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Autore: Ilarix96    11/07/2013    1 recensioni
Seconda parte. Le pagine sono tratte dal punto di vista di Erika, che vive in una situazione differente da quella di Andry, ma con un unico punto in comune: essere costretti a fare qualcosa che non vogliono.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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15 maggio
Caro Andry
I miei adesso lavorano tutto i giorno, lasciandomi a casa da sola. É una vera e propria pacchia, non hanno trovato neanche un insegnante che mi faccia lezione! Ogni tanto si sentono i fischi dei razzi ma, a quanto ci hanno detto, siamo in una zona protetta. Immersi nel verde e mimetizzati, chi mai ci potrà vedere? Dunque, dicevo che oggi starò sempre da sola, ma mi hanno dato degli incarichi: portare dentro i mobili aiutata da un facchino, preparare i letti, controllare che non entrino persone estranee e se non se ne vanno, minacciarle con un fucile attaccato a una parete del salotto, ecc…Adesso vado, devo iniziare.
 
 
 
Oh, sono stanchissima! Ho le braccia distrutte per tutto quello che ho portato dentro, su e giù per le scale. Capirsi con il facchino è stato difficile, ma dopo un po’ di tempo ce l’abbiamo fatta. All’inizio si faceva capire solo a gesti ed è stata questa la grande difficoltà. Sa parlare solo l’arabo e, in parte il francese e lo stretto necessario di inglese. Quando gli parlavo sembrava che avessi parlato in una lingua aliena, perché mi guardava stranito e non rispondeva, anche se era inglese. Alla fine, abbiamo iniziato a capirci anche con i segni e con qualche parola detta in arabo(solo il suo nome), in inglese e in francese.
Ogni tanto faceva dei commenti nella sua lingua, forse bestemmiava contro la mia assoluta imbranataggine.
Adesso penso che andrò a dormire.
 
 
Mi sono risvegliata distesa dall’altra parte de letto con il diario in mano e la biro a pochi centimetri dal mio naso. Tenevo stretto il quadernetto. Era già buio fuori e si sentivano delle voci fuori dalla mia finestra. Non capendo ancora che  cosa stava succedendo e che fossimo già a sera, sono corsa di sotto con la piega del lenzuolo ancora stampata su una guancia. Ho preso il fucile di corsa e, con gli occhi semichiusi, sono piombata nella veranda. Ho imbracciato il fucile e i tre individui che parlavano si sono girati di scatto e hanno fatto silenzio. Ho detto con una voce molto impastata ”Chi va là?” e loro sono scoppiati a ridere. Quando mi miei occhi si sono abituati al buio, ho visto che non erano altro che mio padre e mia madre. Stavano parlando in arabo con un signore alto e magro, con i baffi neri e le sopracciglia grosse e scure.     
Dove avevano imparato i miei a parlare l’arabo? Perchè non mi hanno detto niente? -Ery, cara, cosa ci fai fuori con quel fucile? Non ci riconosci?- -Mamma, dove avete imparato a parlare l’arabo?-dissi cambiando discorso. Volevo glissare sulla figuraccia appena fatta -Bah, cosa credi ? che delle persone di mondo come noi…-
-Niente balle- -Ma…ok ,ok, va bene. Ehm, noi sapevamo da un po’ più di tempo di te che ci dovevamo trasferire.In previsione di questo abbiamo imparato un po’ la lingua…- -Coooosa? E perché non mi avete detto niente?- -Beh, insomma, avevamo paura che tu la prendessi male…dopotutto ti trovavi bene..- -NON MI PARE UN BUON MOTIVO!- -Ery, non urlare davanti a Karmas!- -E CHI SAREBBE QUESTO KARMAS?!- -Adesso te lo presento, ma smetti di urlare, per favore.- -COME FAI A PRESENTARMELO, CHE NON PARLO NEANCHE LA SUA LINGUA?!- ero  furibonda. Il signore ci lanciava delle occhiate interrogative -Erika ti prego…mi dispiace che lo abbia saputo così, te l’avremmo detto quando ti saresti inserita meglio- stavolta ho sussurrato -Secondo te mi troverò mai bene qui?- -Lo vedremo domani- -Perché? Cos’è che non mi avete detto ancora?- -Ery, ti prego stai calma, lui sarà il tuo tutore- -LUI?- -Sì, sa parlare anche la nostra lingua, molto bene.- -Oh, mio Dio, vuoi dire c-che…- -Lui ha capito tutte le cose che hai detto- mi mancava l’aria. Mi sono portata le mani al viso in un gesto disperato. Che figuraccia!!! Lui aveva sentito ogni singola parola. Mi sono avvicinata e ho cercato di sorridere timidamente .-Lei, ehm, è ….Karmas?- mia madre intanto si era avvicinata.-Si, e tu sei Erika, vero?- -Ehm, sì- sapevo la bufera che mi aspettava in casa.
E come previsto, appena ho chiuso la porta, ho sentito i passi decisi che mamma fa quando è arrabbiata. É entrata sbattendo la porta e mi ha preso prima che potessi cercare una via di salvezza in camera mia.
-Eh no! Tu resti qui Erika!- mi sono girata lentamente -Tu! Vieni qui! Ti devo parlare.- qui deve già suonare un campanello d’allarme.-Che cosa ti è passato per la testa?! Sbraitare così davanti a uno sconosciuto! Ti rendi conto del casino che hai fatto! Ti hanno sentito anche  in città!- a quel punto ho sentito qualcosa crescere dentro di me. Non ho mai risposto a mia madre se non poche volte,quando era arrabbiata così. Senza rendermene bene conto ho cominciato a urlare<
  
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