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Autore: 9Pepe4    09/07/2013    4 recensioni
[Missing moment per “La minaccia fantasma”]
«E chu ta!» imprecò, piuttosto sonoramente.
In quel preciso istante, una voce si fece udire da dietro di lei: «Credevo che solo i piloti dicessero certe parole».
Sabé si voltò di scatto.
Anakin Skywalker era lì, e la fissava con occhi ingigantiti dalla meraviglia.
L’ancella gemette interiormente. Perfetto.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Sabé
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Per chi non la ricordasse, Sabé è l’ancella che, in “La minaccia fantasma”, veste i panni della Regina Amidala per proteggere Padmé (tra l’altro, sapevate che è stata interpretata da Keira Knightley?).
Detto questo, buona lettura!



La cosa giusta

Sabé avrebbe tanto voluto che Padmé le spiegasse i dettagli del piano che aveva in mente.
Per il momento, lei aveva saputo solo due cose: primo, che erano coinvolti i Gungan; secondo, che probabilmente ci sarebbe stata una battaglia.
Quest’ultima cosa, tra l’altro, l’aveva dedotta da sé quando Padmé l’aveva mandata a tirar fuori gli abiti da battaglia per la Regina e le altre ancelle.
Per Sabé, non essere bene informata significava non essere in grado di proteggere al meglio Padmé, ed era una cosa che detestava.
Aveva cercato di ottenere più dettagli… Dalla seduta del Senato, però, Padmé sembrava aver acquisito una calma determinazione, e nemmeno il Capitano Panaka pareva essere al corrente di ciò che le passava per la testa.
Per il momento, Sabé poteva solo fare congetture. Probabilmente, Padmé avrebbe cercato di ricevere il sostegno dell’esercito dei Gungan. A quel punto, però, come avrebbe agito?
L’ancella era piuttosto sicura che, anche con la collaborazione del popolo di Jar Jar Binks, loro sarebbero stati in netta minoranza di fronte all’esercito della Federazione del Commercio.
Con un sospiro, abbassò lo sguardo.
La navicella con la quale erano fuggiti da Naboo, e che ora stavano utilizzando per tornare là, non aveva spazi molto ampi.
La cabina adibita a lavanderia era una stanzetta semicircolare, lunga quattro passi e non più larga di cinque. Conteneva una sola, grossa lavatrice argentea, ed era su di essa che Sabé aveva steso i vestiti, uno accanto all’altro.
Lisciò distrattamente la stoffa con le dita, e i suoi occhi scuri si soffermarono su quello destinato alla Regina. Probabilmente, sarebbe stata lei a doverlo indossare, mentre Padmé si sarebbe di nuovo travestita da ancella.
Un po’ tetramente, Sabé si chiese che razza di copricapo le sarebbe toccato questa volta. Non che le importasse troppo… l’importante, era che Padmé fosse in salvo.
“Già” pensò la ragazza. “Ma non la è”.
Stavano proprio tornando su Naboo, e probabilmente la Federazione del Commercio avrebbe cercato di uccidere la Regina.
In pratica, la loro unica speranza era che i Gungan si schierassero con loro. E Sabé aveva il sospetto che sarebbe stata lei, a doverli convincere.
«E chu ta!» imprecò, piuttosto sonoramente.
In quel preciso istante, una voce si fece udire da dietro di lei: «Credevo che solo i piloti dicessero certe parole».
Sabé si voltò di scatto.
Anakin Skywalker era lì, e la fissava con occhi ingigantiti dalla meraviglia.
L’ancella gemette interiormente. Perfetto.
Tra tutti i membri dell’equipaggio, a coglierla in fragrante era stato proprio il bambino che parlava Huttese.
Le labbra della ragazza si incurvarono in un sorriso imbarazzato. «Scusami, Anakin. Non sapevo che tu fossi qui».
Lui la scrutò, ma non le domandò come conosceva il suo nome.
Invece, scrollò le spalle. «Non fa niente» disse. «A Tatooine, ho sentito persone dire cose molto peggiori».
In altre parole, lei non era tanto volgare quanto la gentaglia che si raccoglieva in un porto spaziale… Sabé non lo trovò particolarmente incoraggiante.
Anakin mosse qualche passo verso di lei, guardandola con aria incuriosita, e la ragazza provò l’impulso di ritrarsi.
Come ancella, era abituata ad essere solo una sagoma vestita d’arancione, un’ombra indefinita alle spalle della Regina.
Gli occhi del bambino, però, cercavano il suo volto. «Assomigli a Padmé» osservò lui, dopo un po’.
Sabé mosse un mezzo passo indietro. «Mi è già stato detto, sai?»
“Ed è anche il motivo per cui posso vestire i suoi panni e fare da esca” aggiunse mentalmente.
«Padmé dov’è?» chiese quindi Anakin. Assunse un’aria piuttosto scontenta, corrugando la fronte sotto la frangia biondo sabbia. «Non riesco a trovarla».
«Oh…» Automaticamente, Sabé si aggiustò il cappuccio arancione che le copriva la testa, come per cercare di nascondere meglio il proprio volto. «Mi dispiace, Anakin. È nella cabina della Regina Amidala, in compagnia di Sua Altezza».
Mentire per proteggere la vera identità di Padmé le veniva spontaneo, ormai, e la sua voce suonò del tutto disinvolta.
Anakin, da parte sua, non parve molto felice della risposta. «È questo il vostro lavoro?» domandò poi. «Tenere compagnia alla Regina?»
«In parte sì» disse Sabé, chiedendosi se doveva spiegargli che erano anche guardie del corpo.
«È un buon lavoro» commentò diplomaticamente il bambino. «Almeno, penso che mia mamma la penserebbe così… Lei dice che nessuno dovrebbe essere lasciato solo».
«Tua madre» replicò Sabé, «è una persona molto saggia».
Quelle parole sembrarono far piacere al bambino, che si aprì in un gran sorriso. «Sì» confermò, «la è».
Un istante dopo, la sua espressione tornò seria, quasi triste.
«Mi manca» confidò, a mezza voce, guardando a terra. Subito dopo, si morse il labbro, come pentendosi di quell’ammissione.
Sabé esitò, senza sapere bene cosa fare. Quando il suo ruolo lo richiedeva, lei era in grado di prendere importanti decisioni e, anche se non sarebbe mai stata brava in politica, aveva un buon intuito… Era poco incline alle manifestazioni d’affetto, però, e non sapeva bene come consolare un bambino.
Prima che potesse fare un gesto qualsiasi, però, Anakin alzò gli occhi su di lei. «Tu sei qui da sola» le fece notare.
Sabé accolse il cambio di argomento con un certo sollievo. «Ero qui da sola» lo corresse, gentilmente. «Ora ci sei anche tu, o sbaglio?»
Il ragazzino sbatté le palpebre, poi sorrise. «È vero» asserì. Si guardò un attimo attorno, e propose: «Se vuoi posso spiegarti che pianeti abbiamo superato. Il Maestro Qui-Gon mi ha detto i loro nomi».
Sabé non mancò di notare la fierezza nella voce del bambino. «Dev’essere stato molto interessante».
Anakin annuì energicamente. «Il Maestro Qui-Gon è un vero Jedi» ebbe cura di rimarcare, con un tono di voce che rasentava l’adorazione.
Sabé pensò a Qui-Gon Jinn. Lei non poteva affatto dire di conoscerlo, ma Padmé le aveva raccontato del modo in cui aveva ottenuto i pezzi di ricambio… E durante la sosta su Tatooine, lei aveva parlato un paio di volte con Obi-Wan Kenobi, e non le era sfuggita la stima con cui il giovane nominava il proprio Maestro.
Quindi sì… supponeva che Qui-Gon Jinn potesse definirsi un vero Jedi.
«Anche il Padawan Kenobi sembra possedere un bel talento» commentò la ragazza, pensando a quando lo aveva visto combattere contro i droidi della Federazione.
Lo sguardo di Anakin si fece improvvisamente sfuggente. «Immagino di sì».
Sabé aggrottò brevemente la fronte. «Ho detto qualcosa di male?»
«No» disse il bambino, e poi aggiunse, titubante: «È solo che… non credo di piacergli».
«Oh». Questo la ragazza non se lo aspettava. Ripensò al tempo trascorso su Tatooine. Obi-Wan Kenobi aveva un comportamento distaccato, ma si era anche rivelato un prezioso aiuto. «Be’, sono certa che non abbia nulla contro di te» dichiarò Sabé. «Probabilmente, è di malumore a causa dell’ansia per il compito che lo aspetta».
Anakin non sembrava molto convinto. «I Jedi vanno in ansia?»
In effetti, Sabé non si era mai posta quella domanda. «Certo che sì» rispose comunque, decisa. «Se non fosse così, significherebbe che non fanno bene il loro lavoro».
Stavolta, fu l’indignazione a balenare sul viso di Anakin. «I Jedi fanno sempre bene il loro lavoro».
Sabé gli sorrise. «Infatti».
Il bambino si concesse qualche momento per pensare. «Allora» riassunse, dubbioso, «secondo te non ce l’ha con me, ma è solo in ansia?»
«Esattamente» confermò Sabé.
Si chiese perché lo stava dicendo. Dopotutto, lei non sapeva davvero cosa ci fosse nella testa di Obi-Wan Kenobi. Ma in un modo o nell’altro, ragionò, non c’era nulla di male a rassicurare un po’ Anakin Skywalker.
In effetti, il ragazzino sembrò un po’ sollevato. «Be’» disse, «anche se hanno litigato, sembra che Obi-Wan piaccia al Maestro Qui-Gon… quindi non può essere tanto male».
Sabé sbatté le palpebre. «Hanno litigato?» ripeté, un po’ allarmata. Se tra i Jedi c’era tensione, sarebbero comunque riusciti a proteggere Padmé al meglio?
Davanti alla preoccupazione della ragazza, l’espressione di Anakin si fece esitante. «Sì» disse, «e credo… penso sia stato per colpa mia».
Sabé lo guardò. Il bambino sembrava di nuovo sconfortato. «Sono sicura che tu non c’entri» si trovò a dirgli.
Forse, davanti a quel visetto e a quegli sconsolati occhi azzurri, qualche sorta di istinto materno si stava risvegliando dentro di lei.
Sabé trovò l’idea un po’ assurda.
«Tu non sai cos’hanno detto» obiettò Anakin, riscuotendola dai suoi pensieri.
«È vero» ammise la ragazza, cautamente. «Ma so che l’ansia fa dire molte cose».
Anakin assunse un’aria ancora più insicura. «Allora… se Obi-Wan ha detto una cosa… su di me… potrebbe averla detta per l’ansia?» Il suo tono era strano, come se volesse una risposta affermativa… ma non osasse sperarci.
Sabé si chiese cosa mai un Jedi avrebbe potuto dire su un bambino come Anakin. «Certo» assicurò, mentre una parte di lei si domandava cosa avrebbe detto Padmé, vedendola impegnata a rincuorare il passeggero più giovane della navicella.
Il ragazzino si mordicchiò il labbro. «Quando… quando Qui-Gon ci ha presentati, Obi-Wan mi ha stretto la mano e mi ha sorriso» ricordò, esitante. «Questo può voler dire che gli piaccio?»
«Io penso di sì» disse l’ancella.
A quelle parole, il viso di Anakin parve rischiararsi immediatamente.
Sabé non ricordava di averlo mai visto parlare con Obi-Wan Kenobi, ma sembrava che, per il bambino, piacere o non piacere al giovane Jedi facesse davvero la differenza.
Le labbra di Anakin, infatti, abbozzarono un sorriso sollevato, mentre i suoi occhi azzurri brillavano come stelle.
“A quanto pare” pensò Sabé, “ho detto la cosa giusta”.
Sperava soltanto di riuscire a fare lo stesso davanti ai Gungan, se davvero sarebbe stata lei a doverli persuadere ad unirsi alla loro causa.
La voce del ragazzino la distrasse dai propri pensieri.
Posto rimedio – almeno in parte – all’ansia che si portava dentro, Anakin era tornato ad un altro argomento. «Ma tu» le chiese, guardandola con aperta curiosità, «dove l’hai imparata quella parolaccia?»



















Note:
Sì, questa storia l’avevo già pubblicata ieri. Oggi, però, l’ho modificata un po’, aggiungendo qualche passaggio qua e là, e ho deciso di cancellare la vecchia versione e sostituirla con questa (non che la differenza sia enorme, tutt’altro, ma pazienza).
Comunque, in linea di massima, questa storia è nata perché, non so come, mi sono innamorata del personaggio di Sabé.
Quando poi ho letto che, tra le lingue da lei conosciute, figurava anche l’Huttese, ho dovuto farla imprecare di fronte ad Anakin. Ho dovuto e basta (okay, ho degli strani impulsi).
In conclusione, non posso che sperare che non sia stata una lettura spiacevole!
  
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