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Autore: Clarrie Chase    14/07/2013    6 recensioni
La storia è ambientata 5 anni dopo l'albo 29 di Monster Allergy.
Dal 2° Cap.:
Zick inspirò l’aria consumata dell’Antica Armeria e richiamò a sé tutte le sue forze per rimanere calmo: i passi lenti e costanti di Elena, accanto a lui, servivano da deterrente a quella brutta sensazione alla bocca dello stomaco che minacciava di mangiarlo vivo.
La nostalgia per un mondo a cui non apparteneva più da molto tempo.
Dal 3° Cap.:
« Non si consuma, se la fissi in quel modo? », lo prese in giro Teddy, avvicinandosi a lui ridendo. Zick gli mostrò la lingua: « Pensa a come guardi Lay, piuttosto. » replicò, prima di scoppiare a ridere.
Dal 4° Cap.:
« Fa tanto freddo. », sbuffò Elena, portandosi la coperta sopra gli occhi.
Evan sorrise, al buio. « Hai ragione. Credo che la caldaia sia di nuovo rotta. ».
« Di nuovo? », Elena spalancò gli occhi sorpresa, ma anche lei non si mosse, per evitare che la brandina scricchiolasse sotto il suo peso: « Zick non mi aveva detto che era rotta, prima. Avremmo potuto dormire da me, stanotte. ».
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Elena Patata, Zick Barrymore
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ma allora c'è qualcuno che ci tiene, a questa storia ;D Mi avete piacevolmente sorpreso, grazie a tutti per le recensioni :) Ma non mollatemi adesso, vi prego! Buona lettura :)
L. L.

 

Weird Things




Evan seguì Timothy lungo alcuni corridoi dell’Armeria, finché non giunsero nuovamente nella Cripta dove lo avevano rinchiuso appena arrivato; iniziò ad agitarsi, temendo che avesse intenzione di rinchiuderlo nuovamente. Si strinse dentro alla giacca che gli aveva dato Elena, lasciandosi tranquillizzare dal profumo di lavanda di cui era intrisa.
Evan tornò a sedersi per terra, l’attenzione rivolta al gatto senza peli davanti a lui.
« Raccontami di nuovo come sei arrivato qui. », gli ordinò il Tutore, con calma.
Evan fece un respiro profondo e raccontò per l’ennesima volta quell’assurda storia; quando ebbe finito, Timothy pareva più preoccupato del solito.
« Ho fatto mandare i tuoi Telepattini da Uzca, nella città sospesa. Se hanno qualcosa che non va, lui lo scoprirà sicuramente. », gli comunicò, guardandolo con apprensione.
Evan annuì stancamente, tuttavia grato di non essere più trattato come un prigioniero.
«Prima… », iniziò il Tutore, improvvisamente a disagio, « Quando hai visto Zob Barrymore, tu hai detto… ».  « Nonno. Lui è mio nonno. », ripeté Evan, a denti stretti.
Timothy sospirò con preoccupazione. « Com’è potuto accadere?? », chiese, rivolto a nessuno in particolare. Ma nemmeno Evan conosceva la risposta a quella domanda, che era più o meno quella che si era posto da quando era arrivato all’Antica Armeria, trovandola piena di quegli sconosciuti.
« Come farò a tornare a casa mia? », domandò Evan a Timothy, a bassa voce.
Timothy gli rivolse uno sguardo che era simile, molto simile, agli sguardi che gli riservava nel Futuro, dal luogo in cui si trovava solo poche ora prima.
« Non lo so proprio, ragazzo. », rispose con dispiacere.
« E cosa farò nel frattempo? Non ho un posto dove andare. ». Evan si rendeva perfettamente conto che se suo padre fosse stato lì gli avrebbe lanciato un’occhiataccia, intimandogli di non lamentarsi e di reagire alla situazione con coraggio e senza perdersi d’animo.
Ma lui non era suo padre, ed aveva paura.
« Questo non è un grosso problema, potrai restare qui, nell’Antica Armeria. », gli propose Timothy, meditativo. Evan spalancò gli occhi sorpreso: « Qui?? Con meno trenta gradi?? » sbottò, di malumore. Riusciva quasi a sentire suo padre intonargli freddamente un  « Mantieni la calma, non rivolgerti a Timothy in questo modo. », e la voce calda di sua madre aggiungere  « Non temere, si sistemerà tutto. »
Timothy non poté fare a meno di convenire col ragazzo. Solo allora si accorse di come era vestito, e di quanto freddo dovesse avvertire. « D’accordo. Hai ragione. Potrai trovare asilo presso una Rifugiatrice. », gli annunciò pacatamente, sorridendo appena. « Sono sicuro che Zick sarà più che… ».
  « No, lui no! Non voglio stare con lui. » sbottò Evan, interrompendolo arrabbiato. Dopotutto, era successo tutto per causa di suo padre, che non prestava mai attenzione alle sue cose.
Timothy non poté fare a meno di notare l’aperta ostilità che Evan pareva provare nei confronti di Zick, ma non disse niente. « Allora, Elena sarà altrettanto felice di rendersi utile. ».
Evan annuì sovrappensiero. «Ehi, Evan. Ascoltami bene. », gli intimò Timothy, avvicinandosi a lui: « Nessuno deve scoprire chi sei e da dove vieni, chiaro? ».  « Ma tutti quelli nell’Armeria sanno già il mio nome. » obiettò il giovane Domatore, vagamente preoccupato.
« A loro ci penso io. » gli promise il Tutore, con aria solenne. « E adesso andiamo, dobbiamo parlare con Elena. ».
 
***
 
Zick osservava Elena discorrere amabilmente con Lay e Teddy come fossero amici di vecchia data, anche se lei non li vedeva quasi da più tempo di lui. Non che fosse stato Zick a chiederglielo, ma da quando lui aveva perso i suoi poteri Elena aveva iniziato progressivamente ad allontanarsi da quel mondo che avevano imparato a conoscere insieme.
Così, forse in nome di una qualche strana forma di solidarietà. Ma a Zick non dispiaceva, avere Elena sempre con sé. Lei lo appoggiava sempre. C’era sempre per lui. Anche in quel momento, mentre chiacchierava con Lay riguardo chissà quale diavoleria uscita dal borsone di Evan, Zick poteva benissimo intravedere le occhiate fugaci che Elena gli lanciava di tanto in tanto, come per accertarsi che lui fosse sempre lì, che non se ne andasse.
 « Non si consuma, se la fissi in quel modo? », lo prese in giro Teddy, avvicinandosi a lui ridendo. Zick gli mostrò la lingua: « Pensa a come guardi Lay,  piuttosto. » replicò, prima di scoppiare a ridere. Era proprio vero: Teddy ruotava attorno a Lay come un satellite intorno alla terra. Fu la volta del biondino di arrossire, ma si riprese in fretta e tornò all’attacco: « Almeno Lay non si è dimostrata così interessata al nuovo arrivato. », disse Teddy con fare disinvolto, prendendo a guardarsi le unghie della mano sinistra. Zick guardò Elena allarmato -  ma lei non se ne accorse -, e poi tornò a prestare la sua attenzione a Teddy: « Ma che dici! », esclamò, non del tutto convinto.
Il ragazzo dai capelli biondi rise sguaiatamente: « Beh, sai, deve essere il fascino del Domatore ad attirare le ragazze! ».
Teddy parve rendersi conto della cosa che aveva detto solo quando ormai era già troppo tardi per rimangiarsela, così si morse la lingua senza aggiungere altro, osservando la reazione di Zick.
 Lui gli sorrise freddamente, senza replicare, perché senza saperlo Teddy aveva espresso a voce una delle poche cose che davvero lo spaventavano. Perdere Elena.
Non che fosse una novità, comunque. Era stata quella la sua più grande paura, fin da quando aveva dieci anni. E ora che ne aveva quindici di anni, era ancora quella la cosa che più lo terrorizzava.
In quel momento fecero nuovamente il loro ingresso nella Piazza delle Cento Porte Timothy ed Evan: Elena e Lay si zittirono e raggiunsero Zick e Teddy, del tutto ignare dello scambio avvenuto tra i due pochi attimi prima.
Timothy li raggiunse con Evan al seguito, rivolgendosi ad Elena: « Evan resterà qui per un po’ di tempo. Elena, tu sei una Rifugiatrice e vorrei affidarti il compito di badare ad Evan durante la sua permanenza qui. ». Evan appariva contrariato tanto quanto Zick: «Badare a me? Non sono mica un bambino! », replicò infatti il ragazzo, offeso. Elena era troppo sorpresa per notare la curiosa scelta di parole di Timothy: Lay dovette pizzicarle il braccio per ricordarle di rispondere.
« C-certo, Timothy. » balbettò dunque Elena, ancora un po’ frastornata. Badare ad Evan? E cosa avrebbe detto ai suoi?
Timothy sorrise soddisfatto e con un cenno della testa si allontanò dal gruppetto di giovani Domatori –e-non, raggiungendo gli adulti.
Evan poteva vedere il disagio sul volto di Elena, allo stesso modo in cui lo aveva notato Zick.
« G-grazie. », borbottò il ragazzo dai capelli arancioni, impacciato.
Elena rispose con un mezzo sorriso: «Non c’è problema. »
Zick inarcò le sopracciglia: il problema c’era, e non era nemmeno uno solo.
 
***
 
Alcune ore dopo, Evan, Zick ed Elena erano tornati ad Oldmill, e si trovavano a casa di lei.
« Dove potremmo sistemare un letto in più in modo che i miei non lo vedono? », stava chiedendo Elena ad alta voce, un po’ preoccupata. Evan osservava Zick ed Elena in silenzio, sentendosi un po’ a disagio essendo il motivo di tale preoccupazione.
« Evan, sei capace di renderti invisibile, giusto? », domando sarcasticamente Zick, sbuffando. Trovava Evan antipatico allo stesso modo in cui aveva trovato antipatico tempo addietro Charlie Shuster, prima di rendersi conto che era un tipo in gamba e che anche lui voleva un gran bene ad Elena. Era perfettamente consapevole del fatto che probabilmente anche Evan era un tipo apposto, ma vedendolo seduto sul letto di Elena, nella sua camera, non poteva fare a meno di trovarlo antipatico. E dire che suo padre gli aveva insegnato ad imparare dai suoi sbagli!
« Non ne sono mai stato capace, in realtà. Ma ho alcuni gadget che potrebbero esserci d’aiuto, nel borsone di mio padre. », rispose Evan, pensieroso, torcendosi le mani. Elena gli sorrise: « Perfetto! ».  « Nel borsone che hai lasciato all’Armeria? », domandò Zick, socchiudendo gli occhi.
Elena gli lanciò un’occhiataccia: per quale motivo aveva l’impressione che Zick stesse tentando di sabotare Evan? Qualsiasi cosa dicesse, lui puntualmente lo rimbeccava.
Evan si dette una pacca sulla fronte: « Giusto. ».
« Perché non ti sistemi nell’armadio, Evan? », scherzò Zick, prima di chiudere la bocca fulminato da una delle occhiate di fuoco di Elena. Evan guardò prima il ragazzo dai capelli blu e poi l’armadio, quindi batté le mani, soddisfatto. « Ma certo! Hai avuto un’ottima idea. », esclamò Evan sorridente, attraversando la stanza a grandi falcate e spalancando le ante dell’armadio rosa di Elena. Lei parve vagamente imbarazzata ma non disse nulla, guardando Evan incuriosita: lui spostò i vestiti appesi tutti da un lato e posò entrambe le mani sulla superficie in legno all’interno dell’armadio, quindi dalle sua mani scaturì una luce blu brillante.
Zick non poté nascondere uno sguardo ammirato, avendo capito l’idea che la sua frase aveva suscitato in Evan: modificare lo spazio dimensionale all’interno dell’armadio di Elena usando lo Spazio Dom. Era una delle tecniche usate da Hector Sinistro. Zick aguzzò lo sguardo: dove aveva imparato Evan a fare una cosa del genere?
Evan terminò il suo lavoro in pochi secondi, e si fece indietro per permettere anche ad Elena e Zick di vedere: « Porca bomba! », mormorò Elena, ammirata.
Oltre i suoi vestiti all’interno dell’armadio era comparsa una stanza addirittura più grande della sua. Evan si dondolò sul posto attendendo un giudizio da parte di Zick, ma il ragazzo non disse nulla: sembrava diviso tra l’ammirazione e la noia. Elena, invece, gli dette una pacca sulla spalla e gli fece un gran sorriso. « Complimenti! » si congratulò lei, felice.
« Dove… dove hai imparato a farlo? ». Gli domandò Zick, squadrandolo incuriosito.
Evan fece spallucce, in difficoltà: era stato proprio lui, ad insegnarglielo, nel futuro. «  Dal Manuale del Domatore. ». Beh, non era del tutto una bugia: suo padre aveva aggiunto numerose pagine al Manuale col passare degli anni, aggiornandolo e inserendoci parecchi trucchetti.
Il Dom era un potere, a sua detta, eccezionale.
La risposta non parve soddisfare la curiosità di Zick, che aveva anche lui una copia del Manuale del Domatore ed aveva la certezza che su quel libro non ci fosse scritto nulla del genere, ma il ragazzo non disse niente per non attirarsi ulteriormente l’ira di Elena.
« Allora, possiamo iniziare a portare il materasso qua dentro. », esclamò Elena, tentando di alleggerire l’atmosfera che nel frattempo si era fatta un po’ pesante.
 
***
 
Finirono di sistemare la camera di Evan nell’armadio di Elena circa un’ora dopo: ci avevano portato dentro un materasso, un comodino, alcune torce e qualche libro.
Nonostante non avesse nulla da fare lì, Zick non voleva andarsene e lasciare che i due passassero insieme più tempo di quanto sarebbero stati costretti a trascorrere nei prossimi giorni.
Mai come quel giorno aveva sentito il bisogno di stare un po’ da solo con Elena.
In quelle ore, Evan si era rivelato essere un ragazzetto apposto ed Elena non aveva manifestato alcun tipo di interesse particolare per lui, se non quelle solite accortezze nei confronti degli ospiti – che tuttavia non aveva più per Zick da parecchio tempo. Anche se lui era ben felice, di ricevere un trattamento per così dire speciale, dall’amica d’infanzia.
Erano in cucina a fare uno spuntino con pancarré e nutella quando dalla tasca di Evan si udì un suono strano: il ragazzo dai capelli arancioni estrasse allora un aggeggio poco più spesso di una fetta di pancarré. Fece scorrere il dito sulla sua superficie, quindi lo rimise in tasca, sotto gli sguardi incuriositi di Elena e Zick. « Cosa c’è? », domandò lui, sentendosi osservato.
Elena rise: « Che cos’era quella cosa che hai messo in tasca? » gli domandò, incuriosita.
Evan lo estrasse nuovamente, mettendolo sul tavolo: « Questo? E’ un Iphone 5. ».
Subito dopo aver detto queste parole, Evan si morse la lingua, maledicendosi mentalmente per la sua mancanza di furbizia. Zick fece scorrere il dito sul display come aveva visto fare a Evan, ma non successe niente così la ritrasse, deluso, pensando che doveva essere uno di quegli aggeggi Dom che provenivano dal suo strano borsone. Nemmeno Elena aveva mai sentito parlare dell’Iphone, e diede voce al pensiero di Zick: «  Funziona con l’energia Dom? ».
Evan trattenne a stento una risata: « Sì, diciamo di sì. ».
Fortunatamente a interrompere quel momento imbarazzante venne in aiuto il cellulare di Zick, che iniziò a squilare: era Greta.
« Mamma, dimmi. ».
« Zick! Che fate tutti soli a casa di Elena? Ho parlato con sua madre stamattina, mi hanno detto che staranno via un paio di giorni. Perché non vi spostate tutti da noi? Possiamo cenare tutti assieme. ». Zick allontanò per un momento il telefono dall’orecchio: «  Vi va di mangiare da me, stasera? », domandò ai due, che avevano ancora le dita sporche di nutella. Annuirono in silenzio, trattenendo le risate, così Zick salutò sua madre e ripose il telefono in tasca.
Non nominarono più l’Iphone.
 
   
 
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