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Autore: Flower of Eternity    28/01/2008    2 recensioni
In una squallida, sporca strada di periferia, Neera, nostra giovane ed ingenua protagonista, incontra una creatura oscura, abbandonata. Un essere in fuga.
E lo aiuta.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUINTO

Non fu facile, per Neera, restare tranquilla e pacata per tutta la durata della cena.
A casa sua, ogni pasto serale era una specie di sacro rito, ripetuto con amore e pazienza dai tre occupanti di quella piccola ed ordinata abitazione. Esso aveva inizio quando suo padre, rientrando circa un’ora dopo la moglie, appendeva l’abito accanto all’uscio e salutava le due donne della sua vita con borbottii degni del miglior lavoratore stressato dalla società dei consumi. Dopo il suo arrivo, Neera si occupava di apparecchiare, badando bene a disporre tutto nel modo giusto: sua madre, infatti, per quanto buona e gentile che fosse, di fronte ad una tavola non addobbata secondo il suo gusto aveva la straordinaria facoltà di trasformarsi in un orrendo quanto pericoloso orco.
Non vi erano scuse: anche se avessero cenato a panini, sul tavolo avrebbero dovuto ugualmente essere presenti piatti fondi e piani, poggiati gli uni sugli altri ed asserragliati da un coltello sulla sinistra e da una forchetta sulla destra. I bicchieri andavano posizionati rovesciati, e guai a dimenticarsene. Il sottopentola? Al centro esatto della tavola, accanto al piccolo contenitore pieno di tovagliolini di carta. Poi vi era la caraffa per l’acqua, ed una più piccola contenente un po’ di quel vino che suo padre consumava durante il pasto. E sale, olio e pepe.
Boe definiva ciò una cosa pericolosamente borghese. Quando, a volte, si era fermato a cenare con la famiglia di lei, era rimasto a dir poco stupito nel vedere come i tre abitanti di quella casa tenessero in modo quasi maniacale al rito del pasto, consumandolo con lentezza e piacere, intenti a conversare tra di loro. Lui, cresciuto da una donna che vedeva una sera sì e dieci no, abituato a cene consistenti in panini pieni di Dio solo sapeva cosa consumati davanti al freddo intrattenimento della televisione, proprio non era riuscito a comprendere per quale misterioso motivo a casa di Neera fossero necessarie tante cerimonie per una cena.
A Neera, invece, quel piccolo ma grazioso rito non era mai spiaciuto. Fanciulla pacata e remissiva per natura, aveva appreso ed assimilato i modi di fare della sua famiglia sin da bambina, arrivando addirittura ad amare quei momenti di riunione serale, nei quali era sì vietato guardare la televisione, ma era altresì vietato criticare o indisporre qualcuno presente alla tavola. Durante le cene con i suoi genitori, ella poteva rilassarsi, ascoltandoli conversare del più del meno ed intervenendo qualche volta con osservazioni o domande.
Anche se per quella sera, purtroppo, la giovane proprio non riuscì a rilassarsi. In effetti, avendo la poverina uno ragazzo dalle placche metalliche fissate alla pelle nascosto nella propria cantina, il suo non riuscire a restare tranquilla avrebbe dovuto essere abbastanza comprensibile.
Ma non lo fu certo per la madre, all’oscuro dell’intera faccenda. «Non mangi più?» si preoccupò infatti, vedendo la figlia più intenta a giocherellare con il cibo nel suo piatto, che a consumarlo realmente.
«Non ho molta fame.» ammise con un sorriso Neera, meritandosi così un’occhiata da parte di suo padre: egli non apprezzava le figlie propense ad avanzare pasti. «Dovrei… finire dei compiti. Potrei alzarmi prima, per questa sera?» tentò quindi, glissando lo sguardo del genitore e mantenendo i propri occhi neri fissi in quelli della madre. La quale, seppur sospirando, annuì.
«Se non avessi perso tempo con Robert, oggi…» cominciò.
«Ma dovevo aiutarlo con i suoi, di compiti!»
«Beh, non mi pare avesse bisogno di quel grande aiuto. Nel forno ci si è infilato tutto da solo.»
«Che ha fatto?» trasecolò il genitore, osservando la propria pietanza con sguardo preoccupato: trattandosi di un pasticcio di carne, esso doveva essere stato cotto proprio nel forno in questione. «Si è infilato nel nostro forno.» spiegò con un sospiro la donna. «Prima, però, ha fatto il bagno vestito, blaterando qualcosa sull’arte e sulla borghesia.»
«Quel ragazzo» commentò l’uomo, scuotendo il capo con evidente disapprovazione. «Vedi che succede, se si fanno allevare i figli alle cantanti perennemente ubriache? Quella gli deve aver passato un po’ d’alcool quando ancora lo allattava dal seno!»
Non erano parole cattive, e Neera lo sapeva. Quelle erano, anzi, battute che Boe soleva fare in prima persona, per nulla vergognoso o preoccupato circa la posizione sociale della genitrice. Anzi, spesso sembrava ch’egli volesse ostentare tale particolare situazione, quasi godendo nello scatenare un piccolo scandalo emotivo nei suoi ascoltatori.
«Se non sbaglio, sua madre era una tua compagna di scuola, vero?» commentò con tranquillità la madre di Neera, sorseggiando un bicchiere d’acqua. «L’ho vista un paio di volte, e mi è sembrata una buona persona, tutto sommato.»
«Lo è. Lo era anche a scuola.» confermò suo padre, con serietà. «E siamo stati ottimi amici. Ma ciò non toglie che il figlio abbia risentito pesantemente di quel suo strambo stile di vita.»
«Beh, papà… tu giochi con le navi giocattolo.» ridacchiò Neera a quel punto. «E nessuno dice che sei strambo.»
«Quelli sono modellini. Modellini assolutamente perfetti, altroché!» ribatté a quel punto l’uomo, piccato. «Pensa che un collezionista ha valutato il mio ultimo lavoro…»
«Puoi alzarti da tavola, cara.» commentò a quel punto la madre, ridente.
«Grazie.» rise a sua volta Neera, accettando quell’invito giusto in tempo per evitare una nuova conferenza del genitore circa la magnificenza delle sue creazioni navali in scala uno a cento. «Posso portare con me un po’ di frutta? Magari la mangio mentre faccio i compiti.»
Sua madre annuì. «Sono rimaste solo un po’ di pere, però.» l’avvertì. «Non so come, ma le mele sono sparite tutte. Non è che Boe le trova borghesi, eh?»
«Glielo chiederò.»

Quando lei aprì la porta della cantina, Adam alzò la testa di scatto, rimanendo all’erta. Ma, vedendo la sagoma bassa e sottile della sua piccola salvatrice, sorrise impercettibilmente, tornando a rilassarsi.
Si era accomodato al centro della stanza, seduto come un vecchio giocattolo rotto e dimenticato, in paziente attesa del ritorno di lei. Scendendo le cigolanti scale, Neera si ritrovò a chiedersi quali pensieri potessero passare per la mente di quel giovane; e, soprattutto, se la mente stessa di lui fosse interamente umana o anch’essa formata in parte da quella tecnologia così strana e spaventosa.
Raggiunto il piano inferiore, lei accese il piccolo stereo che spesso accompagnava le sue ore creative, mantenendolo ad un volume piuttosto basso, ma sufficiente a coprire eventuali discorsi con Adam.
«Mi dispiace, ti ho fatto aspettare troppo?» si scusò. Esitò per un attimo nei pressi dell’unica sedia della stanza; quindi, facendo spallucce, si accomodò anch’ella sul pavimento, di fronte al giovane.
«Ho sentito una voce maschile.» considerò Adam, leggermente preoccupato. «Erano Guardie? Sono venuti a cercarmi?»
Lei rimase ancora una volta sorpresa dallo smarrimento e dalla paura negli occhi di quel giovane così misterioso e sfortunato. «No» lo rassicurò immediatamente, cercando di sorridergli. «Era solo mio padre.»
«Padre e madre sono coloro che danno la vita, vero?» considerò Adam, sorridendo leggermente. «E’ bello, avere un padre?»
«Molto.» fu costretta ad ammettere Neera. «Anche se è un po’ strano, il mio. Un giorno te lo presenterò. Ed il tuo Creatore, Adam? Com’è? Chi è?»
«Guarda» glissò lui, alzando solo in quel momento un volume che aveva tenuto aperto innanzi a sé, sul pavimento. «Ho letto questo testo. E’ affascinante.»
Neera, perplessa, abbassò lo sguardo. La lettura di quello strambo ragazzo meccanico si rivelò essere il suo libro di anatomia, da lei sfruttato nei primi mesi di scuola per apprendere le proporzioni del corpo umano. «Affascinante?» ripeté, consapevole del fatto che lui avesse cambiato argomento per evitare risposte sull’argomento Creatore.
«Il corpo umano è una creazione stupefacente.» ammise Adam, ammirato. «Anche se io trovo assai più ammirevoli creature come i giaguari, o le antilopi. E gli armadilli.»
«Definire l’anatomia di un armadillo ammirevole…» sorrise teneramente la ragazza, scuotendo il capo divertita. «Dove hai visto tutte queste cose?» domandò poi, fissandolo con attenzione. «Nel luogo da dove vieni vi erano molti libri?»
«Oh, no, nemmeno uno.» ammise il ragazzo, con un sospiro pieno di tristezza. «Ma c’era quel cubo, e quando il mio Creatore se ne andava, io e Juiliice…» ma si fermò, mordendosi la lingua, evidentemente pentito dal fatto di aver pronunciato quel nome.
«Adam» mormorò Neera, osservandolo con una piccola ombra di determinazione negli occhi. «Tu sai io che voglio aiutarti. E sai che non ti lascerò per la strada, perché sono sinceramente preoccupata per te. Ma non posso fare molto, se rifiuti di narrarmi cosa ti è accaduto. Dimmi chi è il tuo Creatore, chi è Juliice e spiegami cos’è… il cubo.»
«Il cubo lo hai anche tu.» rispose solo il giovane, evitando di fornire spiegazioni sugli altri due punti d’interesse della ragazza. «Nella stanza della tua casa con il divano e la poltrona.»
La fanciulla ci mise un po’ per elaborare le informazioni da lui ricevute. «La televisione» tradusse infine. «Guardavi la televisione! Lo facevi di nascosto?»
«Ce la prestava l’Uomo che Faceva la Guardia.» narrò Adam, annuendo. «Quando il Creatore ci lasciava soli. Mi piaceva tanto! Ho imparato molte cose, dalla televisione…»
«Che diamine puoi aver imparato dalla televisione?» commentò perplessa Neera. «Che Godzilla è più forte di King Kong?»
«La televisione è un Potente Mezzo Educativo.» la redarguì Adam, forse offeso per quei suoi dubbi. «Lo ha detto un Opinionista. Anche se bisogna prestare attenzione ai Bollini Rossi. Io non ho mai guardato nulla con il Bollino Rosso.» annunciò, con quella che, sorprendentemente, apparve come un’espressione fiera ed orgogliosa.
«Oh, Dio.» commentò solo Neera, celando con una mano il sorriso che le apparve sulle labbra. «E che altro hai imparato?» volle sapere, sinceramente divertita.
«Che i Veri Amici ti aiutano sempre, e che la Speranza non Muore Mai, e che i Biscotti Senza Zuccheri Non Fanno Ingrassare.» elencò Adam, contento. «Poi so che i Giovani D’Oggi sono Schiavi dei Telefonini, e che… oh!» esclamò con un sorriso, notando solo in quel momento le due pere che ella aveva portato con sé e tenute pazientemente in grembo. «Posso?» azzardò, osservandole con evidente desiderio.
«Certo.» sorrise la giovane, sorpresa ed intenerita da quei modi di fare capaci di scadere da un atteggiamento oscuro e misterioso ad uno infantile ed ingenuo. «Perché mangi così tanta frutta? Digerisci solo questa?»
«In realtà non ne ho un reale bisogno.» ammise Adam, imporporandosi un poco a causa del leggero imbarazzo che lo colse a quella confessione. Fu un effetto strano, vederlo arrossire, dal momento che il sangue, affluendo in quel volto solitamente pallido, accentuò in modo grottesco le cicatrici che lo sfiguravano. Neera abbassò gli occhi, con la scusa di porgergli un frutto. «Però la Frutta Fa Bene. Ed è Buona.»
Ella aggrottò le sopracciglia, avendo la strana e poco rassicurante sensazione di stare parlando un pazzo peggio di Boe. «Ma…» balbettò.
«Lo ha detto la signorina Greeler. Appare sul Canale Due tutte le mattine verso l’alba.» «Così tu mi hai divorato un’intera fruttiera perché quella ha detto che fa bene?» ricapitolò la povera Neera. «Adam! Non devi certo credere a tutto quello che vedi o senti in televisione!» insegnò, quasi come una sorella maggiore premurosa e protettiva.
«Perché no?» volle sapere egli, piegando il capo di lato. Addentò con gusto una pera, sorridendo poi felice nel masticarla. «Ho chiesto aiuto a te, e si è rivelata una scelta giusta. Quindi, la televisione ha sempre ragione.» concluse, con una logica alquanto schiacciante.
«Questo non…» ma ella si bloccò, osservandolo con i grandi occhi neri ora finalmente sgranati. «Come sarebbe a dire? Hai chiesto aiuto a me perché lo hai…?» s’interruppe, passandosi una mano tra i capelli e cercando di dare un senso alle informazioni sinora ricevute. «Un momento. In quale programma avresti ricevuto il consiglio di chiedere soccorso alla prima ragazzina che ti passa davanti?»
«Pink Princess Story» rispose con tranquillità il giovane. «Narra le avventure di una Principessa Smarrita dal Regno dei Sogni, che chiede soccorso ed ospitalità ad una ragazza giovane e dai capelli neri. Si fa così, quando si ha bisogno di aiuto. Si chiede alle giovani coi capelli neri.» le spiegò, con una serietà ed una convinzione tali da farlo quasi passare per un professore di sociologia. «Io ti vedevo passare tutti i giorni in quella strada, e ho capito che…»
«Pink Princess Story…» ripeté Neera, ormai apertamente scandalizzata. Non avrebbe mai conosciuto quel nome, se non fosse stato per la passione fumettistica di Boe. «E’ un cartone animato, Adam! Tu… tu hai chiesto aiuto a me… perché lo hai visto in un cartone animato?!»
«Sì.» concluse pacifico il ragazzo, gettando il torsolo della prima pera ed addentando la seconda.











Ed eccoci di nuovo qui, sperando di rendere felice qualche vecchio ed affezionato lettore. In primo luogo, mi scuso per aver interrotto così bruscamente la scrittura di questa storia, ma purtroppo la sua frenata è coincisa con un periodo un poco difficile della mia vita.
Sta continuando anche ora, nel silenzio, e si manifesta prevalentemente nello scrivere. Sono allergica, ormai.
Però non volevo lasciare incompiuta quest'opera. La proseguirò, credo diminuendo il numero dei capitoli, e cercando di spremermi il più possibile per ottenere da me stessa un risultato decente. Anche se ormai molte cose sono cambiate, il mio amore per le storie e per lo scrivere non è più lo stesso, e credo che troverete i prossimi capitoli non poco affaticati.
Di questo mi scuso in anticipo.
Flower of Eternity
  
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