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Autore: Ily18    26/01/2008    3 recensioni
Michael e Sara si ritrovano a vivere nello stesso quartiere e non solo, Michael scopre che Sara è la sua nuova vicina di casa di cui tanto aveva sentito parlare in giro.
Come andrà a finire?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Michael Scofield, Sara Tancredi | Coppie: Michael/Sara
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Bene, vi volevo far capire un po' come questa storia è nata. Mentre guardavo una puntata della prima serie di Prison Break in Inglese, ho notato come una frase sia stata malamente tradotta in Italiano.
Vi spiego meglio, mentre Sara fà delle ricerche su Michael, viene beccata dall'infermiera Kate che le dà della pedinatrice.
Lei per scusarsi dice che non si capacita del fatto che uno come Michael, che vive nel suo stesso quartiere, possa essere finito in un carcere come Fox River.
Questa storia era nata come One-shot, ma convinta da un'amica mi è venuta voglia di continuarla; comunque sia, non ho ancora nuovi capitoli pronti, per ora. Cercherò di aggiornare appena possibile, oppure di lasciarla come One-shot.
E questa era la storia della fiction che state per leggere. Basta farfugliare, buona lettura!


Era uno degli Aprili più caldi degli ultimi anni, quando Sara decise che era ora di cambiare aria, di cercarsi un nuovo appartamento in una zona un po’ più rispettabile nel centro di Chicago.
Tutta la sua vita era ben impacchettata in un paio di scatoloni ben chiusi nel cofano della sua macchina che si era appena fermata di fronte a quella che ormai era la sua nuova casa.
Si soffermò a guardarla dal finestrino della sua auto. Era una modesta casa color crema, costruita su due piani e con una grande porta in legno dipinta con un colore chiaro che Sara non seppe definire.

“Abbastanza anonima” pensò la prima volta che la vide. Fu proprio per quell’impressione che ricevette, che decise di prenderla.

“Essere la figlia del governatore fa avere spesso gli occhi della gente addosso, è ora di un po’ di anonimato” pensò scendendo finalmente dalla sua auto. Si fermò ancora una volta a guardare la casa, poi si diresse verso il portabagagli. Lo aprì e poggiò a terra una delle tre scatole.

“Ha scelto davvero un brutto periodo per fare questi lavori pesanti” disse una voce maschile alle sue spalle che la fece girare di scatto.

Sara vide di fronte a sé un ragazzo coi capelli molto corti che indossava un abito beige, che sembrava molto costoso, e, soprattutto, che aveva gli occhi azzurri più belli che avesse mai visto.

“Sa com’è…cogli l’attimo! –disse imbarazzata cercando di suonare il più naturale possibile– era ora di agire, ho rimandato anche troppo!”.

“Beh, lasci che le dia una mano con questi scatoloni, - il ragazzo prese in mano le due scatole che sembravano più pesanti- anche se vedo che viaggia abbastanza leggera, si ferma qui per poco?” disse notando le poche scatole che Sara si portava dietro.

“No, a dire il vero mi stò trasferendo qui definitivamente…spero! –rise nervosa- ma sul serio, non si preoccupi per queste –indicò le scatole che il ragazzo teneva in mano- sono poche e abbastanza leggere e poi lei è vestito così…bene –scosse la testa quasi divertita nel vedere quanto bene fosse riduttivo- non vorrei sentirmi in colpa se si rovinasse l’abito”.

“La signora alla tintoria ne sarebbe entusiasta… -disse il ragazzo prontamente facendo ridere Sara di gusto– e mi darebbe una scusa in più per tornare a casa a cambiarmi –le sorrise- allora, dove gliele porto?” chiese.

“Oh, -Sara scosse la testa quasi sorpresa dalla domanda del ragazzo- a dire il vero è la casa qui di fronte” disse mentre saliva i pochi gradini di fronte alla porta.

“Sul serio? –chiese il ragazzo divertito- allora è lei la famosa vicina di casa di cui si parlava tanto in giro! Beh, io vivo nella casa di fianco a lei –indicò la casa a sinistra di quella di Sara- si senta pure libera di venire a chiedermi del sale quando vuole” disse camminandole dietro.

Entrambi risero divertiti, per questa strana coincidenza, mentre entravano in casa di Sara e poggiavano le scatole nel salotto.

“Non per sembrarle inopportuno, ma se non vuole essere conosciuta nel quartiere come l’ultima arrivata, farebbe meglio a dirmi almeno il suo nome… forse non lo sa, ma sono tra gli abitanti più potenti qui…” disse fintamente intimidatorio facendo uno sguardo serio che voleva sembrare minaccioso.

“Ah beh, in tal caso non mi oppongo! -Sara sorrise divertita- Sono Sara e lei è il primo ad usare una scusa così bizzarra per chiedermi come mi chiamo” disse divertita mentre gli porgeva la mano.

“Beh Sara, spero che per bizzarro intenda in modo simpatico. –disse stringendole la mano- Quindi lei è Sara… una donna senza cognome…misteriosa, mi piace. –disse divertito- Beh, piacere, io sono Michael Scofield”

“Tancredi” disse Sara lasciando andare controvoglia la mano di Michael.

“Scusi?” chiese Michael confuso

“Tancredi, Sara Tancredi…e ti prego, diamoci del tu perché nel giro di dieci minuti in cui ci siamo dato del lei, mi sono sentita abbastanza avanti con gli anni” disse divertita, mentre Michael annuiva divertito a quella sua richiesta.

Dov’era finito il suo piano di rimanere anonima per un po’? Dopotutto era quello che l’aveva spinta a trasferirsi lì dove non conosceva nessuno e, soprattutto, nessuno conosceva lei. Certo far sapere a quel ragazzo, per lo più suo vicino di casa, che aveva a che fare col governatore non era stata una buona mossa, anche perché, ne era sicura, ora l’avrebbe riempita di domande.

“Tancredi? –chiese Michael con un’espressione curiosa- ti dispiace se ti faccio una domanda?”

“No…” mentì Sara. Sapeva che questo momento sarebbe arrivato, ma dopotutto lui non aveva colpa per essere un po’ curioso, l’unica da incolpare era lei e la sua maledetta bocca.

“Il tuo cognome… -disse Michael lentamente guardandola fissa negli occhi- per caso ha a che fare con l’Italia?”

“Ehm… -Sara lo guardò con uno sguardo che andava dal confuso allo spiazzato- credo di si…” disse infine scuotendo la testa, mentre un sorriso prendeva posto sul suo viso.

“Cosa ti fa sorridere in quel modo?” le chiese curioso.

“Uhm, niente –fece finta di sistemare qualcosa su un mobile di modo che lui non potesse vedere che ancora sorrideva per la piacevole sorpresa di quella domanda che non si aspettava- è solo che nessuno mi aveva mai chiesto una cosa del genere sul mio cognome… -si girò finalmente a guardarlo in faccia- a dire il vero, credo tu sia il primo!” disse scuotendo la testa ancora una volta, divertita.

Sara lo sentiva, quel ragazzo aveva qualcosa di strano rispetto a tutti gli altri che erano entrati e, rapidamente, usciti dalla sua vita senza lasciare altro che tristezza e solitudine. Con Michael era diverso, si conoscevano da soli dieci minuti, ma lei già si sentiva bene ad averlo intorno. Si disse che era stupido sentirsi così per qualcuno che non conosceva, ma era più forte di lei.

“Sarà che sono uno a cui piace distinguersi dalla massa. –le sorrise gentilmente- Posso chiederti cosa ti ha spinto a trasferirti qui?” le chiese delicatamente.

“Volevo cambiare aria, stare in un posto un po’ tranquillo” disse mettendosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.

“Beh, direi che hai fatto la scelta giusta, a meno che lo sferruzzare delle anziane del quartiere non sia troppo rumoroso o stressante per te…” disse Michael con un’aria seria che fece sorridere Sara.

“Beh, sarò costretta a farci l’abitudine! –gli rispose ancora divertita dalla sua battuta- E invece cosa ci fa un ragazzo come te in un quartiere del genere?” chiese curiosa.

“Ho sempre vissuto qui con mia madre e mio fratello. –infilò le mani nelle tasche dei pantaloni- Da quando lui si è sposato e nostra madre è… -si prese un momento e prima di continuare prese un respiro profondo- …morta io sono rimasto qui… -la guardò negli occhi- anche perché mia madre non mi perdonerebbe mai se vendessi la casa!” aggiunse con un sorriso.

“Mi dispiace…” fu l’unica cosa che Sara riuscì a dire nel vedere lo sguardo ferito di Michael mentre parlava della madre. Gli mise una mano sul braccio per fargli capire che quel “mi dispiace” era veramente sentito e non una semplice frase di circostanza.
Michael la guardò ancora una volta negli occhi e le sorrise dolcemente.
Sara si ritrovò a sorridere imbarazzata nel sentirsi nuovamente i suoi occhi addosso e fu costretta a distogliere lo sguardo e fissare un punto non definito delle sue scarpe, tutto per paura che quegli occhi scavassero troppo a fondo e capissero quanto si sentiva bene in quel momento. Sola con Michael.
“Le farfalle nello stomaco? –si chiese Sara- questa sì che è bella! Non lo conosco nemmeno e già mi fa sentire così! E solo guardandomi!! Andiamo Sara, prendi un respiro profondo…” si disse cercando di calmarsi.

“Cosa ne dici se ti offro qualcosa da bere a casa mia? –le chiese poggiando la sua mano su quella che Sara teneva ancora sul suo braccio- E prima che tu risponda no, –aggiunse senza aspettare che Sara rispondesse- lascia che ti ricordi che sei appena arrivata e il tuo frigo è desolatamente vuoto”

“Grazie per avermelo fatto notare! –sorrise divertita scuotendo la testa - beh, non vorrei disturbare...” disse impacciata.

"Insisto" le disse con un bellissimo e dolcissimo sorriso che costrinse Sara a cedere al suo invito.

"D'accordo -sorrise divertita- accetto volentieri anche perché non mi lasci molta scelta…” aggiunse fingendo che questa costrizione non le facesse piacere.

I due uscirono da casa di Sara per entrare subito in quella di Michael.

“Fai pure come se fossi a casa tua” si sentì dire Sara mentre Michael la faceva entrare in casa prima di lui poggiandole gentilmente una mano sulla schiena.

Sara fu sorpresa di vedere come anche un ragazzo potesse vivere in un appartamento in ordine. Tutti i ragazzi che aveva conosciuto tenevano sempre qualche mutanda sparsa in giro per la casa o buste di patatine vuote sul divano. Ma non Michael. Lui era diverso, ormai l’avrebbe dovuto capire.
Lì era tutto perfetto, non una cosa in disordine, i colori dei mobili si accompagnavano perfettamente a quelli delle pareti, tutti i suoi CD erano in perfetto ordine sul ripiano di un mobiletto, così come i DVD nel ripiano più basso.

“Cosa ti posso offrire?” –le chiese Michael distogliendola dai suoi pensieri- Coca, un succo, birra…?”

“Birra? -sorrise divertita- Michael, non pensavo fossi il tipo che fà entrare una ragazze in casa sua per farla ubriacare! -disse divertita, mentre Michael si affacciò alla porta della cucina per sorriderle divertito- Una Coca va benissimo, grazie” aggiunse con un sorriso, prima che lui prendesse dal frigo quello che lei gli aveva chiesto.

“Ecco. –le porse la lattina- che dici se ti faccio fare un tour della casa?” le chiese gentilmente. Sara annuì.

“Bene, seguimi… –le disse facendo di nuovo uno di quei suoi bellissimi sorrisi che a Sara piacevano sempre di più- questa è la cucina, –lui e Sara entrarono velocemente nella cucina che risultava la più piccola delle stanze- questo è il bagno, –guardarono da fuori il bagno che rispetto alle altre stanze, aveva le pareti e il pavimento celesti- questa è quella che ormai è stata ribattezzata ‘la camera degli ospiti’ –indicò l’unica stanza, che Sara notò, aveva la porta chiusa.

“Forse Michael non ha spesso degli ospiti in casa” pensò Sara.

“Questo è il mio studio, -entrarono in una stanza molto più seria rispetto alle altre, con una grande scrivania piena di fogli enormi e degli scaffali pieni di libri che incuriosirono Sara- e…beh, questa è la mia stanza… -indicò un po’ imbarazzato la sua stanza che aveva un grande letto a due piazze nel mezzo, un tavolo vicino alla finestra con un portatile sopra e un grande armadio- e da qui si ritorna al salone” disse Michael concludendo il tour.

“Penso che il mio appartamento non sarà mai perfetto come il tuo” disse Sara sorseggiando un po’ della sua Coca.

“Datti un po’ di tempo, dopotutto sei appena arrivata. –le fece segno di accomodarsi sul divano- E se ti servisse aiuto di ogni tipo, basta che bussi alla mia porta” le disse sorridendole gentilmente.

“Grazie Michael” rispose Sara annuendo e sorridendo timidamente. Era una sua sensazione, oppure quello che sentiva era un senso di protezione? Il solo fatto di sentirgli dire che per lei ci sarebbe stato, l’aveva fatta sentire protetta, quasi al sicuro. Era una sensazione quasi sconosciuta per lei, dato che in tutti questi anni l’unica persona sulla quale avesse mai potuto contare era stata sé stessa.

“Ti dispiace se ti lascio sola giusto il tempo di cambiarmi velocemente?” le chiese quasi controvoglia. Era strano, ma stava bene lì con lei a parlare del più e del meno. Finalmente aveva qualcuno della sua età con cui discutere di cose diverse da nipoti che non chiamano mai, punti croce e mezze stagioni che non esistono più. Non che le vecchiette del posto non lo trattassero bene, anzi era come un nipote acquisito per loro, ma con Sara…non sapeva spiegarselo, e forse una spiegazione logica non esisteva, ma si sentiva bene con lei…

“Tranquillo, ti aspetto qui” le disse quasi rassicurandolo che di lì non si sarebbe mossa.

Michael le sorrise e, dopo aver preso un altro sorso dalla sua lattina, entrò in camera sua.

“Non mi hai ancora detto cosa fai per vivere” chiese improvvisamente Michael mentre era ancora in camera sua a cambiarsi.

“Oh, -Sara sorrise sorpresa di quanto poco tempo resistettero in silenzio- sono un medico al Chicago Medical Center”

“Un medico uh? –disse sorpreso- una volta sono stato ricoverato lì da bambino”

“Beh, mi dispiace per te, ma in quel periodo ero bambina pure io, per cui il tuo tentativo di darmi della vecchia ha fatto cilecca! –sorrise divertita sentendo Michael che rideva a sua volta da camera sua- Tu invece di che ti occupi?” chiese curiosa

“Sono un ingegnere edile, mi occupo di curare nei minimi dettagli le planimetrie degli edifici”

“Ecco cos’erano tutti quei fogli giganteschi nel tuo studio” disse mentre si alzava dal divano perché incuriosita da delle foto che Michael aveva su un mobile.

“Già, mi hanno appena affidato un nuovo incarico… -disse uscendo da camera e raggiungendola in salone mentre, con addosso dei jeans scoloriti e delle Converse nere ai piedi, finiva di infilarsi una polo nera su una felpa bianca a maniche lunghe- quella è mia madre” aggiunse notando la foto che Sara aveva preso in mano

“Era davvero bellissima” disse Sara con un leggero tono di tristezza nella voce, mentre rimetteva la foto al suo posto.

“Beh, con un figlio come me pensavo che questo dubbio non esistesse nemmeno…” disse Michael facendo l’offeso.

“Ah si? –arrossì per la battuta di Michael- Mi devo ricordare di dire in giro che il tuo pregio migliore è la modestia” aggiunse ridendo seguita da Michael.

“Questi invece sono mio fratello Lincoln, sua moglie Veronica e loro figlio LJ” indicò un’altra foto.

“Sembrano proprio una bella famiglia” disse, mentre finalmente distoglieva per un momento lo sguardo dalle foto e lo posava su Michael. Non riusciva a credere che una persona potesse risultare così bella con solo dei vecchi jeans scoloriti ed una normalissima maglietta addosso.

“Già, sono contento per entrambi. –sorrise- Voglio dire, sono perfetti l’uno per l’altro e non ti nascondo che qualche volta li invidio… –aggiunse con un tono di amarezza nella voce- si conoscono da quando erano bambini ed è stata solo questione di tempo prima che capissero che insieme erano perfetti. Invece per me trovare qualcuno con cui stare bene si è rivelata un’impresa impossibile” disse un po’ triste. “Per lo meno finora…” avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne per non sembrare una di quelle persone che solo dopo aver parlato cinque minuti con una ragazza già pensano sarà quella giusta. Lui non era un tipo del genere…ma allora perché si sentiva così…strano? Forse era un effetto del profumo di albicocca che sentiva sui capelli di Sara? O forse era il buon profumo della sua pelle? Scosse la testa quasi divertito da tutti quei particolari che, di sicuro, una persona normale non avrebbe notato.

“Ti capisco, -Sara si girò per guardarlo negli occhi- ma sono convinta che, prima o poi, tutti sono destinati a trovare la persona giusta” disse forse più convincendo sé stessa.

“Sai, sono sicuro che a mia madre saresti piaciuta, –sorrise divertito scuotendo leggermente la testa- adorava le persone che non si danno per vinte. A me e a mio fratello ripeteva sempre di avere fede” disse malinconico riguardando per un istante la foto della madre.

I due rimasero un po’ in silenzio. Era la prima volta da quando si erano incontrati.

“Così anche voi ingegneri avete il permesso di andare a lavoro vestiti in modo normale e non sempre con quegli elegantissimi abiti?” chiese Sara rompendo il silenzio che si era creato.

“No, -sorrise Michael divertito da quella strana domanda che nessuno gli aveva mai fatto- per oggi col lavoro ho finito, a dire il vero ho promesso a Lincoln e Veronica che sarei andato a pranzo da loro.”

“Oh, e io ti sto facendo fare tardi, vero? –disse veramente dispiaciuta- Mi dispiace così tanto!” disse andando verso il divano dove aveva appoggiato la sua borsetta.

“No, no tranquilla! –la rassicurò- sono in largo anticipo” disse guardando l’orologio. In realtà sarebbe dovuto essere lì già da dieci minuti, ma non gli importava. “Lincoln capirà” pensò.

“Beh, grazie di tutto…le scatole, la Coca, il giro turistico” gli disse sorridendo.

“Figurati, grazie a te per la compagnia! –le sorrise e si prese un po’ di tempo prima di andare avanti- Senti… non è che ti va di venire? –le chiese quasi maledicendosi per questo slancio di confidenza che, ne era sicuro, l’avrebbe messa in imbarazzo- Dopotutto non penso abbia niente di pronto per pranzo…” aggiunse evitando di guardarla negli occhi mentre cercava le chiavi della macchina e stando attento a farle pensare che l’aveva invitata a pranzo perché altrimenti sarebbe stata a digiuno e non perché moriva dalla voglia di stare ancora un po’ con lei.

“Grazie, ma non c'è bisogno che ti preoccupi, –sorrise dolcemente colpita da quell’invito che, di certo, non si aspettava- sono già d’accordo con un’amica per mangiare in un locale” gli disse porgendogli le chiavi che Michael stava cercando disperatamente.

“Grazie –sorrise piacevolmente sorpreso per questo gesto che faceva sembrare che i due si conoscessero da tanto tempo- però non puoi lasciarmi con la coscienza sporca, -entrambi uscirono da casa di Michael- permettimi di offrirti almeno la cena e, ancora una volta, uso la scusa del frigo che è desolatamente vuoto” le disse mettendosi di fronte dopo averla raggiunta di fronte alla staccionata che divideva i giardinetti delle loro case.

“Muoio dalla voglia di mangiare della pizza” gli disse senza pensarci su.

“Perfetto, -sorrise- e questa volta hai accettato subito!” aggiunse compiaciuto.

“Beh, hai delle motivazioni inattaccabili…” disse Sara divertita

“E’ il vantaggio di avere un avvocato come cognata… –sorrise- quindi pizza e film a casa mia, diciamo, verso le nove?” le chiese mentre le porgeva la mano per salutarla.

“Perfetto, però il film lo porto io!” disse prontamente Sara stringendo la mano di Michael.

“Suona come una minaccia… -disse scherzando- ma correrò il rischio” aggiunse quasi malizioso.

Quell’ultimo sguardo malizioso non era sfuggito a Sara, che seguiva con lo sguardo Michael mentre si dirigeva verso la sua macchina.

“Grazie per non aver fatto nessun commento su mio padre” gli disse poco prima che lui aprisse la portiera della macchina.

“Non è mia abitudine giudicare le persone da quello che i loro genitori fanno o non fanno…” le rispose accennando un sorriso poco prima di salire in macchina.

Poco prima di partire rivolse un ultimo sguardo a Sara e la salutò nuovamente con un cenno della mano e poi partì.
Sara si ritrovò a seguire, con lo sguardo, la macchina di Michael finché questa non svoltò l’angolo.
Scosse la testa divertita mentre si copriva gli occhi con entrambi le mani.

“Intelligente, gentile, educato e…stupendo! Direi che trasferirsi qui potrebbe rivelarsi molto più interessante di quanto pensassi…” si disse mentre rientrava in casa, seguita da quella sensazione che, aveva già provato ma mai in quel modo esagerato, di avere mille farfalle nello stomaco al solo pensiero di poterlo rivedere.
 
   
 
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