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Autore: Nidham    11/07/2013    1 recensioni
Breve elucubrazione della mia ladra nel momento piu' triste del videogioco, quando una scelta porta a tragiche conseguenze. Fatemi conoscere il vostro parere, visto che è anche il mio primo tentativo^^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio movimento è quasi impercettibile, un leggero alzarsi della spalla, una veloce inclinazione del busto e ottengo abbastanza spazio per caricare il colpo senza che il mio avversario possa mettersi in allarme. Si è avvicinato troppo a me, dimenticando la prudenza, probabilmente credendomi ormai incapace di creargli qualche difficoltà, o, forse, cedendo per un istante a una più che giustificata rabbia.

Per una volta è confortante scoprire come anche le leggende possano cadere.

Sento il suo corpo teso e fremente, mentre continua a schiacciarmi contro la ruvida corteccia di quest'albero, incerto se prendersi la banale soddisfazione di pestarmi a sangue o vincere il suo brutale istinto e mantenermi in buono stato per i suoi superiori.

Il suo volto rimane inespressivo, ma, adesso che ho scatenato una reazione vagamente umana in lui, potrei raccontargli nel dettaglio tutti i pensieri che si affollano nella sua mente, con un minimo margine di errore.

Malchom è forte, disciplinato e insensibile, non solo verso gli altri, ma anche verso se stesso; deve esserlo, per sopravvivere nella Gilda, ma possiede un difetto comune a tutti i Corvi: l'arroganza, portata ai massimi livelli dalla sua indiscussa abilità e dalla conseguente fama.

Anch'io ero arrogante, per quanto preferissi definirmi consapevole, ma la mia boria è morta nel momento in cui mi sono scoperto totalmente impotente di fronte al destino di chi avrei voluto proteggere. E adesso sono spaventato dall'idea di fallire di nuovo, dalla tremenda consapevolezza di non essere più abile del mio vecchio compagno, dalla constatazione realistica di non partire avvantaggiato, in questo scontro, e di non essere invincibile; ho riconosciuto i miei limiti e temo di non riuscire a superarli, ma non posso permettermi di esitare, né di lasciarmi sopraffare dai dubbi.

Forse adesso so di poter fallire, ma so anche che non lo farò, a nessun costo.

“Se ti sei messo in testa strane idee, sappi che non sei davvero il mio tipo” sussurro lascivo. “Preferisco uomini un po' meno incapaci.”

Il ringhio che gli fuoriesce dai denti non ha niente di umano e, se non fossi ciò che sono, potrebbe quasi intimorirmi. Lo vedo alzare il pugno, in un moto istintivo di vendetta, ma è un movimento impreciso, per quanto violento, e ho tutto il tempo di abbassarmi nella sua stretta, adesso meno ferrea, per colpirlo al naso con una rapida testata. Sento il dolore dell'impatto, ma avverto anche il confortante suono della cartilagine che si rompe, mentre, finalmente, sul terreno inizia a gocciolare sangue non mio. In un lampo sfrutto la forza del colpo che stava portando, per sbilanciarlo, infilando una gamba tra le sue e spingendolo indietro con una spallata.

Malchom è una dannata roccia, tutto muscoli e allenamento, ma io sono bravo a danzare, anche quando non posso usare le mani, e sono riuscito a guadagnare qualche metro di spazio e qualche secondo di vantaggio, anche se non sono stato in grado di farlo cadere.

Gli sporchi trucchi non mi hanno mai scandalizzato e non mi faccio problemi a centrarlo con un calcio ben piazzato mentre sta riacquistando l'equilibrio, costringendolo a piegarsi su se stesso, nonostante sia riuscito ad attutire gran parte del colpo.

Non riesco a nascondere un moto di frustrazione; è troppo in gamba per tentare uno scontro in queste condizioni, è più robusto di me, non è legato come un salame e si è preso molte delle mie armi, quando mi ha perguisito. La mia unica possibilità è riuscire a seminarlo, ma il cavallo è fuggito spaventato dal rumore e quindi non mi rimane altro da fare che tirargli in faccia un po' di terra e foglie, per distrarlo, e poi darmi ad una fuga precipitosa, mentre tento di aprire le manette con la chiave che gli ho sfilato dalla cintura, prima di colpirlo.

Ovviamente non è l'azione più semplice del mondo infilare questo aggeggio minuscolo nella sua minuscola serratura, mentre saltello tra radici e muschio, cercando di non perdere l'equilibrio, ma l'adrenalina è un incentivo potente e faccio in tempo a liberarmi un polso prima di voltarmi per colpire Malchom con quello stesso anello di ferro che mi imprigionava, usandolo a mo di mazza.

Miro al volto, ma colpisco la spalla, procurandogli ben poco danno e, immediatamente, sono costretto a una schivata di fortuna per non farmi infilzare da uno dei suoi coltelli.

Afferro al volo la lama e lo ripago con la stessa moneta, riuscendo a procuragli una piccola ferita al fianco, troppo leggera perché possa infastidirlo.

Con un movimento fluido estraggo dallo stivale il piccolo pugnale che non è riuscito a sequestrarmi e, per un attimo, rimpiango di aver perso l'abitudine di avvelenare le mie lame. Contro la Prole oscura era totalmente inutile e Eilin credeva non fosse una pratica molto corretta, verso altri essere umani. Non che combattesse come un paladino, rifuggendo da qualsiasi trucco o scorrettezza, anzi, era piuttosto aggressiva e determinata in battaglia, ma, semplicemente, non era un'assassina; in fondo è anche il motivo per cui sono ancora vivo

Comunque sia, in questa circostanza, è stato un comportamento sciocco e imprudente, che potrebbe costarmi più di quanto non voglia immaginare.

La mia unica fortuna, per adesso, è che il mio avversario non voglia ancora uccidermi, perché, altrimenti, non avrei probabilmente avuto scampo. Siano lodati il suo autocontrollo e il suo senso del dovere.

Malchom mi guarda con un odio indifferente, ormai padrone delle sue emozioni.

Ha un sorrisino ironico stampato a bella posta sul volto, ma gli occhi rimangono vuoti e freddi, mentre mi squadrano come fossi una preda succulenta.

“Mi complimento con te, bambolina” la sua voce è piatta, al di là del sogghigno in cui prova a modularla. “Sei ancora capace di tirar fuori gli artigli, a quanto pare. Bene, almeno mi potrò divertire un po'.”

Se gli voltassi le spalle adesso non avrei scampo, così ignoro il pulsare sordo della ferita e scatto in avanti, con un affondo fulmineo, a cui risponde estraendo la spada e deviando il colpo.

Ci stiamo studiando, ma non ho tempo per i giochetti. Ha più probabilità di me di vincere, se portiamo troppo in lungo questo combattimento.

Senza staccare gli occhi dai suoi, analizzo il terreno di scontro, consapevole che il mio avversario stia facendo lo stesso.

Foglie secche, pietre scivolose, rami spezzati e radici contorte. Non ci sono molti spazi favorevoli in cui spostarsi. Schivo la sua lama quando è a pochi centimetri dal mio collo e ruoto su me stesso, portandomi alle sue spalle e colpendolo con un calcio al ginocchio.

Grugnisce e si piega, ma riesce a rotolare via dal mio attacco.

Sono indebolito e continuo a perdere sangue, per colpa di questa maledetta ferita, che diventa più fastidiosa man mano che combatto.

Lo incalzo, costringendolo a arretrare, giocandomi il tutto e per tutto in una serie di affondi velocissimi, che gli aprono vari graffi sul petto e sulle braccia, ma che, purtroppo, non raggiungono nessun organo vitale.

Spero di portarlo con le spalle contro un albero, bloccandogli la via di fuga, ma proprio quando penso di esserci riuscito, spicca un balzo incredibile, data la sua mole, e, aggrappandosi ad un ramo, si arrampica fuori della mia portata, per poi lanciarmisi contro dall'alto.

Una mossa che avevo previsto e che le mie preghiere al Creatore non gli hanno impedito di compiere, così sono pronto a scansarmi, ma una gamba mi tradisce e non riesco a evitare del tutto la sua lama, che si insinua con precisione chirurgica nella minuscola fessura tra il mio pettorale e gli spallacci di cuoio.

Lo sento ridere e, infischiandomene del danno che potrei procurarmi, mi strappo via il pugnale dalla spalla, colpendolo al ventre con lo stiletto che tengo nascosto nei bracciali.

Sento il ferro penetrare a fondo nella carne, ma Malchom non è un uomo comune e, probabilmente, ha in corpo tanta di quella droga da non avvertire nemmeno dolore, così non perde neppure tempo a guardare la ferita, ma mi si getta contro con tutto il suo peso, schiacciandomi a terra prima che abbia modo di sfuggirgli.

Mi tira un pugno violento all'altezza dei reni, togliendomi il fiato, mentre ruoto nella sua presa, per trovarmelo di fronte, imponente e eccitato dalla lotta, con la spada puntata contro la mia gola.

In questo momento so che potrebbe anche uccidermi, dimenticandosi totalmente gli ordini ricevuti, così rimango immobile e lascio cadere il pugnale, in un gesto di resa.

Lo osservo ansimare pesantemente, non tanto per la fatica, quanto per cercare di ritrovare la calma, e rimango immobile, per non interrompere la sua concentrazione, visto che, ora come ora, la mia vita si basa sulla sua capacità di riacquistare la freddezza per cui è tanto famoso.

Di certo scivolare nell'ombra alle spalle di un bersaglio, uccidendolo senza far rumore, non è divertente quanto un bel combattimento e, evidentemente, il glaciale Malchom non è immune al fascino del duello, visto che sembra trasfigurato dall'ebbrezza dello scontro.

Mi sto chiedendo come sfruttare questa scoperta a mio vantaggio, quando lo vedo sgranare gli occhi e spalancare la bocca in un grido strozzato, mentre il suo corpo si irrigidisce e si inarca in uno spasmo innaturale.

Ne approfitto per liberarmi di lui con un calcio e, non appena il suo corpo cade di lato, mi trovo di fronte una figura bassa e tozza, intenta a estrarre una pesante ascia da lancio dalla schiena del cadavere.

“Un'elfetta per bene non dovrebbe girare per il bosco tutta da sola” mi canzona Oghren. “Potrebbe incontrare il lupo cattivo.”

La sua risata riecheggia tra gli alberi, coprendo solo in parte il fruscio degli stivali di Alistiar, mentre esce da dietro un cespuglio, con la balestra scarica in una mano e uno sguardo omicida negli occhi.

  
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