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Autore: Supreme Yameta    10/07/2013    6 recensioni
Il mondo è in subbuglio dopo avere appreso della distruzione del villaggio della Foglia e di quello della Pioggia. Akatsuki è diventata una seria minaccia per tutti ed è giunto il momento che i leader delle cinque grandi potenze militari ninja si riuniscano per decidere le nuove mosse.
Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Kakashi Hatake e Madara Uchiha saranno i principali attori degli stravolgimenti che passeranno alla storia. Il mondo ninja sarà pronto per loro?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Asuma/Kurenai, Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Ehilà!
Rieccoci a un nuovo capitolo assieme ai nostri eroi. Chissà che accadrà questa volta, di idee ne ho tante, ma come sempre spero di essere in grado di materializzarle a dovere per fare in modo che vi divertiate.
Bando alle ciance, cari lettori. Vi auguro una buona lettura!



Lo shinobi che non voleva amare. L'uso di una tecnica che riporta in vita sentimenti assopiti.



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Il paese dei vortici non era molto distante dalla nazione del fuoco dal punto di vista geografico; anzi, era sorprendente che i ninja della Foglia potevano raggiungere quel paesello tanto angusto in pochissime ore di viaggio, come se non avessero mai capito quanto fosse stata importante la vicinanza dei due paesi e dei clan ninja che li hanno abitati in passato.
I ragazzi della Foglia si guardavano attorno, qualunque cosa era una novità; dall'albero dalla corteccia dura come l’acciaio, all'erba verde tagliente come lame, persino l’acqua sembrava pesante da scostare per le loro gambe quando dovettero attraversare un fiume, così come l’aria che respiravano che era molto rarefatta, nonostante fossero in pianura; addirittura il cielo sembrava totalmente differente dalle altre parti del pianeta.
Proprio come il maestro Gai aveva detto loro, il paese dei vortici non era come tutti gli altri; era un posto tutt'altro che tranquillo e piacevole dove trascorrere i propri giorni.
Belve feroci vivevano in una lotta continua per la sopravvivenza all'interno delle foreste del piccolo paese; grandi vortici erano presenti nei diversi laghi in cui il folto gruppo si imbatté durante il viaggio; dovettero persino rifugiarsi da un uragano che stava passando per quelle zone.
«Ma come cavolo fa la gente a vivere in un posto del genere?!» tuonò Ino nel pieno sbigottimento.
Ai piedi di una montagna nera avevano scorto un villaggio avvolto da spesse mura di cinta, accanto ad esso vi era un grande lago, in cui era presente il vortice più possente che i ragazzi avessero mai visto in vita loro.
«Proprio come vi ho spiegato prima. –disse il maestro Gai. La gente che vive in queste zone ha una forte tempra, a partire dal più possente shinobi al civile più debole. Ognuno di loro sa usare il chakra, anche senza dover essere necessariamente ninja o samurai.»
«Persino coloro che non si sono allenati a sviluppare il chakra?» domandò Shikamaru.
«Esatto. La forza di questa gente è unica.» rispose il maestro dalle folte sopracciglia.
A tal dimostrazione, ebbero ben poco a cui pensare, quando una feroce tigre aveva fatto il suo ingresso alle loro spalle, in punta di piedi. Con un plateale ruggito essa si era fiondata contro Ten Ten, senza che nessuno avesse avuto la possibilità di prevenire quel grande pericolo.
Fortuna che Neji era intervenuto in difesa della compagna di squadra, colpendo l’animale con una delle sue portentose tecniche.
«Hakke Kusho!i»
Benché l’onda d’urto li avesse distanziato di parecchi metri dalla feroce bestia, quest’ultima si era rialzata un attimo dopo, come se il colpo non le avesse patito nulla di grave.
«Ma che diavolo?! Il mio colpo non gli ha fatto nulla!» sbottò sbalordito lo Hyuga.
Allora l’animale provò un secondo attacco, che tuttavia non gli riuscì, poiché venne messo in fuga dalla presenza terrificante del maestro Gai che aveva aperto le prime quattro porte del chakra in un sol colpo.
«Dovete fare attenzione, ragazzi. –comunicò l’uomo. Queste creature sono feroci tanto quanto quelle dell’isola Temujinii
Chouji cadde per terra, ancora tremante per la presenza della tigre.
«Wow, questo posto è veramente pericoloso. Che ci facciamo qui?»
«Andiamo, Chouji, non fare il fifone. Non possiamo frignare solo per un gattaccio spelacchiato, altrimenti che aiuto diamo a questa gente?» sbottò saccente Kiba.
Gai però scosse il capo.
«Non devi prendere alla leggera questo posto, ragazzo. Molti ninja prima di te hanno perso la vita in questo posto, perché si credevano in gamba. In verità non lo erano abbastanza per sopravvivere qui.»
I ragazzi si guardarono nuovamente intorno, spaventati anche dalla vista di un innocuo rapace che si stava cibando di alcuni topolini che aveva appena catturato; ai loro occhi anche la creatura più innocua era quella che poteva ucciderli in qualunque momento.
«Mi chiedo che razza di minaccia abbia scombussolato la vita di questa gente.» domandò la ragazza dai capelli rosa.
Shikamaru si accese una sigaretta in modo da far andare via il nervosismo.
«Beh, si tratterà di qualcosa di ancora più pericoloso di questo posto.»
Allora Gai li osservò e scoppiò a ridere subito dopo; doveva immediatamente trovare un modo per risollevare il morale a quei poveretti.
«Non demoralizzatevi, ragazzi. Già il fatto che non avete problemi a stare in questo posto è segno che siete tipi tosti dalla focosa gioventù! Dovrebbe essere sufficiente, non credete?»
No, non lo era affatto per nessuno di loro, fatta eccezione per Rock Lee che pendeva sempre dalle parole del suo prode maestro.
Continuarono a discutere, intanto che il gruppo raggiungeva tranquillamente il villaggio a piedi, ascoltando quanto la bestia verde avesse loro da raccontare sul paese dei vortici.
«Di norma, qualunque tipo di missione in questo paese viene classificata minimo di rango A e vengono inviati solamente jonin o membri delle forze speciali.»
«E allora perché hanno inviato noi che la maggior parte siamo ancora chunin?» domandò Ten Ten oltraggiata.
Ci pensò Shikamaru a rispondere.
«Beh, al momento il villaggio non è in buone condizioni economiche e al Sesto Hokage interessa solo rafforzare il villaggio. Per questo siamo in questa situazione. Che seccatura.»
Cacciò la mano in tasca per tirare fuori il pacchetto di sigarette e prendersene un’altra.
«Non credi di star fumando un po’ troppo negli ultimi tempi?» lo pizzicò l’amica bionda.
«Ah, non rompere, Ino. –sospirò amareggiato il genio. Ho troppe grane negli ultimi tempi e ho bisogno di rilassarmi in qualche modo.»
«Comunque… -intervenne Sakura, tagliando la conversazione. Ha altro da dirci su questo posto, maestro?»
La bestia verde ci pensò su per qualche secondo.
«Oh, già. Se qualcuno di voi sapesse usare il Sakkiiii saremmo a posto per quanto riguarda le belve. Non posso sempre aprire le otto porte per ogni tipo di attacco!»
«Che c’entra il Sakki, scusi?» chiese Neji.
Come lui, anche il resto della truppa era molto confuso si quanto stava scoprendo su una parte del mondo ninja che ignoravano totalmente.
«Ah, già. –fece Gai desolato. Voi non lo sapete, per questo non ne potete fare nulla, ma comunque, ne parliamo più tardi.»
Erano appena giunti all’ingresso del villaggio, di fronte a un portone protetto da due possenti guardie armate di lance.
«Ma maestro…» tentò di obiettare Rock Lee.
«Più tardi, ragazzi.» disse placido l’insegnante.
Delusione generale del gruppo.
La discussione però venne obbligatoriamente accantonata a data da destinarsi, poiché al gruppo era stato concesso l’accesso al villaggio. Un’austera guardia dalla faccia dura si era offerta di condurla dal capo villaggio.
Durante il tragitto, i ragazzi notarono che gli abitanti del villaggio erano molto simili a gente normale. I bambini giocavano spensierati per le strade, gli anziani stavano seduti a discutere per i fatti loro e i ninja e i lavoratori conducevano le loro faccende. Si accorsero solo dopo delle differenze: ognuno di loro aveva almeno un’arma sempre con sé; che fosse kunai, pugnali o quant’altro non importava.
Anche le abitazioni erano pressoché normali. Alcuni di loro giurarono che si aspettavano casupole da montanaro, con capre appena sgozzate al suolo e sangue sempre per terra; eppure c’era sempre qualche lama all’interno di ogni abitazione che era sempre sporca di sangue fresco.
Gli stranieri non godevano di grande considerazione e il gruppo della Foglia si sentiva molto osservato; ognuno di loro era certo di non godere della simpatia degli abitanti del villaggio ed era molto inquietante, eccetto per il maestro Gai e per Rock Lee che tentava di mascherare l’ansia, emulando il suo maestro.
«Vogliate perdonare l’accoglienza gelida che vi è stata riservata. Purtroppo la gente non è abituata a vedere stranieri e non si fida.»
Fu la scusa che tirò fuori dal cappello il capo villaggio, un anziano sessantenne dalla barba bianca e una folta capigliatura del medesimo colore. Aveva anch’egli un fisico molto possente, statuario e coperto da fitte cicatrici su tutta la scolpita muscolatura; nonostante l’età, dava l’aria di essere un guerriero molto feroce.
Il vecchio capo villaggio li aveva ricevuti dentro una piccola stanza che era il suo ufficio, anche se dava l’aria di non frequentarlo molto, poiché preferiva farsi coinvolgere da altre attività.
D’un tratto il volto duro del vecchietto si illuminò con un sorriso.
«Comunque, sono felice di darvi il benvenuto al nostro villaggio. Io sono Makuzu Umiriki e sono a capo di questo piccolo villaggio e il vostro cliente.»
Allora tutti risposero a tale gentilezza com’era solito fare nel galateo, ovvero con un rispettoso mezzo inchino e lo stare sull’attenti, dato che erano pur sempre dei militari.
Fu sempre il maestro Gai a parlare per il gruppo, dato che era il capitano.
«La ringrazio, signor Umiriki. Se permette, vorremmo subito sapere per quale motivo ci avete contattato, senza perderci in ciance.»
Alche l’anziano sogghignò, lasciandosi cadere sulla poltrona polverosa della scrivania.
«Mi piacciono le persone come lei, giovanotto. È una vera noia imbattersi in tipi che si perdono in chiacchiere e poi sarete molto stanchi dal viaggio. Vorreste andare a riposare, dico bene?»
«Beh… -sbottò il maestro, voltandosi verso gli allievi. Per loro è la prima volta che vengono in questo paese.»
Con quello aveva detto tutto. L’anziano signor Umiriki aveva compreso perfettamente; l’anziano guerriero colse l’occasione per parlare ai giovani ospiti.
«Sopravvivere in questo paese non è molto semplice anche per noi che ci abitiamo fin da quando siamo nati, ma la vita qui è molto più pacifica di quello che crediate, una volta che ci si abitua al clima molto rigido.»
La discussione venne gelata qualche attimo dopo, senza dare ai ragazzi della Foglia nemmeno il tempo di recepire il messaggio del gentile signore.
La porta dell’ufficio si era aperta e da essa due bambini avevano appena fatto il loro ingresso; si trattava di un maschio dai capelli scuri e capienti vestiti estivi e della sua sorellina dai capelli rossicci, la quale si era subito gettata alle braccia di quello che doveva essere suo nonno con molto affetto nel cuore.
«Oh, mia piccola Mira! –squittì gioioso l’anziano. Su, dai un bacino al nonno.»
D’un tratto quell’uomo dall’espressione dura si era trasformato in un dolce nonno che passava le sue giornate a viziare i nipotini, esaudendo ogni loro capriccio. Come poteva non essere altrimenti, dato che si trattava degli unici nipotini che il signor Makuzu Umiriki aveva. I genitori dei piccoli Rio e Mira erano morti qualche anno prima, per colpa di una rara forma di tubercolosi, così era toccato al nonno Makuzu e nonna Ukyo prendersi cura di loro.
La suddetta nonna entrò un attimo dopo nella stanza, avvolta nel suo kimono da lavoro.
«Mi dispiace, caro. Appena hanno saputo che eri rientrato sono corsi subito da te.»
«Oh, fa nulla. –replicò l’anziano uomo. Per i miei nipotini ho sempre tempo.»
L’uomo diede un bacio affettuoso sulla fronte della bambina, poi guardò il nipote che si nascondeva fra gli shinobi, in modo da non farsi cogliere dal coinvolgente affetto del nonno. Il piccolo Rio odiava le smancerie.
Il signor Umiriki decise di lasciarlo perdere per il momento, concentrandosi nuovamente sui suoi ospiti.
«Vogliate scusarmi, signori, ma i doveri di un nonno vanno messi davanti ogni cosa. Nel mente, permettete che vi vengano mostrati i servizi e delle brande su cui riposare.»
A quel punto il maestro Gai parlò per il gruppo.
«La ringrazio, signor Umiriki. Accettiamo la sua proposta con molto piacere.»
Intervenne la moglie del capo villaggio.
«Immagino che questi poveri figlioli saranno affamati. Guarda che pallore ha questo poverino.»
Si fermò a guardare la carnagione bianca di Sai con insolita preoccupazione, poiché non aveva mai visto nessuno con un colore di pelle tanto pallido, persino peggiore di quello di un cadavere.
«Vi preparo qualcosa di bello energetico, così vi rimettete in forza, va bene, cari?»
Allora i ragazzi si trovarono imbarazzati da tanta disponibilità da persone che all’apparenza apparivano con una tempra dura come l’acciaio.
Parlò Shikamaru per il gruppo quella volta.
«La ringraziamo moltissimo, signora, ma non è necessario.»
L’unico effetto generatosi da tale decisione fu l’abbattimento dello sguardo dell’anziana donna che si abbatté sul gruppo come un pesante macigno.
«Voi… Mangerete… Intesi?!»
Dal tono usato, i ragazzi poterono perfettamente comprendere che più che un invito, quello che avevano appena ricevuto era un placido ordine che andava rispettato, altrimenti la pena sarebbe stata troppo grave da sopportare.
Gai aveva dimenticato di accennare ai suoi ragazzi che gli abitanti del paese dei vortici erano conosciuti specialmente per la loro grande gentilezza.

*


La procedura di estrazione dell’Ottacoda proseguiva senza alcun intoppo. I praticanti della tecnica stavano troppo attenti alle modalità del loro lavoro, senza avere nemmeno l’occasione di scambiare qualche chiacchera fra di loro.
Di certo la mancanza di tipi rumorosi come Deidara e Hidan era un buon spunto per rendere l’atmosfera abbastanza tediosa; in più a Kisame non andava molto di parlare durante tutto il tempo che i rimanenti membri di Akatsuki erano stati insieme. Con il fatto che il buffo Tobi avesse smesso di recitare la sua parte, rivelandosi per quello che era veramente, il tenore degli animi dei presenti era tenuto basso.
Naruto non avrebbe potuto chiedere di meglio. Controllare il chakra della volpe per la tecnica di estrazione, contemporaneamente la tecnica che lo camuffava perfettamente alle doti sensoriali di Zetsu e Samehada, non era certo uno scherzo, senza contare che aveva i nervi a fior di pelle.
Più volte Naruto/Pain aveva lanciato il suo sguardo verso Konan, la quale aveva tentato più volte di farlo desistere da tale azione, poiché avrebbe potuto insospettire Madara, il quale conosceva molto bene i modi di fare di Pain e avrebbe capito.
C’era un’altra cosa a cui pensava la bella donna della Pioggia. Non riusciva a credere che Kakashi Hatake fosse riuscito a convincere la volpe a nove code ad aiutare Naruto ed era veramente curiosa di sapere come avesse fatto; peccato che quando lo chiese alla forza portante, quest’ultima avesse adottato una tattica evasiva per evitare la discussione.
Che cosa aveva voluto la volpe in cambio del suo aiuto?
Konan sperava nulla di grave.
Ben presto però ella dovette concentrarsi su ben altri problemi; lei come tutti gli altri membri dell’organizzazione che non riuscirono a credere a quello che era successo.
Il corpo della forza portante dell’Ottacoda si era trasformato improvvisamente in un tentacolo, dal quale il chakra rosso sgorgò solo per qualche altra manciata di secondi, prima di venire inghiottito dalla grande statua; subito dopo il tentacolo cadde a terra, nel completo silenzio.
La forza portante aveva giocato loro un brutto tiro e non era stato per nulla gradito dal vecchio capo degli Uchiha, il quale stava immobile nel tentativo di gestire la cocente rabbia covata nel cuore.
Nessuno dei presenti osò prendere parola, per paura che Madara potesse dirigere la sua ira contro quell’impudente.
Alla fine solo White Zetsu ebbe il coraggio di dare la sua opinione, iniziando con una fragorosa risata, densa di tutto il divertimento che fino a quel momento aveva cercato di reprimere per paura.
«Un tentacolo! Un tentacolo! Che figuraccia!»
A breve vi si aggiunse anche l’ilarità di Kisame.
«Ecco che succede quando si affida un compito così importante a dei pivellini. Quel Sasuke non si è accorto di niente.»
Anche Madara era molto deluso da come si erano andate a concludere le cose e avrebbe punito molto bene Sasuke e la sua squadra, spendendoli a calci a recuperare la vera forza portante dell’Ottacoda per rimediare ai loro errori. Quella loro svista aveva provocato un ritardo incombente sulla sua tabella di marcia.
«Male, molto male.» aggiunse Naruto/Pain con sufficienza.
Il giovane era convinto che un suo commento era necessario per la situazione.
Madara stette in silenzio a pensare, senza ancor proferire parola; stava riflettendo su che cosa fare per recuperare la preziosa preda e voleva che venissero operate delle soluzioni il più tempestivamente possibile. Il mascherato era giunto pure a pensare di volere sempre accanto a sé tutte le sue carte vincenti e questo includeva pure Naruto Uzumaki, che non aveva ancora visto dallo scontro con Pain.
Il leader quindi operò le sue dovute decisioni.
Prima di tutto si rivolse al fidato spadaccino di Samehada.
«Quei mocciosi mi hanno deluso. Occupati tu dell’Ottacoda.»
A ciò il mostro della Nebbia annuì.
«Ai tuoi ordini.»
Dopodiché l’uomo pesce si lasciò andare a qualche commento che non era stato in grado di trattenere prima.
«Hai dato troppo peso a quel moccioso, maestro Madara. Certo, è forte, ma non puoi paragonarlo a Itachi. Infatti lui non si sarebbe fatto fregare in questo modo dall’Ottacoda.»
«Hai ragione.» confermò l’Uchiha.
A seguito di ciò, Madara si rivolse al proprietario del rinnegan, rendendolo partecipe delle sue prossime intenzioni.
«Voglio che mi porti Naruto Uzumaki in questo rifugio il prima possibile. Ho intenzione di sigillare il Nove Code assieme all’Ottacoda, non appena Kisame l’avrà recuperato.»
Naruto imprecò mentalmente; richiesta peggiore non poteva esistere.
Madara gli stava chiedendo di portare se stesso al suo cospetto, in modo da segnare la sua morte; in pratica gli stava chiedendo di scoprirsi, seppur inconsapevolmente.
Naruto sapeva bene che non poteva sperare di usare un clone per imbrogliarlo; già una volta era riuscito a gabbarlo con una semplice tecnica della trasformazione e ancora non sapeva quale divinità l’avesse protetto nel dato tentativo. Stavolta però nessun trucco avrebbe funzionato e nessuna tattica sarebbe valsa a proteggere il suo anonimato.
Non gli restava altro che costituirsi e sfidare apertamente Akatsuki; tanto lui e Konan erano gli unici sotto forma di ologrammi e si trattava solamente di una dichiarazione di guerra.
Così l’Uzumaki decise di rispondere a toni alla richiesta postagli dall’Uchiha. Alzò un braccio verso il superiore e gli mostrò il medio in segno di disprezzo.
«Da questo momento in poi, questo sarà l’unica cosa che avrai da parte mia, Madara.»
D’un tratto l’atmosfera nella stanza si gelò, lasciando i presenti in uno stato catatonico molto simile a pazienti che si servono della criogeniaiv. Ognuno dei membri dell’Akatsuki spostava lo sguardo da Naruto/Pain a Madara in attesa di una risposta da parte di quest’ultimo; magari si sarebbe capita quale fosse la natura del cambiamento nel comportamento di Pain.
La più spaesata di tutti era ovviamente Konan, la quale malediceva la forza portante sua collaboratrice per la decisione che aveva preso.
«Che diavolo hai in mente, Naruto?» pensò turbata.
Konan convenne che oramai non aveva senso tirarsi indietro; avrebbe accettato le conseguenze della decisione presa da Naruto, anche perché non c’era altro da fare.
Solo in seguito Madara prese parola con un tono di voce molto basso e freddo.
«Questo Pain non è controllato da Nagato. Dimmi di chi si tratta, Konan!»
La donna si chiuse in tacito silenzio, intenta a non ubbidire più a nessun ordine di quell’uomo spregevole.
A Madara non andò per niente giù.
«Rispondi!»
Allora intervenne Naruto, sciogliendo la tecnica della trasformazione per mostrare la sua silhouette tramite l’ologramma.
«Non ti agitare, Madara. Sono io, Naruto.»
«Che cosa?!» sbottò il vecchio Uchiha, totalmente allibito.
Zetsu. Kisame e Madara erano rimasti senza parole. Com’era possibile che Naruto stesse agendo in vece di Pain, quanto sarebbe dovuto essere rilegato in una zona di contenimento, in vista dell’estrazione dell’Ennacoda.
«E così sei ancora tutto intero, moccioso.» commentò lo spadaccino di Samehada.
A Madara comunque premeva sapere dell’altro; in un momento tanto ricco di confusione, necessitava di tutte le informazioni che poteva raccogliere.
«Che fine ha fatto Nagato?» chiese.
«Nagato è morto. –replicò Naruto. Ha deciso di sacrificare la sua vita per un futuro migliore e ha riportato in vita la gente che aveva ucciso nel villaggio della Foglia.»
«IMPOSSIBILE!!» tuonò Zetsu.
Fu molto strano per l’Uzumaki che tutti e tre i suoi nemici fossero rimasti totalmente spaesati a seguito della notizia della morte del caro mentore che lo aveva indirizzato sul sentiero giusto per il raggiungimento della pace.
Madara era quello più scuro di rabbia.
Infatti con calma sostenuta, il vecchio si rivolse all’unica donna lì presente per avere chiarimento su un timore appena sorto. Sperava veramente che ciò che pensava non si fosse avverato.
«Konan. Non dirmi che Nagato ha usato il Gedo Rinne Tenseiv?!»
Nessuna risposta da parte di quest’ultima, per cui l’Uchiha dovette dedurne che Nagato aveva effettivamente usato quella tecnica ed era veramente morto.
D’un tratto la sua furia si abbatté su tutta la grande stanza in cui erano riuniti; le onde mentali del suo chakra si abbatterono su tutte le mura circostanti e la pelle di ogni presente fu colta da brividi talmente fitti che i pori della pelle assomigliavano a delle squame: era il Sakki di Madara Uchiha.
«Moccioso impudente! Me la pagherai!»
Nessuno aveva mai udito il vecchio leader degli Uchiha urlare come quella volta; era veramente terrificante.
Zetsu era talmente spaventato che si era rinchiuso dentro il suo fogliame. Kisame aveva invece convenuto di tenersi a debita distanza, prima che il superiore se la prendesse inavvertitamente con lui.
Caso totalmente opposto per Naruto e Konan: i traditori. Per loro non c’era niente di sicuro, tranne che avevano fatto incazzare di brutto una persona che non andava sfidata; oramai non potevano tornare indietro e questo lo sapevano bene.
Infatti Naruto decise di mascherare l’inquietudine che stava provando per comportarsi da vero uomo.
«Ti sfido a farlo, maledetto bastardo!»
Aveva commesso un passo falso. Madara Uchiha era livido dalla rabbia, tanto che il suo occhio destro stava totalmente andando a fuoco, riempendo la stanza di una strana atmosfera per nulla sicura nemmeno per egli stesso; era come se il mondo si stesse per frantumare per colpa di un essere soprannaturale che stava distorcendo il mondo stesso.
«DANNATO! –tuonò l’uomo. Nagato doveva usare il Gedo Rinne Tensei per me e per nessun’altro! Hai la minima idea di quello che hai osato fare?!»
Nessuno dei due indiziati poteva affermare con certezza a chi dei due il nemico si stesse rivolgendo; presumibilmente era Konan quella che avrebbe risposto maggiormente della grave situazione.
Tuttavia anche lei era fermamente decisa a non tirarsi indietro.
«Mi spiace, Madara, ma adesso io e Nagato abbiamo deciso di credere in questo ragazzo, anziché in te. Siamo convinti che la vera pace è possibile solo se aiutiamo Naruto a completare questo disegno.» disse convinta.
Tutti pendevano dalle sue labbra, persino il mascherato, così lei decise di continuare, rendendo partecipe il nemico delle ultime volontà del suo carissimo amico.
«Nagato ha deciso di morire di sua spontanea volontà, dopo che è stato battuto da questo ragazzo, al quale però ha deciso di affidare le sue speranze. Io ho deciso di fare lo stesso.»
«Me la pagherete cara, tutti e due. –insisté furioso l’Uchiha. Nessuno può tradirmi senza subire le dovute conseguenze!»
Più che altro, Madara voleva tanto sapere come Naruto fosse riuscito a persuadere Nagato e Konan dai loro propositi, dato che erano i suoi più fidi collaboratori, coloro che credevano nella causa dell’organizzazione più di chiunque altro.
Come? Come? Come?
Successivamente, i nemici di Madara Uchiha decisero di levare le tende, mentre ne avevano la possibilità; ritardare oltre sarebbe stato deleterio per loro.
«Non ho voglia di trattare con te in questo momento, Madara. – mormorò l’Uzumaki saccente. Non è ancora il momento di scontrarci, dato che non sono forte come te, ma è solo una questione di tempo, vedrai. Vi ucciderò tutti.»
Quelle ultime parole vennero pronunciate dall’Uzumaki con tutta la rabbia che fino a quel momento aveva trattenuto per cautela. Adesso non aveva più motivo di nascondersi e poteva lasciar uscire tutte le emozioni provate nei quattro anni in cui aveva militato come membro di Akatsuki, svelando così l’obiettivo originario a cui aveva reso partecipe Kakuzu, quando l’aveva battutovi.
Li avrebbe uccisi tutti, dal primo all’ultimo, impedendo anche che Madara potesse portare a termine il suo folle piano, servendosi del potere delle bestie codate.
Subito dopo, Konan gli fece cenno di smetterla di aizzare il nemico contro di loro, suggerendo di andare via; non c’era nient’altro da discutere con loro.
Naruto concordò per una volta con lei.
«Alla prossima.»
Sparirono senza preavviso, lasciando a metà le maledizioni che White Zetsu stava lanciando contro di loro.
Dell’organizzazione criminale conosciuta a livello mondiale come Akatsuki erano rimasti solamente tre membri. Di quelle persone, due stavano in silenzio, in attesa delle azioni del diretto superiore, intanto che quest’ultimo comandava il ritiro della grande statua eretica.
Nel buio del rifugio, Zetsu e Kisame scrutarono l’immobile superiore come immane interesse per le mosse che avrebbe ordito, in seguito degli sconvolgenti eventi ai quali avevano assistito come meri ed inermi spettatori allo stesso tempo; di sicuro si aspettavano che l’Uchiha perdesse la sua proverbiale calma, proprio qualche minuto prima, con le disastrose conseguenze.
Invece Madara Uchiha si mise a ridere compiaciuto.
«Ho perso il potere del rinnegan, ma non ha importanza… No, per niente.»
Zetsu e Kisame si scambiarono uno sguardo carico di perplessità, in attesa di capire che cosa ci fosse da ridere, proprio sapendo che Akatsuki aveva perso una delle sue pedine più potenti: Nagato e il suo rinnegan.
In realtà, Madara era veramente furioso, eppure aveva trovato rapidamente una risoluzione ai suoi problemi e sapeva che solo con una buona dose di pazienza, tutto quello che aveva sognato fino a quel momento si sarebbe realizzato senza particolari intoppi.
Il tradimento di Nagato, Konan e Naruto non faceva altro che accelerare drasticamente i tempi a suo favore.
«Ho agito con fin troppa cautela fino a questo momento. È ora di smetterla!»
La voce del grande Uchiha era decisa, pregna dei sentimenti provati dal suo ambizioso cuore e finalmente libera da un peso che tutto il suo essere si era portato appresso per molti anni di snervante attesa.
Solo allora Black Zetsu ebbe il coraggio di esprimersi per chiedere maggiori delucidazioni su un comportamento anormale adottato dal superiore.
«Allora, quale sarà la prossima mossa? Andremo alla Pioggia a catturare Naruto, intanto che Kisame si occupa dell’Ottacoda?»
«No. –replicò lapidario il mascherato. Konan non è una sprovveduta e conoscerà sicuramente molte delle tecniche da sigillo di cui era in possesso Nagato. Saprà certamente come tenermi a debita distanza dalla Pioggia per un certo periodo di tempo.»
«Quindi?» insisté la parte nera del mostro pianta.
«È finalmente arrivato il momento di avviare il progetto Occhio di Luna!»
Madara Uchiha era al settimo cielo quando aveva dichiarato l’inizio del suo progetto speciale, per il quale erano necessarie le bestie con la coda come chiavi di volta per il cambiamento del mondo; una svolta epocale che avrebbe portato lui sulla vetta del nuovo mondo che avrebbe creato.
A tale notizia, anche il Mostro della Nebbia sorrise dalla gioia, dopodiché quest’ultimo si avviò verso l’uscita più vicina con ancora il sangue in fermento per la dichiarazione appena fatta dal superiore.
Il progetto Occhio di Luna era il vero piano di Akatsuki, qualcosa che per realizzarsi aveva necessitato di un cospicuo investimento di tempo, denaro e vite umane, sebbene alla fine avrebbe dato i suoi succulenti frutti dei quali solo i fautori di quel grande piano se ne sarebbero nutriti.
Madara, Kisame e Zetsu non vedevano proprio l’ora di affondare le fauci in quei succulenti frutti.

*


Una volta concluso l’abbondante pasto offerto dalla moglie del capo villaggio, i ragazzi della Foglia erano letteralmente a pezzi, poiché con gli stomaci colmi fino all’orlo e vittime dell’abbiocco più intenso, il quale li aveva sospinti in uno stato pseudo-catatonico, aiutato anche da un giardinetto su cui si ergevano querce secolari dalla grande corteccia.
Shikamaru, Chouji, Kiba e Akamaru furono i primi a cedere alla stanchezza e il ricordo che dovessero lavorare, anziché poltrire, non li attraversò nemmeno per l’anticamera del cervello. Comunque anche gli altri non erano tanto in vena di volersi mettere a lavoro, anche perché era stato loro ordinato dal maestro Gai di passare un paio d’ore a riposo, intanto che lui avrebbe discusso di alcune questioni importanti con il signor Umiriki.
Ovviamente quella pausa dal cospicuo pranzo era stata accettata con piacere dall’unanimità, eccetto per Rock Lee, il quale si era messo a eseguire alcuni dei suoi allenamenti come al suo solito, e Sai, il quale invece si era chiuso in se stesso in un angolo ad osservare il territorio circostante con un interesse puramente professionale.
Era proprio sul pittore della Radice che Sakura era concentrata fin dall’arrivo nella nazione.
«Dai, Sakura. Siediti qualche secondo. Io sto morendo! Sono piena!»
Ino era coricata sull’erba fresca, completamente stesa da tutte le cose buone che era stata costretta a mangiare. Non solo aveva mandato al diavolo la dieta che stava facendo orgogliosamente da tre mesi, ma era stata obbligata a ingurgitare quantità di cibo pari a quelle di Chouji; lei come il resto del gruppo.
Comunque la Yamanaka si concentrò sullo strano comportamento assunto dall’amica dai capelli rosa e da quelli dal byakugan, provvista di una espressione totalmente persa nel vuoto.
«Fantastico! –pensò sarcastica. Sono circondata dalle abitanti di felicilandia!»
In seguito al suo pensiero, sgorgò l’opinione dell’allieva delle principessa delle lumache in merito all’oggetto dei suoi pensieri; colui che le aveva da tempo scombussolato la pace appena riguadagnata.
«Non mi piace per niente…»
«Cosa?» le domandò Ten Ten che si trovava al suo fianco.
Sakura allora fece cenno in direzione del placido artista della Radice che ne se stava in disparte in un angolino, senza socializzare con nessuno; comportamento totalmente all’opposto di quello che era solito fare, prima della nomina del suo capo come Sesto Hokage.
«Che cosa gli avranno fatto quelli della Radice? Sembra una persona diversa.»
La ragazza aveva proprio ragione, poiché dei sentori del suo nuovo regresso erano stati resi partecipi tutta la loro compagnia e a nessuno andava giù di essere al fianco di qualcuno di cui probabilmente non si poteva più fidare.
«Non ti so dire. Magari non gli va di parlare.» ipotizzò la fioraia part-time.
No. Sakura non lo pensava affatto.
Sai era tornato a essere lo stoico shinobi di quando si erano conosciuti, glielo leggeva sullo sguardo, oramai privato della luce della sete di conoscenza che l’aveva animato durante tutto quel periodo che erano stati assieme.
Sakura Haruno non poteva dimenticare quello che l’amico era stato in grado di fare quando era lei a sentirsi inabile a credere in qualcosa, dopo che il villaggio era stato distrutto dalla potenza del leader dell’Akatsuki; se non ci fosse stato Sai, probabilmente non sarebbe mai riuscita ad andare avanti e a trovare l’epifania che le serviva. In quel mondo, non solo avrebbe smarrito se stessa, ma non avrebbe nemmeno potuto aiutare Hinata, la quale aveva un disperato bisogno del suo sostegno in quel periodo per ovvie ragioni.
Giunta a tale conclusione, Sakura era giunta a una nuova epifania, la quale la stava spingendo a togliersi di dosso ogni opprimente dubbio in modo da risolvere una situazione che non accettava. Si mise in piedi e avanzò con passo deciso verso l’oggetto della sua inquietudine.
Gli occhi degli amici puntati su di loro, interrogatori sull’entità del problema che ben presto tutti loro si sarebbero trovati in qualche modo ad affrontare, mentre avevano la possibilità di non pensare al lavoro.
Sakura piantò i piedi in mezzo all’erba umidiccia, cresciuta sotto la grossa radice dell’albero su cui era appoggiato l’artista privo di emozioni.
«Ehi, Sai. Devo chiederti una cosa.» iniziò la ragazza.
Il giovane pittore non l’aveva degnata subito della sua attenzione; infatti questi era intento all’osservazione del paesaggio del paese dei vortici, poiché ammaliato dalla crudezza che l’ordine naturale delle cose potesse erigere in un mondo tanto ostile di cui lui non era mai stato a conoscenza.
«Sai!»
Il richiamo della ragazza dai capelli rosa lo fece finalmente voltare verso di lei; fu allora che Sai s’imbatté nel suo sguardo.
Il ragazzo non ricordava affatto da quanto tempo non si soffermava a guardarla per bene, tuttavia aveva compreso bene il motivo per cui non era solito farlo come in passato: Sakura aveva la stranissima capacità di far emergere le sue emozioni grazie alla sua grande voglia di vivere; la sua personalità dirompente era qualcosa di unico e per questo la temeva, la ammirava e la evitava allo stesso tempo.
Nonostante quel complesso marasma di emozioni lo stesse sfiancando, aveva deciso che non avrebbe mostrato alcun cedimento, poiché lui lì aveva un compito molto complesso da portare a termine e non poteva deludere le prospettive che Danzo aveva riposto in lui.
«Dimmi pure.» disse placido.
Allora Sakura agì, anche se non aveva idea delle conseguenze che sarebbero potute nascere in seguito.
«Vorrei che mi dicessi qualcosa in più su Danzo!»
Tutti trattennero il respiro. Quello che Sakura aveva chiesto era una chiara e diretta richiesta di svelare i segreti del tenebroso capo villaggio a uno dei suoi collaboratori più stretti.
Il ninja della Radice non si scompose per niente.
«Non posso.»
Dunque Sakura perse la pazienza e agguantò Sai per il bavero della mantella con tanta energia che lo stesso ragazzo si dovette tenere alla corteccia dell’albero per evitare di inciampare nel suo stesso vestiario.
«Perché no?! Una volta ce l’avevi detta qualcosa su Danzo! Che è cambiato?!»
Erano cambiate tante cose e Sakura ne era perfettamente conscia; tuttavia era convinta che ciò non dovesse direttamente implicare che anche il rapporto con Sai sarebbe mutato.
«Era diverso. –replicò il pallido. Quella volta dovevo difendere la reputazione dell’Hokage, questa volta no. Inoltre quello che ho detto era il massimo che potessi divulgare. Il resto non posso proprio dirlo, mi dispiace.»
«Ma perché?! Sbaglio o siamo amici?!» sbottò rabbiosa la rosa.
Allora Sai compì un gesto che avrebbe chiarito qualunque punto messo a verbale, eliminando anche qualunque chance di domande a trabocchetto: mostrò alla ragazza il dorso della sua lingua.
La ragazza dai capelli rossa rabbrividì; aveva visto giusto.
«Ma quello è…?»
Sul dorso della lingua dello shinobi vi erano tatuati dei simboli rettangolari che lo stesso ninja non era molto contento di mostrare in pubblico; il suo disagio era anche dovuto in parte che attirò l’attenzione degli altri, i quali accorsero per vedere di persona il tatuaggio.
«Quello è proprio il risultato di una tecnica di sigillo.» notò Neji; ciò gli ricordava molto l’analogo sigillo che egli aveva tatuato sulla fronte.
Sai chiuse la bocca molto rapidamente, dopodiché dette conferma a quello che avevano dedotto.
«Il sommo Hokage ci ha personalmente dotato di questo sigillo, in modo che esso possa scattare qualora decidessimo di rendere note informazioni compromettenti sulla sua persona o sulla Radice.»
«Beh, non c’è che dire. –commentò Kiba. Quel vecchietto è molto astuto. In questo modo se venite catturati da un utilizzatore di arti illusorie, non potreste comunque rivelare niente su di lui, giusto?»
«Moriremmo di una morte lenta ma silenziosa.» concluse il pittore della Radice.
Solo allora il ragazzo afferrò il polso della rosa con il quale lo stava tenendo ancora a stretto contatto con sé, la allontanò per tornare nella sua posizione originaria. A quel punto si accorse con sorpresa che sulla maggior parte dei presenti vi era dipinta un’espressione molto diversa da quelle che aveva mai visto.
Non capiva che cosa fosse? Perché lo guardavano nello stesso modo che si guardava un animale in procinto di morte? Che cosa aveva che non andava?
«Sai…»
Non ce la faceva proprio a reggere i loro sguardi. Perché lo stavano dando per spacciato prima del tempo? Perché? Perché diavolo lo stavano facendo quei maledetti?
Era in procinto di chiederne le motivazioni, quando le parole di Shikamaru Nara risuonarono per tutta l’area, presagendo quella tempesta che era tanto attesa da parte dell’artista, sebbene fosse molto confuso da quello che stava provando la sua anima.
«Quello che però Sai non vi ha detto, è che la sua presenza qui è dovuta al fatto che l’Hokage gli ha ordinato di tenerci d’occhio.»
Tutti si voltarono verso il genio dal codino; erano sconvolti.
«COSA?!»
Il rimbombo sbigottito della folla di ragazzi a quella notiziona. Gli sguardi che si spostavano da quelli del genio loro amico a quelli dell’artista che era stato reputato amico fino a quel momento.
«Perché mai l’Hokage dovrebbe tenerci d’occhio?!» sbottò Ten Ten un tantino scettica.
«Nemmeno io sono convinto. –sbottò Rock Lee. Infondo siamo semplici chunin, sono certo che ha cose più importati a cui pensare.»
«Ed è qui che ti sbagli.» replicò Shikamaru.
La sua risposta gelò completamente gli animi, tanto che il fatto che si stesse muovendo attivamente, quindi non era annoiato o assonnato, era un valido motivo per credere che ciò che diceva aveva dei fondamenti più che validi.
«Danzo non si fida dei jonin della Foglia, perché grazie a mio padre non lo vogliono votare come nuovo Hokage, per questo sta cercando qualche modo per colpire mio padre, senza che si venga a scoprire.»
Dopodiché il Nara si avvicinò verso il pittore per porgli qualche questione.
«Dimmi la verità, Sai. Se mai ne avessi occasione, hai per caso avuto l’ordine di uccidermi in quanto figlio di Shikaku Nara?»
Una domanda troppo assurda per potere credere che corrispondesse alla verità. Sakura e Hinata in primis non volevano crederci, poiché non potevano accettare che un loro caro compagno potesse veramente fare una cosa subdola del genere.
E invece andò totalmente in maniera differente.
Sai aveva un’espressione truce sul viso, per nulla sua: una espressione che manifestava il sentimento di voler incutere paura nell’avversario.
«Proprio così.»
Come conseguenza di tali focose dichiarazioni, i ragazzi del gruppo si scaldarono, poiché non si aspettavano per nulla un esito del genere nella discussione precedentemente iniziata con il pittore.
Kiba e Akamaru iniziarono a sbraitare contro il pittore.
Chouji si mise davanti al suo migliore amico con la chiara intenzione di proteggerlo dalle manie omicida di un nemico inaspettato.
Rock Lee e Ten Ten circondarono l’avversario, osservandolo con fare sospetto, mentre i restati rimanevano immobili ad analizzare la situazione con le proprie considerazioni.
Nonostante la situazione, fu comunque lo stesso Shikamaru a tentare di sedare gli animi bollenti, anche perché il presunto nemico sembrava non covare cattive intenzioni per il momento.
«Non fate nulla, ragazzi. Non conviene a nessuno ingaggiare una lotta inutile come questa.»
«Ma come fai a dirlo, Shikamaru?!» tuonò l’Akimichi al suo fianco.
A cui vi si aggiunse ben presto anche l’Inuzuka a fare presente che le intenzioni di Sai erano sempre a loro sfavore.
«È evidente che non possiamo fidarci di lui. Come fai a dire di restare calmi dopo che questo bastardo ha ammesso che ti vuole uccidere?!»
Il Nara aveva argomentazioni fin troppo valide per potersi ritirare da quanto precedentemente detto.
«Non dobbiamo sottovalutarlo per alcuna ragione. Dopotutto lui è un membro della Radice ed è stato educato ad essere un killer. Sono certo che non sarebbe un problema batterci tutti.»
Purtroppo il jonin dal codino non aveva torto e tale considerazione aveva abbassato di parecchio l’istinto guerrigliero dei membri del gruppo, lasciandoli con un senso di oppressione, dovuto alla loro inettitudine a non essere in grado di reggere il confronto con nessuno.
Fu allora che Sai prese la parola.
«Non mi interessa niente di tutto questo al momento. Mi è stata affidata la missione di tenervi d’occhio ed è quello che farò, che lo vogliate oppure no.»
Tali informazioni non fecero altro che gettare ancora più incertezza nel gruppo, del quale l’interesse verso il pittore della Radice stava iniziando a scemare man mano che le sue intenzioni venivano allo scoperto.
«E quale sarebbe la ragione per tenerci d’occhio?» gli domandò indagatore Neji.
«Non proprio tutti voi, soprattutto Sakura e il maestro Gai. Sono due potenziali obiettivi con il quale il maestro Kakashi potrebbe mettersi in contatto.» rispose con nonchalance il ragazzo.
«Cosa?!» tuonò Sakura, facendosi avanti.
L’allieva del Quinto Hokage era letteralmente furiosa; il desiderio di stampare un altro pugno sul viso di Sai stava diventando veramente bisogno di realizzazione.
«Tutto qui? Ci spii per poterci tradire?!»
«Sì. –rispose placido il ragazzo. È questa la mia missione e un ninja porta sempre a compimento la sua missione. È una regola d’accademia.»
«Fanculo le regole!» continuò la ragazza dai capelli rosa.
«Adesso basta, Sakura!»
Era stato il maestro Gai a richiamarla all’ordine. L’uomo era appena tornato dalla sua discussione con il capo villaggio e sembrava non essere per nulla disponibile per qualunque tipo di scherzo, figurarsi gli screzi fra compagni di squadra.
«Maestro Gai…»
La bestia verde avanzò lentamente verso i protagonisti principali della discussione. Sebbene i suoi fossero passi molto lenti, la totalità del gruppo percepiva distintamente il suo nervosismo, tanto che quest’ultimo era addirittura palpabile da rendere evidente la gravità della situazione corrente.
«Litigare fra compagni è l’ultima cosa di cui dovremmo preoccupaci, ragazzi. Se avete qualcosa contro questo ragazzo, vi prego di tenervela per voi per tutto il resto della missione. Non tollero screzi fra i miei sottoposti.»
Al massimo avrebbe potuto tollerare qualche scaramuccia fra i dichiarati rivali del gruppo, ovvero Rock Lee e Neji, nel quale il primo insisteva nel coinvolgere il secondo in un assurdo allenamento da eseguire. Invece per quanto riguardava le liti, Gai non riusciva proprio a digerirle, probabilmente perché tali momenti di confusione spesso gli era costato qualche ferita o alle volte la morte di qualche compagno.
Nonostante il suo avvertimento, Kiba insistette comunque sul dare un senso nobile alle motivazioni che avevano portato alla nascita del conflitto.
«Maestro, questo bastardo ha dichiarato che vuole uccidere Shikamaru e che è qui per spiarla. Non possiamo lasciarlo fare senza muovere un dito!»
«Questo non è un tuo problema, ragazzo. –lo liquidò Gai. Finché siete in questa squadra, io sarò il vostro superiore e se non ci sono, c’è Neji a cui dovete obbedire, per cui smettetela di frignare che abbiamo molte cose da fare.»
Un modo di fare che non era mai appartenuto a Maito Gai; chi lo conosceva bene, sapeva che di solito avrebbe sbraitato assieme a Kiba e compagnia per fare in modo che Sai cambiasse idea sul suo compito o venisse allontanato.
Molti infatti non accettarono la sua decisione. Ten Ten era fra quel gruppo e provò a esortare il diretto superiore a cambiare idea.
«Ma maestro!»
Fu una pessima idea, poiché Gai si innervosì davvero quella volta.
«Ho detto basta!»
Un ordine che venne pronunciato con una tale energia da superare la barriera del suono, estendendosi per tutta la forestale in cui erano accampati i ragazzi del villaggio della Foglia.
Nonostante ciò, nonostante la paura che il maestro Gai aveva trasmesso ai suoi irrequieti sottoposti, c’era ancora qualcuno che non riusciva ad accettare la sola presenza di un Sai così bastardo, tanto che aveva bisogno di allontanarsi dal gruppo per un poco di tempo e starsene da solo a riflettere: quel qualcuno era Sakura.
La ragazza in questione era scattata verso un punto indefinito della foresta. Corse come una forsennata, senza dar peso ai richiami dei suoi compagni, anche perché, se non era il maestro Gai a chiamarla, significava che le era stato indirettamente concesso il diritto di starsene per gli affari suoi per un poco di tempo.
«Ma dove starà andando quella stupida?» domandò Kiba incerto.
«Che importa! –sbottò la Yamanaka. Dobbiamo raggiungerla subito! Questa zona è abitata da molte di quelle dannate bestiacce super potenti!»
«Andiamo!» si aggiunse il bonario Akimichi.
Ancora una volta, il maestro verde si intromise nelle decisioni dei suoi sottoposti con una insolita serietà.
«Andrà solo Ino. Ho alcune cose di cui discutere con voi, poi le raggiungeremo.»
«Non crede che sia solo pericoloso lasciarle andare da sole?» domandò inquieto l’Aburame.
Gai si era già seduto per terra, pronto a raccontare quanto appreso dal capo villaggio sulla missione che avrebbero dovuto portare a compimento.
«Sanno badare a loro stesse. –disse sicuro di sé, rivolto all’Aburame. Ora siediti che comincio.»
Intanto Ino era già corsa via nella direzione percorsa da Sakura. La paura la stava assalendo, poiché aveva timore di venire attaccata da una delle pericolose bestie che abitavano le foreste della nazione dei vortici. Correva con cautela, armata della lama di un kunai che sarebbe stata comunque inefficiente per eliminare una eventuale minaccia, ma che comunque le donava quel senso di sicurezza impagabile; in più, la sua mente era affollata dalle preoccupazioni della stessa Sakura e dell’inquietante pittore della Radice.

*


Sakura era stata appena scovata dalla sua amichevole inseguitrice. La giovane si era inginocchiata sulla foce di un lago che costeggiava il complesso lignifico in cui il gruppo si era accampato.
Sakura era molto turbata dal miscuglio di emozioni che le stava confondendo per bene le idee; aveva bisogno di stare da sola per qualche minuto, poiché non era in grado di fornire un pensiero logico e professionale al suo comportamento.
La giovane ninja medico venne attirata dalla sua figura specchiata dalla superficie acquosa. Le venne molto dura accettare che quella pallida figura fosse la stessa ragazza gioiosa qualche mese prima.
Proprio così, prima della distruzione del villaggio, tutto le sembrava più semplice, bastava solo affrontare il problema e perseverare fino a oltrepassare l’ostacolo. Ora invece era una stoica figura che non riusciva a sopportare i mutamenti orribili del mondo di cui non poteva fare nulla per impedirne il completamento; Sakura Haruno si era trasformata in una vittima dei tempi correnti, della crudeltà del mondo ninja.
Proprio in quel momento si sentiva come un giocattolo nelle mani dei grandi ninja che amministravano il suo mondo. Uno di quei dannati pupazzi manovrati da Sasori, la quale tuttavia era in grado di provare fin troppe emozioni; probabilmente era per quella ragione che la regola d’oro dei ninja era di non ostentare mai nessuna emozione umana: peccato che se ne fosse resa conto troppo tardi.
«Ma che cazzo mi sta prendendo?»
Una buona domanda; peccato che non fosse in possesso della risposta del più grande dilemma della sua vita. Sakura dovette ammettere che per sapere che cosa fare in un momento tanto confuso della sua vita, avrebbe dato qualsiasi cosa, persino se si fosse trattato di commettere qualche macabro crimine che andasse contro la sua morale.
Ovviamente la ragazza dai capelli rosa non avrebbe mai rivelato le sue effettive necessità all’amica che l’aveva appena raggiunta con tanta apprensione sul volto.
«Mi dici che ti è preso? Non è da te comportarti in questa maniera.»
Sakura immerse le mani dentro l’acqua gelata del lago, ne raccolse una piccola quantità per gettarsela in viso; sperava che magari in quella maniera qualcosa sarebbe cambiato e che le voci dentro la sua mente avrebbero cessato di tormentarla; processo per nulla facile da portare a compimento.
«Non ci sto capendo più niente, Ino… Davvero, non so che cosa fare a questo punto.»
L’amica tirò un sospiro di rassegnazione, dopodiché le si sedette accanto a condividere la medesima esperienza, come se fosse alla ricerca di maniere per poter vedere le cose nell’ottica della rosa, in modo da poterne condividere la visione delle cose.
«Ti fai troppi problemi, ecco tutto.» replicò la ragazza, mentre immergeva le mani dentro l’acqua gelata.
Sakura ci pensò attentamente su a tal proposito, mentre l’amica ripeteva la sua azione originaria e godeva della freschezza di tale liquido rinvigorente.
«Ho deciso!» sbottò a un certo punto l’Haruno.
Durante quei pochi istanti, era riuscita in qualche modo alla sua tanto sospirata epifania e non vedeva l’ora di rendere partecipi i suoi amici più cari della sua presa di coscienza; Ino rientrava fra questi.
«Non ho potuto fare nulla per Naruto, il maestro Kakashi e la signorina Tsunade, però farò in modo di salvare Hinata e Sai da quello che potrebbero diventare. Questo almeno glielo devo, dopo tutto quello che hanno fatto per me.»
Alche la Yamanaka, dopo aver udito l’ultima decisione dell’amica, le mostrò uno dei suoi più belli sorrisi, ostentando così il suo sollievo che in realtà lo stato di Sakura fosse solo temporaneo.
«Così mi piaci, amica mia! –disse orgogliosa. E io e tutti gli altri ti aiuteremo!»
Lei si era già rimessa in piedi e aveva appena teso la sua mano verso l’allieva della principessa delle lumache; quest’ultima aveva accettato di buon grado quell’aiuto e aveva afferrato la mano dell’amica per rimettersi in piedi.
Sakura non poteva che esserle grata per il semplice fatto che ci fosse; che Ino parlasse o stesse zitta non aveva importanza, l’importante era che la sua migliore amica fosse lì presente come supporto morale.
«Grazie, Ino.» disse Sakura grata.
«Figurati, fronte spaziosa.» ricambiò la bionda scherzandoci su.
Le due amiche scoppiarono a ridere per il divertimento, dimenticandosi totalmente della discussione precedentemente avuta con i loro compagni; allo stesso modo rimossero temporaneamente tutti i problemi che affliggevano i loro animi e si scoprirono essere più leggere che mai. Una sensazione impagabile per cui avrebbero lottato con le unghie e con i denti per raggiungerla.
Sfortunatamente il percorso che avrebbero dovuto seguire era pieno di insidie e una di quelle prendeva il nome di Kabuto Yakushi, il quale aveva assistito a tutta la scena per puro caso e ne era parso molto interessato, soprattutto perché quelle due ragazze condividevano qualcosa che lui non aveva mai provato in vita sua.
Il quattrocchi si posizionò su una collinetta appena al di sopra dal punto in cui erano le due kunoichi del villaggio della Foglia, richiamandone l’attenzione nel momento che giudicò più consono per darsi una certa teatralità.
«Guarda un po’ chi si rivede. Non avrei mai immaginato di rincontrarci proprio in questo posto.»
Non appena le due ragazze udirono quella voce tenebrosa, simile a un sibilo di un serpente, si misero in assetto da combattimento, alla ricerca della fonte delle loro preoccupazioni. Ovviamente, non fu un mistero per nessuno rimanere in balia dello stupore di fronte a un famoso ricercato che sembrava bearsi della loro stessa paura nell’averlo incontrato.
«Kabuto!» tuonò rampante l’Haruno, non appena lo riconobbe.
Non era stato facile per Sakura capire con chi stesse parlando; il volto del nemico era coperto dal cappuccio del mantello in cui era avvolto l’ex braccio destro del ninja leggendario, comandante dei serpenti.
Sakura e Ino scorsero nello sguardo del nuovo arrivato lo stesso impeto di terrore che era solito generare il vecchio Orochimaru nelle sue vittime. Comunque le kunoichi sapevano con certezza che non si trattava del ninja leggendario, perché l’uomo che avevano di fronte, portava occhiali spessi di fronte agli occhi color miele e i soliti capelli grigi; persino nella voce di Kabuto erano presenti dei cambiamenti, diventata molto bassa e disturbata da continui sibili da serpente.
L’erede di Orochimaru fissò le due kunoichi con una punta di estasi, dal momento che era animato da un forte desiderio di testare la sua superiorità su degli individui che giudicava delle formiche a suo confronto. Kabuto si sentiva invincibile e non avrebbe avuto timore di svelarsi al nemico, nemmeno se si fosse trattato di un esercito.
Di conseguenza, con un tale stato d’animo a suo carico, il serpente con gli occhiali ghignò, intanto che Sakura si scaldava come un toro imbizzarrito, dopo averlo visto.
«Che diavolo ci fai qui?!» domandò la ragazza.
«Non credo che siano affari tuoi, piccola Sakura.» replicò sprezzante il giovane uomo.
«Cosa?! –tuonò sempre la stessa ragazza. Bastardo!»
Entrambe le kunoichi sapevano bene che Kabuto non era affatto il tipo che faceva delle determinate cose, senza una valida ragione. Se quel pericoloso criminale si trovava nel paese dei vortici, non era certamente dovuto al caso, bensì a un complicato piano in cui la Foglia ci andava spesso in mezzo.
Sakura e Ino inoltre erano a conoscenza che parlare non sarebbe servito per far confessare il nemico; per scoprire la natura della sua presenza in un angolo remoto delle terre ninja, era necessario sconfiggerlo e catturarlo.
Di conseguenza, Sakura agì rapidamente, usando uno dei suoi pugni distruttivi con il solo scopo di colpire in pieno l’obiettivo e portare a termine il compito, senza particolari problemi.
Tuttavia, la ragazza aveva completamente rimosso dalla mente che Kabuto Yakushi non era mai stato uno shinobi che poteva affrontare a viso scoperto. La forza dell’ex braccio destro di Orochimaru era stata paragonata dall’intelligence del villaggio a quella di Kakashi Hatake, per cui molto vicina al livello di un Kage; le sue conoscenze mediche a livello di quelle di Tsunade e Shizune; la sua intelligenza pari a quella di Shikaku Nara; la sua follia andava a tu per tu con quella di Orochimaru.
Infatti per Kabuto fu un gioco da ragazzi sfuggire dalle grinfie dell’allieva del Quinto Hokage.
«Come sei impaziente, Sakura. Non sai che è maleducazione attaccare in quel modo una persona?»
Successivamente l’uomo dovette evitare con nonchalance i kunai lanciati da Ino, infine si posizionò sopra la superficie acquatica a fissare annoiato le due ostili kunoichi.
«Allora non volete proprio capire, eh?»
«Sei tu a non capire, bastardo!» tuonò l’Haruno.
«Ti cattureremo a qualunque costo! –continuò la Yamanaka. Sono tanti i crimini a cui devi rispondere, razza di mostro!»
Kabuto risultò molto divertito dalle loro minacce e lo fu ancora di più, quando i restanti componenti della squadra della Foglia avevano raggiunto le loro compagne, poiché attirati dall’esplosione causata dal pugno di Sakura.
«Ehi! Chi diavolo è quel tizio?!» domandò Ten Ten in vece di tutti gli altri.
«È Kabuto! Fate attenzione a questo bastardo!» li avvertì l’allieva della principessa delle lumache.
«Che cosa? –sbottò il maestro Gai. Quel tizio è proprio Kabuto? Ne sei certa, Sakura?»
Purtroppo era così. I ninja della Foglia si erano trovati di fronte uno dei nemici più temibili del villaggio della Foglia nel ben mezzo di una missione sempre più stratosferica. Per di più, sembrava proprio che la consapevolezza di essere in superiorità numerica era un fattore del tutto relativo, soprattutto se si aveva a che fare con un nemico pericoloso come Kabuto Yakushi.
Nonostante tutti avessero quello status mentis, si optò a non mostrare la corrente inquietudine al nemico, poiché segno di debolezza.
Il maestro Gai si fece carico del grosso del lavoro.
«Se sei veramente Kabuto Yakushi, allora mi dispiace, ma dobbiamo catturarti e portarti al villaggio della Foglia per interrogarti.»
Alche il ninja traditore scoppiò in una fragorosa risata che infastidì moltissimo i membri del gruppo della Foglia, soprattutto quei tipetti calienti com’erano Sakura, Kiba e lo stesso maestro Gai, anche perché nessuno riusciva a capire che cosa ci avesse da ridere.
«Che cazzo hai da ridere, bastardo?!» domandò furiosa la ragazza dai capelli rosa.
Altro ammonimento da un membro più controllato del gruppo; in quel Shikamaru.
«Sta calma, Sakura. È chiaro che sta bleffando, non deve esserci nessun’altra spiegazione.»
«Ti sbagli, Shikamaru. È tutto il contrario.» ribatté Kabuto tutto beffardo.
Il silenzio si era impadronito della scena, arricchito da un alone di mistero, generatosi dal seme del dubbio appena gettato a germogliare dall’aspirante eremita dei serpenti.
«Il fatto che crediate di avere una possibilità contro di me è tremendamente divertente. Tutto qui.»
Ovviamente quelle parole ebbero come diretta conseguenza di fare incavolare di brutto il nemico, il quale di fatti reagì proprio come previsto.
«Come osi, pezzo di merda?! –tuonò l’Inuzuka, pronto ad attaccare briga. Adesso di faccio vedere io!»
Quella volta non ci fu nessuno che bloccò la sete di thanatos di Kiba Inuzuka e del suo feroce Akamaru. Tutti erano pronti ad attaccare in qualsiasi momento e non aspettavano altro che la minima distrazione da parte del temibile avversario.
«Mi raccomando, ragazzi. –dichiarò Gai con apprensione. Ricordate che stiamo parlando di qualcuno che ha i poteri di Orochimaru, non sappiamo che diavoleria potrebbe usare per attaccarci.»
«Se lo attacchiamo prima che possa fare dei segni, non avremmo problemi!» tuonò lo Hyuga al suo fianco.
Tutti stavano partendo alla carica contro l’ex braccio destro di Orochimaru, il quel tuttavia rimaneva immobile nella sua posizione ad osservare lo spreco di energie di quelli che giudico come poveri stolti; solo dopo Kabuto si accinse a ricorrere alla tecnica che gli garantiva una sicurezza totale su qualunque tipo di situazione.
«Kuchiyose: Edo Tensei!vii»
Come per incanto, una miriadi di casse funebri si ersero dal suolo, proprio alle spalle dei guerrieri del villaggio della Foglia. Il fenomeno fu talmente sconvolgente che tutti loro interruppero la fase d’attacco per concentrare tutto lo stupore su quello che era stato portato a termine dal folle scienziato serpente.
«Ma che diavolo sono quelle cose?» domandò la Yamanaka perplessa.
In realtà Ino, come tutti gli altri, aveva già dei terrificanti sospetti a tal proposito, tuttavia non accennava nemmeno a pronunciarsi per la troppa paura.
Un'altra domanda venne sollevata da Shino.
«Delle bare? Ma che significa?»
I ragazzi si trovavano all'interno di un campo magnetico ai cui poli si trovavano Kabuto e le varie bare a cui dedicavano con agitazione uno sguardo e sempre cambiavano prospettiva, poiché non sapevano a chi dover dare più importanza. Tale problema si annullò totalmente quando i coperchi delle bare si staccarono dalla loro postazione e caddero al suolo, mostrando dunque il loro prezioso contenuto.
«Non può essere!!»
Fu una frase che venne detta o pensata da ognuno dei ninja della Foglia, perché fra le figure che si trovavano all'interno delle bare c’erano delle persone che non avevano per nulla l’aspetto di star bene; erano i fantomatici zombie per il quale il paese dei vortici aveva chiesto aiuto alla Foglia.
E come se ciò non fosse stato a sufficienza, fra quegli shinobi erano presenti volti noti ai ninja della Foglia e questo non faceva altro che aumentare il senso di smarrimento appena nato.
Gai fu in grado di riconoscere fra quelle persone il vecchio compagno d’avventure, Gekko Hayate che era stato assassinato cinque anni prima, durante la guerra fra la Sabbia e la Foglia.
Oltre allo spadaccino, Gai poté riconoscere benissimo altri due shinobi del suo villaggio, famosi per le loro tecniche segrete e per le doti speciali.
Imbattersi nei fantasmi del passato non era mai piacevole e tutti lo sapevano bene. Rivedere delle persone che erano morte faceva uno strano effetto, poiché non si sapeva come ci si doveva comportare con quei poveretti, vittime di una tecnica folle come quella.
Per Sakura e Hinata non fu affatto gradito rivedere il vero Sasori al fianco del temibile Itachi Uchiha. I due ninja dell’Akatsuki erano immobili, privi di vita, così come lo era il Demone Zabuza o altri ninja della Foglia e alcuni della Nebbia e della Nuvola.
Il trauma più grande, però, venne vissuto dai membri della squadra 10, dato che, ad essere stato evocato da Kabuto, era stato anche il loro amato maestro, la cui perdita aveva segnato nei loro cuori una profonda cicatrice ancora grondante di sangue.
«Ma… Maestro Asuma…» mormorò Chouji in lacrime.
Il bonario ciccione era talmente commosso di rivedere l’amato maestro oramai defunto che stava quasi per andare ad abbracciarlo in preda alle emozioni.
«Fermati, Chouji!» tuonò il Nara al suo fianco.
La rabbia dipinta nel suo volto non era mai stata rappresentata in tale maniera, nemmeno quando voleva vendicarsi di Hidan e Kakuzu era così furioso.
«Quello non è il maestro Asuma. –continuò il genio. Quella è una pedina di Kabuto!»
Proprio così. Quell’essere inanimato non era il loro maestro, quello che condiva i loro momenti con l’insopportabile aroma delle sue sigarette a doppio filtro. Ciò che i ragazzi della squadra 10 avevano di fronte era un cumulo di carne decomposta e insetti, una mera marionetta senz'anima.
«Ma perché il maestro è lì? Perché?» domandò Ino confusa.
Come lei, anche tutti i restanti membri del gruppo erano rimasti senza parole; l’unica cosa di cui tutti erano certi che quei ninja erano stati riportati in vita da una tecnica proibita per cui era necessario razziare le tombe delle vittime.
Chouji non riusciva proprio a sopportarlo e si gettò a capofitto contro Kabuto, poiché ritenuto responsabile per aver offeso la memoria del grande figlio del Terzo Hokage.
«Figlio di puttana!!!»
Il giovane ciccione si era appena ingigantito in un batti baleno e stava per far precipitare il suo possente pugno sul subdolo manipolatore di cadaveri. Tuttavia non fu in grado di raggiungere il suo obbiettivo, perché uno shinobi resuscitato si era messo in mezzo, deviando il colpo del giovane con un colpo delle lunghe lame legate ai polsi.
Chouji urlò dal dolore, il suo sangue cadde a catenelle su tutti coloro che erano sotto di lui; l’unico a ridersela era Kabuto che nel frattempo si dilettava nel controllare qualche sua pedina, al fine di rendere il gesto del gigante, un chiaro esempio che non conveniva mettersi contro di lui.
«Chouji!» lo richiamarono preoccupati i suoi compagni.
Il povero malcapitato aveva appena indietreggiato per il dolore, quando un possente shinobi della Nuvola venne richiamato dal subdolo scienziato per concludere il lavoro; questi risultò essere molto veloce e potente, tanto da poter assestare un montante violentissimo sullo stomaco del gigante, riuscendo ad atterrarlo senza nessun altro problema.
«Vediamo di divertirci.» pensò malefico lo Yakushi.
In realtà Kabuto aveva cose molto più importanti di cui occuparsi, ma se c’erano i ninja della Foglia, era meglio suddividere le sue pedine in due gruppi. Il primo si sarebbe occupato di concludere il suo importante compito, l’altro avrebbe tenuto a bada i ninja della Foglia, finché egli non lo avrebbe ritenuto necessario.
Sotto ordine dello scienziato, si mossero anche i corpi di Gekko Hayate e di uno delle squadra di cattura criminali della Nebbia. Seguirono due ninja del villaggio della Roccia e altri due della Foglia che però i presenti non conoscevano, fatta eccezione per il maestro Gai e Shikamaru, che sui ninja passati della Foglia sapeva praticamente tutto.
«Merda! Quel maledetto ha riportato in vita pure il padre di Kurenaiviii!» tuonò il maestro dalla calzamaglia.
L’uomo aveva appena schivato il fendente di uno shinobi della Foglia, la cui età si aggirava sulla cinquantina, ma che era molto veloce nei movimenti; inoltre, se quello che era stato detto era vero, bisognava prestare attenzione alle sue doti nelle illusioni, proprio perché era il padre di Kurenai.
Chi si trovava in difficoltà erano anche Neji e Hinata, perché se la stavano vedendo contro un membro del clan Uchiha che come ultima mossa, aveva assestato un forte calcio all'erede della casata principale sullo stomaco.
«Signorina Hinata!» urlò il cugino dell’infortunata.
Hinata si rialzò appena in tempo per accorgersi di un attacco ai suoi danni di uno dei cloni d’ombra creati da Gekko Hayake.
Rock Lee intervenne tempestivamente.
«Konoha Seppu!ix»
Il nemico venne sconfitto, sebbene si fosse rivelato un clone d’ombra, poiché si era scoperto che lo spadaccino della Foglia sapeva usare la tecnica superiore della moltiplicazione del corpo; grazie a tale tecnica, egli aveva circondato il campo di battaglia e stava dando a tutti quanti molte grana da pelare.
«Grazie, Rock Lee.» disse la Hyuuga riconoscente.
«Ah, figurati. –rispose l’altro tutto contento. È normale difendersi fra compagni.»
Una volta detto ciò, lo specialista di arti marziali venne richiamato dal suo mentore e lo raggiunse tempestivamente a dargli una mano.
Intanto Neji aveva in qualche modo fatto in modo da rendere pan per focaccia all’Uchiha nemico, scagliandogli contro una potente onda d’urto che lo ridusse a un colabrodo.
«Fuori uno!» sbottò.
Una volta concluso quel compito, il ragazzo dagli occhi bianchi si diresse al fianco della cugina per accertarsi che non si fosse fatta nulla di grave; era suo compito proteggerla da qualunque pericolo anche a costo della vita.
Tuttavia, sebbene Neji fosse a conoscenza dei suoi doveri, egli era anche conscio che il membro della casata principale che veniva protetto, doveva essere quantomeno in grado di rendere la sua stessa protezione abbastanza fattibile. C’erano momenti in cui lo Hyuuga non sapeva nemmeno che cosa frullasse in testa alla cugina.
«Vorrei sbagliarmi, signorina, ma non siete concentrata. Per quale ragione?» domandò autoritario alla ragazza.
Hinata sobbalzò. Temeva che il cugino stesse sospettando di qualcosa e non se li poteva permettere proprio dei sospetti; doveva cercare di nascondere per bene le sue emozioni: la posta in gioco era veramente alta e la risoluzione dei suoi dubbi doveva essere raggiunta.
«Guarda, Neji. –disse la ragazza, indicando gli zombie di Kabuto. Perché non si muovono anche loro?»
Neji non lo sapeva proprio, eppure il dubbio che Hinata gli stesse nascondendo qualcosa non accennava a svanire; era addirittura tentato di sbirciare dentro di lei con il suo byakugan per capirci meglio, ma purtroppo l’Uchiha era tornato alla carica, rigenerandosi dal nulla.
«Attenzione, signorina!» tuonò il ragazzo, rivolgendosi alla corvina.
I due cugini Hyuuga spiccarono un balzo perfettamente sincronizzato per schivare i colpi dell’avversario, anche quando quest’ultimo aveva usato contro di loro la tecnica della pioggia di fuoco del clan Uchiha.
«Fate attenzione, ragazzi! –tuonò Kiba dall'altro angolo del campo di battaglia. Questi bastardi si rigenerano a vista d’occhio!»
Un bel problema. Significava che qualunque colpo non sarebbe stato abbastanza per poter neutralizzare quei morti viventi. Inoltre, molti erano impensieriti dal fatto che molti degli shinobi evocati da Kabuto erano rimasti immobili.
I ninja della Foglia non potevano sapere che persino Kabuto si chiedeva con ansia perché quelle potenti pedine non avessero risposto ai suoi ordini; la soluzione doveva essere una solamente.
«Non sono ancora abbastanza potente per poter controllare gente del calibro di Sasori o Itachi. Maledizione.»
Le preoccupazioni del folle scienziato andarono ad infoltirsi quando udì Shikamaru urlare qualcosa al maestro Gai e al ninja della Radice che avrebbe potuto mettere i bastoni fra le ruote del suo grande piano.
«Dobbiamo provare con le tecniche sigillanti! Se blocchiamo i loro movimenti non sarà difficile intrappolarli.»
Il Nara aveva già bloccato i movimenti di cinque zombie, grazie alla sua fidata tecnica del controllo dell’ombra e questo aveva causato non poco fastidio in Kabuto.
«Giusto! Dovrebbe funzionare!» tuonò il maestro Gai.
L’uomo aveva appena sconfitto il padre di Kurenai grazie all’aiuto di Shino e dei suoi insetti che erano in grado di spezzare le illusioni del nemico.
Gai confidava molto nelle tecniche di Shino e Sai per poter riuscire in quella complessa pulizia di morti viventi. Il jonin aveva preso la decisione di lasciare alla sua squadra il compito di sigillare i morti, mentre lui avrebbe pensato direttamente alla fonte dei loro problemi.
Sfortunatamente per i ninja della Foglia, Kabuto era preparato, come lo era sempre stato, a ogni tipo di inconveniente, così aveva nuovamente effettuato il sigillo della Resurrezione Impura per richiamare dall'oltretomba due shinobi che i suoi nemici avrebbero fatto fatica a dimenticare.
Kabuto dovette ammettere che lo stupore nelle loro facce dava una sensazione a cui era difficile dare un nome, tanto era impagabile.
Gai aveva persino desistito dai suoi propositi di fermare il nemico, non appena vide i due nuovi arrivati dall'oltretomba.
«Non… Ci credo…» sbottò Ino a qualche metro più là.
Nessuno voleva crederci, poiché sembrava così inverosimile e ingiusto che un subdolo mostro mettesse il dito dentro una profonda ferita che ancora grondava sangue alla minima pressione.
«Questa non ci voleva…» commentò a tal proposito il rivale di Kakashi Hatake.
Probabilmente Gai era l’unico ninja in quel gruppo, oltre a Sai, ad aver conservato le sue emozioni, per concentrarsi sulla effettiva gravità del problema in cui consisteva la presenza di quelle due persone.
Purtroppo non si poteva dire lo stesso per i suoi sottoposti, poiché erano rimasti letteralmente basiti e privati dalla forza di combattere alla vista del loro vecchio compagno, ridotto allo stato di un decadente zombie privo di volontà.
Naruto Uzumaki costeggiava il corpo del dinamitardo dell’Akatsuki e l’ex braccio destro di Orochimaru. Rivederlo non fu affatto piacevole per i suoi vecchi compagni, perché struggeva moltissimo il cuore operare un processo di comparazione fra il Naruto dei loro ricordi e quell'ammasso di carne fetida che avevano di fronte.


L'angolo dell'autore
Una sola parola, cari lettori: finalmente!
Questo periodo non è stati dei più rosei per me, qualunque universitario potrà capirmi. Spero comunque che ne sia valsa l'attesa, perché da ora in poi mi metterò a parlare attivamente di Edo Tensei con la stessa frequenza di Masashi Kishimoto.
Comunque, nel prossimo episodio conto di far fare a Hinata la protagonista principale, così da togliere ogni dubbio sul suo stato d'animo.
Ultima domanda: che ne pensate della mia scelta di far litigare Naruto e Tobi?
In attesa della vostra risposta, vi ringrazio come sempre per la lettura e torno a studiare.
Ciao!

NOTE
i. Hakke Kusho = Palmi dell'uragano.
ii. Temujin = Si tratta di un'isola situata nel paese dei fulmini, in cui Naruto andrà ad allenarsi con Killer B per apprendere il controllo del potere della volpe.
iii. Sakki = Letteralmente significa "Istinto Omicida" e gli usi verranno spiegati in seguito nella storia, sebbene ne siano stati già fatte alcune allusioni nei capitoli precedenti.
iv. Criogenia = La criogenia è una branca della fisica che si occupa dello studio, della produzione e dell'utilizzo di temperature molto basse e del comportamento dei materiali in queste condizioni.
v. Gedo Rinne Tensei = Tecnica finale dell'Eremita dei sei sentieri che permette la resurrezione di uno o più esseri viventi. Nagato usa questa tecnica per riportare in vita gli abitanti della Foglia, sebbene muoia dopo averla usata.
vi. [...] quando l'aveva battuto. = Nella precedente storia, Naruto subisce un agguato da Kakuzu, tuttavia il ragazzo riesce a batterlo, infliggendo una pesante offesa nell'orgoglio del ninja traditore della Cascata.
vii. Kuchiyose: Edo Tensei = Tecnica del Richiamo: Resurrezione Impura.
viii. Il padre di Kurenai = Quest'uomo compare nel flashback di Kushina, quando le generazioni del periodo erano state messe al sicuro dagli adulti, perché non volevano che venissero uccisi dalla volpe a nove code. Il padre di Kurenai coordinava quei lavori e sua figlia era molto contraria a quella decisione. Non si sa che fine abbia fatto, ma presumibilmente è stato ucciso dalla volpe.
ix. Konoha Seppu = Vento della Foglia. Arte marziale usata da Rock Lee, Gai e Kakashi.

Nel prossimo capitolo
«Quello che è successo è abbastanza chiaro. Hinata ha tradito il villaggio.»
«Non dire assurdità, Sai! Hinata non ha tradito proprio niente!»
«Ha abbandonato la sua posizione e i suoi compagni per inseguire un fetido cadavere. Non mi viene nessun altro modo per definire il gesto che ha fatto.»
«Tu! Sei solo un lurido pezzo di merda e un ingrato! Come puoi solo pensare di tradire Hinata e tutti noi altri, dopo quello che abbiamo fatto per te!? Rispondimi, Sai!»


Vivere per potermi ricordare di te
   
 
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