Ti voglio bene, papà
- Non potete farlo! Non potete lasciarci qui! – urlò mio padre disperato
- Mi dispiace Carl ma sapevi già a cosa stavi rinunciando il giorno in cui abbandonasti il tuo posto in Paradiso per vivere sulla Terra – rispose una voce distorta, quasi metallica.
- So bene di aver rinunciato ai miei diritti sposando una donna umana, ma almeno i bambini! Vi prego salvate almeno loro!
Eravamo ormai da un’ora seduti sul divano in salotto a parlare con un tipo che potevamo solo sentire dal televisore insieme ai ronzii dovuti dall’assenza di segnale con cui si camuffava la voce.
- Non possiamo farlo! Loro sono figli del peccato e non è il loro posto questo!
- Ma sono pur sempre angeli! – gridò mio padre paonazzo in viso.
- Mi dispiace, gli ordini sono questi. Andate in pace – concluse e in un lampo la televisione si spense.
Per un tempo che parve interminabile, mio padre rimase a osservare fisso lo schermo, come se si aspettasse una sua qualche reazione. Ma quando si rese conto che quella reazione non sarebbe mai arrivata, si morse il labbro nervoso e con gli occhi infiammati, non solo per modo di dire, prese il telecomando e lo scagliò contro il televisore, imprecando così ferocemente da far paura. Sentii Anna aggrapparsi al mio braccio spaventata, anche se, sicuramente, non era a causa di papà.
- Mi dispiace ragazzi – sussurrò mio padre e mia madre gli mise un braccio intorno al collo affettuosa – Non potevo immaginare una cosa del genere quando… sono sceso.
Sentivo tutta la sua tristezza come se fosse mia, e, insieme a quella, un odio che andava crescendo con l’aumentare della tristezza di mio padre e della paura di Anna.
- Non è colpa tua, papà – dissi d’un tratto, cercando di contenermi.
Mio padre mi guardò con la coda dell’occhio e poi sospirò affranto. Non perché ma questo mi fece arrabbiare ancora di più.
- E’ tutta colpa di quegli schifosi bastardi ai piani alti! – urlai, ritrovandomi sotto gli occhi di tutti.
- Gli angeli seguono le loro regole – puntualizzò papà – Sarebbe assurdo cercare di cambiarle!
- E pure ci stavi provando, papà!
- Credevo che per voi avrebbero fatto un’eccezione. Voi non avete colpe per le mie scelte – cercò di giustificarsi, come se parlasse ancora con la televisione.
- Non saremmo andati comunque. Non vi avremmo mai lasciati qui a morire! – esclamò Anna, sorprendendomi.
- Anna… - cercò di dire ma non riuscì perché d’un tratto arrivò Joshua spaventato.
- Sono qui! Stanno arrivando! – urlò.
- Maledizione! – imprecò mio padre mentre Anna e la mamma lo guardavano interrogativi.
- Che significa che stanno arrivando? – chiesi, sforzandomi di restare calmo.
- Che sono quasi arrivati e che dovete sbrigarvi a scappare se non volete fare la mia fine! – sbottò spazientito.
- Alex che sta succedendo? – chiese mia madre
- Che dobbiamo andarcene, ecco che succede! – rispose mio padre alzandosi.
Mamma non se le fece ripetere due volte. Prese per mano mia sorella e insieme andarono a prendere le valigie già pronte da tempo.
Io e papà restammo invece in salotto a farci dare informazioni da Joshua.
- Sono una volante – ci rivelò il fantasma – Quattro o cinque al massimo. Vi conviene uscire dalla porta sul retro, e da lì vi guiderò io. Conosco…
Ma un rumore lo bloccò. Qualcuno stava bussando alla porta.
- Aprite! Polizia! – urlavano da dietro la porta.
Proprio in quel momento Anna e la mamma tornarono con i bagagli.
- Sono loro – sussurrò Joshua.
Continuarono a bussare ininterrottamente per altre cinque volte, finché poi non si misero a spingere con più insistenza.
- Andate – ordinò mio padre – la porta non li tratterrà a lungo. Sono un angelo, mio occuperò io di loro.
- Sei impazzito? – urlai – Io non ti lascio qui!
Lui rivolse uno sguardo alla mamma, che si morse il labbro piena di amarezza. Alla fine annuì e portò via Anna che urlava incessantemente “papà”.
- Alex, vattene. Non hai ancora le ali, non hai ancora tutti i tuoi poteri – disse con una calma innaturale e totalmente fuori luogo.
- Io non ho alcuna intenzione di lasciarti qui! – urlai sempre più furioso e con la lacrime agli occhi.
- Figliolo – disse e mi toccò la guancia.
D’un tratto non sentii più nulla. Nessun bussare, nessun urlo. Buttai un occhio all’orologio appeso alla parete e vidi che la lancetta dei secondi si era bloccata. Mio padre, un angelo ex appartenente al coro angelico dei custodi del tempo ma ancora con i suoi poteri, aveva fermato il tempo.
- Io ho fatto la mia vita, Alex. Ho fatto le mie scelte abbandonando il Paradiso e scegliendo di vivere sulla Terra. Le mie scelte vi hanno condannato, ma ora ho intenzione di rimediare. Occupati di tua sorella e di tua madre. So che ce la farai.
D’un tratto mi misi a piangere sommessamente. Lacrime calde di dolore e di rabbia cominciarono a rigarmi le guance, mentre mi stavo rendendo conto di ciò che questo significava.
- Tu sei un angelo, figlio mio, e ti assicuro che tu sei molto più forte di quanto tu non pensi.
- Papà… - non riuscivo a trovare le parole.
- Vai – disse e mi diede un bacio sulla fronte – Vi voglio bene.
Corsi via mentre sentivo il tempo riprendere brutalmente possesso di sé. Subito dopo sentii un botto molto forte di qualcosa che sbatte e capì che doveva essere la porta, ormai aperta. Arrivai alla porta sul retro dove vidi una strana luce. Mio padre aveva uscito le ali.
- Ti voglio bene, papà – sussurrai e scappai via mentre l’aria si riempiva del rumore degli spari.
Angolo autore:
So che mi odierete, ma ho pensato che questa come fine capitolo ci stava proprio bene. Vi prometto che aggiornerò il prima possibile e che nel prossimo capitolo spiegherò tutto. Ricordate, se volete commentare, recensire, ingaggiare The Saw per uccidermi… è tutto accettato.
Un saluto,
Darksaurus 97!