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Autore: controcorrente    10/07/2013    1 recensioni
Soledad ed Ester. Due sorelle divise. Due vite separate da dieci anni di distanza, improvvisamente riunite per il capriccio della prima. Due donne profondamente diverse. Una provata da 3 grossi sacrifici, l'altra cresciuta con l'ansia del futuro. La loro riunione porterà a delle conseguenze impreviste che mai avrebbero pensato potessero accadere: L'ambientazione è storica ma spero che vi piaccia, indicativamente tra 700 ed 800.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, L'Ottocento
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 Benvenuti a questo nuovo capitolo. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto fino a qui. Io non so quanto durerà la storia ma spero che continui a piacere. Eccovi il capitolo.
 




Che la sua disavventura lo avesse portato a delle conseguenze impreviste, Cedric Gillford lo comprese molto bene. Non immaginava, però, che tra queste vi fosse l'improvviso invito a far visita a suo zio, non così velocemente...ed era una novità che non gli piaceva per nulla. Rivedere quella casa in stile georgiano, frutto delle abili manovre imprenditoriali del nonno, lo metteva in una strana e indicibile angoscia.
Mentre si avvicinava alla dimora, ripensava alle parole da dire per evitare l'irritazione dello zio...senza mai essere soddisfatto dei bei discorsi che riusciva a formulare. Le sue ansie, dissimulate da un'espressione vuota, divennero una certezza nel momento in cui vide l'oggetto delle sue angosce palesarsi sulla soglia.
Poco distante, in una posizione apparentemente defilata, c'erano la madre e la sorella, entrambe curiose della sua venuta. -Bentornato-rispose Mr. Gillford -spero che il viaggio sia stato piacevole.-
-Sì, zio-rispose, mentre scendeva dal mezzo, con un fare recalcitrante che fece sorridere lievemente Ann.
-Ho desiderio di parlare con voi-continuò il padrone di casa- da solo e immediatamente.-
A quella frase, Margareth e la figlia si guardarono un momento ma, se la seconda apparve incerta, non fu lo stesso per la prima. -Andiamo cara-mormorò questa- avrei piacere di vedere alcuni modelli del catalogo che ci è stato recapitato proprio oggi.-
La ragazzina guardò la madre e, intuendo il tono deciso di questa, obbedì senza dire una parola. Mentre si allontanava, però, non riuscì a fare a meno di lanciare uno sguardo preoccupato a Cedric che ricambiò con un sorriso a labbra strette.
-Ora che siamo rimasti soli-continuò il padrone di casa, richiamando la sua attenzione- vorrei avere da voi tutta la verità, a proposito della vostra "vacanza" e delle voci che girano sul vostro conto.-
-Sì, zio-rispose il giovane, raggiungendolo.
Mr. Gillford era molto diverso da suo padre. Non possedeva il fisico tonico del defunto fratello e non amava fare molta attività fisica. Un incidente di caccia aveva infatti accorciato una delle gambe, costringendolo per mesi a letto, con il rischio costante di vedersi amputare l'arto menomato. Gilbert, comunque, riuscì a salvare sé stesso e l'arto sfortunato ed ora si muoveva con un bastone, per darsi sicurezza...o almeno così amava dire. Aprì con calma la porta dello studiolo al piano inferiore e, con un cenno, lo invitò a entrare. Si trattava di una stanza spartana e priva di decorazioni futili, di taglio prettamente virile e spiccio, in linea con il carattere bisbetico del proprietario.
Cedric entrò, badando bene di chiudere la porta.
Una volta fatto, rimase in attesa, con quel fare guardingo e selvatico così poco inglese, che lo contraddistingueva. -Sedetevi-ordinò- dobbiamo parlare, a proposito di quanto avvenuto.-
L'altro si accomodò, prendendosi un po'di tempo.
-Immagino che voi sappiate che desidero una spiegazione, a proposito della vostra assenza ingiustificata dal college. Per vostra fortuna, qualcuno ha intercesso per voi, altrimenti vi avrebbero messo alla porta.-continuò, fissandolo con quelle iridi chiare, identiche alle sue.
-Che bisogno c'è di saperlo?-domandò retorico il nipote- Mi pare che la questione sia già stata risolta.-
Gilbert sogghignò, sentendo quelle parole. Fin da quando era giunto nella sua casa, il nipote americano non aveva mai mancato di sfidarlo, come se volesse scatenare chissà quale reazione. Aveva fatto perdere il controllo ai suoi cugini più di una volta: li faceva arrabbiare e poi, una volta assicuratosi che fossero completamente furibondi, li schiacciava, con freddo raziocinio.
Un vero peccato che anche lui usasse quel tipo di tattica.
-Vero-concordò l'altro, sorridendo felino per l'espressione spiazzata del nipote- ma è chiaro che deve essere successo qualcosa. Avete sempre dato dei problemi al college...ma questo fatto non mi stupisce. Sono invece sorpreso dalle conoscenze che avete e me ne congratulo perché questo dimostra che ho fatto bene a scegliervi come erede delle mie attività.-
L'americano vide quelle gambe, apparentemente forti, di fatto fragili come vetro, accarezzare la superficie di marmo con lentezza calcolata. -La fonte della mia tolleranza è che so che voi siete il solo capace di non distruggere quanto la famiglia ha costruito negli anni. Per quante sciocchezze voi possiate fare, non vi diserederò.-disse, ridacchiando- E'quello che desiderate, ciò che vi renderebbe felice...e, in fondo, quale miglior punizione del privarvi di questa gioia?-
Cedric tremò, irritato ma Gilbert non si fece intimidire. Conosceva bene quel temperamento ribelle ma non dubitava che un giorno avrebbe compreso le sue ragioni. -Ho saputo che voi siete coinvolto nel giro d'incontri clandestini tra studenti.-fece, ignorandolo- Anche vostro padre era molto abile. Fu grazie ai soldi accumulati...oltre che al mio silenzio...se è riuscito a sfuggire alle grinfie di vostro nonno. Non potete ingannarmi con questi vecchi trucchetti. Ora però voglio che vuotiate il sacco.-
-E perché dovrei?-continuò l'altro, testardo come un mulo. Il fatto che lo zio conoscesse la sua fonte di guadagno lo indisponeva non poco, tanto da spingerlo ad essere volutamente irrispettoso per il solo gusto d'irritarlo...ma Gilbert sembrava conoscerlo molto bene...ed evitava con cura tutte le sue provocazioni, irritandolo di conseguenza.
L'orologio sul camino rintoccava, riempiendo i tempi morti di quella comunicazione forzata. Cedric non era felice di quella situazione. Non avrebbe mai dovuto abbassare la guardia, durante quell'incontro...ma non ebbe comunque animo di maledire coloro che lo avevano soccorso. Anche se ti hanno messo ai ceppi lo rimproverò il suo orgoglio ferito. -Mi hanno picchiato sonoramente a tradimento. Non hanno accettato il fatto che fossi imbattibile. Così, dopo aver perso i sensi, mi hanno lasciato fuori, in aperta campagna, solo al mio destino.- fece, greve per quell'attimo di debolezza.
Gilbert inarcò la fronte.
-E poi sono stato soccorso.-concluse ...ma allo zio non sfuggì quel tono sbrigativo e decise d'intervenire.
-Chi è stato?-domandò.
Cedric indugiò a rispondere.
Non voleva parlare...ma Mr. Gillford non era disposto a fargli simili concessioni.-Questa mattina, ho ricevuto una lettera da Lady Mc Stone...nipote, devo complimentarmi con voi.-fece, divertito per la rabbia di quest'ultimo- Non è da tutti riuscire ad entrare nelle grazie della vedova di Lord Mc Stone. Mi chiedo come abbiate fatto.-
L'americano si irrigidì. Lo stava prendendo in giro?- Cosa intendete dire?- domandò.
Lo zio gli rivolse un'occhiata di sufficienza. -Lady Mc Stone ha fama di essere una donna rigida e incorruttibile, come ogni spagnola che si rispetti. Ha preso con sé una parente, in maniera decisamente spregiudicata ma condannabile fino ad un certo punto.- fece, passandosi una mano sotto il mento- Quello che mi chiedo è: come avete fatto ad impalmare la sua sorellastra?-
E Cedric, incalzato dalla logica schiacciante del vecchio, non seppe cosa rispondere. Non aveva pensato a tutto questo.
-Comunque sia- concluse lo zio- sono lieto di vedere che avete preso sul serio il vostro futuro ruolo, prendendo una persona che ha un'ascendenza tutt'altro che disprezzabile. Lady Mc Stone ha assicurato una dote alla sorella degna della figlia di un barone...niente male, non posso che congratularmi per il calcolo che avete usato.-
L'americano non parlò neppure stavolta. Non aveva nessun interesse nel ricevere le lodi dello zio. Odiava profondamente la sua misoginia perché era questa la causa che lo aveva spinto a scegliere lui come erede e non altri.
Oltre a questo, tuttavia, c'era altro che lo angustiava...qualcosa che tuttora gli sfuggiva e che non riusciva a cogliere nella sua chiarezza. Ma si tenne tutto dentro, ben deciso a mantenere quel silenzio, almeno per un po'...ma quel fastidio rimase, pronto a pungolarlo, per tutta la durata delle chiacchiere dello zio.
 
 
 
 
 
 
Il tono ceruleo si mischiava al verde, creando particolari sfumature. Piano piano, colore su colore, si delineavano onde cromatiche fredde. Sempre con il tempo, le forme prendevano la loro identità, diventando onde, cespugli, roseti.
L'occhio esterno non coglieva queste sottili mutazioni.
Solo lo sguardo dell'artista era capace di fare una cosa del genere.
Oceane osservava silenziosa la sua allieva, intenta a dipingere. Le sottili mani, che non avevano mai conosciuto la fatica. L'espressione corrucciata e seria, che stonava con l'aria ancora bambinesca del volto.
L'istitutrice avrebbe voluto proseguire con l'istruzione della signorina Escobar ma quel giorno non se la sentì di farlo. Aveva saputo la notizia dell'intenzione della padrona di casa di fidanzarla con un giovane, ricco borghese. Non sapeva ancora quale fosse il suo nome ed ignorava qualsiasi cosa riguardasse la persona a cui aveva promesso la sua giovane allieva.
Aveva visto molti visi, cogliendo le sottili sfumature dei pensieri che attraversavano la pelle, lasciando segni apparentemente invisibili, maschere spesso di mutismi o pianti inconsolabili. Il volto della signorina Escobar, però, era qualcosa di assai singolare. Conservava intatti i lineamenti delicati e fini, in una quiete sospesa...un equilibrio fragilissimo, che poteva spezzarsi ad ogni soffio di vento.
Oceane aveva saputo che, da quando aveva saputo la notizia dell'accordo, non aveva più rivolto una sola frase a Lady Mc Stone, a meno che non fosse necessario.
La padrona di casa aveva accolto il riserbo, apparentemente senza fare una piega...ma Mademoiselle Treville, nella sua disincantata sensibilità, era riuscita a cogliere qualche lieve incrinatura anche in quest'ultima. La dama continuava la sua vita ritirata, passando del tempo al piano superiore, oppure dedicandosi a lunghe ed estenuanti cavalcate.
-Mademoiselle Escobar-mormorò l'istitutrice- ritengo doveroso, almeno nei miei riguardi, di mettere da parte la pittura e di dedicarvi alla lettura del francese.-
Ester si fermò. -E'un ordine di Lady Mc Stone?-chiese, riprendendo a dipingere.
Oceane rimase interdetta.
L'espressione accigliata e indisponente della sua allieva cominciava a stancarla.
-Mia giovane allieva-fece la francese- io sono pagata per impartirvi una buona educazione che non vi faccia sfigurare in ogni salotto degno di nota. Le altre cose mi competono davvero poco ed è mio preciso interesse che voi cominciate ad applicarvi, lasciando da parte le preoccupazioni inutili.-
La signorina Escobar la guardò malamente.
-Credete davvero che un matrimonio possa cambiare voi stessa?- chiese la più grande- Voi siete una donna, fornita di una dote. Non tutte hanno la vostra fortuna...e lo sapete anche voi. Non posso credere che siate così sciocca da non saperlo.-
Con fare apparentemente lieve, prese uno dei testi. -Il matrimonio è solo una destinazione che la società vuole per noi...un arrivo al quale siamo destinate per nascita, a meno che la stupidità o la sventura non sviino da questo naturale fine. Vi state angustiando per nulla. Avete un buon nome ed una sorella che pensa a sistemarvi, dandovi una casa ed una persona che vi protegga dalle insidie. Credete che voglia abbandonarvi a voi stessa?-
Ester sospirò.
Le parole dell'istitutrice erano dure e spietate. -Comprendo quello che dite...ma la rabbia che provo è dovuta ad altro.- disse, non riuscendo ad aprirsi completamente.
-E a cosa è dovuta?-chiese l'altra, con tono più dolce.
La signorina Escobar si guardò le mani nivee, macchiate leggermente dall'acquarello. Il nodo di emozioni che la logorava dentro era qualcosa di difficilmente identificabile, dovuto ad una mera reazione istintiva. Mademoiselle Treville vide il viso della giovane adombrarsi.
-Nulla di rilevante-fece, prima di distendere le labbra in un'ombra di sorriso- cosa leggiamo oggi?-
L'istitutrice si limitò a porgerle il libro. Paradise Lost campeggiava tra le mani della trentenne, in una copia ingiallita per il troppo uso...e Ester non poté fare a meno di chiedersi se non ci fosse un che di derisorio in quella scelta. Ugualmente non commentò, limitandosi ad accettare quel dono tanto bizzarro.
 
 
 
 
Soledad percorreva la strada, con il suo completo all'amazzone. I lunghi capelli castani erano raccolti in una severa pettinatura che comprimeva la naturale ribellione della chioma.
Aveva deciso di lasciare tutto alle fedeli mani di Rashid ed ora stava montando Grainne, scivolando in modo rapido sulla strada. Non c'era nessuno lungo la via...l'occasione ideale per la donna di dare libero sfogo al nervosismo che ancora covava dentro.
Tensione che crebbe maggiormente, non appena vide che la strada non era poi tanto deserta...come dimostrava una sagoma scura, ferma sulla via, alta e massiccia, malgrado indossasse abiti alla moda. -Lord Mc Kenzie- fece, avanzando con lentezza calcolata.
-Lady Mc Stone-rispose l'altro- sapevo che vi avrei trovato qui.-
La dama inclinò la testa. -Mi conoscete bene-sibilò, con un tono oscuro- cosa posso fare per voi?-
Brennan tenne salde le briglie tra le mani. L'apparente sicurezza della donna vacillava sempre, quando era lui a parlarle...e non poté che essere lusingato dalla cosa. -Vedo che non avete smesso di trastullarvi con le vite altrui...avete intenzione di giocare anche con vostra sorella, pur di umiliare la vostra matrigna?-
Soledad si sistemò il foulard attorno al collo. -Voi non vi siete mai sposato, non potete comprendere quanto possa essere avvilente un matrimonio. Ho solo agito per il bene della signorina Escobar.- rispose.
Lord Mc Kenzie socchiuse le labbra piene. -Ma davvero?- fece ironico- Il potere vi sta accecando. Badate che potrebbe ritorcersi contro di voi.- Il baio che montava si avvicinò alla giumenta della donna, fino a quando i due cavaliere non si trovarono a poco più di un palmo di distanza. -Il bene è sempre qualcosa di relativo e rido di coloro che sostengono che sia assoluto. C'è quello dovuto alla salvezza di qualcosa e quello che deriva da una compensazione per un torto subito in passato...A quale bene alludete per la vostra sorellina, cara cognata?- la schernì, guardandola dritto negli occhi.
Soledad ricambiò.
Verde nel grigio tempesta.
-Voi siete un uomo. Non potete capire quanti inconvenienti possa portare un matrimonio concertato come rimedio alle colpe altrui...e, comunque, non vi siete mai sposato. Cosa ne sapete di quello che succede in un matrimonio?-fece, fissandolo minacciosa.
Brennan gli lanciò un'occhiata greve. Con fare quasi indolente, le afferrò una ciocca, sfuggita alla severa chioma e se la rigirò tra le mani. -Avete ragione. Effettivamente non so cosa possa accadere, di così filosofico. -disse, sputando con disprezzo l'ultima parola- Ma so cosa succede tra un uomo ed una donna. Vi basta?-
Soledad si scostò, fissandolo con durezza.
-Voi state usando quella ragazzina per avere una rivincita su chissà quale torto che ritenete che il destino vi abbia ingiustamente dato-continuò, tirando il ciuffo con un colpo secco...ma nemmeno stavolta la giovane emise un suono. -Sappiate Milady che la vita non è mai giusta, che le sciagure che capitano sulla testa di ognuno, sono una mera casualità e che non importa a nessuno se siete triste o lieta...per cui le vostre patetiche ripicche sono solo il gioco di una bambina troppo cresciuta.-
A quelle parole, la donna gli rifilò un violento schiaffo.
Brennan venne colto alla sprovvista, tanto da fissarla interdetto.
-Lord Mc Kenzie-sibilò, assottigliando gli occhi- non sono affari vostri. Che lo vogliate o no, sono entrata nella famiglia del povero Alistair e non rinnego i suoi doni. Non nego che potevo essere molto più sventurata, data la condizione in cui gli Escobar versavano...non rinnego niente.- Con un colpo di reni, fece girare il cavallo, dandogli così le spalle. -Ma voglio che sia chiara una cosa. Non permetterò in alcun modo che mia sorella passi quello che ho passato io. Non ne vale minimamente la pena.- proferì, mentre si allontanava.
Brennan non replicò...ma Soledad era certa di sentire lo sguardo di lui sulla schiena, anche quando sparì oltre la collina.
 
Allora, cari lettori, questo è l'ultimo capitolo che pubblico prima di andare in vacanza. Soledad e gli altri personaggi vi aspettano a quando farò ritorno dal mare, la cui data è ancora da destinarsi ma conto di farlo la prossima settimana, dopo l'ultimo esame della sessione estiva.
Amo profondamente le storie dalla trama complicata per cui spero che sia piaciuto anche questo capitolo. L'attrito tra le due sorelle non si è ancora appianato ed Ester non è riuscita ad esprimere i suoi sentimenti in proposito. I loro rapporti sono assai complessi e, in fondo, la storia si chiama "LEGAMI".
Vorrei inoltre ringraziare Diana294 per avermi recensito. Alla prossima.

   
 
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