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Autore: Lady Ligeia    27/01/2008    2 recensioni
Quanto può costare un aiuto insperato, apparentemente gratuito, da parte del compagno di classe più in gamba che avete? C'è un prezzo per ogni cosa... Che cosa ne verrà fuori?
Ecco una storia, in quattro capitoli, per certi versi molto triste, per certi altri che vi farà sorridere.
(Spero di aver scelto il rating giusto... nel caso avessi sbagliato, fatemelo notare, grazie!)
Genere: Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era quasi ora di consegnare il compito, più difficile di quanto la maggior parte degli studenti avesse previsto.
Il professore di matematica, baffuto e ingombrante dietro la cattedra, sfogliava rumorosamente le ultime pagine della Gazzetta,ostentando una calma innaturale nel modo di tenere le gambe accavallate e i gomiti appoggiati sui braccioli della poltroncina, mentre i segni di nervosismo nella classe si facevano progressivamente più evidenti, a mano a mano che la lancetta dei minuti scorreva sul quadrante dell'orologio appeso al muro. Un orologio arancione, di plastica, con la pubblicità di una pizzeria.

In primo banco, la Sciorra trascriveva in bella copia le equazioni,le guance accese da macchie rosa di fard e di ansia.
La Codispoti masticava furiosamente un'ennesima Vigorsol e guardava fuori dalla finestra, tentando di decifrare un minimo comun denominatore nei disegni delle nuvole in cielo.
La punta della scarpa di Viganò batteva a ritmo contro la parete da circa un quarto d'ora, trascinando lentamente Persichetti oltre l'orlo di una crisi di nervi: - Se non la pianti immediatamente, Figa-no, giuro che ti pugnalo con il compasso - gli aveva sibilato pochi secondi prima.
La Cariani aveva già consegnato e ora si stava pulendo gli occhiali; l'odore fresco del Vedochiaro si diffondeva nell'aria satura di tensione. Le sue tavole del Brasca erano ridotte a carta straccia, contenevano più nastro adesivo che formule, eppure continuavano a girare di banco in banco, perché la loro proprietaria - generosa per natura - non le rifiutava a nessuno... né rifiutava a nessuno molte altre cose, come ben sapeva Lorenzo Sperelli detto il Magnifico, che era seduto alle sue spalle. La sera prima, con la scusa di un veloce ripasso di geometria, aveva colto l'occasione per ripassare a dovere anche lei... curve, seni e coseni. Il ricordo della Cariani appoggiata alla sua scrivania, tra calcolatrici e righelli e fogli a quadretti, perizoma giù alle caviglie e cosce spalancate, gli suscitò pensieri che poca attinenza avevano con il compito in classe, ma il Magnifico non se ne preoccupò: era il migliore della classe, in matematica, e aveva finito il lavoro da parecchi minuti. Allungò una mano sotto il banco, fino a ncontrare le natiche sode della Cariani, e le accarezzò avidamente. La Cariani sussultò sulla sedia. Chissà i suoi seni, se avevano sussultato anche loro...

All'ultimo banco, la schiena contro l'angolo formato da due delle pareti dell'aula, Torrisi contemplava il proprio foglio quasi completamente vuoto, eccezion fatta per il nome e la data vergati in alto. Aveva una scrittura piccola, contorta e scura, come piccolo, contorto e scuro era lui stesso.
Le undici meno un quarto. Erano mesi che non apriva un libro, in particolare di matematica.
Quello era un "non classificabile" sicuro, Torrisi lo sapeva, ed era abbastanza depresso da non curarsene particolarmente.
Notò il gesto del Magnifico con stizza impotente. Non che il "lato B" della Cariani fosse la prima cosa che gli veniva in mente la mattina, sia chiaro, ma si sentì improvvisamente molto stupido lo stesso. Chiunque poteva provarci con lei,era un successo praticamente sicuro, perché lui non l'aveva mai fatto? Non come la sua ragazza, più che bella, certo, ma per la quale un bacio con la lingua era già una concessione... e ora alla Cariani era arrivato anche il Magnifico.

Come se avesse percepito i suoi pensieri su di lui, il Magnifico si volse indietro e lo guardò ammiccando. - Come va? - sillabò senza emettere un suono. Torrisi gli mostrò il foglio bianco. Le parole non erano necessarie.
Il Magnifico sogghignò e si alzò per consegnare, alto e atletico, la lunga coda di cavallo corvina che oscillava sulle spalle ampie. - Vado a prendere il fazzoletto nella tasca del giubbotto, prof - annunciò, avviandosi verso gli attaccapanni in fondo alla classe. Passò accanto a Torrisi e, con una noncuranza frutto di lunga pratica, lasciò scivolare sul piano del suo banco la brutta copia del proprio compito. Nessuno si era accorto di nulla, tantomeno il professore, sprofondato nel proprio avvincente giornale sportivo.
Torrisi, incredulo, fece sparire il foglio del Magnifico sotto le imponenti stratificazioni di carta che coprivano il suo tavolo. Sbirciò rapidamente le informazioni che gli erano state passate: c'erano tutti gli esercizi, perfettamente svolti, pronti da copiare. Senza pensarci, Torrisi li trascrisse sul proprio compito. Terminò proprio sul gong: la campanella dell'intervallo stava squillando, quando il ragazzo si alzò per consegnare. Ancora incredulo, si avvicinò al banco del Magnifico, che parlottava fitto fitto con la Cariani.
- Grazie, Magnifico - riuscì a balbettare al compagno.
La Cariani lo fissò, canzonatoria dietro gli occhiali senza montatura. - Cos'è successo, Giorgio? -
- Nulla che ti riguardi, tesoro - ribatté immediatamente il Magnifico, con un'altra piccola pacca sul sedere. La Cariani sussultò di nuovo, inclusi i pregevoli seni color panna fresca che straripavano dalla scollatura della camicetta.

Gli altri ragazzi stavano tornando lentamente alla vita: chi stirandosi la schiena, chi strascicando i piedi, chi sbadigliando, stavano uscendo alla spicciolata dall'aula. Il professore stava finendo di raccogliere i compiti. Non appena se ne fu andato anche lui, con un cenno di saluto rivolto a tutti ed a nessuno, il Magnifico baciò a fondo la Cariani.
- Su, piccola, adesso vai. Devo parlare con Giorgio. -
Lei ridacchiò, ma non da oca: qualsiasi cosa fosse d'altro, la Cariani non era un'oca. - Ok, Lorenzo... vado a salutare la tua ragazza, Giorgio. A dopo! -
Il Magnifico si sedette sul banco della Cariani e incrociò le lunghe gambe, prima di adocchiare l'amico che sembrava, accanto a lui, ancora più piccolo e insignificante. - Giorgio Giorgio Giorgio - cominciò, sornione.
- Perché non volevi che dicessi alla Cariani che mi hai aiutato? Cos'è, ti vergogni? -
- Davanti a quella zoccola? E di che cosa? No, è per un altro motivo! -
- Illuminami, allora. -
- Io ti ho passato mate, e tu mi passi la versione domani. - Il Magnifico allargò le braccia, compiacendosi della propria logica. - Sono sotto, con latino, lo sai. -
- E come pensi che ti possa passare la versione, Magnifico? - protestò l'altro ragazzo. - Sono più indietro di te, in latino! Magari poi ti passo delle cose sbagliate...-
- Non ti conviene, perché posso sempre sputtanarti col prof di mate. -
- E già, e come? Mica è un tema, il compito di mate... le equazioni, le abbiamo svolte tutti allo stesso modo. -
- E' qui che ti sbagli, idiota - lo rimbeccò subito il Magnifico. - Ho risolto quegli esercizi in un modo tutto particolare, che il prof non ha spiegato. Tu sei così fesso che non te ne sei neanche accorto. Ecco perché io sono il Magnifico... e tu una mezza sega. -
- Ma che cosa stai dicendo? - protestò il piccoletto, atterrito. - Giuralo! - Cercò gli occhi del Magnifico, ma già sapeva che aveva detto il vero.
Il Magnifico, per tutta risposta, si premette una mano sul cuore. - Te lo giuro sulla mia coscienza di bravo ragazzo, Giorgio -. Ammiccò divertito.
- Allora non vale una sega, come giuramento, no? -
- Hai ragione... Allora te lo giuro perché è vero com'è vero che dodici ore fa mi stavo sbattendo la Cariani sulla mia scrivania. -
Giorgio sgranò gli occhi, suo malgrado. - Ma davvero? -
- Altroché. E ti dirò anche un'altra cosa, sai...- il Magnifico si strofinò il mento con la mano, come per essere sicuro di essersi ben rasato. Teneva gli occhi socchiusi, con aria da intenditore. - E' una gran figa, una volta che le togli gli occhiali e le mutandine, e ci sa anche fare. -
- Sfido, se l'è fatta mezza scuola! Direi che l'esperienza ce l'ha, no? -
I tentativi di Torrisi di apparire, come dire?, vissuto, erano patetici. Lo sapevano entrambi. - Già, già. Lascia stare che te la faresti anche tu, se solo sapessi da che parte cominciare. Ma torniamo a noi... allora, siamo intesi. Se non mi passi latino domani, quando il prof di mate arriverà qui urlando che i nostri compiti sono identici e non è possibile... -
- No, Lorenzo... non puoi fare una cosa del genere! - supplicò Torrisi, quasi con le lacrime agli occhi.
- Ah, ecco - commentò l'altro con distacco. - Non sono già più il Magnifico, eh? Dicevo: se invece me la passi, la versione, ti spiego i procedimenti che ho seguito, così puoi dimostrare al caro profe che quegli esercizi li hai svolti tu davvero, con la tua bella testolina santa...-
-Magnifico... no, non me la sento. Non ho studiato neanch'io. E neanche se stessi su stanotte a studiare, potrei saperne abbastanza da fare la mia versione... e la tua, domani. -
- Allora, lo sai già che cosa succederà... a meno che...-
Torrisi ristette, irrigidito. Nell'abisso di panico in cui il Magnifico l'aveva appena fatto sprofondare, forse si stava aprendo uno spiraglio di luce? Che cos'altro avrebbe potuto desiderare, da lui, il genio della matematica, il capitano della squadra di calcetto, il bello della classe? - A meno che?...- incalzò, tachicardico.
- Tu lo sai che hai una cosa che io voglio. -
- Che cosa vuoi? Soldi, non ne ho. -
- Soldi? Questa è buona, Giorgio, non mi diventare patetico. Voglio Arianna.-

- Come sarebbe a dire, "vuoi Arianna"? - abbaiò Torrisi, appena si fu ripreso dalla sorpresa. - Mica è una cosa, Arianna! E' la mia ragazza! -
- Uh-uh, bravo cervellino, nonché mia ex... quella che ho lasciato perché non me la dava, ti ricordi? E' buffo che poi si sia messa a uscire con te. Comunque, dicevo, voglio riprovarci con lei. -
Torrisi lo fissò, con la bocca spalancata. - Sei impazzito, Magnifico, o Lorenzo, o come diavolo devo chiamarti? -
- Mai stato più sano di mente in vita mia. Sabato sera la Cariani fa una festa, so che tu e Arianna ci andrete... me l'ha detto lei ieri sera, o prima o dopo che me la sono sbattuta, non mi ricordo più...- una piccola pausa affettata. - Dicevo: ci sarò anch'io. Tu farai un po' di complimenti alla Cariani... e io consolerò la tua gelosissima fidanzatina. -
- Tu sei malato, altroché -. Torrisi scosse la testa. - Non puoi dire sul serio! -
- Perché no? Fammi provare, dai. Può darsi benissimo che la tua Arianna mi dia picche, nel qual caso me ne torno buono buono al mio posto. Dopo sabato sera, tu avrai pagato il tuo debito. Dai, che cosa ti costa? Non devi rispondermi subito, pensaci fino a domani... Latino è alla terza ora! -
- Lorenzo...-
- Di che ti preoccupi? Mate l'abbiamo di nuovo sabato, se decidi per il sì domani pomeriggio t'aiuto con quegli esercizi... -
Il Magnifico saltò agilmente giù dal banco della Cariani. - Vado a farmi una sigaretta, adesso. Siamo intesi, no? -
  
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