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Autore: fraVIOLENCE    12/07/2013    1 recensioni
"Ti ho detto che non ho bisogno di te! Non ti amo Thomas, non ti amo più!" - bugia, lo amavo ancora. Ma amavo il vecchio Tom: quel ragazzo con il piercing al labbro. Quel ragazzo scombinato che non si sentiva al sicuro se non si nascondeva sotto quel cappellino arancione. Quel ragazzo che pianse di felicità quando gli confessai di aspettare un bamino. Quel ragazzo che mi accudiva, che mi amava, che prendeva in braccio nostra figlia e che la cullava per farla addormentare. Quel ragazzo che la notte si svegliava per darle da mangiare, quel ragazzo che ripeteva di amarmi. Quel ragazzo che mi sorrideva sempre, che mi faceva sentire al sicuro, che mi faceva sentire viva.
SEQUEL DI ' THERE'S SOMEONE OUT THERE WHO FEELS JUST LIKE ME? '
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4


Aprii lentamente gli occhi e mugolai, richiudendoli subito a causa della luce che riempiva la stanza.
Mi rifugiai sotto al cuscino, sbuffando. Era già mattina, e mi svegliai con un gran mal di testa. Si prospettava un bel sabato, insomma.
Mi schiarii la voce e spostai il cuscino da sopra la mia faccia.
"Mark?" - lo chiamai, per poi sbadigliare.
Sentii dei passi avvicinarsi alla camera e lo vidi entrare, guardandomi con aria interrogativa.
"Che c'è?" - mi domandò, freddo.
"Hai qualcosa per il mal di testa?" - sospirai, mettendomi a sedere.
"Sì, dovrei avere delle pastiglie. Adesso te ne porto una" - disse, prima di sparire nel corridoio.
Mi portai le ginocchia al petto e sollevai lo sguardo quando accanto a me trovai Mark, che mi porgeva una piccola pastiglia bianca.
La afferrai e la mandai giù, senza aver bisogno di bere dell'acqua.
Mark si risollevò dal materasso e uscii velocemente dalla stanza.
Agrottai la fronte, era strano. Strano forte.
"Mark?" - lo chiamai nuovamente, aspettando una sua risposa.
Lo sentii sospirare e ritornò in camera.
"Dimmi" - rispose, scocciato.
"Mi dispiace per ieri sera. Non dovevo bere e non dovevo disturbarti. Mi dispiace tanto" - sospirai, abbassando lo sguardo - "Spero di non averti dato fastidio 'sta notte"
"Non preoccuparti, okay?" - si sforzò di sorridermi.
"Non mi preoccupo, okay. Ma perchè sei così.. Distaccato? Che è successo?" - sollevai lo sguardo per guardarlo.
"Non importa Jennifer, lascia stare" - fece per allontanarsi, ma gli presi una mano e lo costrinsi a voltarsi verso di me.
"A me importa. Cosa ho fatto?" - gli domandai, guardandolo intensamente negli occhi.
"Tralasciando il fatto che ti sei quasi lasciata scopare da Tom invece di chiamare aiuto? Oppure vogliamo parlare del fatto che ti sei ubriacata come se non ci fosse un domani e ti sei messa alla guida? Mah nulla, hai tentato di baciarmi. Perchè avevi 'bisogno di affetto'" - precisò lui - "Ma, hey, lascia stare, non mi va di parlarne" - continuò.
Abbassai lo sguardo, mentre le mie guance si dipingevano di un rosso acceso.
"S-Scusa.. Mi dispiace" - balbettai, scoprendomi e alzandomi dal letto.
"Dove vai?" - mi domandò Mark, mentre mi rimettevo le converse.
"Ti ho disturbato fin troppo.. Torno a casa. E poi stasera tornano Skye e Jack, dovete stare insieme" - mi legai i capelli in una coda e feci per uscire dalla camera, ma il mio amico mi bloccò.
"Jennifer, non sono arrabbiato poi così tanto" - mi guardò negli occhi.
"Infatti. Sei incazzato nero, è diverso. E mi dispiace, davvero. Non so cosa mi sia preso, non sapevo quello che stavo facendo. L'incontro con Tom mi ha scombussolata" - ricambiai lo sguardo.
"Sono infastidito più che altro. Volevi baciarmi per usarmi, non è così? Per non pensare a Tom?" - mi domandò lui, agitato.
"No!" - sbarrai gli occhi - "Io non me ne approfitterei mai di te! E so che tu non faresti mai lo stesso con me, e ti ringrazio molto per avermi fermata" - dissi.
"Va bene, l'importante è questo" - rispose Mark, spostandosi dalla porta per farmi passare.
"Perchè questa domanda?" - lo scrutai, curiosa.
"Così" - si limitò ad una scrollata di spalle - "Lo sai quanto mi dia fastidio essere usato ed essere preso in giro. Ma lasciamo stare questa storia, mi fido di te" - mi pizzicò la guancia, accennando un sorriso.
"Grazie, davvero. Grazie di tutto. Non so come farei se non ci fossi tu" - ricambiai quel debole sorriso e lo abbracciai, schioccandogli un bacio sulla guancia.
Mark ricambiò quella stretta, per poi scioglierla lentamente dopo qualche istante.
"Io vado a casa a farmi una doccia, mi sento uno schifo" - soffocai una risata - "Buona fortuna per stasera, divertiti con Jack e Skye!" - dissi cordialmente.
"Va bene! Se hai bisogno chiamami! Ciao, Jen, ti voglio bene" - esclamò lui, mentre scendevo velocemente le scale.



Erano circa le 23.30.
Ero distesa sul divano a mangiare pizza surgelata e a guardare uno stupido quiz in tv. Indossavo una maglia larga e dei pantaloncini corti e i capelli erano sciolti e scompigliati: il ritratto della femminilità.
Morsi l'ultimo pezzo di pizza e appoggiai il piatto vuoto sul tavolino, masticando.
Mi alzai e mi diressi in cucina, aprendo il frigo, prendendo una bottiglia di succo alla pesca e bevendo da essa.
Mi asciugai le labbra con il dorso della mano e chiusi il frigorifero dopo aver risposto la bottiglia.
Tornai in salotto e presi il telecomando della tv, sbuffando e spegnendola.
Odiavo la televisione, non trasmettevano mai nulla di interessante. Solo stupidi reality show e film strappa-lacrime. Anche MTV aveva smesso di passare musica decente: si era dedicata ad un demenziale programma che riprendeva la vita quotidiana di giovani quindicenni rimaste incinte. Stupide idiote, io a quindici anni a malapena avevo dato il mio primo bacio.
Mi avviai verso la camera da letto, ma mi bloccai vicino le scale quando sentii citofonare.
Agrottai la fronte e mi voltai verso la porta, pensando a chi potesse essere a quell'ora.
Afferrai il citofono e risposi.
"Sì? Chi è?"
"Jennifer, ti prego, mi apri?"
Sospirai e chiusi gli occhi, appoggiando la fronte sul muro che reggeva il citofono.
"Tom, ti ho già detto ieri sera che te ne devi andare. Non ti voglio più vedere, non abbiamo bisogno di te" - spiegai.
"Solo un attimo, per favore" - insistette.
Sbuffai e premetti il pulsante per aprire il cancello, aprendo la porta e vedendolo camminare verso di me.
"Ti dò solo un minuto, sono stanca e voglio andare a dormire. Dimmi cosa vuoi. Per l'ultima volta, Thomas, poi giuro che se ti rifai vivo chiamo la polizia, non me ne importa nulla della figura che ci fai con i tuoi fan e con i giornali. Ti faccio finire dentro seriamente questa volta" - lo guardai intensamente negli occhi mentre si richiudeva la porta dietro le spalle.
"Jennifer, perchè non capisci? Perchè non capisci che sono cambiato? Che voglio cercare di rimediare a tutti gli errori commessi in passato? Sono cambiato, sono tornato quello di prima!" - cercò di convincermi, prendendomi una mano, ma io lo scostai.
"Ti ho detto che non ho bisogno di te! Non ti amo Thomas, non ti amo più!" - bugia, lo amavo ancora. Ma amavo il vecchio Tom: quel ragazzo con il piercing al labbro. Quel ragazzo scombinato che non si sentiva al sicuro se non si nascondeva sotto quel cappellino arancione. Quel ragazzo che pianse di felicità quando gli confessai di aspettare un bamino. Quel ragazzo che mi accudiva, che mi amava, che prendeva in braccio nostra figlia e che la cullava per farla addormentare. Quel ragazzo che la notte si svegliava per darle da mangiare, quel ragazzo che ripeteva di amarmi. Quel ragazzo che mi sorrideva sempre, che mi faceva sentire al sicuro, che mi faceva sentire viva.
"Va bene, va bene" - sospirò lui, passandosi una mano sul viso.
"No, non va bene nulla! Devi sparire, Tom. Devi starmi lontano. Devi stare lontano soprattutto da Ava. Pensa se lei fosse stata qui stasera! Cosa mi sarei dovuta inventare per motivare la tua visita?" - il tono della mia voce si era fatto più alto e stridulo.
"La verità! Jennifer, quella bambina ha bisogno della verità!" - lui avanzò verso di me, ma allungai il braccio per mantenere le distanze.
"Non avvicinarti. Non mi interessa. Ava è mia figlia. Io la conosco, tu no. Tu non ci sei stato il suo primo giorno di asilo, non ci sei stato quando è caduto il suo primo dente e quando ha imparato a contare" - sibilai, guardandolo profondamente negli occhi.
"Non c'ero perchè tu non me l'hai permesso" - rispose lui, ricambiando quello sguardo intenso.
"Ah beh, certo! Non te l'ho permesso" - soffocai una risata isterica - "E cosa avrei dovuto fare? Continuare a fartela vedere? Invitarti ai suoi compleanni? Alle feste di Halloween e Carnevale?" - mi avvicinai a lui, puntando il dito contro il suo petto - "Io non permetterò mai che mia figlia sappia che suo padre è un alcolizzato di merda che ha preferito mandare a puttane la sua intera vita senza un motivo!"
"E va bene! Bevevo spesso, e allora? Avevo i miei motivi! Litigavo ogni fottuto giorno con Mark e Travis, non ci capivamo più e ho avuto l'esigenza di fondare un'altra band, qual è il problema?" - premette la fronte sulla mia, alzando il tono della voce.
"Non urlare, idiota!" - lo spinsi con forza, scrollandomelo di dosso - "Mi chiedi qual è il problema? Il problema è che sfogavi tutta la tua rabbia con noi! Eri sempre fuori con i tuoi nuovi amici a bere e a suonare! E noi? Noi dov'eravamo? Qui, a casa! Ad aspettarti! Mi sei sembrato mio padre in quel periodo, cristo!" - risposi.
Mi voltai, con il respiro affannato e gli occhi che mi bruciavano dalla rabbia. Non ne potevo più di quella discussione.
Mi portai le mani sul viso e iniziai a piangere istericamente.
"Jennifer.. Io.. Non volevo farti del male. Sono venuto qui per chiarire" - sospirò Tom, avvicinandosi e appoggiando una mano sulla mia spalla.
"L'hai fatto, mi hai fatto del male! Di nuovo, lo fai in continuazione! Non fai altro che ferirmi!" - strillai tra le lacrime - "Perchè non mi lasci in pace?" - sussurrai con voce spezzata, in preda alla disperazione.
"Perchè ti amo, Jennifer. E non mollerò. Non mollerò mai" - rispose Tom, dolcemente - "Ti ricordi anni fa? Quando mi avevi visto con quella ragazza? Holly? Non mi credevi. Non volevi più vedermi. All'inizio ti ho lasciata stare, però poi capii che eri tu quello che volevo veramente. Corsi da te e feci di tutto per riaverti. Ti cantai quella canzone sotto casa tua e tu mi perdonasti. E adesso è la stessa storia! Sto facendo di tutto per riaverti, perchè tu ed Ava siete tutto quello che ho, e non voglio più perdere tempo. Voglio passare la mia vita con voi. Ne sono sicuro" - concluse.
Continuai a singhiozzare, portandomi le mani a coppa sul viso e scuotendo la testa.

"We'll dance off time to the songs we've never liked.
And sing off key thinking it sounds all right.
And you know I almost lost my will to live.
We're sure you tell time in your.
Episode IV leads us away from here.
Don't expect to find what you're looking to
"

Me l'aveva cantata, di nuovo. Dopo tanti anni.
Tirai su con il naso e allontanai le mani dal viso, voltandomi lentamente e mordendomi le labbra.
Lui abbozzò un sorriso, dopo aver finito di cantare quelle dolci frasi.
"Non basta una canzone per farmi cambiare idea, mi dispiace.." - sussurrai con voce spezzata dal pianto, mentre vedevo Tom avvicinarsi a me.
"Lo so" - sussurrò, trattenendo una risata - "Ma è pur sempre un inizio, no?" - mi domandò, cercando le mie mani e intrecciando dolcemente le sue dita con le mie.
"Non riesco a smettere di pensare a quel bacio di ieri. A quanto mi sono mancate le tue labbra" - continuò lui, portando una mano sul mio viso e accarezzandomi le labbra con il pollice.
Mi sembrava di essere diventata un burattino o qualcosa del genere, non riuscivo a muovermi. Anzi, non sapevo se non ci riuscivo o se effettivamente non volevo.
In alcuni momenti mi sembrava veramente il vecchio Tom.
"Ti voglio Jennifer, voglio averti mia" - mormorò sul mio viso, puntando i suoi occhi color nocciola nei miei.
Quella frase mi fece impazzire, mi mandò via di testa. Mi fece sobbalzare.
Senza pensarci due volte afferrai il suo viso con le mani e spinsi con violenza la lingua nella sua bocca.
Iniziammo a baciarci con foga, con passione, desiderio. Ansimavamo ognuno nella bocca dell'altro. Volevo essere sua.
Conclusi quel bacio, respirando con affanno sulle sue labbra. Lo guardai negli occhi, per poi scrollarmelo di dosso e afferrandolo per la maglia, facendogli segno di seguirmi.
Salimmo velocemente le scale e mi voltai verso di lui dopo aver aperto la porta della camera da letto.
Mi avventai nuovamente sulle sue labbra, mordendole e lasciandomi spingere sul letto.
Gli strinsi la vita con le gambe e presto iniziai a sfilargli la maglia. Lui fece lo stesso con la mia e in pochi istanti ci liberammo dei vestiti.
Appoggiai le mani sulle sue spalle e cercai di rilassarmi, chiudendo gli occhi e respirando lentamente.
"Ti amo Jennifer, ricordalo" - sussurrò lui, muovendo leggermente le labbra sul mio orecchio.
A quelle parole rabbrividii e subito lo sentii entrare dentro di me. Strizzai gli occhi e gemetti per il dolore, che presto fu sostituito da un piacere indescrivibile.
I nostri corpi si muovevano insieme in quel letto cigolante. Le nostre mani si intrecciavano, le nostre bocche si sfioravano e i nostri ansimi eccheggiavano nella stanza.
Dopo aver raggiunto l'apice del piacere insieme, si stese vicino a me e appoggiò la testa sul cuscino, addormentandosi poco dopo, stanco e soddisfatto.
Lo coprii con il lenzuolo e mi sistemai vicino a lui, osservandolo.
Volevo davvero provare a dimenticare quando accaduto, volevo davvero provare a fidarmi di lui, volevo davvero provare a dargli un'altra possibilità.
Lo volevo con tutta me stessa. Volevo che Ava avesse una famiglia felice. Un padre e una madre che la amavano, che si amavano.
Ma non ce la facevo: il solo pensiero che ero appena stata a letto con lui mi fece rabbrividire. Mi sentivo uno schifo solo a respirare la sua stessa aria, e adesso che ci ero andata a letto mi sentivo ancora peggio.
Mi voltai dall'altra parte, iniziando a fissare la parete davanti a me: dovevo mettere fine a quella pagliacciata.
  
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