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Autore: kirlia    09/07/2013    4 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo 13 – Save me

Watch me cos I’m on a mission
Hold me back so I’m forced to listen
Don’t let me go
Cos I’m nothing without you

Turn me into someone like you
Find a place that we can go to
Run away and take me with you
Don’t let go I need your rescue

Save me.


Quella mattina mi fu concesso di darmi una sistemata allo specchio, visto che mi dovevo presentare in tribunale entro poco tempo.
L’avevo trovata una cosa carina da parte loro, darmi l’opportunità di non sembrare una povera ragazza sciatta e colpevole. Forse perché per me di solito sciatta era al 90% sinonimo di colpevole. Forse semplicemente non volevo apparire imperfetta alla corte.
Purtroppo però, quando fui messa davanti allo specchio mi resi conto di non poter fare niente per il mio aspetto.
Ero semplicemente un disastro: i miei splendenti capelli color cielo – come a Miles piaceva definirli, anche se io non ero molto d’accordo – erano un groviglio informe sulla mia testa, ma quello era il minimo. Avevo delle ombre scurissime sotto gli occhi, segno che non avevo dormito tutta la notte, e la pelle innaturalmente pallida e stanca. Insomma, ero un vero mostro.
Capii che non c’era molto da fare per migliorare la situazione, tranne forse rubare la pochette da trucco di quell’agente bionda per niente naturale che credevo di aver visto una volta durante un’indagine.
«Agente, prestami subito i tuoi trucchi.» la minacciai, stringendo le mani in due pugni lungo i fianchi, impotente. Odiavo non poter avere con me la mia frusta, non riuscivo a esprimere me stessa senza di lei.
«Non esiste, tesoro. Vedi di arrangiarti.» rispose lei, con un colpo di ciuffo biondo ossigenato, mentre si appoggiava allo stipite della porta della cella, aspettando che finissi.
Nervosa come non mai, mi resi conto che quello non era proprio il momento di provocarmi. A grandi passi e facendo risuonare i miei tacchi per tutta la stanza mi diressi dritta verso di lei, alzando la testa per poter permettere ai miei occhi di quel freddo color ghiaccio in quelli castani di lei.
«Senti, tesoro, non credo che ci siamo capite. Io sono Franziska von Karma, il Genio, e pretendo subito che tu mi presti i tuoi trucchi in modo che io appaia perfettamente al mio processo. Non azzardarti a contraddirmi, non ti conviene.»
Non potei fare a meno di digrignare i denti mentre dicevo tutto ciò. Se non avessi rischiato anche la denuncia per aver attaccato un pubblico ufficiale l’avrei strozzata. Ugh… non avrei dovuto pensare a certe cose, specialmente non quando mia sorella era stata uccisa allo stesso modo.


{Miles Edgeworth}

Era arrivato. Non riuscivo proprio a crederci, ma il fatidico giorno in cui Franziska sarebbe stata processata era arrivato.
Così in fretta da non riuscire nemmeno a capire qualcosa del caso. Così presto da non avere nessuna prova, nessun testimone che potesse riuscire a scagionarla. Come avrei fatto a portarla via di lì?
No, non dovevo pensare queste cose. Le avevo promesso che l’avrei liberata, e dovevo mantenere la promessa. Ad ogni costo.
Con quella convinzione, mi guardai allo specchio. I miei occhi erano grigi e cupi come nubi che annunciavano tempesta, il mio sguardo sembrava perso nel vuoto. Mi resi conto solo in quel momento di quanta paura avessi di perderla.
Franziska era stata la mia spina nel fianco per molti anni: in tutti i modi aveva cercato di superarmi, di battermi, di essere migliore di me. Era stata cresciuta nel credo dei von Karma, e aveva fatto di tutto per essere perfetta. Eppure, la verità era che voleva solo che suo padre le volesse bene, che fosse fiero di lei.
E la verità era che qualcuno che le voleva bene in realtà esisteva. Io le volevo bene.
Ecco perché quella sera ero andato a vedere l’esecuzione dell’assassino di mio padre. Non avrei mai voluto che Frannie lo affrontasse da sola. Lei era solo una piccola e fragile ragazza, non avrebbe mai sopportato tutto ciò. E io ero stato lì per lei, anche se probabilmente non l’aveva capito.
Adesso la paura di non riuscire a salvarla da quella situazione in cui si era cacciata mi distruggeva. Cosa potevo fare? Cosa…?
«Onkel Miles! Welche Kleidung sollte ich tragen? [Zio Miles! Quale vestito dovrei mettere?]» improvvisamente Annika si affacciò alla porta del bagno, con indosso un maglioncino celeste di Franziska troppo grande per lei, tanto da coprirla fino alle ginocchia. La bambina sembrava essersi resa subito conto dell’importanza di quella giornata, anche se nessuno le aveva detto chiaramente che sua zia sarebbe stata accusata dell’omicidio di sua madre.
«Annika, Ich denke, man sollte die einzige Kleidung, die Sie tragen müssen. [Credo che dovresti indossare l'unico abito che hai.]» risposi, alzando le spalle. Non avevo ancora avuto modo di andare a prendere i suoi vestiti nell’hotel in cui alloggiava insieme ad Angelika, ma la sua reazione mi spaventava. Se avevo capito l’atteggiamento della piccola, se lei era davvero così simile alla mia “sorellina”… beh, avrebbe fatto una scenata.
Lei sospirò, scuotendo la testa e i lucenti capelli chiari.
«Es ist okay. Però prometii che duopo andiamo a prendire i miei vestitui.» aveva ribattuto, e io l’avevo guardata praticamente sconvolto. Come poteva una bambina essere così accondiscendente? Forse l’avevo paragonata troppo a lei…
Beh comunque sarebbe stata un problema in meno a cui badare. A proposito di problemi, dovevo ancora decidere a chi lasciare Pess e Phoenix per quella giornata. Non avevo proprio voglia di ripetere il disastro della notte precedente, e adesso che i cani erano due le possibilità che lo studio, insieme al resto della casa, andasse in pezzi erano davvero alte.
Uscii dal bagno, decidendo che fissarmi allo specchio in quel modo non mi avrebbe di certo aiutato a risolvere il caso. Né a sentirmi meglio a riguardo.
Indossai la mia giacca rossa e mi diressi verso la cucina, trovando Annika vestita di tutto punto che lanciava croccantini in aria. Il labrador e lo spitz facevano a gara a saltare, per cercare di afferrarli e divorarli, come due sciocchi ingordi.
«Che cosa state facendo ancora qui? Dovremmo andare.» dissi in inglese, riferendomi sia ad Annika, che speravo avesse capito, sia a Pess e Phoenix. La solitudine in casa prima dell’arrivo di Franziska mi aveva portato a parlare spesso con questo tono al mio grosso cane, che sembrava capirmi al volo.
Pess infatti si sedette, fissandomi in attesa. Annie nascose la scatola di croccantini dietro la schiena, mentre il suo cucciolo guaiva e si accucciava accanto a lei. Mi sentii soddisfatto, erano bravi ad ascoltare i miei ordini. Anche se non volevo che la bambina mi credesse un uomo di cui avere paura.
Aggiunsi un sorriso, e lei mi sorrise di rimando. Mi tranquillizzai immediatamente. Immaginavo già la faccia arrabbiata di sua zia se avesse scoperto che spaventavo la sua nipotina. Rabbrividii al solo pensiero di quante frustate avrei dovuto sopportare.
Quindi presi i guinzagli dei due cani da uno scaffale lì accanto e li porsi alla bambina.
«Andiamo, oggi un mio amico si occuperà dei nostri Hunde

«Che cooosa? Edgey non puoi chiedermi questo! Proprio no!» scosse la testa disperato, stringendo in mano un pennello e con i lacrimoni agli occhi.
«Larry, sai che se avessi potuto li avrei lasciati in mani migliori, ma non posso proprio occuparmi di loro. Si tratta solo di un paio di ore!» avevo risposto nervoso, restando sullo stipite della porta di casa sua. Proprio mi chiedevo perché avevo deciso di lasciarli a lui. Sapevo che non c’era da fidarsi, ma visto che Gumshoe doveva sicuramente testimoniare, e di solito anche uno sciocco come lui sapeva occuparsi di Pess… Insomma, qualsiasi sciocco poteva andare bene per questo compito.
Mi resi improvvisamente conto che stavo cominciando a pensare proprio come Franziska. Forse era la mia preoccupazione nei suoi confronti a rendermi così strano?
«M-ma… anch’io volevo assistere al processo di Franzy. La mia modella non può essere colpevole! Non la mia Franzy!» aveva strillato, torcendo le mani intorno al pennello.
Sospirai pesantemente e strinsi forte le mani, nel tentativo di non rispondergli male. Odiavo il modo in cui si comportava, anche se eravamo amici ormai da troppo tempo.
E poi, il modo in cui parlava di Franziska mi irritava molto. Come se fosse qualcosa che in un certo senso gli apparteneva.
Lei non era assolutamente di nessuno, specialmente non sua.
Come si permetteva di pensare a Frannie in quel senso? Nessuno poteva assolutamente pensare a lei in quel senso perché lei era…
Mi accorsi dei miei pensieri e li eliminai, considerando che probabilmente la mia reazione si poteva spiegare come la gelosia di un “fratellino”. Perché per me lei era questo, giusto? Una “sorellina”…
«Onkel Miles! Du tust mir weh! [Mi fai male!]» gemette improvvisamente Annika, cercando di liberarsi in tutti i modi dalla tenace stretta della mia mano. La rilasciai di colpo, mordicchiandomi il labbro turbato.
«Es tut mir leid, Annie.[Scusami.]» ribattei sconsolato. Se Franziska mi avesse visto in quel momento mi avrebbe frustato fino alla morte, ne ero certo!
La bambina scosse la testa, in segno che non era successo nulla di grave, e ciò mi tranquillizzò. Io non volevo farle del male, mi ero solo distratto. Ed era tutta colpa di Larry.
Mi alzai a fissare duramente il suo sguardo, quando mi resi conto che stava guardando Annika come se fosse la creatura più bella del mondo.
Oh no, speravo non si fosse innamorato di lei! Era soltanto una bambina, non poteva davvero!
«Ciao, Annika! Io sono lo zio Larry, ti piacerebbe posare per me? Saresti un’ottima modella e…»
Stavo per interromperlo quasi urlandogli in faccia che Annika non gli avrebbe mai fatto da modella, e che non riuscivo proprio a capire come avesse ricattato Frannie per farlo, quando la piccola lo fece al mio posto.
«Onkel Larry, poutresti badare a Phoenix und Pess, per favuooore?» unì le manine in segno di preghiera e inclinò la testa leggermente, sembrando ancora più dolce e carina di quanto era solitamente. I suoi occhi color cielo così simili a quelli della zia brillavano come se stesse facendo una sorta di incantesimo ai danni di Larry.
E in effetti fu proprio così. Il ragazzo sembrò essere totalmente stregato da Annika, e annuì energicamente, come se avesse acquisito una forza nuova.
«Ma certo, piccola! Mi occuperò io dei vostri cani e li troverete ancora più belli di prima!» il suo sguardo ispirato e convinto mi stupii. Che la bambina avesse una sorta di potere che riusciva a ricondurre alla ragione persino i più inutili esseri umani come lui? Era una possibilità. Feci nota mentale di provare il suo “potere” su Gumshoe, chissà se sarebbe riuscita a farlo diventare un detective quasi discreto.
Con questa ultima battuta, lasciammo il mio cosidetto amico in balìa dei nostri cari cuccioli – che sapevo gli avrebbero dato filo da torcere – e ci avviammo velocemente verso il tribunale.
Era ora di parlare a Franziska di una certa “faccenda”.

Nella sala imputati n.3 c’era una strana atmosfera. Come se una tormenta si fosse materializzata all’improvviso e avesse congelato tutto ciò che c’era di vivo all’interno della stanza.
Una povera donna, una guardia di sicurezza a giudicare dall’uniforme, si guardava ansiosamente allo specchio, tentando in tutti modi di dare un contegno ai lunghi capelli biondi, che sembravano essere stati scompigliati da chissà quale tornado.
Un’altra guardia, un uomo stavolta, se ne stava silenziosamente in un angolo, tremando come una foglia.
Tutto era chiaro, Franziska doveva essere lì da qualche parte.
Infatti la trovai seduta su un divanetto, mentre guardava scorrere le immagini di un notiziario, nel piccolo schermo posizionato in un angolo della stanza. La giornalista affermava: «Possibile che l’omicidio sia un vizio di famiglia? Sembra proprio così per quanto riguarda la famiglia von Karma. Dopo il padre assassino, da poco giustiziato, adesso anche la figlia si trova accusata di omicidio. Stiamo parlando ovviamente del famoso procuratore Franziska von Karma, il genio che a soli tredici anni aveva...»
La trasmissione si interruppe improvvisamente, quando l’imputata, la mia “sorellina”, spense la tv con un gesto nervoso della mano. I suoi occhi però sembravano non aver lasciato lo schermo, segno che era sul punto di crollare. Non aveva il coraggio di voltarsi verso di me.
«Credono che abbia ereditato non solo il cognome ma anche l’omicidio adesso. Assurdamente sciocco. Vero, herr Miles Edgeworth?» la sua mano era stretta intorno al telecomando fino quasi a stritolarlo. Probabilmente la mancanza della frusta la innervosiva ancora di più.
Mi avvicinai a lei, abbassandomi per fare in modo che i miei occhi fossero alla stessa altezza dei suoi. Lei continuava a non guardarmi.
«Frannie, sai che sono solo sciocchezze. Tu non faresti mai del male a nessuno.» sussurrai, prendendo le sue mani nelle mie. Erano piccole e delicate, stranamente non aveva indossato i guanti neri. Che strano, solitamente non li toglieva mai, e questo mi faceva piacere visto che si trattava di un mio regalo.
Lei finalmente alzò lo sguardo ad incontrare il mio, e notai i suoi occhi lucidi e gonfi, come dei laghetti di montagna sul punto di esplodere. Odiavo vederla in questo modo, il mio cuore vacillava e smetteva quasi di battere ogni volta che succedeva.
«Tu mi credi, vero Miles? Non pensi che sia colpa mia se Angelika…» lasciò la frase in sospeso con un singhiozzo.
Trovai il coraggio di carezzarle la guancia per asciugare l’unica lacrima che era sfuggita al suo controllo. Il perfetto controllo che sembrava aver perso totalmente.
Come poteva solo pensare che io non le credessi? Era forse a causa del testamento che pensava che io non mi fidassi più di lei?
«Sai che credo nella tua totale innocenza, Frannie.» sussurrai ancora dolcemente, tentando in tutti i modi di tranquillizzarla. Ma si poteva essere tranquilli quando nelle prossime ore sarebbe stato deciso il destino della propria vita? Si poteva osservare con tranquillità due avvocati che si urlavano contro indicando te come colpevole?
Per un’orribile esperienza, sapevo che non era possibile. Ma mi sarei impegnato in tutti i modi per fare in modo che Franziska lo affrontasse serenamente.
La guardai ancora una volta con preoccupazione. Sapevo che non era affatto il momento migliore per parlarle di questo, ma dovevo farlo. Era mio compito.
«Franziska, perché hai modificato il testamento di tuo padre? Perché ci tenevi tanto a includere anche me?» le chiesi titubante, confuso dal modo in cui si sarebbe comportata scoprendo la mia domanda.
Lei sospirò sconsolata, scuotendo la testa e con essa i soffici capelli color cielo, come aveva fatto sua nipote quella mattina stessa. Il ricordo mi fece sorridere.
Poi, interpretando come un invito a parlare il mio sorriso, cominciò a parlare.
«Quando ho scoperto che mio padre non intendeva includerti nelle sue volontà testamentarie mi ero arrabbiata molto. Sapevo che ti meritavi parte dell’eredità perché eri stato un figlio per lui come lo eravamo state io e Angelika. Anzi, ad essere sinceri dovrai ammettere che per lui eri stato molto più un figlio tu di quanto lo eravamo noi due messe insieme.» rise leggermente, ma si trattava di una risata amara, piena di risentimento e delusione.
Aspettai che continuasse a parlare, rivelandomi qualche indizio importante per la risoluzione dell’enigma, ma rimase in silenzio, cominciando ad attorcigliare una ciocca di capelli intorno ad un dito.
Finalmente mi soffermai a guardarla davvero: i suoi capelli non erano perfettamente lisci e lucenti come al solito, il suo viso sembrava spento e stanco. A quanto pare non aveva dormito tutta la notte, proprio come me. Doveva essere molto spaventata dall’eventualità di… No, lei non sarebbe mai stata dichiarata colpevole finché ero vivo!
Certo di quello che avevo appena pensato, ricominciai a chiedere: «Franziska…?»
«Questo comunque non c’entra nulla con il delitto, Miles! Il testamento era solo il motivo per cui Angelika era arrivata, ma non ho idea di chi l’abbia uccisa, né il perché! Non so proprio cosa pensare…» la sua voce si spense tanto, che riuscii a malapena a sentire le ultime parole che aveva pronunciato.
Dovevo ammettere comunque che aveva ragione, la modifica del testamento non aveva alcun legame con il caso. Ma per la procura poteva essere considerato un movente.
Ed era proprio su questo che Katherine Payne avrebbe basato tutto il processo.


{Franziska von Karma}

Fui ben presto allontanata da Miles per essere portata nella sala del tribunale dove si sarebbe tenuto il processo.
Dovevo ammettere di essere molto nervosa: avevo preso posto al banco della procura molte volte nel corso del tempo, ma mai mi ero trovata al banco degli imputati. Era strano vedere la stanza da quella prospettiva, strano e spaventoso.
Avevo visto il mio “fratellino” prendere posto accanto ad Annika, che mi faceva cenno come per salutarmi in modo entusiasta. Abbozzai un sorriso ma non ero sicura di che espressione avessi davvero fatto di fronte alla bambina. Se non ero abituata a sorridere quand’ero tranquilla, figuriamoci in questo momento!
Miles tentò di tranquillizzare la mia nipotina indicandole di sedersi, e lei si accomodò lasciando le gambe penzolare nel vuoto.
«… è quindi chiaro, Vostro Onore, che si trattava di un delitto dettato da questioni economiche. Ovviamente la qui presente signorina von Karma aveva manomesso il testamento del padre, come abbiamo potuto verificare grazie ad un esame calligrafico. La scrittura era quasi identica, per un occhio inesperto.» aveva in quel momento concluso il procuratore Payne, scostandosi i capelli dal viso e spingendo gli occhialetti su per il naso. Quanto mi stava antipatica.
Proprio non riuscivo a concentrarmi sullo svolgersi dei fatti, comunque. Sapevo già quali erano le prove contro di me che avrebbe usato frau Katherine Payne, perché erano le stesse su cui mi sarei basata io.
La modifica del testamento che aveva portato ad un delitto che avevo commesso con la mia stessa arma, la frusta, su cui erano rimaste ovviamente macchie del sangue di Angelika ma non impronte digitali, visto che portavo i guanti. Essi stessi erano una prova, e mi erano stati sottratti per fare delle analisi che avevano rivelato tracce del sangue di mia sorella anche lì. Bene, non credevo proprio che i guanti che Miles mi aveva regalato quando eravamo bambini mi sarebbero stati restituiti. Questo era davvero troppo!
Nervosa, cercai di ascoltare la testimonianza di herr Sciattone che affermava: «Il procuratore von Karma era accanto a sua sorella e pronunciava strane parole in tedesco. Teneva ancora in mano l’arma del delitto quando l’ho vista, e sembrava totalmente sotto shock»
Si trattava di una testimonianza veritiera, per uno sciocco come lui, ma si trattava anche di una prova schiacciante della mia cosiddetta colpevolezza.
«Sotto shock, ha detto? Detective, normalmente la signorina von Karma esprime i suoi sentimenti in maniera così vistosa?» chiese ancora frau Payne, con uno sguardo maligno negli occhi.
Oh, avevo capito dove voleva arrivare, e sembrava che anche herr Phoenix Wright l’avesse capito, infatti tentava in tutti i modi di farsi sentire gridando “Obiezione!” ma il giudice rifiutava di ascoltarlo.
«La signorina von Karma è sempre fredda e impassibile. Raramente lascia trasparire i propri sentimenti.» sussurrò herr Sciattone, guardandomi poi con un’occhiata di scuse. Sembrava quasi che fosse stato costretto a testimoniare contro la sua volontà.
Bene, ero spacciata.
«Questo, Vostro Onore, fa capire il perché l’imputata fosse sotto shock: in un raptus di follia deve aver strozzato la sorella, che si è dibattuta urtando il vaso borginiano che vediamo in questa foto, ma che è stata sconfitta. Signor Giudice, sa anche lei quanto a questo procuratore piaccia la violenza… non mi dica che non è mai stato frustato durante i processi tenuti da Franziska von Karma!»
Il giudice annuì in modo solenne, e io mi mordicchiai il labbro, pentendomi di essere stata così dura con lui e con tutti gli altri a volte. Potevo essere davvero terribile, comunque, ma non miravo mai a far davvero del male.
Ormai però era troppo tardi per fare un’affermazione del genere.
«Obiezione! Vostro Onore, è chiaro che l’imputata era sotto shock per aver ritrovato il cadavere della sorella… non certo per averla uccisa!» tentò Phoenix, ma la difesa mi parve troppo debole, infatti subito l’accusa replicò.
«Obiezione! Sotto shock per la morte di una sconosciuta? Avvocato Wright, sa anche lei che Angelika e Franziska non si erano mai viste prima d’ora, l’unico tratto in comune tra di loro era il colore dei capelli…» sorride beffardamente, facendo un cenno con la mano agli individui della difesa come per scacciarli dolcemente dall’aula.
Adesso si che mi innervosivo davvero! Se c’era una cosa su cui non ero d’accordo era che considerassero Angelika una sconosciuta. Non l’avevo mai vista, questo era vero, ma non era di certo un’estranea per me! Era la mia sorella maggiore, e anche solo per un attimo, avevo creduto di volerle bene, come ne volevo ad Annika, come ne volevo a… Miles.
Mi voltai di nuovo verso di loro, nella zona degli spettatori, e incrociai il suo sguardo cupo e plumbeo. Il mio “fratellino” sembrava davvero nervoso, come se non si aspettasse questa piega nel processo. Eppure era talmente scontato…
Poi successe qualcosa, qualcosa di davvero straordinario e sconvolgente. La mia bambina estrasse qualcosa dalla tasca, qualcosa che aveva la forma di una carta da gioco. Cominciò a rigirarsela tra le mani, osservandola da tutte le angolazioni, e io, pur essendo distante, riuscii a distinguere una forma familiare, la forma di una conchiglia rosa.
«De Killer!» strillai, alzandomi in piedi e puntando il dito verso Annika, che ora stringeva la carta al petto come se fosse il suo cucciolo.
Tutti si fermarono improvvisamente, voltandosi verso di me in silenzio, che ero rimasta a mia volta pietrificata in quella posizione. Il cuore mi batteva forte in petto.
Miles si interessò improvvisamente alla piccola, e riuscii a strapparle di mano la carta che teneva stretta. Poi fece una domanda veloce ad Annika, e lei rispose con un cenno della testa.
A questo punto herr Miles Edgeworth abbassò lo sguardo e sorrise per un attimo, poi con fierezza alzò gli occhi.
«Non è stata colpa di Franziska. Nella stanza al momento del delitto è stato ritrovato il marchio dei De Killer!»

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Angolo di Kirlietta: 
Ed eccoci qui, mie care! A quanto pare il processo è cominciato. Ho pensato di non soffermarmi molto sui particolari elementi del processo, visto che comunque era chiaro come il sole che Franziska era spacciata con tutte quelle prove contro di lei... Pensate che abbia sbagliato? Pensate che dovrei rifare tutto il processo nel classico stile di Ace Attorney? Fatemi sapere, sono disposta a modificare un po' questo capitolo se non vi piace XD
Che dire? Oh, volevo darvi il mio contatto ufficiale su facebook, nel caso che qualcuno voglia parlare con me, discutere della fic, degli spoiler, e ovviamente di ogni altra cosa vogliate! Sono così affezionata a voi che mi piacerebbe sentirvi di più. Ovviamente se vi va :3

https://www.facebook.com/kirlia.efp.5
Beh, l'ultima info che vi volevo dare... uhm, me ne sono dimenticata! Ci penserò! 

Un grande bacio a tutte! 
Kirlia <3


   
 
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