la mano. La prendo e lascio che mi aiuti, tirandomi a sedere.
In un lampo di memoria rammento che si interessa di discipline orientali. Forse allora ha capito davvero tutto ciò che intendevo dire.
C'è di più: ha capito che lo avrei capito anche io.
Sidi posa la testa sul suo ginocchio. Lui lo accarezza. Ho paura di aver rovinato qualcosa, anche se non focalizzo cosa.
Uno scoiattolo attira l'attenzione mia e del cagnone. Lui lancia un latrato convinto e ovviamente si lancia all'inseguimento. Tutti e due sorridiamo, ma è un sorriso a cui arriviamo lentamente, anche se con facilità. E' sereno, ma in qualche modo, languido. E d'improvviso mi viene da chiedermi quanto ci siamo scambiati l'uno dell'altro, e quanto di ognuno abbiamo riversato nell'altro a vicenda.





Per questo capitolo devo ringraziare in assoluto tre persone: Blackpearl, Michi88, e Celine Dion. Le prime due perchè se continuo a scrivere questo mio sogno è grazie soprattutto al loro entusiasmo.
La terza perchè, senza la meravigliosa "My precious one", questo capitolo non sarebbe mai nato. E più di tutti, il mio imperituro amore a quattro zampe. Mi manchi, Ramses. E perdonami se, per esigenze di storia, ho dovuto anticipare il dolore di perderti. Ti voglio bene.
  
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