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Autore: Paperetta    28/01/2008    4 recensioni
"Però... forse... se mi avesse offerto qualcosa, un gelato magari, o qualcos'altro... anche se mi avesse semplicemente dato una pacca sulla spalla... penso che mi avrebbe fatto un piacere immenso. Anzi, ne sono sicuro."
Haku mi ha sempre intenerita tantissimo e qui è ancora più dolce! Una one-shot in omaggio alla mia coppia preferita^^
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haku, Zabuza Momochi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gelato all'arancia.


Qualche giorno fa Zabuza è rimasto fuori più del previsto. Non che questo mi abbia creato un problema; solo che, quella sera, avrei tanto voluto trascorrere il tempo in compagnia. Tutto qua. Gli misi da parte il piatto con la cena che avevo preparato, poiché non mi aveva avvertito di questo suo ritardo e mangiai in silenzio al tavolo di cucina guardando un po' la televisione, un po' il paesaggio dalla finestra. Se Zabuza fosse stato lì con me, avrebbe commentato che sto troppo spesso con lo sguardo perso ad immaginare e che dovrei concentrarmi di più sulle nostre missioni.

Finii di mangiare e mi resi conto di non avere niente da fare, quindi decisi di riordinare un po' la cucina: Zabuza non è mai stato propriamente un amante dell'ordine! Lavai i piatti e le altre cose, ma mentre li rimettevo a posto vidi che nella credenza mancavano le bende e le medicine per le ferite da combattimento: di tutti gli oggetti della casa, quelle proprio non potevano mancare! Senza pensarci troppo andai in camera mia a cambiarmi, presi il portamonete ed uscii subito; percorsi a passo sostenuto l'unica strada che portava al paese, che tra l'altro non aveva nemmeno l'aspetto di una strada vera e sarebbe stata pericolosa, se percorsa da un carro. Arrivai in pochi minuti e cercai subito il negozio: lo trovai aperto solo per grazia concessa da qualche divinità superiore, perché – e non riesco ancora a spiegarmi come sia stato possibile – non mi ero reso conto, uscendo, che erano le dieci passate; il negoziante stava per chiudere, ma io gli chiesi gentilmente se poteva aspettare qualche minuto, così che io potessi comprare quello che mi serviva e lui mi accontentò volentieri. Disse che le medicine che volevo si trovavano nello scantinato, pertanto scomparve qualche minuto nel sottoscala; io uscii dal negozio e rimasi a due passi dalla soglia, guardandomi un po' intorno e la mia attenzione venne catturata da una coppia di persone sedute a due metri di distanza da me, nella panchina di fronte ad una gelateria: erano un uomo ed un bambino. Il piccolo stava facendo i capricci e il padre cercava di tirarsi fuori da quella spiacevole situazione.

Ma io voglio il gelato al cioccolato! Non lo voglio al limone! Non mi piace il limone.”

Il signore ha detto che è finito, quindi non posso comprartelo. E poi il limone è più leggero: se la mamma scopre che ti ho lasciato mangiare del gelato a quest'ora... tu non vuoi che il papà rimanga senza cena, vero?”

No, papi.”

Il bambino mise il broncio, deluso, ma si avventò ugualmente sul suo gelato al limone e il padre, divertito dalla sua espressione, gli scompigliò affettuosamente i capelli. Continuai a guardarli per un po', senza accorgermi di avere un mezzo sorriso malinconico e gli occhi lucidi; lo notai quando mi voltai per tornare dentro al negozio e vidi la mia immagine riflessa in uno specchio a parete: non pensavo di essere così sentimentale. Mi ero sentito un po' nostalgico mentre osservavo quei due, pensando, per la prima volta dopo anni... anzi, per la prima volta da quando ne avevo sei, che forse mi sarebbe piaciuto avere anche io una famiglia, dei genitori; qualcuno che mi offrisse il gelato, che mi spiegasse perché non potevo averlo al cioccolato come volevo; qualcuno che mi scompigliasse i capelli, come fanno i padri o i fratelli maggiori. Una volta la mia vita era così, credo, ma non me la ricordo più di tanto; ho rimosso quasi tutto, per dimenticare, e per avere la mente libera da dedicare interamente a Zabuza. Lui non si è mai comportato in questo modo con me, ovviamente: non è di certo tipo da smancerie, lui. Però... forse... se mi avesse offerto qualcosa, un gelato magari, o qualcos'altro... anche se mi avesse semplicemente dato una pacca sulla spalla... penso che mi avrebbe fatto un piacere immenso. Anzi, ne sono sicuro.

Ma cosa mi metto a pensare!? mi dissi e riportai la mia attenzione al negoziante, che era appena rientrato con due buste di carta bianca. Lo ringraziai e me ne tornai dritto a casa. Il padre e il bambino erano scomparsi e la gelateria stava chiudendo.

Zabuza non era ancora tornato, ma ancora una volta non me ne preoccupai; era già successo altre volte e Zabuza mi aveva detto che ero stato uno stupido a rimanere alzato fino all'alba per timore che gli fosse successo qualcosa, perciò mi ero messo in testa che preoccuparmi era del tutto inutile. Andai in camera mia, indossai il pigiama bianco e mi infilai sotto le coperte.

Mi chiesi se non mi avesse colpito qualche strana malattia quando mi sorpresi a versare lacrime senza che me ne fossi accorto. Non c'era motivo di piangere! Non avevo visto niente di nuovo, solo un padre con suo figlio che si volevano bene. Non avevo mai avuto bisogno di quel tipo di rapporto: ero felice così com'ero, con Zabuza sempre al mio fianco, che mi apprezzava per quello che ero e non aveva paura di stare insieme a me.

Ma allora perché me ne stavo da solo, di notte, a piangere pensando a quei due? Mi ero forse sbagliato? Avevo veramente bisogno di un padre, o di un fratello? Di un amico? Anch'io, allora, provavo dei sentimenti...? Questo pensiero mi fece rabbrividire. Io non dovevo provare sentimenti! Non dovevo nemmeno pensare a queste cose; Zabuza vuole un'arma, qualcosa che possa usare a suo piacimento senza che questa si lamenti o si ribelli e un'arma non può provare emozioni. Chissà cosa avrebbe detto se fosse passato di lì e mi avesse visto.

Pensare a questo non mi giovò e, anzi, piansi ancora di più. Mi misi a sedere sul letto, piegando la testa sulle ginocchia.

Zabuza...”

Non so perché, ma pronunciai il suo nome. A voce bassissima, ma lo pronunciai, più volte e mi sembrò di sentir chiamare anche il mio, come in risposta.

Haku...”

Mi girai verso la porta e lo vidi lì, in piedi sulla soglia, con il braccio appoggiato allo stipite e lo sguardo che indugiava su di me. Avevo gli occhi appannati dalle lacrime e non riuscivo a distinguere la sua espressione, ma non ebbi bisogno di questo per capire che di lì a poco si sarebbe arrabbiato con me. Io non dissi niente, mi limitai ad asciugarmi gli occhi e a fissargli i piedi, in attesa.

Stai piangendo...? Ti è successo qualcosa?”

Quella domanda da parte sua era così inaspettata che non trovai le parole per rispondere e lo guardai in faccia, interrogativo. Lui si avvicinò al mio letto e mi guardò dritto negli occhi.

Haku, per caso oggi sei uscito? Intendo stanotte.”

Sono andato in paese a comprare delle cose... le medicine. Erano finite... perché?”

No, niente... ora dormi.”

Se ne andò senza aggiungere altro, girandosi una sola volta a guardarmi; sembrava volermi dire qualcosa, aveva lo sguardo strano. Sta di fatto che, invece di sentirmi sollevato per non essere stato sgridato, fui ancora più triste e trascorsi l'intera notte a cercare di capire cosa avessero voluto dirmi quegli occhi.

La mattina seguente non riuscivo a svegliarmi. Avevo dormito talmente poco che continuavo a rimanere in uno stato di dormiveglia e gli occhi si chiudevano, se cercavo di aprirli. Però sentivo benissimo ogni tipo di rumore proveniente dall'esterno, come quello di passi che si avvicinavano alla mia stanza. Sentii la porta aprirsi e poi più niente per qualche secondo, come se chi fosse entrato fosse rimasto lì a guardare qualcosa; poi altri passi fino al mio letto ed un peso che si appoggiava accanto a me. Sentii una mano calda che mi carezzò leggermente la guancia, e poi mi spostava i capelli dalla fronte. Quel qualcuno mi diede un bacio sui capelli.

Io rimasi immobile, improvvisamente sveglio e vigile, ma decisi di non aprire gli occhi e di fingere di essere addormentato.

Si allontanò dalla mia fronte ed iniziò a giocare con i miei capelli, finché non mise una mano sulla mia spalla e mi scosse leggermente.

Haku... su, svegliati.”

... Zabuza? Cosa...?”

Alzati, dobbiamo uscire.”

Va bene...”

Quella richiesta fu diversa dal solito: non sembrava tanto un ordine, quanto un invito e mai, prima di allora, mi aveva svegliato la mattina. Feci come richiesto e scesi dal letto, alzandomi in piedi di fronte a lui.

Dove andiamo? C'è qualche nuova missione?”

Si, però prima dobbiamo fare colazione da qualche parte in paese: la credenza è vuota.”

Oh... mi dispiace, avrei dovuto ricordarmi di fare la spesa. Perdonatemi.”

Non fa nulla. Ora preparati, io ti spetto di là.”
Io però ero ancora dispiaciuto: per colpa mia era costretto ad andare in un locale per mangiare, e so quanto lui lo detesti.

Arrivammo in paese più o meno verso le sette. Le strade erano praticamente deserte e i negozi stavano cominciando ad aprire. Zabuza mi condusse in un locale e chiamò il cameriere per ordinare.

Tu cosa vorresti? Considera che poi non possiamo mangiare per un po'.”

Allora... due di quelle paste, del latte e...”

Il mio sguardo indugiò sul distributore dei gelati e, senza che io potessi evitarlo, mi assalì nuovamente la stessa tristezza della notte precedente; cercai di cambiare espressione e mi voltai verso Zabuza, ma lui mi osservava in modo strano.

Vuoi un gelato?”

Fu l'ultima cosa che mi sarei mai aspettato da lui.

Io... ehm, si.”

All'arancia?”

Arancia?”

Si. So che ti piace l'arancia, la usi su quasi ogni piatto che prepari.”

L'unica reazione che ebbi fu quella di chiudere gli occhi e sorridere imbarazzato.

Già! In effetti non è difficile capirlo.”

Ordinammo le paste e il gelato, che mangiai per ultimo, lentamente, per non far finire troppo presto quel momento così inaspettato e gradito.

Grazie, Zabuza.”

E di cosa?”

Di... tutto. Grazie.”

E mi scesero le lacrime, ancora una volta, quando si sporse in avanti e portò una mano sui miei capelli, scompigliandoli.

Non sei tu che devi ringraziare, Haku.”

Le sue bende lo nascosero, ma sono sicuro che mi abbia sorriso, almeno per qualche istante.







NdA: Non mi ricordo assolutamente come mi sia venuta l'idea del gelato, però mi è sembrata carina. Mi piacerebbe scrivere delle storie meno brevi su loro due, ma è da un po' che non riesco a scrivere fic troppo lunghe: forse è perché mi stanco subito. Comunque volevo precisare che Haku e Zabuza sono appena arrivati in quel paese e ancora nessuno li conosce, altrimenti il negoziante non si sarebbe mai sognato di tenere aperto fino a quell'ora tarda e non sarebbe stato così gentile con lui!

In realtà questa fic l'ho scritta mesi fa, ma ero assolutamente convinta di averla già pubblicata... eh si, sto invecchiando!!

Beh, buonanotte! (è molto tardi, come al solito! Pubblico solo a quest'ora ormai...)^^

  
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