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Autore: RobiSmolderhalder    14/07/2013    9 recensioni
Just A Little Woman nasce in una notte insonne.
La protagonista è Bella Swan. Bella ha una vita comune, un giorno scopre di essere incinta. Jacob, il fidanzato non accetta che lei vuole tenere questo piccolo esserino. il senso materno, che, immediatamente si impossessa di lei, le impone a non uccidere quel piccolo. Ce la farà Bella a passare la gravidanza da sola? Senza il padre del bambino? O arriverà qualcuno in suo soccorso?
Scoprite con me l'evolversi della storia.
Roby
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Just A Little Woman.

 

 

 

 

Alone Against The World.

 

 

 

 

 

Cercavo di aprire gli occhi, ma le palpebre non rispondevano ai comandi del mio cervello. Non sentivo nulla, se non il respiro di qualcuno sulla mia pelle. Non so esattamente quanto tempo sia passato dall’ultima volta. Ricordo tutto, dicono che, in questi casi, molto spesso non si ricorda nulla. Io ho solo perso i sensi, non la memoria per quanto mi riguarda. Ricordo la rabbia negli occhi di Jacob, lo spavento nelle voci delle mie migliori amiche e poi il buio, ma tutto quello che è avvenuto prima lo ricordo, e se il mio corpo facesse ciò che indica il cervello inizierei a piangere per poi non smettere più. Come ho potuto anche solo pensare che Jacob l’avrebbe presa bene? Forse mia madre e le mie amiche avevano previsto una cosa del genere. Non abbiamo mai litigato pesantemente io e Jacob, poiché non c’è mai stato un valido motivo per farlo, adesso non sono sicura di volerlo nella mia vita per uccidere un ‘anima che non ha fatto nulla di sbagliato, innocente. Cerco di muovere le mani ma nulla, il vuoto. Vorrei tanto portarmi una mano sul ventre, sperando che, per quanto prematura sia la mia gravidanza, io non abbia perso quella piccola pallina bianca. Non so perché, non so nemmeno se sia una cosa normale, ma è possibile amare qualcosa, qualcuno già dal primo momento che scopri della sua esistenza? Forse no, non è normale, ma chi dice che io lo sia? Il desiderio di alzarmi, svegliarmi da questo stato qualsiasi esso sia, è prepotente, mi sento repressa, costretta in questo letto senza alcun bisogno. Spengo la mia mente e aspetto pazientemente che arrivi la luce per  svegliarmi.

Strabuzzo gli occhi e finalmente posso muovermi. Apro gli occhi lentamente, mi guardo attorno, cercando di focalizzare le sagome, ci metto qualche secondo prima che la mia vista torni limpida e vedo la testa di mia madre appoggiata sul mio letto. Accarezzo i suoi capelli, sperando di non averla delusa così tanto da pentirmene amaramente. Non appena sente il mio tocco, alza la testa con uno scatto repentino guardandomi e scoppiando a piangere.
«Tesoro mio.» Sussurra tra le lacrime abbracciandomi forte, alzo il braccio sinistro, notando che il destro è ingessato, lo guardo stralunata cercando di ricordare il dolore che dovrebbe avermi causato il braccio rotto, ma nulla, non sapevo di avere avuto danni fisici, o meglio, forse lo sapevo ma non ricordo. Le lacrime di mia mamma bagnano le mie guance e non so bene se è per la gioia di rivederla, per la paura di quello che mi aspetta nei prossimi mesi, per la rabbia di Jacob ancora presente dentro di me come una coltellata sul cuore, ma scoppio a piangere insieme a lei abbracciandola forte a me, intimandole di non abbandonarmi, che ho solo lei, che sarei sola se lei mi volterebbe le spalle. Mia madre scioglie l’abbraccio e accarezza la mia fronte, scostando qualche ciocca di capelli, la sua mano è fredda a contatto con la mia pelle calda. Mi guarda negli occhi e mi immergo in quell’azzurro cielo che mi ha sempre trasmesso sicurezza, affetto, sincerità e senso di purezza,  mi sorride e sospiro di sollievo, ma sono sicura che la ramanzina arriverà, deve arrivare.
«Amore mio. Stai tranquilla sistemeremo tutto.» Mormora prima di darmi un bacio sonoro sulla guancia. Mia madre propone di chiamare il medico in modo da avere maggiori chiarimenti sulla mia salute, dato che adesso sono finalmente cosciente. Il medico, un uomo sulla cinquantina, con capelli e folta barba bianca e un paio di occhiali che scivolano malamente sul naso neri, si avvicina sorridendomi. Tiene in mano una cartellina bianca ed è munito di una biro, alzo gli occhi al cielo, sperando di non dover rispondere ad un questionario mastodontico.
«Buongiorno Isabella.» Mormora sorridendomi, mentre io con quel buongiorno mi chiedo che ore sono e di quale giorno. Mi guardo attorno, ma non c’è nessun orologio o indizio utile.
«Dovrai rispondere a qualche domanda mia cara. Ma stai tranquilla la tua psiche è ancora debole, cercherò di fare presto.» Mormora con voce calda e rassicurante, annuisco come un automa, ripetendo come un mantra un: “lo sapevo”. Rimane in piedi davanti al mio letto e mi studia con lo sguardo, dopo qualche minuto annuisce e sospira, io roteo gli occhi e aspetto.
«Bella, cosa ricordi di quello che è successo prima di perdere i sensi?» Mormora, pigiando il bottoncino della biro pronto a scrivere, per poi analizzare le mie parole, strano, credevo lo facessero solo gli strizzacervelli.
«Ero andata a casa del mio ragazzo. Per comunicargli che aspettiamo un bambino…a proposito come sta?» Chiedo allarmata, ricordandomi che dentro di me c’è una vita che si sta creando, sentendomi un verme per averlo per qualche secondo dimenticato, cancellato dalla mente.
«Sta bene. Fortunatamente è rimasto illeso.» Mormora accigliandosi e guardandomi incitandomi a parlare.
«Dicevo…ho detto a Jacob che ero incinta, ma lui non ha voluto saperne, anzi, voleva ucciderlo, voleva che io abortissi, voleva...voleva…» Scoppio a piangere, ricordando come se fosse adesso la rabbia di Jacob, palpabile tramite i suoi occhi, la sua bocca, si sentiva nell’aria, mi aveva respirato addosso tutto il calore di quella rabbia non ingiustificata ma eccessiva. I singhiozzi mi riempiono il petto, facendo tremare la mia anima, che ormai non sa che fare se non piangere. Il medico mi guarda impassibile, mentre mia madre gli lancia sguardi di fuoco che potrebbero ucciderlo. Cerco di calmarmi, ripetendomi che non è il momento di piangere e fortunatamente ci riesco.
«Isabella, mi dispiace…vorrei solo dirti che hai il braccio fratturato, abbiamo bisogno di sapere come è successo.» Mormora con voce calda e rassicurante.
«Questo non lo ricordo. Forse quando sono caduta perdendo i sensi. Non lo so. Sono certa che, però, non ho sentito alcun tipo di dolore mentre ero vigile.» Mormoro sicura di me, non voglio dire balle solo per farla pagare a Jacob, anche se lo meriterebbe, non sono famosa per essere vendicativa.
«A volte, la rabbia e la disperazione non ci fanno accorgere del dolore fisico che stiamo provando, perché quello psichico è più forte.»

 
«Tesoro dobbiamo parlare.» Mormora mia madre mentre mi aiuta ad entrare in macchina, non mi ero mai fratturata nulla, il gesso è una tortura, alzo gli occhi al cielo per lo sforzo e mi siedo sul sedile della Volkswagen nera di mia madre. Annuisco alla sua affermazione. Mette in moto e rimane in silenzio, facendomi capire che sta metabolizzando e analizzando ogni frase che deve dedicarmi, sempre con la sua massima e assoluta sincerità. Non appena mia mamma spegne la macchina scoppia a ridere, indicandomi il portone di ingresso di casa nostra. Ci sono Hayley e Melanie che hanno in mano degli striscioni che citano: “bentornati a casa.” Una lacrima di commozione riga la mia guancia, dovrei essere felice di tutto questo, e invece…invece mi sento sola contro il mondo, sola a combattere contro un esercito intero, mi sento da sola, ma non lo sono, e se anche fosse avrei la forza di batterti contro tutto e tutti, per lui, per questa bellissima pallina bianca che mi ha fatto innamorare con un colpo di fulmine. Scendo dall’auto, tenendo sempre fermo il mio braccio e mi avvicino alle mie amiche, pronte ad abbracciarmi forte, strozzandomi e dandomi la loro forza. Entriamo in casa e mi chiedono come sto. Le dico che sto bene, che il mio piccolo o piccola che sia è sano, che la mia gravidanza va avanti da sei settimane, nonostante i ritardi facevano credere di più. E poi, cala un silenzio tombale non appena nominano Jacob. Non voglio parlare di lui, non ne vedo la ragione. Hayley e Melanie se ne vanno ed io mi stendo sul divano chiudendo gli occhi, cercando un qualche argomento che mi faccia venir sonno, in modo da non pensare e immergermi in quel luogo che tutti chiamano sogno, vivere in quella realtà reale solo dentro di noi, dove c’è pace e tranquillità.
«Bella? Svegliati amore. Dobbiamo cenare.» Mi sento strattonare dolcemente da mia mamma e apro gli occhi lentamente. Gli occhi azzurri di mia madre si specchiano nei miei e ci vedo paura lì dentro. Mi alzo con uno scatto repentino e inizio a camminare per dirigermi in cucina, una fitta al braccio mi fa fermare e strizzo gli occhi tra loro, come se questo gesto potesse cancellare il dolore. Mia madre corre verso di me e mi aiuta a sedermi sulla sedia di legno della cucina. Inizia a massaggiare la mia spalla e un sospiro di sollievo lascia le mie labbra.
«Meglio?» Mi chiede sorridendomi dolce. Io annuisco e ricambio il sorriso. L’odore di patate al forno e carne arrosto entra nelle mie narici facendomi rendere conto che sono molto affamata. Non appena ho il piatto con il cibo davanti afferro le posate e mangio tutto in dieci minuti, il tutto seguito da un mal di pancia terribile ovviamente.
«Bella devi mangiare più lentamente!» Mi rimprovera mia madre, facendomi sentire una bambina di cinque anni, non posso darle torto ovviamente. Sorseggia il suo tè al limone e  mi guarda, mi studia, cerca in qualche modo di comunicarmi qualcosa.
«Che c’è mamma?» Chiedo sicura che tra un po’ la sua tranquillità verrà smascherata dalla rabbia, perché in fondo so che è amareggiata e delusa. Lei scuote la testa e sorride.
«Non sono arrabbiata con te Bella.» Mi dice schiarendosi la voce, per poi continuare. «Sono solo molto sorpresa. Non mi sarei aspettata una cosa del genere adesso, di certo, sapevo che quando eravate da soli, tu e Jacob,  non vi guardavate negli occhi, poiché vedevo il modo in cui ti guardava, vedevo che c’era già una certa intimità tra di voi. Sono delusa dal suo comportamento, perché nonostante tutti sappiamo il suo carattere, sappiamo che è un immaturo che resterà tale per sempre, non credevo che ti lasciasse da sola in un momento come questo…» Dice facendomi tirare un sospiro di sollievo, ammettendo a me stessa che io al posto suo sarei stata furiosa.
«Lui ci sarebbe stato mamma. Solo se io avessi accettato la sua condizione.» Mormoro deglutendo, lei mi guarda accigliata e realizzo che Hayley e Melanie non le hanno detto propriamente tutto.
«Quale condizione?»
«Se io avessi ucciso il bambino, a quest’ora sarebbe qui con me. Ma non voglio uccidere un’anima innocente per colpa sua. Mi sono resa conto, in quel poco tempo che ho potuto pensare, che lui non mi ama, lui non ama, perché se lo facesse non avrebbe pensato nemmeno per un momento quello che ha detto, ciò che voleva che io facessi.» Dico cercando di reprimere le lacrime, consapevole che, comunque, avrei dovuto affrontare questa cosa con mia madre e che è semplicemente solo l’inizio, l’incomincio di una strada asfaltata, l’abbozzo di una nuova me, l’inizio di una lotta di cui sono sicura di voler combattere, anche a costo di perdere qualsiasi cosa, anche sola contro tutto il mondo.
«Questo ti rende onore piccola mia. Ho capito che vuoi tenere questo piccolo esserino. Ti comprendo se mi dicessi che lo ami più di te stessa nonostante sia solo l’inizio. Io sono qui amore mio, al tuo fianco, qualsiasi decisione tu intraprenda.» Mormora con le lacrime agli occhi, mi avvicino a lei e per quanto il braccio mi permette la stringo forte a me, ringraziandola un’infinità di volte e bagnando più del dovuto la sua camicetta.
Mi stendo sul mio letto, sfinita sia fisicamente e moralmente, accendo il pc e decido di guardare un film, purtroppo però i miei film sono tutti malinconici e strappa lacrime, come Forrest Gump, John Q, Moulin Rouge, Man Of Fire, alzo gli occhi al cielo e chiudo il computer con uno sbuffo. Un senso di angoscia mi pervade facendomi scendere le lacrime senza che io me ne sia resa conto, gli uomini sono tutti uguali, avevo sentito una volta, smentivo sempre, difendevo gli uomini dicendo che ogni persona ha un carattere diverso da un’altra che ognuno di noi è unico, diverso da un altro. Invece adesso lo penso anch’io, mio padre ha fatto la stessa identica cosa di Jacob, ha abbandonato mia madre quando io ero solo un feto minuscolo, non ha voluto prendersi le sue responsabilità. Aveva giurato amore eterno, mio padre, come Jacob aveva fatto con me, ripentendomi tutti i giorni quanto le stesse a cuore la mia felicità, dicendomi che nulla era più importante del mio sorriso, eppure eccolo qui, pronto ad abbandonarmi, abbandonarci, al nostro destino, pronto a fregarsene di un figlio che tra meno di un anno nascerà, pronto ad ucciderlo pensando solo a se stesso, alla sua vita senza interruzioni da parte di nessuno. Ho letto il suo fastidio negli occhi quando ho rivelato il mio stato interessante, come se quel bambino fosse una barriera tra le due personalità di se stesso, come se quella fosse una tragedia quando in verità è un dono, un piccolo miracolo arrivato in un momento sbagliato, ma pur sempre qualcosa che sa riempire il cuore di gioia più di qualsiasi altra cosa la vita ci offre. Calde lacrime bagnano il mio cuscino, cerco di autoconvincermi che le lacrime porteranno via questo immenso senso di tristezza, con una mano le spazzo via cercando in vano di reprimere quell’ansia ormai presente dentro di me da giorni. Chiudo gli occhi cercando di immaginare la mia vita, ma Jacob non c’è, dicono che l’amore non va via in un battito di ciglia, dicono che non si ama se si odia, dicono che per innamorarsi di una persona può volerci un attimo come un secolo, dicono che per odiare una persona può volerci un nanosecondo e un’eternità. L’amore non va via presto, è vero, ma era vero amore? Che amore è se dopo qualche attimo puoi ritrovarti ad odiare la stessa persona? L’unica cosa che mi consola è avere la consapevolezza di amare questo bambino di più di quanto credevo di amare Jacob. Una parte di me spera che lui torni indietro, a chiedermi scusa, a dirmi che era stato l’istinto a prevalere, l’altra non lo vuole più vedere né sentire. Scuoto la testa e le lacrime scendono fino al collo, che stupida sono stata a credere anche solo per un attimo che lui sarebbe rimasto al mio fianco. Avevo anche creduto che questa fosse stata l’opportunità per farlo crescere. Lui ha buttato via la felicità, perché io ne sono consapevole, sarò felice, non ora né tra un mese, ma quando questa gioia verrà al mondo, onorandomi con la sua presenza sarò felice, e nessuno potrà mai farmi cambiare idea su questo.

«Bella! Va a casa se non te la senti! Forza!» Mi incita Hayley non appena mi vede. Siamo davanti l’edificio universitario ad aspettare Melanie, che stranamente non è ancora arrivata. Il mio aspetto di certo non è tra i migliori, ma sono presentabile, e poi, se voglio davvero dare un futuro degno di essere chiamato tale al mio piccolo devo continuare ma studiare, ho pensato di passare in segreteria e chiedere se tra qualche mese posso studiare da casa, in modo che quando la mia pancia sarà una mongolfiera potrò starmene a casa senza perdere l’istruzione o comunque rimanere indietro con gli esami. Gli occhi di Hayley si mescolano con i miei rivelandomi la sua tristezza nel vedermi in questo stato, con un braccio fasciato, gli occhi spiritati, l’espressione di chi è stato appena travolto da un camion, e poi la consapevolezza di avere un’amica incinta e sola. La guardo cercando di confortarla, cercando di farle capire che io sono forte, che posso farcela, contro ogni probabilità riuscirò a rendere la mia vita migliore di quel che credo.
«Hai denunciato il fatto?» Mi chiede indicando il mio braccio con il mento. Io la guardo confusa e scuoto la testa. Lei sgrana gli occhi e mi guarda, si avvicina a me velocemente e mi prende per il braccio.
«Perché no Bella? Se farai passare questa cosa, la rifarà altre volte!» Mi dice arrabbiata ma con quel senso di dolcezza tra la voce.
«Ma cosa? Di che parli?»
«È stato Jacob a romperti il braccio, non è possibile che non lo ricordi!» Cerco di trovare qualcosa che colleghi questo, nei ricordi della mia mente e sì, ricordo che lui mi ha afferrato il braccio, ma non ricordo se ho provato dolore, e non è possibile che sia stato lui, perché con lo stesso braccio dopo qualche secondo gli ho mollato un ceffone. Scuoto la testa rivolgendomi ad Hayley, mentre l’abbraccio di Melanie mi impedisce quasi di respirare.
«Buongiorno. Come va?» Chiede con aria frizzantina. Noi scuotiamo la testa e lei rimane impassibile, non facendosi rovinare il buonumore, è una cosa che ammiro di lei, una delle sue migliori qualità. Hayley chiede a Melanie se ricorda bene quel pomeriggio non molto lontano, dicendole che non ricordo se è stato lui a rompermi il braccio oppure è stata la caduta.
«È stato lui! Ovvio che è stato lui!» Urla Melanie. Io annuisco, sicura che posso fidarmi di loro e la mattina passa così, tra le lezioni e il mio frugare tra i ricordi per cercare di rendere quel pomeriggio più vivido, rendendo la mia vita ancora più difficile, dato che quel ricordo è come una stilettata al petto. Non appena il professore di letteratura Inglese ci informa che possiamo andare, la classe si svuota immediatamente. Con la mia goffaggine degna da far invidia ad un bradipo, mi alzo acchiappando la mia borsa, esco dall’aula cercando con lo sguardo Melanie, dato che Hayley oggi tornava a casa prima. Mentre cammino in cerca della mia amica, la porta con una voluminosa scritta “segreteria” attira la mia attenzione, meglio prima che dopo, mi dico. Varco la porta e un signore sulla cinquantina d’anni mi sorride facendomi cenno di avvicinarmi al bancone.
«Buongiorno. Vorrei sapere se ci sono delle possibilità di studiare da casa, nei prossimi mesi.» Mormoro, incurante del mormorio dei ragazzi che ci sono dall’altro lato della segreteria, sicuramente a prendere la serie dei libri di testo. Lui annuisce e mi porge un modulo.
«Deve compilare il modulo, e poi potrà farlo. Il modulo va consegnato trenta giorni prima dalla data in cui non riesce a venire qui.» Mormora sempre sorridendomi. Lo ringrazio ed esco fuori, seguita da un ragazzo.
«Ehi ciao! Come va?» Mormora imbarazzato, si riesce a sentire dalla voce. Mi giro e mi imbatto ancora una volta in quel ragazzo che avevo creduto reale solo nella mia mente. Non ricordo bene il suo nome, quello che ricordo, cosa che non si può dimenticare, è la sua bellezza. Non è di una bellezza di quelle che vedi in tv in uno spot di profumi, no, è molto di più. Direi più una bellezza che ti colpisce al primo sguardo, una bellezza che quando la vedi non puoi dimenticarla. La sua mascella è rigida ma dall’aspetto sembra morbida da mordicchiare, le sue spalle sono larghe, ma non troppi, è minuto ma i muscoli sono okay. E poi ci sono i suoi occhi che pur non conoscendolo mi fanno capire la bontà che c’è il lui, la bellezza interiore che esprimono i suoi occhi è eclatante.
«Ehm...Ciao. Tutto bene grazie.» Mormoro con le guance in fiamme, com’era quel proverbio? Ah sì, meglio dire che stai bene invece che spiegare perché stai male. E poi di certo, non voglio la pietà di nessuno, tanto meno non voglio annoiare questo dio greco sceso in terra, sono sicura che osservarlo così è meglio che parlarci.
«Organizzo una festa, questo Sabato. Vuoi venire? Puoi portare anche le tue amiche con te.» Mi dice con le pupille che si allargano di speranza. Sorrido intimidita e prendo l’invito che ha tra le mani e annuisco. Lui si passa una mano tra i capelli e mi saluta, lo guardo mentre mi da le spalle andando via. Guardo il foglio e la ragione non permette all’istinto di accartocciarlo e buttarlo via. Mi dirigo fuori, sperando che Melanie sia lì, mentre la malinconia che per pochi attimi se ne era andata torna a farmi compagnia, rendendosi più presente della mia ombra stessa. Mi guardo attorno, ma questa volta non per cercare Melanie, ma per vedere se trovo quel ragazzo di cui non ricordo il nome. Un moto di delusione mi invade quando Melanie arriva e di lui non c’è nemmeno l’ombra. È possibile credere di stare bene in presenza di una persona che ancora non conosci?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci, non ho ritardato, anche se, lo ammetto è stato difficile. Voglio ringraziarvi tutte, per aver accolto la storia in questo modo, non me lo aspettavo. Grazie infinite!
Spero di non deludervi e spero che quest’avventura sia gradevole per voi quanto lo è per me.
Un bacione.
A domenica.

Roby <3

 

   
 
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