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Autore: kirlia    14/07/2013    3 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo 14 – Turning Tables

Close enough to start a war
All that I have is on the floor
God only knows what we’re fighting for
All that I say, you always say more

I can’t keep up with your turning tables
Under you thumb, I can’t breathe


Turning Tables.



La risata stridula e fastidiosa di frau Katherine Payne si diffuse per tutta l’aula, riempiendo il silenzio lasciato dalla rivelazione di Miles.
Non potei non guardarla corrucciata. Cos’aveva tanto da ridere?
«Vorrebbe insinuare, procuratore Edgeworth, che una misera carta in mano ad una bambina che potrebbe averla presa chissà dove, possa essere usata come prova per scagionare l’imputata? Mi sembra un po’ affrettato» sorrise malignamente, incrociando le braccia. Intanto sentivo il tacco della sua scarpa battere sul pavimento di marmo della stanza, producendo una eco fastidiosa e irritante.
Mi chiedevo perché ce l’avesse tanto con me: ero una dei suoi migliori procuratori, il mio cognome e il mio record in Germania portava prestigio alla procura. Almeno quando ero in servizio. Dovevo essere un orgoglio per lei, doveva cercare di “difendermi” per quanto rappresentasse l’accusa. Invece sembrava cercare ogni più futile dettaglio per mettermi in cella e gettare via la chiave. Era ambigua.
«Le assicuro, procuratore Payne, che la carta è una prova attedibile, in mano ad una testimone attendibile» replicò freddamente il mio “fratellino”, con un fugace sorriso.
Oh no, speravo non avesse intenzione di far testimoniare Annika! Era solo una bambina, in un paese straniero per giunta. Chi l’avrebbe mai ascoltata davvero?
E poi gli avevo specificatamente fatto capire che doveva proteggerla… gettarla in questa situazione a raccontare l’omicidio di mia sorella, nonché sua madre, non era esattamente il modo che avrei utilizzato per tenerla al sicuro.
Lui si voltò verso di me, e io gli inviai telepaticamente la parola “sciocco” sperando che ricevesse il messaggio e ritrattasse ciò che aveva appena detto. Purtroppo non fu così, ma lui alzò le spalle con aria di scuse, come a dirmi di non avere altra scelta.
Intanto nell’aula si era diffuso un brusio confuso di voci che non riuscivano a capire quali fossero le vere dinamiche di questo delitto. Riuscivo a sentire alcune accusarmi direttamente, ma cercai di non dare peso a queste cose e a concentrarmi sulla situazione.
«Silenzio!» tuonò il giudice, battendo il martelletto «Silenzio in aula! Considerata la svolta presa dal processo, ci sarà una pausa di 15 minuti. Procuratore Payne, la invito a rivedere i dati in suo possesso. Avvocato Wright, l’invito vale anche per lei.»
I due rappresentanti annuirono seriamente, per poi congedarsi dai propri banchi.
«Nell’attesa vorrei vedere la testimone e il signor Edgeworth nel mio ufficio.» concluse il giudice, indicando Annika e Miles.
Ero un po’ preoccupata di cosa il giudice le potesse chiedere, ma confidavo nella presenza di mio “fratello” per la sua sicurezza.
Non potevo fare altro che affidarmi totalmente a loro, adesso.

«Signorina von Karma, dov’è Annika?» chiese un’eccitata Pearl appena varcai la soglia della sala imputati.
La cosa mi colpii leggermente, perché non sapevo si conoscessero. Non ero nemmeno tanto sicura che la piccola sensitiva fosse una compagnia adatta per la mia nipotina. Non che fosse una criminale, ovviamente, ma non era neanche la gente perfetta che volevo che lei frequentasse.
Mi chiesi cos’altro avevano fatto Miles ed Annika durante la mia assenza e per poco non rabbrividii all’idea. Lui aveva certi sciocchi amici che proprio non mi andava che Annika conoscesse…
«Allora, dov’è Annie?» ripetè ancora la bambina, saltellando come se volesse raggiungere l’altezza dei miei occhi.
«Al momento è nello studio del giudice, fräulein Pearl Fey. Penso che le potrai parlare dopo il processo… sempre che vi capiate.» aggiunsi, non tanto convinta che fra loro potesse istaurarsi un rapporto di amicizia. Mi sembravano totalmente differenti in realtà. E poi, Annika non era ancora molto brava con l’inglese, anche se credevo che Angelika, da perfetta von Karma, le stesse facendo prendere già delle lezioni.
La bambina sembrò arrendersi all’idea e si sedette sul divanetto che mi aveva ospitato quella mattina, con aria tranquilla.
La cugina, frau Maya Fey, si alzò nello stesso momento come se qualcosa l’avesse punta, o come se avesse avuto un’idea improvvisa. Il suo sguardo sembrava indeciso.
«Sai Nick, sento che uno spirito sta chiedendo di essere evocato. A volte Mia lo fa, ma non credo di riconoscerla… sembra qualcun altro.»
Herr Phoenix Wright si voltò verso di lei, e anche io la guardai con un’occhiata interrogativa. Mi ero informata sulla tecnica di evocazione Kurain per via di quel processo in cui distrussi il mio record di vittorie perfetto… ah! Non era il momento per rimuginare su quelle cose.
Comunque, sapevo cosa intendeva, anche se non l’avevo mai visto in prima persona, ed ero piuttosto curiosa. Chi poteva essere lo spirito che chiedeva di essere evocato? E se fosse stata Angelika?!
«Potresti…» cominciai, ma poi mi interruppi quando tutti gli sguardi si puntarono su di me. Mi mordicchiai nervosamente un’unghia e, appena me ne accorsi, nascosi subito la mano dietro la schiena. Ecco perché indossavo sempre i guanti, solitamente.
Presi un respiro e continuai.
«Potresti evocare Angelika? Magari lei conosce il suo assassino.»
Mi accorsi subito che c’era qualcosa di sbagliato in quelle parole, come se un cassetto nella mia mente si fosse aperto rivelando che per le sensitive non era molto conveniente collaborare con la polizia o aiutare le indagini grazie alla testimonianza della vittima. Però non riuscivo a ricordare perché.
«Franziska, mi dispiace ma dopo quello che è successo a mia madre… Ho proibito alle sensitive Kurain di evocare vittime per scoprire assassini.» rispose Maya Fey, in tono di scuse.
All’inizio non capii a cosa si riferisse e quasi avevo tentato di chiedere chi fosse sua madre e cosa le fosse successo. Poi improvvisamente ricordai: il caso DL-6!
Il caso in cui il padre di Miles fu ucciso da mio… padre. Durante quelle indagini fu chiesto ad una sensitiva di intervenire, e la sensitiva era Misty Fey, la maestra, nonché madre di Maya. Avrei dovuto capire subito perché la richiesta mi sembrava sbagliata. Per molti anni mio padre era rimasto impunito solo perché Gregory Edgeworth non aveva visto il proprio assassino. E frau Misty Fey era stata presa per una ciarlatana.
Credendo di aver offeso la nuova maestra, portai una mano alla bocca stupita, poi fissai il pavimento.
«Mi… mi dispiace, frau Maya Fey. Non avrei mai dovuto chiederti una cosa del genere.»
Restai in silenzio, sentendo per l’ennesima volta la mancanza della mia adorata frusta. Tutti quegli sguardi su di me mi innervosivano, e di solito quando calava un silenzio del genere durante una discussione frustavo tutti per evitare di essere fissata. Adesso però non potevo e questo mi rendeva ancora più irritata.
Sentii la presenza della ragazza che si avvicinava a me e mi poggiava una mano sulla spalla. Normalmente avrei reagito male a quel contatto indesiderato, ma in quel momento non riuscivo ad essere scontrosa. Alzai i miei occhi color ghiaccio incontrandone un paio neri.
«Non fa niente Franziska! Immagino che sia normale nella tua situazione sperare in un aiuto del genere… Ma tranquilla! Vedrai che Nick e il signor Edgeworth ti tireranno fuori da questo pasticcio» mi sorrise in un modo che avrei potuto definire incoraggiante, come se volesse farmi forza.
Dovevo dirle che in realtà non mi fidavo per niente di herr Phoenix Wright? E che non ero certa che nemmeno Miles riuscisse ad aiutarmi?
No, non volevo distruggere le sue speranze, anche se le mie erano definitivamente andate in vacanza.
«E poi» aggiunse ancora improvvisamente la sensitiva «Smettila di chiamarmi “frao” o “frau” o come dici. Non sono così vecchia, anzi abbiamo la stessa età! Chiamami semplicemente Maya.»
La guardai stupita. Non sembrava che avessimo la stessa età, lei era molto più infantile di me. Beh, dovevo anche ammettere che io ero sempre stata molto precoce, considerato che ero diventata procuratore a tredici anni, ma lei dimostrava almeno tre anni di meno!
Ma la verità è che ero più stupita della sua confidenza nei miei confronti, che in un certo senso mi faceva sentire bene. Come se avessi quasi ottenuto un’amica.
«Va bene… Maya.» sorrisi leggermente e lei sembrò illuminarsi.
«Franziska, fra poco dobbiamo tornare in aula. Sei proprio sicura di non avere un’idea di chi possa aver pagato De Killer per uccidere Angelika?» disse improvvisamente Phoenix Wright, distruggendo l’atmosfera rilassata che quella conversazione con la sensitiva aveva appena creato.
Scossi la testa con sguardo angosciato e lui sospirò, riguardando di nuovo il dossier del caso.
Purtroppo non sapevo proprio come aiutarlo: per quanto ne sapevo, questo era il primo viaggio di Angelika negli USA, e questo significava che non conosceva nessuno. Chi avrebbe potuto volere la sua morte?

«Riprende il processo che vede come imputata Franziska von Karma. L’accusa è pronta a presentare il testimone?» cominciò il giudice, mentre prendevo posto di fronte a lui e prendevo un respiro per restare calma.
Annika sarebbe stata la prossima a testimoniare, chissà cosa aveva visto? Chissà cosa avrebbe detto?
Mi voltai ad osservare il procuratore Payne, che sembrava terribilmente arrabbiata e scocciata, e spingeva continuamente gli occhialetti lucidi su e giù per il naso. Che cosa l’aveva devastata tanto da comportarsi così?
Intanto nella stanza era calato il silenzio mentre tutti si aspettavano la risposta della donna, che improvvisamente sbottò: «Vostro Onore, perché non mi avete lasciato preparare la testimone?»
Io sorrisi divertita dal suo atteggiamento e mi appoggiai con un gomito al mio banco, osservandola. Scommisi che a lei non sfuggì il mio atteggiamento derisorio, ma non si azzardò mai a voltarsi verso di me.
«Sa, prima il signor Edgeworth mi ha fatto notare che la testimone è solo una bambina, ed è facilmente influenzabile. Ho preferito che riferisse direttamente ciò che ha da dire.»
La sua espressione in quel momento mi sembrò tanto afflitta, come se un fulmine dal cielo si fosse schiantato sul tribunale prendendola in pieno. I miei occhi erano luminosi di divertimento.
Accavallai le gambe mettendomi comoda per sentire la testimonianza veritiera della mia nipotina, che nessuno avrebbe potuto contraddire.
Annika fu portata al banco dei testimoni, accompagnata da Miles, che non le lasciava mai la mano. Il loro comportamento mi fece sorridere: sembrava che si fossero avvicinati molto in questi due giorni, e che la bambina si fosse sinceramente affezionata al mio fratellino.
Lui si schiarì la voce, poi disse: «Annika non conosce ancora bene l’inglese. Ha promesso che cercherà di farsi capire, ma io la aiuterò nel caso non riuscisse a tradurre qualcosa.»
Il giudice annuì e passò la parola a frau Katherine Payne.
«Testimone, ci dica quali sono il suo nome e la sua professione.» sussurrò tra i denti un sempre più scocciato procuratore, mentre si torceva un riccio tra le dita.
«Uhm… Io sonuo Annika von Karma. Prof… professonie Waise?» rispose subito la bambina un po’ confusa su cosa dire. Mi vennero le lacrime agli occhi a sentire ciò che aveva dichiarato come professione, povera piccola!
«Annika, “orfana” non vale come professione. Signor Giudice, la bambina… credo frequenti le elementari.» aggiunse Miles un po’ preoccupato, guardando prima lei poi me. I suoi occhi grigi sembravano dire “cosa faremo con lei?”
Io di rimando scossi la testa, sperando di poterne parlare con lui dopo.
Sapevo che se fossi uscita di lì la prima cosa che avrei sbrigato sarebbero state le pratiche per l’affidamento della piccola. Avevo riflettuto durante tutta la mia notte insonne su questo punto e avevo deciso che, pur essendo ancora solo una diciannovenne, potevo essere in grado di occuparmi di lei. In fondo ero un procuratore a tempo pieno, con i miei guadagni non le avrei fatto mancare niente e l’avrei cresciuta secondo il nostro credo, come pensavo mia sorella volesse.
Ma se non fossi stata liberata, cosa sarebbe successo alla mia nipotina? Era un pensiero che continuava ad attanagliarmi. Non potevo pretendere che mio “fratello” si occupasse di lei anche se era ovvio che per certi versi era anche sua nipote. Sarebbe stata affidata ad una famiglia di sconosciuti chissà dove, non potevo permetterlo!
«Annika, prosegui con la testimonianza, per favore» disse il giudice, che sembrava essere rimasto stregato da quegli occhi color mare e quell’atteggiamento dolce e gentile.
Lei annuì e mi guardò per un attimo. Vidi nei suoi occhi una consapevolezza adulta, quasi una promessa di liberarmi che avevo visto solo in quelli di Miles. Non riuscii a rispondere al suo sguardo in tempo, mentre lei cominciava a parlare.
«Io e Mutter [mamma] abbiamou fatto visiita a Tante Franziska per una cosa che ricuardava Onkel Miles.» recitò la bambina, come se avesse imparato a memoria quelle parole. Forse si era preparata per evitare di fare troppi errori durante la testimonianza.
C’era qualcosa che non quadrava in quella frase ma non avevo ancora capito cosa… Oh! Onkel Miles? Da quando Miles era diventato suo zio? Che fosse stato lui a dirle di chiamarlo in questo modo? Sicuramente non era stata sua madre che disprezzava così tanto la presenza di lui nel testamento che avevo modificato.
Mentre riflettevo, la mia nipotina continuava.
«Mutter si era arrabbuata con me per Phoenix…» affermò la bambina, e subito il giudice, che pendeva dalle sue labbra, le chiese: «Che cosa c’entra l’avvocato Wright? Non credevo ci fosse anche lui sulla scena del delitto.»
Vidi Miles trattenersi a stento dal ridere, e herr Phoenix Wright scuotere la testa convulsamente mentre in tutti i modi cercava di discolparsi, ma senza dare la vera spiegazione.
Sospirai. Com’era possibile che dovessi fare tutto io anche nei momenti in cui non era mio compito intervenire?
«Phoenix è il piccolo cucciolo di Annika, Signor Giudice.» mi inchinai come mi era solito fare al banco dell’accusa, con grazia. Per un attimo mi ero quasi dimenticata del mio ruolo in quel momento.
Il giudice annuì, riprese la sua espressione solenne e con un cenno invitò la testimone a proseguire.
«Ero nel cassetto mit Phoenix, quanduo ho sentito la pourta aprirsi. Era un Mann [uomo]e ha detto una cosa strania.»
Miles si voltò verso di lei con espressione stupita e curiosa. Immaginavo che non conoscesse questa parte della storia. Beh, in realtà nemmeno io ne sapevo niente: mentre ero nell’archivio non avevo sentito la porta del mio ufficio aprirsi, né i passi di qualcun altro all’interno della stanza. Ma probabilmente questo era dovuto ai muri insonorizzati della procura.
Attentamente cercai di seguire l’ultima parte della testimonianza, quella forse cruciale.
«Er ha detto: “Immaginiavo che tu fossii più giovane”»  


{Miles Edgeworth}

Immaginavo che tu fossi più giovane.
Perché mai l’assassino avrebbe dovuto dire una cosa del genere? Mi sembrava del tutto illogica. Chiunque fosse stato il mandante di De Killer, sicuramente doveva essere stato informato sull’aspetto della sua vittima. Avrà avuto una foto, l’avrà seguita in giro per la città, dall’hotel fino alla procura, dove io e Franziska lavoravamo. Perché guardare in faccia la propria vittima e dire in quel modo?
I miei occhi incontrarono quelli azzurri di Frannie, che sembrava anche lei confusa dall’ultima rivelazione di Annika. Non riuscivamo a vedere la connessione, ma eravamo entrambi certi che si trattasse di un dettaglio importante.
Anche Wright l’aveva capito, ma speravo non bluffasse. Non avevo bisogno che la posizione della mia “sorellina” diventasse ancora più precaria di quanto già fosse.
«Onkel Miles, Habe ich etwas komisch? [Ho detto qualcosa di strano?]» chiese improvvisamente Annika, tirandomi per una manica della giacca. Mi abbassai a guardarla con dolcezza e le carezzai la testa, mentre lei mi guardava con gli occhioni chiari.
« Absolut nicht. Du hast gesagt, was du gesehen hast, Mädchen. [Assolutamente no. Hai detto ciò che hai visto, bambina.]» le risposi, per farle capire che non aveva fatto niente di male. In realtà però l’informazione che ci aveva appena fornito mi inquietava molto.
L’aula era rimasta in silenzio, sembrava che tutti riflettessero ma nessuno riuscisse a spiegarsi il perché di quell’affermazione. Sembrava una sciocchezza, ma ognuno di loro si era reso conto che si trattava della chiave che avrebbe dato una svolta al processo.
«Mi sembra chiaro che la bambina stia mentendo, su questo punto. Un assassino professionista come De Killer non avrebbe mai sbagliato vittima, anzi avrebbe conosciuto ogni minimo dettaglio del proprio bersaglio.» spezzò il silenzio il procuratore Payne, scuotendo la chioma bruna e sorridendo in modo subdolo «Quindi, Vostro Onore, questa testimonianza è totalmente insensata e contraddittoria
L’occhiata che lanciò ad Annika mi fece gelare il sangue, tanto da spingermi inconsciamente a prendere per mano la bambina e tirarla verso di me, in segno di protezione. Aveva già sopportato troppo, non volevo che passasse anche per una bugiarda.
Il giudice però sembrava aver preso sul serio la considerazione dell’accusa, e si carezzava la barba soppesando le parole appena sentite. Speravo solo che avesse un po’ di buon senso e si rendesse conto che qualsiasi cosa potesse significare la frase che Annie aveva sentito, era sicuramente la verità.
«Posso risponderi, Onkel Miles?» disse improvvisamente la piccola, lasciando la mia mano e facendosi avanti per affrontare il procuratore.
Guardai confuso Franziska, non sapendo cosa aspettarmi, ma lei annuì, in segno che si fidava della nipote e che sicuramente non avrebbe detto nulla per danneggiarla. Quindi a mia volta le diedi il mio assenso.
«Frau Rechtsanwältin [Signora procuratore], perché dovriei mentire? La vittima è la mia Mutter, non avriei motivo di difenderi nessuno.»
Un mormorio di assenso si diffuse nella sala, segno che le parole di Annika erano evidentemente ovvie. In effetti, nella sua posizione, la piccola doveva solo volere che l’assassino di Angelika fosse punito. Non aveva importanza di chi si trattasse.
Katherine Payne però non sembrava demordere, e seguitava a discutere. Non si rendeva conto di stare avendo un diverbio con una bambina che poteva avere al massimo sette anni?
«Ma l’imputata è tua zia. La tua unica zia e l’unica parente in vita che ti sia rimasta. Sicuramente nutrirai dell’affetto per lei e la vorrai difend…» questa volta non riuscì nemmeno a completare la frase, che la ragazzina rispose.
«Signora, è stata lei stiessa a dire che per Tante Franziska noi eravamo delle sconosciute. Vuole forse riti… ritirarre la sua affermazione?» concluse Annika, incrociando le braccia e sorridendo vistosamente.
La guardai con uno sguardo talmente stupito e ammirato! Come poteva, una bambina di appena sette anni, riuscire a rispondere così a tono ad un adulto? E con una logica talmente perfetta e inattaccabile, poi! La piccola era davvero una von Karma, dovetti ammetterlo, ma aveva qualcosa in più che non riuscivo ad identificare. L’influenza di un padre avvocato difensore, forse?
Nell’aula intanto era il caos: gli spettatori non riuscivano a capacitarsi di cosa stesse succedendo, quel dialogo tra testimone e accusa non faceva parte della classica “procedura”, e soprattutto era raro che una ragazzina riuscisse a zittire così bene un procuratore.
Franziska sospirava felice, sembrava davvero soddisfatta di sua nipote. Sicuramente stava pensando qualcosa come “lei sì che è una von Karma”.
Maya, l’assistente di Wright, applaudiva dicendo: «Quella bambina è un genio, Nick!»
Il giudice improvvisamente batté il martelletto per richiedere il silenzio che si conveniva ad un’aula di tribunale. Mentre tentava di riprendere in mano la situazione, Wright ebbe un’intuizione improvvisa, e cercò di attirare l’attenzione.
«Signor Giudice, riflettendo sulle affermazioni della testimone e sulle parole del procuratore…» cominciò. Oh no, speravo solo che non dicesse qualcosa di strano e impossibile. Anche se, in realtà, quella luce nei suoi occhi si accendeva solo quando sapeva di aver capito qualcosa di fondamentale. Pregavo fosse così.
«Annika von Karma ha affermato che l’assassino ha detto “Immaginavo che tu fossi più giovane”; il procuratore Payne ha subito ribattuto che De Killer non avrebbe mai potuto sbagliarsi. E se invece… e se invece si fosse realmente sbagliato?» disse l’avvocato, mostrando le carte che riguardavano ciò che era stato detto quel giorno in aula.
Che… che cosa stava insinuando Wright? Stava forse dicendo che il killer avesse sbagliato bersaglio? Certo, questo avrebbe spiegato la strana frase ma…
Mi resi conto di dove stava andando a parare proprio mentre il giudice chiedeva: «Si spieghi meglio! Se anche si fosse sbagliato, chi sarebbe stata la vera vittima di De Killer?»
Era tutto chiaro, doveva essere così! Solo pensarci mi faceva stare male, solo l’idea che se l’omicida non avesse sbagliato…
«E’ ovvio, Vostro Onore. La vittima di quel giorno, in quell’ufficio, doveva essere Franziska von Karma


Angolino di Kirlia: 
Ma perché mi dilungo sempre? Mi ero detta e ridetta che con questo capitolo il processo sarebbe finito, e invece... Beh, purtroppo in questo caso mi era d'obbligo tagliarlo ancora. Questa volta ho usato uno stile un po' più Ace Attorniano forse! Ma avevo degli indizi da inserire, e delle rivelazioni che dovevano essere fatte pian pianino. 
Ci sono ancora delle cose da scoprire, ma non vi dirò proprio nulla questa volta! Tranne che ho già dato tutti gli indizi per individuare il mandante di De Killer, sta a voi capire chi abbia voluto la morte di Angelika, o Franziska... insomma, tentate la fortuna XD
Che ne pensate del capitolo? Troppi dialoghi e niente descrizioni? Ho cercato di bilanciare un po' le cose ma mi rendo conto che i pensieri in generale sono stati un po' messi da parte in queste scene... mi rifarò prossimamente! 
Care tesore mie (?) vi lascio con un'ultima cosa: un'immagine della nostra Annika! Non è tenera? *_*


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A presto e alla prossima puntata! 
Un grande bacio,
Kirlia <3

   
 
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