Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: RobiSmolderhalder    07/07/2013    14 recensioni
Just A Little Woman nasce in una notte insonne.
La protagonista è Bella Swan. Bella ha una vita comune, un giorno scopre di essere incinta. Jacob, il fidanzato non accetta che lei vuole tenere questo piccolo esserino. il senso materno, che, immediatamente si impossessa di lei, le impone a non uccidere quel piccolo. Ce la farà Bella a passare la gravidanza da sola? Senza il padre del bambino? O arriverà qualcuno in suo soccorso?
Scoprite con me l'evolversi della storia.
Roby
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Just A Little Woman.

Prologo.

 

 

 

 

 

 

Mi guardo allo specchio, pronta per il mio primo giorno all’università. Mi sento così elettrizzata, per quanto tempo avevo sognato questo giorno? Sono sempre stata quel tipo di ragazza a cui piace studiare, quel tipo di ragazza mai stata attratta da brutte strade o droghe. Sono sempre stata per conto mio, a pensare al mio futuro, fantasticando sul domani che verrà. Ravvivo i miei capelli ed esco dal bagno dirigendomi in cucina, dove si sente l’aroma di caffè appena fatto.
«Buongiorno Tesoro.» Mormora mia madre sulla mia guancia, posandole un bacio tre secondi dopo.
«Ciao mamma. Come sto?» Le chiedo lisciando la mia gonna di seta che arriva fino al ginocchio e la camicetta bianca a maniche corte, ai piedi indosso un paio di sandali neri, con le perline argentate sulla stoffa, avrei certamente preferito le mie converse nere, ma non credo sarebbero state adatte.  Reneé piega la testa di lato, pronta per il suo sincero giudizio, non è mai stata una mamma che ti riempie di balle per farti felice, la sua sincerità ha sempre avuto furore tra di noi, ed io sono cresciuta come lei, con il motto di chi è sincero farà sempre una buona vita. Ma non credo sia così, sinceri o meno, se la vita decide di far schifo lo fa lo stesso, indipendentemente dalla sincerità.
«Sei bellissima amore mio.» Sussurra emozionata, con uno slancio mi butto sulle sue braccia e lei mi accoglie abbracciandomi. Non mi è mai mancato affetto da parte di mia madre, nonostante la sua vita non è mai stata rose e fiori, nonostante io sia stata quel motivo per cui mio padre l’ha abbandonata quando io ero ancora un embrione. Eppure lei mi ripete tutti i giorni, quanto sia stato necessario avermi, che  sono stata la cosa migliore che potesse capitarle. Mia madre mi ha chiesto mille volte se volessi sapere dove trovare mio padre, ma no, ho sempre rifiutato, dicendole che come lui non ha voluto me, io non voglio lui nella mia vita. Che uomo è? Quale uomo lascerebbe la propria donna per sua figlia? Magari adesso è cambiato, forse è maturato in questi ultimi diciannove anni, ma non importa, ho mia madre, ho il mio ragazzo e ho i miei nonni che di certo non mi fanno mancare l’affetto che lui non ha saputo darmi.
Sorseggio il mio caffè, aspettando Jacob che mi accompagnerà. Infatti, non appena la mia mente lo focalizza il campanello suona.
«Ciao Jake.» Mormoro baciandolo a fior di labbra.
«Ciao Bells. Reneé.» Mia madre alza la testa a mo’ di saluto, ed io, come ogni giorno abbasso lo sguardo imbarazzata, sono due anni che sto con Jacob, ma a lei la nostra relazione non le è andata mai a genio, lo vede come un cafone immaturo. La sincerità di mia madre. Ma la vita è la mia, e di certo non lo avrei lasciato per il disappunto di mia madre. Prendo la mano del mio ragazzo ed usciamo da casa.
«Tua madre non mi accetta.» Ammette con disprezzo non appena mette in moto la sua golf del millenovecento…ah, non ricordo.
«Non è una novità.» Dico come se nulla fosse, beccandomi una brutta occhiata da parte sua. Arriviamo nel parcheggio e con un flebile bacio saluto il mio fidanzato. Il sole di Berlino picchia sulla mia testa e mi maledico per non aver indossato il cappellino, la mia pelle è bianca, è la cosa più simile alla mozzarella che possa esistere. Ricordo che una volta dopo essere stata al mare, mi addormentai svegliandomi all’ospedale, sono stata lì per due settimane: ustione di terzo grado. Da quell’episodio sono sempre stata attenta e premurosa con la mia pelle. Afferro il pacchetto delle mie sigarette e sicura che non ci siano gli occhi di mia madre a scrutarmi, ne tiro fuori una e l’accendo. Inizio a camminare, dirigendomi all’entrata della Freie Universität, un fastidio sotto la pianta del mio piede mi fa intuire che è entrato qualche sassolino, alzo il piede e lo scuoto, cercando di non farmi notare dai ragazzi che circondano il giardino, tentativo vano dato che adesso mi guardano tutti, un sorriso di circostanza si impossessa del mio volto e le mie guance si tingono di rosso peperone. Giro il mio volto, guardandomi il tallone e, cosa molto intelligente da parte mia, continuo a camminare, schiantandomi contro qualcosa…mi giro, o qualcuno. Rimango pietrificata a guardare il ragazzo che ho appena investito. Il suo sorriso è la prima cosa che noto, circondato da rosee labbra carnose, i suoi denti sono bianchi scintillanti, i suoi capelli sono un po’ strani, sono ramati, la sua è una chioma ribelle.
«Scusami.» Mormora guardandomi da capo a fondo. I suoi occhi sono verdi, un verde che non passa inosservato tanto è acceso e scintillante.
«No…ecco io…» Inizio a balbettare e di nuovo le mie guance assumono miliardi di colori tranne uno normale.
«Sono Edward Cullen.» Mormora porgendomi la mano, io avvicino la mia tremante e stringo la sua, così calda e forte.
«Bella Swan.» Mormoro imbarazzata. In realtà il mio nome è Isabella, ma mi sa tanto di antico, odio il mio nome per intero.
«Ci vediamo in giro.» Mi dice salutandomi, mentre io continuo a guardarlo rimanendo imbambolata, mai visto un ragazzo così. Scuoto la testa, ricordandomi che al mio fianco ho una persona che amo e che mi ama e continuo la mia lotta contro il destino: oltrepassare indenne questa giornata.
La mattina passa tra le presentazioni dell’istituto e il mio incontro con le mie due migliori amiche: Melanie e Hayley. Melanie è bionda con gli occhi verdi, è alta e magrissima, tante volte le hanno offerto lavoro come modella, ma lei ha rifiutato essendo innamorata del cibo e degli sport maschili. Hayley ha i capelli rossi, è alta i suoi occhi sono azzurri, il suo corpo è minuto ma ha le forme al punto giusto. Sono state in vacanza alle Bahamas questa estate, mi hanno chiesto se volevo andare ma ho rifiutato, non ho mai lasciato mia madre da sola, ho sempre avuto un senso di protezione assoluta verso di lei, e poi Jacob non mi avrebbe lasciata andare. Tante volte mi chiedo se il nostro amore è come quello delle Sit-com, tante volte mi chiedo se sto vivendo la mia vita per davvero, ci sono quelle volte invece in cui lo guardo negli occhi e dico: sono felice, nonostante succede poche volte. Mi accontento, la mia vita è sempre stata monotona, calma, senza “divertimenti da adolescente”, chi si accontenta gode no?

 

Un gemito di disperazione lascia la gola di Hayley non appena la golf del mio ragazzo entra dentro il parcheggio. Mi giro verso di lei con sguardo confuso e lei scuote la testa. Allora da lì capisco tutto, si chiede come mai io stia ancora con lui, l’unica persona che accetta il mio fidanzamento è Billy, nonché il padre del mio ragazzo. Sembra una cosa triste, ma sono sempre stata quel tipo di persona che se ne frega del giudizio altrui, anche se, lo ammetto, molte volte mi sono chiesta il motivo del disappunto di tutti quanti.
«Come è andata?» Mi chiede con dolcezza non appena entro in auto. Annuisco come per dirgli: “tutto bene”, sono troppo stanca per parlare. Mette in moto e il tragitto è silenzioso, anche perché tra di noi non c’è mai stato nessun tipo di dialogo. Entro in casa e mi butto sul divano, mia madre è a lavorare, tante volte ci rimane anche la notte, è un medico, al momento si sta occupando di una ricerca per il cancro. Guardo le foto che circondano la casa, troppo grande per solo due persone, solo diciannove sono le mie dei compleanni, poi ci sono quelle della nascita, di mia madre da piccola, di me e mia madre. Ricordo che mia madre c’è stata sempre, quando stavo male, quando ho eseguito gli esami della scuola media e del diploma, quando ho dato l’esame per la patente. Ad ogni occasione, che fosse importante o meno lei c’è stata. Sorrido, pensando che sono stata fortunata dopotutto, mia madre mi ama, più di qualsiasi altra persona. La mia vita è sempre stata questa, un immenso accontentamento, il mare a bassa marea. Ci sono stati anche per me quei periodi di ribellione, ma il massimo che ho fatto è stato piangere in un angolo buio per ore, senza far capire niente a nessuno. Spesso in quel periodo, mi chiedevo cosa ci fosse in me che non andava, perché se mio padre mi aveva abbandonata, l’uomo che mi aveva creata, quanto ci avrebbe messo un’amica, un fidanzato a farlo? Avevo perso la fiducia nelle persone, credendo che fossero tutte uguali, che le gente a cui ti affezioni prima o poi ti abbandona, perché trova di meglio, perché non hanno più bisogno di te, perché in un modo o in un altro trovano il modo per sbarazzarsi delle persone. Adesso ho imparato che non me ne importa un fico secco, che se voglio bene non lo faccio al cento per cento, in modo che non appena vanno via sono preparata e soffro meno. Per questo, forse mi sono accontentata di Jacob, perché nei suoi occhi ho visto lo stesso senso di bisogno del mio, di non essere abbandonato.

 

«Pronto mamma?»
«Tesoro, potresti dirmi cosa c’è scritto nella lista della spesa? L’ho dimenticata a casa!» Sbuffa disperata, scoppio a ridere e stacco il post-it dal frigo.
«Melanzane, mele, limoni, pasta, sugo, tonno, bagnoschiuma, crema per il corpo, assorbenti…» Rimango in silenzio, mentre mia madre mi chiama pensando che si fosse staccata la chiamata.
«Mamma, puoi richiamarmi tra due minuti?» Sussurro in preda al panico, senza nemmeno aspettare la sua risposta stacco la chiamata, correndo verso lo sgabuzzino per prendere la mia borsa, afferro l’agenda dove appunto il giorno del ciclo, siamo al 15 Settembre, prendo il mese di Agosto, vuoto, Luglio, vuoto, Giugno: 29 Giugno, ultima mestruazione. In automatico le mie gambe diventano della stessa consistenza del budino e mi siedo per terra, giro le pagine dell’agenda tra le mani, pensando che si, c’è un errore, invece no, le pagine sono vuote. Un peso all’altezza del mio stomaco mi fa faticare a respirare, e spero solo che sia tutta colpa dello stress. Trovo un minimo di lucidità per chiamare mia madre, prima che possa mandarmi una volante della polizia per assicurarsi che io sia ancora viva.
«Pronto Bella? Non permetterti mai più di chiudere il tel…»
«Scusa mamma, c’era Jake alla porta!» Improvviso interrompendola.
«Ho già fatto la spesa, se manca qualcosa torno domani. Ci vediamo tra poco.» Sospiro, sorprendendomi dalle mie doti da attrice, non mi capita di mentire spesso. Afferro la testa con entrambe le mani, imprecando in aramaico contro me stessa! Come ho potuto dimenticare una cosa del genere? È da matti! Inizio a camminare per tutta la casa cercando una qualche spiegazione ai miei ritardi che non sia una gravidanza.

 
«Cosa?!» Urlano all’unisono le mie amiche, costringendomi a tapparmi le orecchie. Chiudo gli occhi, pensando che ci manca solo la loro reazione per farmi scoppiare a piangere seduta stante, cosa che, stranamente non è ancora successa. Ho passato la notte insonne, andando in bagno ogni ora per controllare se fossero arrivate, invece niente, ho pensato fosse lo stress, ma sono quasi tre mesi, e ad oggi mi chiedo come ho fatto a dimenticare una cosa del genere, il che è strano perché sono sempre stata puntualissima e meticolosa per questo genere di cose…forse il diploma, l’università, l’estate calda e noiosa, ho pensato potessero essere tutte queste cose, ma è impossibile, per una volta ho sperato di essere una donna sterile, pensiero che può sembrare orribile per molta gente. Una lacrima sfugge al mio occhio pensando all’ultima volta che ho fatto sesso con Jake, non che ci sia sempre l’occasione, e quando c’è cerco sempre di divincolarmi. Non so cosa ci si trova di bello nel sesso, fatto sta che io non provo niente, se non il suo membro che scivola dentro di me con forza e basta, niente piacere, al massimo dolore. Non capisco come faccia la gente ad esserne dipendente.
«Bella devi fare qualcosa!» Urla Melanie scuotendomi dalle spalle. La guardo negli occhi e annuisco, si, devo fare qualcosa, non posso starmene con le mani in mano ad aspettare il ciclo che a quanto pare non arriverà mai. In un attimo mi ritrovo gli occhi di mia madre delusi che mi guardano, ho paura di deluderla, e in casi come questi la mente, il subconscio ci fa questo genere di scherzi.
«Facciamo così! Tu rimani qui a casa, noi andremo in centro a prendere un test di gravidanza. » Mormora Hayley cercando di confortarmi, annuisco asciugandomi le lacrime e le ringrazio. Non appena la porta si chiude guardo l’orologio, sono le quattro, massimo mezz’ora e dovrebbero essere di ritorno. Mi giro i pollici guardandoli, sperando che questo fermi i miei pensieri e, ovviamente non ci riesco. E se fossi davvero incinta? Come farei con lo studio? Come farei a portare avanti una gravidanza? Mia madre come la prenderebbe? E Jacob? Dio che confusione. Spero di non essere gravida, perché non è il momento giusto, perché sono senza un lavoro. E se lo sono, non c’è una soluzione, perché uccidere un bambino per il semplice motivo di non essere pronta non va bene, perché la vita è sacra e non posso ucciderla, perché lui, se è davvero qui dentro, non ha alcuna colpa, non deve essere lui quello che deve pagare. Mi porto le ginocchia al petto e inizio a singhiozzare, maledicendomi per tutte le volte che Jacob dimenticava il preservativo dicendomi: “Fidati di me”. So benissimo quanto immaturo lui sia, non avrei dovuto lasciarglielo fare. Il campanello suona facendomi sobbalzare, apro la porta senza chiedere nemmeno chi è e le mie amiche spuntano dall’ascensore.
«Dai in bagno!» Urla Hayley cercando di sdrammatizzare, dopo avermi vista nello stato pietoso in cui mi ritrovo. Leggo le istruzioni, okay, posso farcela. Due linee incinta, una no. Sospiro, prendo un bicchierino di quelli sterilizzati e faccio la pipì, immergo il bastoncino e lo metto sopra il piano della lavatrice, leggo ancora una volta le istruzioni, solo tre minuti. Guardo le mie amiche, che hanno smesso di respirare e cerco di non pensare alla tensione palpabile che c’è qui dentro. Guardo l’orologio, manca un minuto, alzo gli occhi al cielo, unisco le mani a mo’ di preghiera pur sapendo quanto sia inutile pregare in questo momento.
«È ora.» Sussurra flebilmente Melanie, annuisco cacciando fuori tutta l’aria che i miei polmoni possiedono e afferro il bastoncino, in questi casi si potrebbe credere che lo avrebbero fatto loro, ma guardando le loro facce quasi mi viene dal ridere, hanno più paura di me. Guardo il test che segna due linee nitide, ben definite, che brillano al contatto con la luce artificiale, come se quest’aggeggio volesse darmi un messaggio ben chiaro: sei incinta, i-n-c-i-n-t-a vuoi capirlo? Mi lascio cadere per terra con il test tra le mani e annuisco alle mie amiche, provocando un pianto isterico ad Hayley, sotto lo sguardo omicida di Melanie. Guardo le piastrelle color salmone del bagno di casa mia cercando di concentrarmi su quelle, pian piano che passa il tempo il mio respiro si regolarizza e Hayley smette di piangere, Melanie si avvicina e me e si siede per terra.
«Calmati tesoro. C’è sempre una soluzione.» Sussurra con tono amorevole. Scuoto la testa, facendole capire che no, per me, per questa situazione non ci sono alternative, non sempre c’è una soluzione a tutto.
«Ehi.» Mormora Hayley imitando Melanie, prende il mio viso tra le mani e mi costringe a guardarla negli occhi. «Noi siamo qui, qualsiasi cosa accada.» Sussurra prima di abbracciarmi forte.

 
 
Guardo entrambe le mani, intrecciate a quelle delle mie amiche, in attesa che la ginecologa chiama il mio nome, per essere sicuri se davvero un piccolo esserino è dentro di me. Sono passati due giorni, mia madre ha capito che c’è qualcosa che non va, ma non ha voluto infierire più del dovuto, Jacob come prevedibile non si è accorto di nulla, non gli ho detto niente, forse sto sbagliando a non dirgli niente tutto e subito, ma sono sicura che in questo momento non sarebbe d’aiuto, per fortuna ho le due migliori amiche del mondo, che non hanno voluto saperne di lasciarmi da sola in questi due giorni.
«Miss Swan?» Chiede una donna con un camice bianco, minuta e bassa. Mi alzo, facendole capire che sono io e mi fa segno di seguirla, nemmeno per un secondo lascio le mani delle mie due amiche.
«Da sola.» Mi dice la dottoressa fulminandomi con lo sguardo, provocando uno strano tremore alle gambe.
«Non possiamo lasciarla da sola!» Urla Melanie con tono per niente amichevole, Hayley annuisce lanciando sguardi torvi alla dottoressa, prego mentalmente che quest’ultima non se la prenda con me. La dottoressa mi guarda e con un sospiro sonoro, degno di un cavallo, annuisce. Mi fa delle domande di rito: ultima gravidanza, ultimo rapporto sessuale, problemi patologici, dipendenza dalla nicotina e via dicendo…
«Si stenda qui. » Mormora sorridendomi, dopo aver sicuramente notato il mio tremore. Mi stendo sul lettino e lentamente la dottoressa mi sfila le mutandine, e, se anche è una donna le mie guance rischiano di prendere a fuoco. Mi guardo attorno, mentre la dottoressa si munisce dei guanti, e sono davvero spaventata questa volta, c’è un aggeggio un po’ strano, sembra un vibratore, ed è grosso. Guardo le mie amiche con gli occhi sgranati, ma la loro espressione, posso giurarci è identica alla mia. La dottoressa spalma il gel sopra la punta di quella specie di vibratore e mi guarda.
«Non farà male.» Mormora un attimo prima di avvicinarlo alla mia intimità, chiudo gli occhi e funziona non penso a nulla, sento quel coso con il gel che entra dentro di me, ma non è poi doloroso, solo un pochino fastidioso.
«Si. C’è un bimbo qui dentro.» Apro gli occhi immediatamente, mentre il dito della dottoressa indica lo schermo, e per la prima volta lo vedo, e c’è davvero. Scoppio a ridere mentre alcune lacrime scendono sulle mie guance, è una pallina bianca, fisso lo schermo sperando che si muova ma ovviamente non  lo fa. È la pallina più bella che io abbia mai visto. Un senso di commozione si insinua nel mio cuore e non dico di essere felice, ma sono sollevata. La dottoressa preme qualcosa nella tastiera e un suono forte parte dalle casse di quella specie di computer. E quello lo riconosco subito, è il battito del suo cuore. È forte, veloce, si intuisce che è pieno di vita, esistenza che  non intendo per nessun motivo uccidere. Guardo le mie amiche, entrambe con gli occhi lucidi che mi sorridono, Hayley accarezza la mia fronte e annuisce. Prendo l’appuntamento con la dottoressa per il prossimo mese e vado via, tra le mani stringo forte l’ecografia.
«Noi siamo qui, in macchina con te. Per qualsiasi cosa urla, fa qualcosa! » Dice Hayley, mentre spegne la macchina davanti l’officina di Jake. Annuisco più a me stessa che a loro ed esco dalla macchina.
«Ciao Bells. Che fai qui?» Mi chiede Jake, uscendo dall’officina, sorpreso dati che qui non ci metto mai piede.
«Volevo parlarti.» Mormoro decisa, sono sicura che se il panico prende il sopravvento finirei per non dirgli nulla. Lui alza le braccia ed io rimango dove sono, meglio qui fuori. Annuisco a me stessa e prendo un respiro profondo.
«Sono incinta, Jacob.» Dico tutto di un fiato con la voce isterica. Lui sgrana gli occhi e come prevedevo rimane in silenzio. Mi torturo le dita con le mani, tenendo stretta la mia borsa, lui abbassa lo sguardo senza guardarmi e rimaniamo così per minuti interminabili.
«Com’è possibile?» Mi chiede rabbioso, reazione che accende l’istinto di prenderlo a pugni adesso, fino a farlo sanguinare.
«È…ecco…» Inizio a balbettare e lui mi interrompe avvicinandosi bruscamente.
«Zitta, zitta, zitta!» Urla fuori di sé avvicinandosi. Rimango impietrita, iniziando silenziosamente a piangere, e se anche è sbagliato il senso di colpa mi invade. Lui inizia a camminare a destra e a sinistra tenendosi tra le mani la zucca vuota che si ritrova.
«Andiamo dai!» Urla di punto in bianco prendendomi malamente per il braccio. Mi divincolo dalla sua presa e riesco a guardarlo con rabbia.
«Non toccarmi!» Sibilo furiosa.
«Dobbiamo andare in ospedale Bells, dobbiamo mettere fine a questa cosa prima che cominci.» Mi dice disperato, lo guardo con ribrezzo, non credendo alle sue parole, lo spingo con tutta la forza che ho e sento i passi di Hayley e Melanie dietro di noi. Sono vicine ma rimangono in silenzio.
«Tu…vuoi tenerlo?» Mi chiede sorpreso. Io annuisco e lo guardo piangendo.
«Vattene Bella. Sei solo una ragazzina! Lo capisci quello a cui stai andando incontro? NON SAREMO IN GRADO DI CRESCERE UN FIGLIO!» Urla facendomi spaventare. Mi avvicino a lui e lo guardo negli occhi.
«Forse tu no, Jacob Black, ma io si!» Urlo piangendo prima di correre via, corsa che dura poco, perché tutta la rabbia, la tensione, lo stress e la malinconia prendono il sopravvento facendomi perdere i sensi.

 

 

 

 

 

Salve! Eccomi ancora! So che chi mi conosce penserà: ma lei non è quelle che due storie contemporaneamente no? Ebbene, non riuscivo a non pubblicare questa storia, la sento troppo parte di me per lasciarla nascosta ancora quindi spero vivamente di farcela, non ho nessun intenzione di abbandonare Embrace Me With Your Mind :3 ps: avete tutto il diritto di odiare Jacob e.e
Ehm…non so se vi piacerà, decidete. Un bacio
A presto

Roby <3

   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: RobiSmolderhalder