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Autore: Angel_Sayuri    22/01/2008    3 recensioni
Sette one-sot incentrate sulla coppia ShikamaruxIno.
Dedicate a chi ama questo pairing.
1.Hold onto the tail of your kite: Asuma fece l'ultimo tiro della sua sigaretta oramai finita, senza distogliere lo sguardo da lei.
"Sei cambiata in questi anni." Constatò.

[Terza classificata al contest ShikaIno indetto da Coco Lee]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Passavano gli anni

Gli anni passavano. 

La gente nasceva e moriva, felicità, tristezza e poi di nuovo felicità si susseguivano, un cerchio perfetto con lei come centro da cui si dipartivano i raggi. 

Era cambiata, il tempo l'aveva plasmata e le sofferenze avevano cercato di ucciderla con il loro veleno.

Aveva nuove ferite -molte nuove ferite-  che facevano bella mostra sul suo corpo, piccoli segni dello spessore di una moneta, bianchi per la cicatrizzazione, più profondi lì dove il kunai aveva affondato la lama con maggior forza. Incredibile come, dopo tutto quello che aveva passato, riuscisse ancora a sentire dolore e come questo la prendesse sempre alla sprovvista.

Si voltò.

Nell'infinitesimale frazione di secondo in cui si girava, in cui tendeva leggermente i muscoli del collo e delle spalle, quel secondo in cui lo sguardo scorreva per poi fermarsi, lei aveva paura. 

Quella vera, che ti fa battere il cuore così forte che senti il suo suono rimbombarti nelle orecchie.

Ma lui era ancora lì.

Il tempo passava.

Ma lui era ancora lì.

Tutto cambiava, persino lei.

Ma. Lui. Era. Ancora. Lì.

 

 

 

 

 

"Hold onto the tail of your kite"

 

 

[Aveva capito che nessuno l'avrebbe abbandonata, che non sarebbe mai stata sola e che i suoi genitori le volevano tanto, tanto bene.

E che la speranza si piegava in realtà sotto la voce sicura di Shikamaru.

Lui non diceva bugie.

 

Sarebbero tornati.]

 

 

Le guardie erano degli idioti, pensò Ino.

Non stava dando loro nessun disturbo e si erano comportati sgarbatamente con lei, cacciandola dalla sua postazione. Come se avessero paura che Ino potesse sgusciare da un momento all'altro fuori dal portone per scappare da Konoha

Come se una bambina potesse aprire da sola quegli immensi battenti di legno.

Lei voleva solo aspettare. Voleva aspettare seduta sulla panchina, tranquilla, sulle ginocchia il piccolo fagotto contenente il suo pranzo. A guardare il cielo, magari. Così forse avrebbe capito cosa ci trovava di tanto interessante Shikamaru.

Ma loro l'avevano cacciata via solo perché troppo vicina all'ingresso del villaggio. 

La prossima volta Ino non avrebbe mancato di dare veramente fastidio. All'accademia stavano giusto spiegando la tecnica dei sigilli esplosivi.

 

"Oggi ritorna, vero?"

Sperò che la voce non fosse risuonata troppo ansiosa, non voleva mostrarsi eccitata ed impaziente come una bambina a Natale. 

Ad Ino non piaceva fare la figura della bambina. Anche se lo era.

Miho sorrise, un sorriso dolce e paziente. Ino sbuffò: la sua maledetta voce l'aveva tradita ed ora la madre la stava guardando con accondiscendenza.

Ino odiava quando la guardavano così -in effetti, lei odiava molte cose-. Come se fosse stata piccola ed ingenua. Lei non era piccola ed ingenua.

Ecco, forse piccola un po' sì, ma ingenua no.

La madre le passo le mani tra i capelli, scompigliando il caschetto biondo che Ino teneva ordinato con tanta fatica. Per una ragazza i capelli erano importanti, si diceva.

"Sì, papà dovrebbe tornare oggi."

 

Ed eccola, a guardare in cagnesco il vuoto. Suo padre sarebbe dovuto tornare entro mezzogiorno, e Ino s'era portata il pranzo per aspettarlo, ma tutto era andato in fumo. Tornò ad inveire mentalmente contro quelli. Le avevano rovinato la giornata e ormai non meritavano neanche più che li chiamasse per nome.

Si sedette sul prato vicino al parco giochi, quello che dava sulla via principale. 

L'erba le solleticava le gambe lasciate scoperte dalla gonna. Incominciò a strapparne manciate di fili, più per inezia che per altro, con le dita che affondavano nella terra umida con facilità. Ed intanto pensava. 

Suo padre, per tornare a casa, sarebbe dovuto passare per quella strada e Ino lo avrebbe sicuramente individuato tra la folla. Impossibile non notarlo, con il suo aspetto singolare e i compagni di squadra che si trovava. Akimichi-san e Nara-san erano individui ancora più "singolari" di suo padre.

Dopo averlo trovato, gli sarebbe corsa incontro e la prima che Inoichi avrebbe visto, dopo mesi di sangue e guerra, sarebbe stata lei in tutto il suo splendore e ciò, sperava, l'avrebbe confortato almeno un po'. S'era messa il suo vestito migliore per l'occasione.

Tornò a sfogare la propria ansia sugli inermi fili d'erba, strappandoli con tale forza da trascinarsi dietro, nella foga, delle zollette di terra.

"La vuoi smettere, piccolo diserbante?"

Ino immediatamente si voltò.

Davanti a lei si parava la figura esile di Shikamaru

Tipico. 

Era una sua caratteristica disturbare nelle situazione meno adatte con frasi irritanti, come se avesse esattamente saputo quando una persona stava per scoppiare dalla rabbia e lui volesse essere d'aiuto, versando la goccia di troppo nel vaso.

Poi le diceva che era violenta quando lo picchiava. Era lui che la provocava. Lei non era violenta, proprio no.

"Diserbante tua sorella!"

Shikamaru socchiuse gli occhi, guardandola con attenzione, come se il suo sguardo analitico avesse notato qualcosa fuori posto

Ino alzò il mento in segno di sfida.

Dammi una buona ragione e ci sarai tu al posto di questi fili d'erba.

Shikamaru sbuffò, imprecando sottovoce in modo che Ino non riuscisse a sentire chiaramente quello che diceva, e si sdraiò accanto a lei, cadendo a peso morto sulla schiena.

Seguirono minuti di totale silenzio, in cui si sentiva in sottofondo solamente il vociare della gente che camminava per la strada e si affrettava per le faccende domestiche.

Ad Ino non piaceva il silenzio, l'oziare in ogni sua forma. Lei doveva parlare, ridere, discutere, urlare, camminare, mangiare, giocare, allenarsi, fare qualsiasi cosa, qualunque, sennò le sembrava di essere profondamente inutile.

Shikamaru invece era il suo opposto, la sua antitesi. Forse era per quello che [non] andavano d'accordo.

Si girò a guardare il suo profilo rilassato.

"Li stai aspettando anche tu, vero?"

"Già."

"Mamma ha detto che sarebbero dovuti tornare verso mezzogiorno, ma non ci sono ancora."

"E allora saranno in ritardo, no?"

La risposta di Shikamaru aveva l'aria di una affermazione assoluta. Il tono era così sicuro, non aveva avuto nessuno incertezza nel dirlo.

Doveva essere così. 

Ma allora cos'era quella cosa che si muoveva sottopelle, vicino al cuore, e che la faceva sentire tesa come una corda?

Le era capitato spesso e in qualsiasi luogo di sentirsi così, all'improvviso.

 

["Che cosa succede se torno a casa e tutti sono spariti?"

"Che cosa succede se mamma si dimentica di passarmi a prendere e mi abbandona qui?"

"Che cosa succede se i miei genitori decidono di non volermi più?"]

 

Paure infantili che hanno tutti i bambini e che Ino aveva superato da tempo. 

Aveva capito che nessuno l'avrebbe abbandonata, che non sarebbe mai stata sola e che i suoi genitori le volevano tanto, tanto bene.

 

["Che cosa succede se non tornano?"]

 

Ma a quella domanda non c'erano rassicurazioni, davvero.

E mezzogiorno era passato da un pezzo.

Ino invidiò profondamente Shikamaru per la sua tranquillità. Stava guardando il cielo, sdraiato sull'erba, e sembrava totalmente a suo agio come se ci fosse nato, su quel prato. 

Era quasi confortante, tutta quella sicurezza. Quasi. 

"Shikamaru..."

Rimase con la bocca semiaperta, nel tentativo di trovare le parole adatte, ma Ino scoprì che non ce n'erano per descrivere quella cosa, quel piccolo mostro che le si agitava nel petto.

Shikamaru capì lo stesso.

"Oggi tornano." Disse semplicemente.

 

Un'affermazione assoluta, quella.

 

 

****

 

 

["Riprenditelo."

Il nastro di raso scintillava sotto l'opaca luce solare non trattenuta dalle nuvole. 

Ino avrebbe davvero voluto far parte di quel gruppo di persone che, quando sta per arrivare il dolore, lo sentono, lo prevedono, così come si potrebbe sentire o prevedere l'arrivo di una tempesta, un uragano o qualsiasi altra calamità naturale.

Purtroppo la realtà era ben diversa.

Non solo Ino non possedeva quella sensibilità ma, quando il dolore finalmente arrivava, la colpiva in pieno, stordendola e trascinandola nella sua risacca.

Doveva aver rivolto uno sguardo confuso a Sakura, perché questa aggiunse:

"Te lo rendo, non lo voglio più."

Ino abbassò lo sguardo verso quel minuscolo pezzo di stoffa rossa. 

Un minuscolo pezzo di stoffa rossa che significava tanto, tantissimo e che Sakura stava tenendo tra le mani senza alcun riguardo, stropicciandolo, come se non fosse importante.

Invece lo era, e molto.

"E allora perché lo stringi così forte, Fronte Spaziosa?"

Le parole le uscirono impastate, i muscoli della bocca che faticavano ad articolare la frase. 

Colpita in pieno, sì.

Sakura lasciò andare il nastro e questo cadde a terra senza un rumore, accompagnato da un silenzio così totale da risultare assordante.

 

"Ti supererò."

 

Erano un ricordo congelato, gli occhi verdi di Sakura che la guardavano con superiorità.

Ino avrebbe voluto strapparglieli.]

 

 

"Cosa ha detto Miho-san?"

"Che è malata." Shikamaru calcò il tono su l'ultima parola e fece schioccare la lingua, scettico.

Choji corrugò le rade sopracciglia castane, tornando a fissare pensieroso il pacchetto di patatine, appena aperto, che teneva tra le mani.

"Non le credi?" Chiese, infine.

Shikamaru sospirò, mettendo le braccia dietro la testa, e sedendosi sulla panchina accanto all'amico. 

Che seccatura. Sia Ino che il maestro Asuma. Se la violenta vuole stare da sola, nessuno può impedirglielo.

E, adesso, sia lui che Choji si trovavano a fissare la porta del negozio degli Yamanaka, senza aver la minima idea di cosa fare o dove andare. 

Tutto questo per che cosa? Ah, sì.

Sviluppare lo spirito di squadra.

"Cho, è sua madre. Se Ino le chiede di mentirci, di sicuro lo fa per amore materno."

L'amico non sembrò convinto; pescò una patatina dal sacchetto e la portò alla bocca, senza distogliere lo sguardo dall'ingresso del negozio di fiori.

"Secondo te sta bene?"

"Si riprenderà."

Ino è forte. Molto forte, purtroppo. 

"Tu sai perché si comporta così?"

Shikamaru sventolò la mano con fare seccato, come se volesse scacciare una mosca invisibile particolarmente fastidiosa, e mugugnò qualcosa che suonava vagamente come "litigi tra donne", "Sasuke" e "due idiote"

"Sakura...capisco." Il volto di Choji, di solito sempre così rilassato e sereno, si ottenebrò. E capiva davvero. L'accostamento "Ino-Sasuke-Sakura" era sempre fonte di spiacevoli situazioni e tensioni.

"Dovremmo trovare il modo di parlarle, sai, Shikamaru." Concluse infine, sfilando un'altra patatina dal sacchetto.

L'interlocutore sbuffò.

"Come? Non vuole vederci."

Dopo quell'affermazione, ci fu solo il silenzio più totale, interrotto solo dal vociare dei clienti proveniente dall'interno del negozio di fiori.

Tutto questo finché Choji non si alzò di scatto, incamminandosi verso la finestra della camera di Ino con una strana espressione determinata dipinta sul volto. Brandì una patatina a mo' di sasso e la lanciò contro il vetro, sotto lo sguardo attonito di Shikamaru.

Si girò a guardare l'amico.

"Che c'è? Ho visto un vecchio film in cui un tizio faceva così per richiamare l'attenzione della protagonista femminile."

"Le lanciava patatine?" Chiese perplesso l'altro.

Choji non ebbe il tempo di rispondere.

"Che cavolo state facendo?!" Dalla finestra, oramai aperta, era spuntata la testa di una Ino Yamanaka particolarmente alterata. 

Shikamaru, a quella visione, saltò su dalla panchina come se l'avesse morso un ragno, mentre Choji si era bloccato mentre mangiava una patatina, che ora gli pendeva stupidamente dalla bocca semiaperta.

"Stavamo..." I due si scambiarono un'occhiata, a disagio. Già, che stavano facendo?

"Lanciando cibo contro la mia abitazione?" Chiese lei, sarcastica. Scoccò uno sguardo malevolo ai due, soffermandosi in particolare su Choji, che reggeva tra le mani il pacchetto incriminato. 

"Non mi sembri malata." Se Shikamaru, con quella frase, aveva tentato di cambiare discorso, beh, c'era riuscito benissimo. La ragazza l'aveva guardato in maniera davvero raggelante, ma lui riuscì a sostenere lo sguardo.

Choji continuava ripetutamente a girarsi verso l'una o verso l'altro, come se stesse assistendo ad uno scontro invisibile, ed ebbe la sensazione, ultimamente sempre più frequente e fastidiosa, che quei due lo stessero tagliando fuori

E non solo lui. In quelle situazioni sembravano lasciare fuori tutto e tutti. Bastava uno sguardo, una frecciatina o discussione ed, hop, caduti fuori dal mondo. Entrambi

Conoscendoli, probabilmente neanche se ne accorgevano.

"Non sono affari tuoi." Replicò Ino gelida. Si girò per chiudere la finestra ma Shikamaru, alzando la voce di qualche ottava, le disse dietro, irritato:

"Oggi ho visto Sakura andare al campo d'addestramento per allenarsi col suo team, mica ti vorrai far battere?"

Forse era solo il riflesso del vetro che creava improbabili giochi di luci, ma a Choji era sembrato di leggere negli occhi della ragazza, quando si era voltata verso [Shikamaru] loro, una strana luce. 

Ferita.

L'anta della finestra, chiudendosi, sbatté così forte che i cardini scricchiolarono dolorosamente.

E lì, Choji, vide una cosa così surreale che rimase per parecchi secondi a bocca aperta, incredulo.

Il tranquillo Shikamaru, il paziente Shikamaru, il pigro Shikamaru, che prendeva da terra una pietra e, in un moto di rabbia, la lanciava contro la finestra dalla quale era appena scomparsa Ino.

E' andato fuori di testa.

"Maledetta testarda!" e un sonoro rumore di vetri spezzati furono le ultime cose che si sentirono. Poi cadde il silenzio più assoluto. Anche gli uccellini smisero di cantare.

La quiete prima della tempesta.

"Shikamaru!" L'urlo di Ino fece gelare il sangue nelle vene ai due. Letteralmente

Choji si girò verso l'amico e gli diede l'unico consiglio valido in quelle situazioni.

"Scappa."

L'altro annuì meccanicamente, lo sguardo perso, e decise che era meglio muoversi. E alla svelta.

Insieme alla madre, l'unica donna in tutto il paese del fuoco capace di far correre Nara Shikamaru.

Ino sbucò fuori dalla porta circa dieci secondi dopo, arrabbiata e velenosa come un serpente a cui hanno pestato la coda. Individuò subito la figura di Shikamaru e, ignorando i richiami della madre, scattò all'inseguimento del ragazzo, lanciando improperi non esattamente cortesi. 

Beh, almeno si è ripresa, pensò Choji guardando le due figure scomparire velocemente dietro l'angolo della strada.

 

[In quei momenti, tagliavano fuori tutto e tutti.]

 

 

****

 

 

["Sasuke non è di certo un mio grande amico e non è nemmeno un tipo che mi piaccia particolarmente. Però Sasuke è un ninja della foglia come noi. E' un nostro compagno. E' per questo che ce la metteremo tutta per salvarlo."

 

Solo per questo? O c'è un altro piccolo motivo che stai cercando di ignorare, Shikamaru?]

 

 

L'aria densa e soffocante d'umidità si mischiava alle voci, parole piene di sconforto e stupore sussurrate ai compagni di bevute, alle vicine, tra i jounin.

"Se n'è andato."

"...incredibile, un membro degli Uchiha...era il clan più prestigioso..."

"Un ragazzo così promettente..."

Sasuke-kun era il migliore. Il più bravo sia nei ninjutsu che nei taojutsu. Discendente del nobile e rispettato clan Uchiha. Quando tutti erano fermi all'apprendimento dell'uso dei kunai, lui già si destreggiava con lo shuriken demoniaco. Quando tutti stavano imparando le mosse base dei sigilli, lui riusciva già a compierne alcuni.

Era il migliore della classe, dell'accademia.

Il migliore. 

Il migliore.

Il  m i g l i o r e.

E ora aveva tradito Konoha.

Quando Choji glielo aveva detto, Ino aveva avuto la sensazione che qualcosa si fosse frantumato. 

[I tuoi sogni da bambina, Ino-chan.]

Il vetro sul quale lei aveva amorevolmente dipinto l'immagine di Sasuke-kun era caduto in mille pezzi che ne sfasavano l'immagine, lasciando intravedere il marcio che c'era dietro.

Sasuke-kun era il migliore. Il più bravo sia nei ninjutsu che nei taojutsu. Discendente del nobile e rispettato clan Uchiha. Quando tutti erano fermi all'apprendimento dell'uso dei kunai, lui già si destreggiava nell' uso dello shuriken demoniaco. Quando tutti stavano imparavano le mosse base dei sigilli, lui già riusciva a compierne alcuni.

Era il migliore della classe, dell'accademia.

E ora aveva tradito Konoha.

E' impossibile. E' una bugia, ci deve essere stato un errore.

[Cresci, Ino-chan, cresci.]

 

 

Appena gli avevano comunicato che l'Hokage lo stava cercando per parlargli, Shikamaru aveva avuto subito il presentimento di un'imminente scocciatura. Ma ciò che Tsunade gli aveva detto superava tutte le sue previsioni.

"Ieri in piena notte Sasuke Uchiha se n'è andato. Orochimaru lo ha irretito."

L'Uchiha. Uno dei ninja più promettenti, quello che persino lui teneva sotto occhio per le sue abilità.

"Parti entro mezz'ora dopo aver riunito il più alto numero di genin che consideri abili."

Se l'avesse detto a Ino, quella non gli avrebbe creduto.

"Recuperalo." 

Diede un calcio a terra, smovendo la polvere secca che ormai, col caldo che faceva, s'era attaccata sugli edifici, sulle strade, sui negozi, dappertutto, come una fastidiosa patina sabbiosa.

Quando aveva raccontato quel che era successo a Naruto e agli altri, tutti avevano fatto la medesima faccia incredula, e persino negli occhi impassibili di Neji aveva potuto leggere una nota di sorpresa.

Accelerò il passo; la sua squadra improvvisata lo stava aspettando all'ingresso del villaggio e lui non poteva farsi attendere. Imboccò la via principale e notò, mentre si faceva largo tra la gente, un insolito senso di agitazione e sentì pezzi di conversazioni tutti riguardanti lui, Sasuke.

Le notizie girano in fretta.

Si bloccò non appena scorse la figura familiare di Ino seduta sul prato del parco, e ciò gli riportò alla mente vecchi, vecchissimi ricordi.

["Li stai aspettando anche tu, vero?"]

Ma l'Ino di quei ricordi era molto più nitida e solare, molto più lei di quanto potesse mai essere quella figura eterea seduta lì, sul prato, ormai solo un'ombra della ragazza che conosceva. I suoi occhi azzurri sembravano vetro e fissavano persi il vuoto, mentre stringeva al petto le ginocchia, come se avesse freddo. Nonostante quella fosse una delle giornate più afose che Konoha avesse mai conosciuto negli ultimi mesi, Shikamaru era sicuro che quell'Ino [così strana, così diversa] lo sentisse davvero, il freddo.

E si ritrovò a sperare che si girasse a guardarlo, magari sorridendogli per rassicurarlo [sembrava meno terribile quando sorrideva].

 

Voltati.

Voltati.

Voltati. Verso. Di. Me.

 

Ma quel giorno, Ino non si voltò.

 

 

****

 

 

["Sia i falchi che le farfalle volano."

"Certo, Asuma-sensei.

Ma io non sono né una farfalla, né un falco. Non so volare. Resto sempre indietro e posso solo osservare le figure di quei due che si stagliano contro il cielo, così uniti da irritarmi.

Nonostante io parli, rida, discuta, urli, cammini, mangi, mi alleni, viva, se non riesco ad essere d'aiuto a lu-...a loro, mi sento profondamente inutile."

Asuma fece l'ultimo tiro della sua sigaretta oramai finita, senza distogliere lo sguardo da lei.

"Sei cambiata in questi anni." Constatò. 

Spense la cicca contro la suola della scarpa.

"Resterai a terra, allora, e quando Shikamaru e Choji ritorneranno, tu te ne prenderai cura."

La ragazza lo osservò sfilare un'altra sigaretta dal pacchetto ed accendersela. 

Occuparsi di quei due? Mpf.

"Ovvio, se no chi lo farebbe? Senza di me, sarebbero persi." 

Ino non credeva veramente a quelle parole, ma ondeggiò vezzosamente la coda bionda, ostentando una sicurezza che non aveva.

"Ah, Asuma-sensei."

Il maestro si girò a guardarla.

"Se parla con anima viva di quel che le ho detto, giuro che-" 

Fece una breve pausa per trovare, nella zona perversa della sua mente, una punizione adatta.

"-che le strappo la barba. E poi passo alle braccia e alle gambe."

L'uomo rise della sua risata piena e profonda.

Ino ricordò che rise molte, molte volte.]

 

 

Se il tempo avesse potuto rispecchiare l'umore di Ino, fulmini e tuoni e pioggia si sarebbero abbattuti sul villaggio, inondandolo e facendo marcire le sue fondamenta, uccidendolo dall'interno, sradicando case e alberi, distruggendo il monumento degli Hokage, che con quegli odiosi visi impassibili avevano visto il passare degli anni, dei secoli.

Ma quel giorno il cielo era limpidissimo e le rare nuvole erano così pallide che sembravano polvere su quella volta azzurra. Il sole crudele splendeva e si prendeva gioco di lei, illuminando tutto. Tutto.

E niente era cambiato, le case e i palazzi erano si ergevano imponenti, gli alberi non erano stati strappati alla terra e il monumento degli Hokage era ancora scolpito sulla parete della montagna, i quattro volti che, con il loro sguardo di pietra, guardavano il vuoto.

Ogni cosa era come sempre, ogni cosa era come anni prima, come quando lei aspettava con impazienza il ritorno del padre dalle missioni, seduta sul prato della strada principale.

Tutto quello era insopportabile e, in un certo senso, anche confortante. Konoha sarebbe stata lì per sempre.

Poco importava se Ino fosse felice, triste, allegra o con la sensazione che le fosse morto qualcosa dentro. 

Non dipendeva da lei, dal numero delle vittime o dei nati, dalle missioni portate a termine o da quelle fallite, dai sogni infranti o realizzati, dall'amore o dall'odio o dalla guerra.

Quelle non erano cose capaci di intaccare l'esistenza millenaria del villaggio.

Finché ci sarebbe stati ninja disposti a difenderla, Konoha non sarebbe cambiata. Mai, mai, mai.

Ino smise di guardare quel cielo troppo opprimente -in tutti quegli anni non aveva ancora capito cosa lui ci trovasse di tanto interessante- e si voltò.

[Paura.]

Vide Shikamaru seduto sulla veranda.

[Respiro che torna regolare.]

Lo osservò, come a rallentatore, prendere la scacchiera di shoji, ricoperta di diverse dita di polvere, e rovesciarla con i suoi vari pezzi sul pavimento. 

Era rimasta sulla veranda per molto, molto tempo e lui sembrava essere restio a toccarla, le pedine disposte in una partita che non si sarebbe mai conclusa.

 

["Shikamaru, quando torno la finiamo, ok?"

"Mendekouse. Sensei, lei perde sempre."

"Ehi, da quando sei diventato così supponente? L'influenza di Ino non ti fa bene, già già."]

 

Gli si sedette accanto, in silenzio e, per la seconda volta nella sua vita, Ino non trovò le parole adatte.

Ma in quel frangente non erano né importanti né necessarie, davvero. 

Si appoggiò a lui e strofinò il naso sulla sua spalla più, più e più volte, inspirando il suo profumo di borotalco mischiato a quel qualcos'altro che non era ancora riuscita ad identificare, forse pino, che col passare del tempo era diventato l'odore che le ricordava inevitabilmente lui.

Nonostante il team dieci fosse caduto inesorabilmente a pezzi e loro, per andare avanti, dovessero sorreggersi a vicenda come fondamenta imperfette dello stesso castello di carte, Ino si sentì rassicurata.

Sì, era rassicurante Shikamaru. La sua presenza, tutto il suo calore.

Dopo tutto quel che era successo, era ancora lì, di fianco a lei. Come la statua degli Hokage, come le case e gli alberi, solo che lui era infinitamente più importante, più vivo, più  t u t t o.

La sua roccia.

 

                                                                                                                                 

                                                                                                                         

                                                                                                                                    Grazie, Shikamaru.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, pucciosi lettori! ^__^

Comincio col ringraziare chi ha recensito lo scorso e deprimente capitolo. *inchino*

-Final Alex

-Artemisia89

-suzako

-Kaho_chan

-eleanor89

-Queen_of_sharingan_91

Vi risponderei più nello specifico se il bug, oltre alla storia, non avesse cancellato anche le recensioni ;__;

Odio i bug e_é Sappiate che comunque vi lovvo tutti :**

Rispondo a SonSara, autrice di adorabili ShikaIno, la cui recensione è ancora incolume^^

Lo so, la storia era un po' deprimente. Sorry ;__; l'avevo scritta quando ero di umore nero ;__;

Mi rifarò tra un paio di capitoli, dove darò libero sfogo alla mia pucciosità, sìsì u_u dico tra un paio perché il prossimo sarà un po' splatter, eh. Ma solo un pochino

Grazie per i complimenti :**

 

E adesso passiamo a questa one-shot v.v

YUPPI! *balla la para-para dance*

Eh, scusate, terzo posto mica fuffa. E mi sono dovuta confrontare con persone molto più brave di me a scrivere e con più esperienza.

Avrei dovuto postarla mooolto tempo fa, ma prima volevo sapere il perché della raccolta cancellata.

Complimenti a PrincessSerena e a Suzako che si sono aggiudicate i primi due posti ^O^

Ma complimenti anche alle altre partecipanti. Grazie a voi ho potuto leggere delle bellissime storie ShikaIno (L). 

E non prendetela come frase di circostanza, perché non lo è.

Infine dedico la storia allo spacciatore di Coco Lee, che mi ha permesso di aggiudicarmi il terzo posto.

*ruuuuuns*

 

 

PS: Il nome della madre di Ino l'ho preso da una fanfic di cui, purtroppo, non mi ricordo il nome. So solo che era incentrata sul vecchio team InoShikaCho e che parlava della madre di Ino e Inoichi (con accenni ShikaIno).

Se qualcuno sa il nome dell'autrice/autore è pregato di dirmelo, cosicché io possa lasciarle/gli una specie di credit.

O, se la suddetta autrice non è d'accordo, cambiarlo ;__;

  
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