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Autore: Rey_    16/07/2013    4 recensioni
«Di cosa hai paura, Eileen?» le sussurrò tra i capelli, aprendo gli occhi e sentendola irrigidirsi tra le sue braccia.

«Ho paura delle persone» soffiò infine, il respiro caldo sul collo di Niall che lo fece tremare.
Solo in quel momento Niall si rese conto di quanto realmente fossero vicini, di come sarebbe bastato chinare il viso per perdersi in quel paio di occhi verdi che lo confondevano, di come avrebbe potuto posare un dito sotto al suo mento per alzarle il viso quel tanto per poterla baciare. Ma ovviamente non fece niente di tutto questo, non aveva abbastanza coraggio per sfidare la sorte in quel modo così sfacciato.
Così si limitò a ripetere «Delle persone?» con tono interrogativo, facendole intendere di doversi spiegare meglio.
«Si»
Niall si sforzò di deglutire, le carezzò delicatamente la guancia ,sfiorando la sua pelle accaldata e morbida, e la fissò dritto negli occhi.
Azzurro contro verde.
Stomaco chiuso e mente vuota.
«Anche io ti faccio paura?».
Quella domanda la spiazzò. Niall la vide deglutire con difficoltà e mordersi il labbro inferiore, indecisa.
«No, tu no» disse infine, abbassando lo sguardo e sorridendo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Back home.

 




 
Niall odiava gli aerei, odiava il rumore che facevano sulla pista quando partivano e odiava la sensazione di vuoto allo stomaco che provava quando l’aereo prendeva quota.
Non sopportava le hostess vestite di tutto punto che con sorrisi fintissimi gli offrivano quelle disgustose noccioline. Aveva il palato delicato, Niall, amava mangiare, ma quello che mangiava doveva essere di buona qualità.
E poi odiava dover stare seduto per ore su quei scomodi sedili; non gli piaceva viaggiare in prima classe, lo faceva sentire uno di quei vip con la puzza sotto il naso, e poi non riusciva proprio a sopportare quei denti bianchissimi delle hostess che erano ostentati maggiormente se sedevi in prima classe. Era come se volessero perennemente rimorchiare i viaggiatori e, anche se in fondo gli faceva piacere sapere che le ragazze lo notavano, lui odiava i sorrisi falsi, quelli fatti per circostanza, quasi per obbligo.
Ogni volta che gliene rivolgevano uno del genere, lui sentiva un prurito in fondo allo stomaco e la voglia di urlare che non se ne faceva niente di un fottuto sorriso falso, avrebbe preferito che facessero vedere cosa provavano sul serio, tanto lui lo capiva lo stesso.
Niall era bravo a leggere gli occhi delle persone. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima; Niall, osservando lo sguardo di una persona, riusciva a capire cosa stesse provando in quel momento, era bravo, forse per questo i suoi amici lo adoravano e trovavano impossibile tenergli nascosto qualsiasi cosa.
Era un po’ il diario segreto di tutti, soprattutto dei suoi quattro migliori amici: quando avevano bisogno di parlare, di sfogarsi, di un consiglio, correvano da lui. E lui era felice di aiutarli, perché si sentiva utile e importante, e poi perché per lui ormai quei quattro erano come fratelli.
Niall faceva parte di una band, una band di grande successo, che aveva fatto impazzire il mondo in un minimo di tempo impensabile, e quando le ragazze lo fermavano per strada, o i paparazzi gli scattavano mille fotografie, o un’arena intera cantava insieme a lui le loro canzoni, ecco, lui si sentiva in capo al mondo.
Ed era sicuro che fosse lo stesso per i suoi amici, ma a volte gli altri sentivano il bisogno di prendersi una pausa, di tornare dalle loro famiglie, di rilassarsi con le loro ragazze.
Niall invece era instancabile, o forse non li capiva perché lui una ragazza non l’aveva. Fatto sta che quando gli dissero che i tre mesi estivi li avrebbero passati ognuno a casa propria, con la famiglia, senza andare in giro per il mondo a cantare come facevano per tutto il resto dell’anno, si sentì sprofondare.
Non aveva idea di cosa avrebbe fatto in quei tre lunghissimi mesi, sapeva solo che sicuramente avrebbe preferito rimanere nella sua casa a Londra a far impazzire Liam con i suoi scherzi o a condividere qualche silenzio per niente imbarazzante con Zayn. Sapeva che sicuramente gli sarebbero mancate le battutine di Harry e la risata squillante di Louis.
Ma loro volevano tornare a casa, e lui non poteva certo costringerli a passare il tempo insieme. Per quello era salito su quel maledetto aereo pieno di ragazze sorridenti vestite di blu, diretto a Dublino, dove suo fratello Greg sarebbe andato a prenderlo per poi tornare nella sua Mullingar.
Gli mancava la sua città, stava bene prima di partire e diventare famoso: aveva i suoi amici, il loro posto di ritrovo, la sua scuola e la sua famiglia.
Ma dopo aver visto il mondo intero, aveva paura che tornare in quella piccola cittadina non sarebbe stato entusiasmante.
Da quando poi i suoi genitori si erano trasferiti, vendendo la casa in cui era cresciuto, sentiva che non aveva più un punto di riferimento e che tornare lì non l’avrebbe più fatto sentire a casa.
Quando finalmente l’aereo atterrò, Niall tirò un sospiro di sollievo e si affrettò a scendere, recuperando poi la sua valigia e uscendo finalmente dall’aeroporto, respirando l’aria fresca di Dublino e osservando il cielo privo di nuvole, se non per qualche batuffolo bianco qua e là.
Quando riportò gli occhi a terra, incrociò lo sguardo curioso di una ragazza lì vicino a lui, che probabilmente aspettava un taxi, e allora si ricordò ciò che Paul, la guardia del corpo sua e degli altri ragazzi, si era raccomandato di fare non appena avesse messo piede fuori da qualsiasi edificio sicuro. Velocemente si infilò il cappellino da baseball rosso che gli aveva regalato Zayn e cercò gli occhiali da sole nel suo zaino, infilandoseli e sentendosi immediatamente più rilassato.
Soffriva di claustrofobia, e ogni volta che troppe persone gli si facevano intorno, rischiava un attacco di panico. Amava le sue fan, era al corrente del fatto che senza di loro lui non sarebbe stato niente, ma odiava quando gli mancava il respiro, quando non riusciva a muoversi schiacciato tra una folla, quando le urla gli invadevano le orecchie.
Niall era un ragazzo tranquillo, e nonostante fossero almeno tre anni che la sua faccia si ritrovava su tutti i giornali, ancora non si era abituato al fatto che non potesse più uscire di casa senza che almeno una ventina di ragazze lo seguisse in cerca di una foto o di un autografo.
Pensandoci bene, si era dimenticato l’ultima volta che una persona l’aveva fermato semplicemente per chiedergli delle indicazioni, o che una ragazza gli avesse sorriso solo per il gusto di farlo.
Gli piaceva la sua vita, con i suoi amici e il suo successo, ma a volte, di notte, quando non riusciva proprio a dormire, si ritrovava a pensare a come sarebbe stato se non avesse fatto quel provino.
Come sarebbe uscito dal liceo, se i suoi amici sarebbero rimasti sempre gli stessi, se avrebbe conosciuto una ragazza, con la quale magari avrebbe passato il resto della vita.
Era un tipo abbastanza romantico, si, ma non si era mai innamorato di nessuno. A parte un paio di cotte quando era ancora piccolo e qualche storiella da una sola notte da quando era diventato famoso, Niall non aveva avuto relazioni.
 Almeno non di quelle serie, dove passi la notte sveglio a pensare a lei, dove guardi ogni trenta secondi il cellulare sperando in un suo messaggio, dove poi quando finalmente la vedi la stringi in un abbraccio che non finisce più.
Niall non sapeva cosa si provava ad avere una persona così vicino, e a dirla tutta non era neanche curioso di scoprirlo: era romantico, sentimentale, ma non stupido. Sapeva che di conseguenza all’amore ci sarebbe stata la frustrazione, la nostalgia e molte volte il dolore, soprattutto nella situazione in cui si trovava lui.
Gli bastava vedere cosa dovevano passare i suoi amici con le loro ragazze per convincersi del fatto che forse in quel momento stava bene da solo.
E poi, sentiva come se non poteva più fidarsi di nessuno, al di fuori delle persone che conosceva già, perché non poteva sapere se qualcuno si interessasse a lui per Niall Horan, membro di una famosa band, o solo per Niall, un ragazzo di Mullingar che è riuscito a realizzare il suo sogno.
Non si sentiva solo, ma a volte provava quella strana sensazione alle braccia, come se gli mancasse qualcuno da stringere tra di esse, qualcuno da abbracciare, stringere e amare che non fosse uno dei suoi quattro migliori amici.
Con un sospiro si riscosse dai suoi pensieri e si allontanò dalla folla, ancora incredulo di non essere stato riconosciuto da nessuno, tirando fuori dalla tasca dei jeans il suo cellulare per cliccare sul terzo nome tra le chiamate rapide.
Il primo, ovviamente, era la mamma, il secondo Louis e il terzo…
«Fratellino!» la voce acuta di Greg gli fece storcere il naso e allontanare il telefono dall’orecchio.
«Greg, perché non sei ancora arrivato? Sai che cosa rischio se…»
«Oh, merda!» esclamò il fratello interrompendolo, e Niall poté quasi immaginarlo mentre chiudeva gli occhi e si sbatteva una mano sulla fronte, probabilmente ricordandosi solo in quel momento del suo arrivo a Dublino. Niall sospirò mentre Greg riprendeva a parlare, agitato.
«Ti prego, dimmi che oggi non è giovedi e che non dovevo venirti a prendere all’aeroporto» mormorò Greg, facendo sbuffare Niall, esasperato.
«Merda, me ne sono dimenticato» borbottò ancora, capendo dal silenzio del fratello più piccolo che quello che aveva appena detto fosse la pure realtà.
«Va bene, non fa niente, chiamo papà e…» provò a ragionare Niall.
«No, no!» lo interruppe ancora il fratello, facendogli stringere di nuovo le labbra e alzare gli occhi al cielo, «Non voglio sentirti dire che vai a stare dai vecchi, ti ho detto che passerai l’estate da noi, Denise ha già preparato tutto e non vede l’ora. Solo…ora sono bloccato al lavoro, non puoi trovare un modo per arrivare a Mullingar senza fare troppo casino?» parlò a raffica, senza dargli neanche il tempo di riflettere sulle sue parole e lasciandolo qualche secondo senza niente da dire.
Prese fiato per replicare, poi però riuscì solo a sbuffare, chiudendo gli occhi.
«Okay, Greg, vedo quello che posso fare» mormorò infine. Sentì un grande sospiro di sollievo dall’altra parte della cornetta.
«Grande! Scusami fratellino, ci vediamo stasera. E cerca di non fare troppe conquiste» ammiccò con una risatina, prima che Niall chiudesse la conversazione.
Ecco, era in quei momenti che avrebbe preferito di gran lunga restarsene a Londra, nella casa che divideva con Harry e da qualche mese anche con Liam, magari a guardare la tv, o a chiamare il fattorino delle pizze facendolo impazzire per tutte le volte che i ragazzi cambiavano idea.
Ma loro avevano deciso di passare le vacanze estive dalle loro famiglie, e lui doveva fare lo stesso, anche se era sicuro che nessuno dei loro familiari si sarebbe dimenticato di andarli a prendere all’aeroporto, o alla stazione, o da qualsiasi altra parte.
Con un profondo sospiro, si voltò verso la strada, notando con orrore l’infinita fila di persone sul marciapiede nell’attesa di un taxi e decise che non era proprio il caso di mettersi tra loro.
Cercando di farsi notare il meno possibile, si calò il cappellino di più sulla testa e sgusciò tra la folla, incamminandosi a piedi verso il centro, alla ricerca di un autobus, o un treno, o una qualsiasi anima buona che l’avrebbe portato nella sua Mullingar.
Stava per attraversare la strada per dirigersi a piedi alla stazione, se non ricordava male dove si trovava, quando alzando la testa i suoi occhi si posarono su un’insegna che attirò all’istante la sua attenzione.
Sorrise, forse il primo, vero e genuino sorriso della giornata, sentendo lo stomaco brontolargli in risposta al nome del suo ristorante preferito, e decise che forse era meglio che mettesse qualcosa nello stomaco prima di partire, anche perché voleva togliersi dalla bocca quel sapore orrendo delle noccioline mangiate per disperazione sull’aereo.
Con passo deciso si avviò verso la porta, inspirando profondamente una volta entrato, sentendo lo stomaco contorcersi dalla fame e l’acquolina che gli solleticava la bocca.
Cercò un posto abbastanza appartato dove sedersi, per evitare un assalto improvviso da parte delle fan, consapevole che ormai si trovassero dappertutto, e per godersi tranquillamente il suo pranzo. Non appena si rilassò sulla sedia, togliendosi occhiali e cappuccio e poggiando il suo zaino a terra, come se fosse sbucata da una botola sul pavimento comparì proprio accanto a lui una ragazza di più o meno della sua età che dal sorriso di circostanza e la divisa impeccabilmente rossa, capì che lavorasse li.
Niall indietreggiò con la testa, sorpreso, mentre poteva vedere chiaramente ogni singola emozione sul volto della ragazza, espressa maggiormente dagli occhi azzurri che sembravano brillare: dalla solita noia del servire un altro ennesimo cliente, passò alla più gradita sorpresa se non alla meraviglia nel riconoscere il ragazzo di fronte a lei.
Niall ebbe giusto qualche secondo di tempo per osservarla; i capelli neri erano raccolti in una coda alta, gli occhi azzurri erano lucidi e le sue labbra fini erano spalancate.
Poi la ragazza lanciò un urletto che fece si che tutti gli occhi dei presenti, fortunatamente per Niall non molti, si voltassero verso di loro.
«Ma…ma tu sei…» balbettò la ragazza, squittendo qualcosa di incomprensibile, le gote rosse e l’espressione emozionata.
Niall si costrinse a non sbruffare e correre via di li come avrebbe voluto, stiracchiando le labbra in un sorriso che chiunque lo conosceva sapeva non somigliasse neanche minimamente al suo solito, bello, genuino e sincero.
«Si, sono proprio io» sussurrò, osservando le sue guance farsi sempre più rosse. La ragazza si portò le mani davanti alla bocca trattenendo un’esclamazione sicuramente poco educata e Niall si lasciò sfuggire un altro sorriso.
«Oh mio Dio, non ci posso credere» mormorò, continuando a guardarlo come se davvero non riuscisse a realizzare che fosse realmente lui in carne ed ossa.
Era orribile pensarlo, ma Niall si gonfiò di soddisfazione e alzò il mento, provando ad assumere quell’aria strafottente che aveva sempre Harry davanti ad una delle loro fan.
Peccato che quegli occhi e quel faccino da angioletto non lo aiutavano affatto e davanti al sorriso che doveva sembrare provocante, la ragazza vacillò e rischiò di cadere a terra. Niall si alzò di scatto e la afferrò al volo prima che si schiantasse al suolo sbattendo la testa.
Un mormorio di sorpresa si levò dagli altri tavoli e il pensiero che attraversò Niall prima che i colleghi della ragazza che stava stringendo tra le braccia lo raggiungessero, era che, per forse la prima volta, avrebbe fatto meglio a non mangiare niente e andarsene dritto a casa.
Però in quel momento si trovava proprio lì, davanti alle espressioni disgustate e diffidenti dei presenti, che lo guardavano come se fosse tutta colpa sua. Che poi in parte era cosi, ma lui non poteva farci niente se ogni ragazza che lo riconosceva rischiava di cadere a terra svenuta. Ancora doveva farci l’abitudine, forse per questo non riusciva mai a prevederlo per magari provare a limitare i danni.
Una volta sistemata la ragazza, che si riprese in pochi minuti riprendendo a sorridere nonostante il colore biancastro della pelle, un suo collega, questa volta maschio, si affrettò a servirlo, anche se in quel momento non aveva più così tanta voglia di mangiare.
«Diamine, scusa amico, Sasha è proprio fuori» esclamò il ragazzo, mettendogli sotto gli occhi il piatto che aveva ordinato. Niall gli sorrise e si strinse nelle spalle.
«Può capitare a tutti, magari è stato solo un calo di zuccheri» provò a giustificare, ma davanti a quelle parole il ragazzo scoppiò a ridere.
«No, fidati, quella è completamente persa. Non fa altro che parlare di voi e, senza offesa, non riesco proprio a capire come le piaccia sclerare ogni volta che fate qualcosa» affermò ridacchiando, «Sicuramente quando ti ha visto avrà pensato che fossi una visione».
Niall storse le labbra davanti a quell’affermazione: non gli piaceva il tono in cui stava parlando quel ragazzo e sicuramente gli stava dando fastidio il fatto che stesse chiaramente prendendo in giro la sua collega senza farsi il minimo scrupolo.
A gli altri forse sarà sembrata una cosa strana, ma Niall aveva come un istinto protettivo verso le sue fan che lo spingeva ad accontentare ogni loro richiesta, anche quelle fastidiose e indecenti, pur di vederle sorridere e di sapere che le stava ricambiando per tutto l’amore che avevano mostrato per lui e per gli altri ragazzi.
Era come se si sentisse in dovere verso di loro. Per questo, dopo che il ragazzo accanto a lui esclamò «Chi sa quanto rimpiangerà il fatto di essere svenuta davanti a te senza riuscire a dirti quanto ti ama» scimmiottando la voce della ragazza, Niall si alzò in piedi bloccando la sua risata e guardandolo seriamente.
«Vorrei vedere come sta» annunciò, lasciando stare il suo pranzo e fissando il ragazzo, di cui sinceramente non voleva neanche sapere il nome. Questo boccheggiò per qualche secondo, facendo qualche passo indietro colpito dalla durezza della voce di Niall, prima di scuotere la testa e tornare a sorridere.
«Stai dicendo sul serio, amico? Non è stato già abbastanza imbarazzante?» ghignò. Niall lo fulminò con lo sguardo e lo scansò, oltrepassandolo e dirigendosi a passo spedito verso l’area riservata ai dipendenti dove avevano accompagnato la ragazza ancora leggermente instabile per poterci arrivare da sola.
«Ehi, dove vai? Non puoi andare lì dentro!» lo richiamò il ragazzo, correndogli dietro e cercando di fermarlo.
Ma Niall lo ignorò completamente andando per la sua strada. Non poteva sopportare che qualcuno stesse male per lui mentre lui se ne stava tranquillo a mangiare senza fare niente per rimediare.
Non era nel suo essere ignorare i sentimenti altrui, non ci si vedeva a comportarsi da snob e a fregarsene. Lo sapevano tutti, quanto era buono; lo sapeva la madre, i suoi amici, il fratello, e lo sapevano anche le fan, o almeno lo immaginavano.
Per questo, quando Niall raggiunse la ragazza e la strinse in un abbraccio innocente, di quelli dati solo per fare del bene, lei non sembrò affatto sorpresa e ricambiò la stretta come se non stesse aspettando altro da tutta la vita.
 
 
 
Quella giornata gli sembrava infinita: era partito di mattina da Londra e non aveva avuto neanche un attimo di pausa. Aveva dovuto salutare i ragazzi, colpire Louis con un pugno sulla spalla per farlo reagire prima che si mettesse a piangere, chiamare la madre per dirle che avrebbe passato le vacanze da Greg e sentirsi le sue lamentele infinite, per poi ritrovarsi da solo in un aeroporto senza avere idea di come andare a casa. Come se non bastasse Greg si era anche dimenticato del suo arrivo e lui aveva dovuto assistere all’ennesimo evento che l’avrebbe segnato a vita.
Si ricordava che un giorno una ragazza per attirare la loro attenzione si era tolta maglietta e reggiseno, scatenando reazioni fintamente eccitate da parte dei ragazzi, ma lui non era riuscito a fingere e si era voltato disgustato.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che una ragazza potesse arrivare a tanto, a perdere tutta la sua dignità solo per farsi notare da cinque semplici ragazzi diversi dal normale solo perché avevano realizzato il loro sogno.
Aveva pensato subito che lui non avrebbe mai voluto conoscere una persona del genere; spogliarsi in pubblico voleva dire non avere ritegno, un minimo di pudore e neanche di femminilità. E poi, sapeva che loro al momento erano solo una moda: se anche quella ragazza fosse riuscita a fare breccia nel cuore di uno di loro, come poteva poi quello fidarsi del fatto che lei non avrebbe fatto la stessa cosa per un altro cantante, o attore che in futuro le sarebbe piaciuto?
Era inconcepibile un comportamento del genere e se avesse potuto Niall sarebbe sceso da quel palco, sarebbe andato da quella ragazza e le avrebbe detto di rivestirsi e di aspettare di essere notata per quello che era, non certo per essere passata per la ragazza facile di turno.
Comunque, anche se può sembrare gratificante, non è bello veder mancare una persona davanti a te per di più a causa tua. Niall non riusciva a smettere di pensarci e sapeva che quell’immagine l’avrebbe tormentato per giorni, finché i ragazzi non ci avrebbero riso e scherzato su, magari sdrammatizzando con qualche battuta.
Ma in quel momento, su quel treno, lui era solo e non poteva fare a meno di pensare a quel sorriso e a quel «Grazie» che gli aveva rivolto la ragazza prima che lui se ne andasse.
Con un sospirò si tolse il cappellino e si passò una mano tra i capelli, cominciando già ad odiare quell’estate che era iniziata nel peggiore dei modi.
Cercando di trovare la posizione più comoda possibile, infilò le cuffiette e provò a schiacciare un pisolino, inspiegabilmente stremato anche se non aveva fatto niente.
Quando si risvegliò, riportato alla realtà dalle parole ‘Stazione di Mullingar’, si affrettò a riprendere le sue cose e a scendere dal treno, respirando finalmente l’aria della sua città, che non l’avrebbe pensato, ma gli era mancata sul serio.
Sentendosi un po’ più leggero, prese il suo cellulare dalla tasca dei jeans per avvisare Greg di essere arrivato, trovandolo però spento, sicuramente per la batteria completamente scarica. Con un grugnito maledisse mentalmente Harry e quando gli permetteva di giocare con il suo telefono: glielo aveva detto di non usarlo fino a tardi la sera prima, ma ovviamente lui non era stato a sentirlo.
Con uno sbuffo, arrendendosi ormai al fatto che quella giornata ormai sarebbe finita nella lista delle peggiori, si avviò a piedi, ringraziando che almeno la casa che avevano comprato Greg e sua moglie non fosse tanto distante dalla stazione.
Quando arrivò, notò che non c’era nessuna macchina parcheggiata nel vialetto, segno che né Greg, né Denise erano ancora rientrati in casa e che probabilmente lui avrebbe potuto rilassarsi senza le urla del suo piccolo e adorabile nipotino.
Ma quando aprì la porta con le doppie chiavi che gli aveva dato Greg per qualsiasi evenienza, rimase bloccato e sorpreso dalla vista di una sconosciuta che se ne stava seduta sul tappeto accanto a Dylan circondata da costruzioni e macchinine.
«E adesso chi sei tu?» si lasciò scappare, forse con troppa esasperazione nella voce attirando la loro attenzione.


















Lalala!
Eccomi qui con il secondo capitolo, che è tutto sul nostro Nialler :3
Allora allora, come vi sta andando quest'estate?
La mia sta passando decisamente trooooppo in fretta çç
Ho paura di svegliarmi domani e di realizzare che devo andare a scuola, sto andando troppo in paranoia.
Ma parliamo di cose serie:
cavolo, quasi non mi ricordo come si inizia una fanfiction, è tipo un anno che non lo faccio più e sto impazzendo! o.o
Allora, vi piace? Non vi piace? E' troppo pallosa, o scontata, da chiudermi in una stanza e murare la porta?
Vi prego, ditemi cosa ne pensate o mi faccio prendere da mille dubbi e rischio di non uscirne viva! 
Okay, torno in me, giuro che mi calmo *respira profondamente*
Ecco, fatto.
Ora vado, esco a prendere un po' d'aria sperando di incontrare quel figo di Malik 2 che non vedo decisamente da troooppo tempo.
Spero vi piaccia, fatemi sapere :)
A presto.
Sara.
  
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