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Autore: _fighter    11/07/2013    1 recensioni
Venezia, Italia.
Lei è una bellissima ragazza di vent'anni, dolce e gentile con tutti che dopo il liceo si trasferisce a Venezia, per andare all'Università.
Lui è un ragazzo di quasi ventidue anni, dolce e sicuro di se stesso ma irritante e irrimediabilmente bello, che a volte gira su Chatroulette.
"Se la prima è stata un caso, la seconda una coincidenza, la terza sarà destino?" scoppiammo entrambi a ridere.
 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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                                                                                   3. Incubo.




Matteo era seduto al bancone della caffetteria e voleva due caffè da portar via.
Non li aveva chiesti a me, ma ad un'altra ragazza che non avevo mai visto nella caffetteria.
"Che ne dici se assieme al caffè, vengo anche io?" disse la ragazza, sbottonandosi di più la camicetta. 
Quanta professionalità. Ma chi era?
Matteo si voltò verso di me con la stessa e identica faccia di quando aveva lasciato il mio appartamento, solo più strafottente.
Non guardava me, proprio negli occhi, guardava solo dalla mia parte. Era come se non mi vedesse. E poi un suono strano. Pensavo fossero gli alieni, nella caffetteria non c'era nessun aggeggio strano che facesse quel rumore.
Mi resi anche conto che nessuno se ne preoccupava, anzi erano tutti tranquilli a sorseggiare il proprio caffè.
Anche Matteo e quella tizia non sentivano nulla, stavano uscendo dalla caffetteria mano nella mano con i caffè. 
Solo io sentivo quel rumore, poi bianco e poi nero.

Aprii gli occhi e mi trovai nel letto, abbastanza sudata. Quel rumore strano era la sveglia che segnava le cinque e un quarto del pomeriggio.
Alzai il braccio e schiacciai il pulsante per farla smettere. Sbadigliai e stiracchiai le braccia. Avrei voluto dormire e non andare a lavoro, ma i soldi mi servivano. Mi alzai e, sfortunatamente, ricordai anche tutto quello che era successo. 
Sbuffai e mi passai una mano sul viso. Avevo la pelle un po' secca su una guancia, segno che avevo pianto. Aprii la porta della mia camera e non sentii alcun rumore, forse Anya era uscita. Andai in bagno e feci una doccia calda, ne avevo bisogno con tutto quel nervosismo. 
Uscii, indossai l'accappatoio e iniziai ad asciugare i capelli. Quando finii, entrai in camera per vestirmi.
Scelsi un jeans chiaro, un maglioncino rosa pallido e Superga del medesimo colore.
Preparai la piccola tracolla, presi il giubbetto e uscii dalla camera. Quando entrai nel salotto, vidi Anya dormire sul divano. 
Pensavo non ci fosse, però doveva essersi addormentata dopo la litigata. Succedeva sempre. Dopo essersi arrabbiata molto riusciva solo a dormire.
Mi avvicinai, volevo e non volevo svegliarla, erano quasi le sei e anche lei doveva andare al lavoro. Anche se le avevo urlato contro, dovevo svegliarla.
"Anya..." la scossi un po'. "Sono le sei meno dieci, devi andare a lavoro?" le chiesi.
"Mh..." aprì piano gli occhi e, lentamente, si alzò.
Io mi sedetti al suo fianco, sul divano, mentre lei sbadigliava e si stropicciava gli occhi.
"Gianluca è andato via poco dopo che tu sei andata in camera" mi disse, sedendosi meglio.
"Va bene" risposi, cercando di alzarmi dal divano.
"Azzurra, mi dispiace, devi credermi mi sono preoccupata a morte. Non rispondevi al cellulare, pensavo ti fosse successo qualcosa. So che erano solo tre ore, ma avevo una fottuta paura. Mi dispiace averti urlato contro. Poi ho chiamato Gianluca, in preda al panico, ed è corso subito qui, con Matteo. Matteo era agitato quanto me. Andava avanti e indietro in casa, preoccupato e anche un po' arrabbiato. Ti ha chiamato in continuazione sul cellulare anche lui. Eravamo solo preoccupati, non dovevi arrabbiarti. Nemmeno con Matteo e... credimi, non pensava quello che ha detto. Gianluca mi ha detto che, quando è arrabbiato o preoccupato, dice cose che non pensa. Quindi, era davvero molto preoccupato!" terminò, tirandomi di nuovo a sedere.
"Okay, tranquilla, non fa niente e... giuro che la prossima volta controllerò se c'è segnale" ridemmo.
"Allora pace?" mi chiese.
"Perché, abbiamo litigato?" le chiesi ridendo e lei mi abbracciò.
"Pace" le sussurrai poi.
"Azzurra, dovresti scusarti anche con Matteo..." mi disse, quando si staccò da me.
"Io? Ma..."
"Non ho detto che devi scusarti solo tu, anche lui non è stato carino con te!" 
"Okay, quando lo vedrò mi scuserò" le dissi, alzandomi.
"Stasera vogliamo uscire? Niente Gianluca e Matteo, solo io, te e le altre! Devi raccontarmi ancora della tua uscita con Marco, ricordi?" sorrise raggiante.
Voleva capire se ero ancora arrabbiata, ma con lei non potevo e non volevo esserlo.
"Matteo non c'è in ogni caso, ricordi? Ha un appuntamento con una sua vecchia amica" mi fermai un attimo sospirando, cercando di sorridere e apparire contenta. "Comunque sì, mi piacerebbe moltissimo" continuai sorridente.
"Va bene, ci vediamo stasera allora" mi salutò e andai verso l'entrata.
Uscii dall'appartamento e mi incamminai verso la caffetteria. Prima di uscire dal palazzo, ricordai di salutare Giovanni.
Arrivai giusto alle sei. Puntuale come un orologio svizzero, sempre.
"Ciao Azzurra" mi salutò Giorgio.
"Ciao Giorgio" andai dietro al bancone per mettere il grembiule.
"Sono pochi oggi?" gli indicai il locale, con meno gente rispetto al solito.
"No, oggi abbiamo avuto abbastanza gente, quindi per ora va bene... e poi sono solo le sei" mi sorrise, per poi portare dei caffè a dei tavoli.
Lessi le ordinazioni sui foglietti poggiati sul bancone e iniziai a preparare qualcosa.
Due caffè.
Tre cioccolate calde.
Due gelati al pistacchio. Con quel freddo? La gente era matta.
Una ciambella al cioccolato.
Una coca cola con tanto di limone.
Un cornetto alla crema.
Mano a mano Giorgio prendeva le ordinazioni dal bancone e le portava ai tavoli. Eh, la gente mica era poca.

Passò un'ora e mezza e mi ritrovavo dietro il bancone annoiata.
Erano arrivati parecchi clienti dalle sei e mezzo fino alle sette e qualcosa.
E in quel momento, ero tanto annoiata.
Sentii la porta della caffetteria aprirsi e mi allargai in un grande sorriso.
"Buona sera, Signor Claudio" salutai, mentre lui si avvicinava al bancone.
"Azzurra cara, come stai?" si sedette su di uno sgabello e mi rivolse un bel sorriso.
"Bene... e lei?"
"Benone. Oggi, quello stupido del mio medico mi ha detto di prendere delle vitamine... se non voglio svenire per il freddo. Il problema è che fanno schifo!" esclamò. Sembrava un bambino. "Ma deve prenderle lo stesso, non la vogliamo svenuto" dissi, ridendo lievemente.
"Ma nemmeno morto, vero?" mi chiese, divertito.
"Ma certo, che domande!" continuai a sorridere.
"Sicura che vada tutto bene?" mi chiese, curioso.
"Certo!" lo rassicurai con lo sguardo.
"Sai Azzurra, è vero che sono un estraneo, però mi conosci da quasi due anni... E inoltre, ti racconto quasi tutta la mia vita ogni volta che vengo qui, puoi sfogarti con me se c'è qualcosa che non va. Non sono un vecchiaccio che dice solo i fatti suoi e non ascolta" mi disse, sorridendo nell'ultima frase.
Risi e poi abbassai lo sguardo.
"No... ho litigato con un ragaz... cioè un mio amico..." dissi, alzando il capo.
"Il ragazzo seduto che ti guardava l'altra volta?" 
"Oh no, non Marco" sorrisi. "Un altro ragazzo, ci ho litigato e... non so perché ci sto abbastanza male, non è stata nemmeno una litigata pesante".
Mentre parlavo, presi un dolcetto al cioccolato dalla vetrina per darlo al Signor Claudio.
"Grazie" mi ringraziò dopo averglielo passato. "E comunque, voi siete ragazzi, i litigi a quest'età non sono esageratamente tragici, sono sicuro che farete pace. Ci stai male... forse perché ci tieni a lui" diede un morso al dolcetto.
Ci tengo a Matteo? Mi veniva da ridere. Ma anche no, Matteo era pressoché uno sconosciuto. Se avessi litigato con Gianluca sarei stata allo stesso modo... penso. Matteo era un mio amico, ma erano passati solo cinque giorni. Non lo conoscevo benissimo e sicuramente non tenevo tantissimo a lui.
"No, non è questo... io non tengo a questo ragazzo, cioè è solo un mio amico, lo conosco da pochissimo tempo" 
"Mi innamorai di mia moglie il decimo giorno dopo che l'avevo conosciuta, Azzurra" mi disse, quasi serio. "Non sai in quanto tempo riesci ad innamorarti di una persona, viene da sé!" finì.
Rimasi un po' stupita da quelle parole.
Ma poi scossi la testa, che stupidate. Matteo era solo attraente, non tenevo tantissimo a lui. Ripeto: era solo molto attraente.
"Sì, certo!" risi di gusto. "Le farò sapere quando sarò innamorata di lui" che sciocco che era. 
Lui scosse la testa come per dire "povera ragazza, non capisce nulla".
Risi della sua faccia e guardai l'orologio della caffetteria. Erano quasi le otto.
"Signor Claudio, ora vado, sono quasi le otto. Ci vediamo domani" dissi mentre mi toglievo il grembiule della caffetteria.
"Certo cara, a domani" mi sorrise il Signor Claudio. Io ricambiai e mi voltai verso Giorgio.
"Giorgio, io vado, ci vediamo domani?" 
"Certo, a domani Azzurra!" mi salutò ed io uscii.
Arrivai al palazzo in men che non si dica. Faceva abbastanza freddo fuori.
Salutai Giovanni e poi salii le scale.
Arrivata al pianerottolo, presi le chiavi e aprii la porta del mio appartamento.
"Sono a casa!" urlai dall'ingresso.
"Ehy, sono in cucina a telefono con Gianluca" mi urlò di rimando.
Andai prima in camera mia per potermi cambiare e indossare il pigiama, poi andai in cucina da Anya.
"Ciao, cucciola" vidi Anya avvicinarsi, per bacarmi la guancia. "Ti saluta Gianluca" si allontanò, tenendo il cellulare tra la testa e la spalla.
Tra le mani aveva una ciotola e una forchetta. Stava girando le uova: frittata!
"Ricambia e... digli che mi dispiace!" 
"Okay. Vado un attimo di là, continua a girare" mi disse, in sussurro.
Presi la ciotola tra le mani di Anya e iniziai a girare.
Porsi le uova, diventate ormai liquido, nella padella e feci una frittata grande.
Di solito era sempre Anya a cucinare, non che io non sapessi farlo, ma ritornavo sempre tardi e lei era la prima a rientrare.
Dopo due minuti, ritornò in cucina senza cellulare e si sedette a tavola.
Io misi la frittata in un piatto grande e la poggiai sul tavolo, insieme ai nostri piatti.
"Hai avvisato le altre?"
"Sì, Angela non viene perché ha l'aereo alle nove. Non sapevo dovesse andare a Milano, non ce lo ha detto... In ogni caso, Camilla, Chiara e Paola vengono verso le dieci qui, quindi abbiamo tempo" diede un morso ad un pezzo di frittata.
"Mh, okay, dove andiamo?" 
"Non ne ho idea, decidiamo al momento" mi disse.
Sorrisi. "Va bene".
Mangiammo e poi andai subito a fare la doccia. I capelli li avevo lavati il pomeriggio, quindi li lasciai stare.
Uscii dal bagno con l'accappatoio ed erano già le nove e venti.
Andai nel salotto e vi trovai Anya guardare Winnie The Pooh. Scoppiai a ridere.
"Che c'è?" si voltò quasi arrabbiata, dopo avermi notata.
"Winnie The Pooh? Sul serio?" non la smettevo di ridere.
"Mi annoiavo e Pooh è sempre dolce!" si voltò, offesa.
"Okay, scusami... devi fare la doccia? Io ho fatto" le dissi, cercando di smettere di ridere.
"Ho già fatto prima, vatti a vestire, ora vado anche io" mi sorrise, alzandosi.
"Non so che mettere" feci una faccia triste, camminando verso camera mia.
Anya dietro di me, sospirò. "Hai 3456 vestiti e non sai che mettere?" 
"No"dissi, quasi disperata.
Anya entrò nella stanza con me e aprì le ante del mio armadio.
"Perché non metti questo? Te lo regalò Camilla al compleanno" mi indicò i pantaloncini bianchi (abbastanza lunghi), aderenti e alti fino alla vita con la maglietta larga, a tre quarti e nera che doveva andarci dentro. 
L'avevo dimenticato quel completo, era veramente carino.
"Bello, perfetto. Non potrei fare nulla senza di te. Sotto metto i tronchetti neri?" le chiesi, dopo averla abbracciata.
"Sì, e i capelli sciolti" sorrise, voltandosi. "Ah, metti solo il rossetto rosso, non mettere altro. Stai bene al naturale" continuò, chiudendosi poi la porta alle spalle. Adoravo Anya, sapeva sempre come trattarmi. Le volevo davvero tanto bene. Avevo un sorriso da ebete, la mia migliore amica era fantastica. Scossi la testa e mi preparai. Il risultato non fu male, ero carina.
Uscii dalla camera e entrai in quella di Anya. Stava indossando un vestitino bianco a fiorellini, a maniche lunghe. Era abbastanza aderente, infatti le sue bellissime forme si vedevano perfettamente.
"Sei sexy, coinquilina" le dissi.
"Non quanto te, coinquilina" si voltò, sistemandosi il vestito.
"Gianluca non è geloso? Io lo sarei"
"Non dire stupidate. Non è geloso... credo, non lo so. Se solo mi dicesse di non uscire lo mollerei. Voglio divertirmi anche essendo fidanzata!" 
"Principessa, divertirti fino ad un certo punto, domani abbiamo l'Università" la spintonai piano.
"Sì, idiota, hai capito cosa intendevo" fece lo stesso.
"Sì, ho capito" feci una pausa. "Sei fortunata ad avere uno come Gianluca" le dissi quando si era alzata.
"Lo so, e so anche che ne troverai uno uguale anche tu. Molto presto!" si voltò e prese il giubbotto.
Mh, molto presto... okay.
Presi il giubbotto anche io e la raggiunsi all'entrata.
Avremmo aspettato le ragazze giù. Erano già le dieci meno dieci, sarebbero arrivate a momenti.
Ci chiudemmo la porta alle spalle e scendemmo.
"Ehy, stavamo per suonare!" ci disse Camilla quando aprimmo il portone.
Appunto, erano già giù.
"Come siete sexy" ci fece Chiara. "Quello lì sotto è il completo che ti regalò Camilla?" annuii e Camilla mi abbracciò forte.
Ridemmo tutte insieme e raggiungemmo Paola, che era alla guida della grande Multipla blu.
"Buona sera, ladies. Siete stupende, come me, ovvio" ci fece Paola, quando salimmo in auto. Una volta dentro, scoppiarono tutte a ridere.
"Dove andiamo?" Paola mise in moto.
"Non ne ho idea, ci siamo fatte tutti i pub di Venezia" dissi io.
"Non tutti" mi interruppe Camilla. "C'è un nuovo locale in centro, hanno detto che è meraviglioso. Buona musica, gente giovane, baristi fighi... Tutto quello che ci serve!" termino con un sorriso sornione.
"Okay, allora andiamo" Anya fece le spallucce.
Esclamammo tutte uno "Yeah" e Paola si incamminò verso il centro.
"Come si chiama?" chiese Chiara, curiosa.
"Nightmare!" 
"Wow Camilla, il nome è incoraggiante" dissi ironica e tutte scoppiarono a ridere.

Arrivammo in centro in cinque minuti e trovammo il locale subito dopo.
Si udiva la musica interna dall'esterno, era fortissima.
All'entrata c'era una fila immensa, non finiva mai.
"Dio, questa fila è lunghissima" esclamò Paola, quasi shockata.
"Forza, andiamo dietro, prima che aumenti" le incoraggiai tutte.
"Ma niente fila. Secondo voi, ho messo questo vestito scollato per nulla?" si indicò il vestito rosso, scollato sul seno. "Il buttafuori è uno che conosco, vedo di farci entrare" sorrise e si voltò ancheggiando.
Camilla era davvero uno schianto con quel vestito, come Paola, Anya e Chiara.
Paola aveva un vestito verde scuro e Chiara un vestitino nero e dorato. Erano tutte bellissime.
Ridendo vedemmo Camilla ritornare.
"Andiamo! Questo vestito è servito a qualcosa!" rise per la sua affermazione.
Tutte la seguimmo e il buttafuori (tizio che Camilla conosceva) ci fece passare, mentre tutta la gente dietro si esprimeva in un "buuuu" "non è giusto" "stronze". Gentili, eh. Appena entrai, guardai il locale ammaliata. 
Era enorme, aveva due piani. Era pieno di luci colorate e la musica era forte, come credevo.
Sulla sinistra c'era un bancone lunghissimo con tantissimi baristi, sulla destra, invece, c'era la grande pista da ballo e in fondo c'erano dei divanetti.
Al piano di sopra c'erano dei tavoli e dei divani più grandi. Sicuramente c'erano anche i bagni, visto che giù non si vedevano porte.
"Dio, è fantastico qui" urlai alle ragazze. Ci eravamo riunite in una specie di cerchio per poter parlare meglio.
"Vero? Forza, prendiamo un tavolo così ci togliamo i giubbotti e andiamo a ballare!" Camilla ci guidava verso un tavolo al piano di sopra.
Era un tavolo per sei... per forza, quelli da cinque non esistevano!
Ci togliemmo quei giubbotti e lasciammo subito il tavolo. Scendemmo di nuovo e andammo al bancone per un drink.
"Beviamo un drink e poi si balla" ci urlò Chiara. "E Azzurra, niente Martini per te!" mi puntò il dito contro.
Ma che noia, io amavo quel liquido rosa. Misi il broncio, però poi pensai che avevano ragione. Non volevo un sbronza anche quella volta.
"Okay, va bene. Prendo un mojito, d'accordo?" Mi alzarono tutte i pollici, in segno d'approvazione. 
"Due mojito, un angelo azzurro e due vodka lemon!" Paola ordinò il tutto ad uno di quei tanti baristi super carini.
"Certo, dolcezza, arrivano subito!" lui fece l'occhiolino a Paola e noi ridemmo, Paola no. Era arrossita, che tenera.
"Dai Paola, fai colpo!" le fece Camilla.
Mentre aspettavamo i nostri drink, ci voltammo per guardare la pista. C'era davvero tantissima gente. Avevo quasi paura di ballare tra tutta quella gente ammassata. Non mi piacevano molto i pub - discoteche per questo.
"Ecco a voi, ragazze!" ci urlò il barista.
Bevemmo i nostri drink in meno di dieci minuti e poi ci buttammo nella mischia. Paola, però, restò al bancone, aveva conquistato il barista.
Ballammo tutte e quattro insieme. Ridevamo, urlavamo, facevamo quello che eravamo solite fare. Dopo poco ci raggiunse anche Paola.
"Mi ha dato il suo numero!" urlò, per farsi sentire da tutte e quattro.
Urlammo dalla gioia tutte insieme e continuammo a ballare, divertendoci come matte.
Molti ragazzi si avvicinavano, sia a me che alle altre, ma noi cercavamo di tenerli lontani.

Dopo circa mezz'ora di balletti, non ne potevo più.
"Ragazze" urlai per farmi sentire. "Io vado a sedermi al tavolo, mi fanno male i piedi" dissi loro.  
Annuirono. "Okay, tra un po' arriviamo anche noi, inizia ad andare" e allora annuii di conseguenza.
Mi spostai, difficilmente, tra la gente per arrivare alle scale e, solo dopo dieci minuti, ci arrivai. Mi fermai un attimo. Se fossi salita mi sarei annoiata non facendo nulla, quindi mi voltai (di nuovo) per andare al bancone e prendere un Martini rosa.
Uno non faceva male e poi, per ora, ero sobria.
Ne ordinai uno e, in men che non si dica, raggiunsi di nuovo le scale. Avevo un dolore bestiale ai piedi, feci un po' di fatica a salire.
Una volta al secondo piano, mi accasciai su di una sedia del nostro tavolo.
Iniziai a sorseggiare il Martini guardando le mie amiche al piano di sotto ballare.
Era stupendo il modo in cui ci divertivamo, ci godevamo i venti anni anche andando all'Università. A quel proposito, guardai il cellulare per leggere l'ora. Erano le undici e un quarto, presto insomma.
Mi osservai un po' intorno, il secondo piano era ornato veramente bene. Anche se la musica del piano di sotto era assordante, era tranquillissimo, nel senso, non c'era gente che ballava, erano tutti seduti su divani e ai tavoli. 
C'erano tante coppiette, che si tenevano la mano lungo i tavoli, mi facevano tenerezza.
Spostai lo sguardo sul divano e... non l'avessi mai fatto.
Per poco il Martini non andò a terra, al contrario della mia mascella.
Su di un divanetto c'era Matteo. Era da solo e... aveva una smorfia strana in viso. Era come... arrabbiato, ma allo stesso tempo divertito. Il bello è che guardava dalla mia parte, guardava verso di me, guardava me.
Ma cosa voleva? Era irritante, come sempre. Ero tentata di andare lì e ammazzarlo di botte. Però già dovevo scusarmi per il comportamento del pomeriggio, e non ne avevo voglia, se poi avessi dovuto scusarmi anche per quello che avrei voluto fargli, sarebbe stato troppo.
Lo guardai a lungo negli occhi, lui faceva lo stesso. Stavamo giocando a chi rideva per primo, per caso?
"Azzurra, avevamo detto niente Martini!" mi urlò Chiara.
Mi voltai verso di lei, vedendo che c'erano anche le altre.
"Uno non fa nulla" feci le spallucce. Ero tentata di guardare di nuovo verso Matteo.
"Va bene... sono stanca morta" disse lei, buttandosi su di una sedia.
"A chi lo dici"  "Già"  "Ho ballato troppo" Okay, le ragazze erano stanche.
"Oddio, Azzurra" Anya mi sorrise.
"Che c'è?" mi avvicinai a lei.
"C'è Matteo, andiamo a salutarlo?" mi chiese, raggiante.
Guardai verso Matteo, non era più solo. Ovvio, era venerdì sera, "l'appuntamento con una vecchia amica".
C'era una ragazza biondina seduta accanto a lui, stavano parlando. Era bellissima... abbassai il capo per guardare Anya.
"No che non lo salut..."
"MATTEO!"Anya mi interruppe, urlando verso Matteo.
Abbassai il capo, sbuffando. Era la seconda volta che Anya lo faceva. Prima con GInaluca, ora con lui.
"Ragazze, torniamo subito!" mi prese per il polso, trascinandomi verso Matteo e quella specie di barbie umana.
"Anya, che sorpresa!" Matteo si alzò dal divano per salutare Anya. Sempre sorridente era? Cavolo, il bello è che era sincerissimo. 
Io ero dietro di Anya, con le braccia conserte, e guardavo la ragazza. Cavolo se era bella.
"Ciao" Anya si era spostata e lui era davanti a me. Dopo avermi guardata per più di dieci minuti prima, ora si degnava di salutare. Bravo.
Mi aveva davvero salutata, poi? O avevo sentito male?
Lo guardai, questa volta. Leggevo il dispiacere nei suoi occhi, sembrava sincero... sembrava il ragazzo di Chatroulette.
"Ciao" dissi piano. La musica era abbastanza alta e io parlavo piano. Potevo essere più stupida?!
Mi rivolse un piccolo sorriso, a labbra serrate. Io cercai di ricambiare, però il litigio di oggi mi sfiorò la mente. Guardai ancora altrove.
Non volevo e non potevo chiedergli scusa ora. C'era la sua amica ad attenderlo.
Lei non si era nemmeno presentata, meglio così. Se ne stava seduta a sorriderci. Cazzo mi sorridi? 
Matteo forse voleva iniziare a parlare, ma lo fermai, parlando per prima.
"Anya, andiamo?" mi voltai verso Anya, volevo andarmene, non volevo parlare con lui... in quel momento.
Anya guardò prima me e poi Matteo. Quella scena era alquanto imbarazzante.
"Aspetta, Matteo, volete unirvi a noi? Siamo con delle amiche" sorrise a Matteo.
Perché Anya mi faceva quello? Okay, voleva che facessimo pace, ma cavolo, non in quel momento.
Guardai prima lei, arrabbiata, poi la ragazza e poi Matteo. Di conseguenza lui guardava me. Dalla mia espressione, si rese conto che non era aria.
"Ehm" abbassò lo sguardo, un po' triste. "No... credo che resteremo qui, grazie lo stesso!" alzò il capo sorridente, come se nulla fosse, verso Anya.
"Bene, buona serata!" risposi secca. Feci un sorriso ad entrambi e ritornai al tavolo, dalle mie amiche.
Anya, invece, era rimasta lì per salutarli meglio. 
"Che figo che è quello, è l'amico di Gianluca?" mi chiese Camilla maliziosa.
"Sì" risposi brusca. Forse non avrei dovuto, ma la sola presenza di Matteo mi innervosiva. E comunque Camilla era già impegnata con un tizio.
Così anche lei, insieme alle altre, aveva capito che non era il momento.
"Azzurra!" Anya si sedette rumorosamente di fianco a me, arrabbiata.
"Che c'è?" 
"Che c'è? Dimmelo tu che c'è!" incrociò le braccia sotto il petto, ancora visibilmente arrabbiata.
"Voglio andare a casa!" mi alzai dalla sedia e guardai dove lui era prima.
Andato... Matteo era andato via con quella, come nel mio sogno o meglio incubo.




*SPAZIOAUTRICE*
CCCCCIAO A TUTTI.
Ho finito oggi di scrivere il capitolo e quindi ho voluto metterlo subito.
Mi dispiace se ad alcune ho detto "metto domani" qualche giorno fa, ma non ho avuto modo di aggiornare.
In ogni caso, volevo scusarmi.
In una recensione una ragazza mi ha fatto capire una cosa.
Aggiorno in ogni caso, non importa quante recensioni ci siano, basta che seguite la mia storia:) Sono contentissima delle visualizzazioni di ogni capitolo.

Il nuovo capitolo: iiiiiiincubo. lol
Spero vi piaccia anche questo, l'ho fatto abbastanza lungo. :)
Il prossimo non so quando lo pubblicherò perché non ho ancora iniziato a scrivere cc
Davvero, spero vi piaccia.
Per favore, mi lasciate qualche recensione?
Voglio ringraziare ancora chi legge anche se non recensisce.
I preferiti/ricordati/seguiti e ovviamente chi ha recensito ahahah

Alla prossima, 
Cccciao, Anna x

 
  
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