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Autore: Alisa Sato    16/07/2013    0 recensioni
Storia di una studentessa e di una professoressa che si ritroveranno legate da un legame creato per volere divino.
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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< Dannazione! Arriverò in ritardo … Lo sapevo che non mi dovevo fidare di quella stupida sveglia! > Anya si svegliò di fretta, si precipitò in bagno e, dopo qualche minuto, fu pronta per andare al lavoro. < Cavolo, la borsa! > E come sempre era sbadata. < Mancano solo 5 minuti! Arriverò in ritardo! Perfetto, così il preside mi toglie la cattedra! Accidenti! > Continuò a correre, tentando di non cadere con le scarpe con i tacchi, mentre tentava di arrivare puntuale all'università dove insegnava, visto che aveva perso l‘autobus. Il suo nome era Anya..
< SIGNORINA EINLOCHE! > Risuonò lungo il corridoio la voce rauca del preside.
“Lo sapevo … mi ha scoperto … Accidenti!”
< Mi dica, signor preside … > Si sistemò i capelli, che le si erano scombinati nella fretta di arrivare al lavoro, e sorrise imbarazzata all'alto uomo, sulla quarantina, che la raggiungeva con passo spedito, fino a fermarsi davanti a lei.
< Quante volte le ho detto che deve arrivare puntale al lavoro?! Le ricordo che non è più una studentessa, è un insegnate! > Si massaggiò il setto nasale e poi sbuffò, seccato e leggermente irritato. < Come devo fare con lei? >
< Mi perdoni! Non volevo. La sveglia non è suonata e ho perso l’autobus. >
< Va bene. Stavolta passa, ma l’avverto che la prossima volta la licenzio. Veda di arrivare in tempo, al massimo si compri una macchina! Basti che arrivi in tempo! > Fece per andarsene. Si girò dal suo lato e le pizzicò una guancia, facendola mugugnare. < Ci siamo capiti? Adesso vada. Tra poco arriverà la sua classe; è meglio che si affretti. >
< D’accordo … > Il preside le lasciò la guancia e poi la salutò con la mano, mentre si dirigeva nel suo ufficio. Anya sospirò sollevata e si avviò nella sala insegnanti, prese il registro e camminò verso la sua classe, dove alcuni studenti erano in piedi a parlare.
< Ragazzi, ai vostri posti; la lezione inizia. > Detto questo, tutti si sedettero e lei cominciò la lezione. Tra una equazione e una proporzione, le ore volavano, finché non fu disturbata da un mormorio di sottofondo. < Chiunque sia potrebbe finirla di borbottare? Sto cercando di fare lezione! > Anya si girò e vide che, tre ragazzi in particolare, la guardavano straniti e poi uno di loro sbuffò irritato. < Qualche problema signor Denmiras? >
< Direi che il problema sia lei, professoressa. >
< Ah si? E perché? >
< Semplice, lo sappiamo tutti che lei è qui solo perché il preside l’ha portata a letto. Le sue conoscenze sono quelle di una sciocca ragazzina delle medie. E lei queste me la chiama matematica? Ma ci faccia il piacere. > Il gruppetto che era con lui si mise a ridere e Anya divenne furibonda, sbatté un pugno contro la cattedra, facendo sussultare tutti i presenti. Il gruppo di ragazzi rimasero stizziti e lei abbassò lo sguardo, prima di parlare.
< Fareste meglio a non insultare un insegnate; cosa potete dire questo genere di cose? Voi, non avete il diritto di mettere bocca sulla mia vita privata! > In quel momento suonò la campanella e, fuori di sé, Anya prese la valigetta e s’incamminò di fretta nella sala insegnanti, posò i suoi programmi scolastici e, appena finito di compilare alcuni documenti, uscì dall'università: erano le dodici in punto.
“Accidenti … L’ho fatto di nuovo …” Si diresse verso un bar e si sedette, aspettando che venisse qualcuno per l’ordinazione.
< Professoressa Einloche? > Sentendo pronunciare il suo nome, alzò il viso e notò quello di una ragazza molto giovane, che la guardava con occhi color del mare.
< Tu sei … Miriam Zauberg. Cosa ci fai qui? >
< Io … sto aspettando una persona. > Guardò imbarazzata il tavolo dove stava seduta.
< Oh, capisco. Ti andrebbe un caffè con me? >
< No. Si figuri, non voglio disturbarla. >
< Non disturbi affatto. > Anya la guardò e vide il suo viso, mentre la fissava un po’ titubante. Girò la testa di lato, si sistemò i capelli sulla spalla e poi sospirò, appoggiando le nocche sullo zigomo. < Hai visto la scenata che ho fatto, vero? > Miriam sembrò cadere dalle nuvole e poi abbassò la testa, annuendo piano. < Come immaginavo … Sono strana, vero? >
< Si sbaglia! > Miriam appoggiò con forza i palmi delle mani sul tavolo, mentre si protendeva verso di lei, lasciandola di stucco. Poi si rese conto che aveva alzato il tono della voce, incuriosendo gli altri clienti del locale, che guardavano verso di loro e, con un po' di vergogna, si sedette al tavolo dove stava Anya. < Ehm … Volevo dire … Ha fatto bene … Quelli sono solo degli stupidi e poi … lei non è affatto strana … > Le sue guance presero un colorito più scuro e si coprì la bocca con la mano, visibilmente imbarazzata.
< Signorina Zauberg ..? > Anya era rimasta di sasso da quella reazione inaspettata della sua alunna e poi, quando il silenzio tra loro due si fece più pesante, chiese ad un cameriere due caffè ristretti.
< Che scena sublime! > Le due ragazze trasalirono, quando sentirono una voce, provenire dalla parte opposta da dove si trovavano, e si voltarono. Un uomo, alto e impostato, molto probabilmente cinquantenne, moro e con gli occhi color nocciola, contornato da occhiali con la montatura color dell‘oro, le stava osservando meravigliato e si avvicinò a loro, con passo rapido, e si posizionò davanti a loro.
< Lei … Non mi dica che lei è ..?! >
< Oh! Lei è la signorina Zauberg. > Le prese per mano e squittì tutto entusiasta. < La sua reazione è stata così … come posso dire … ah ecco … così naturale. Lei è quella che cercavamo. >
< C-Come?! Mi assumete di già?! > Miriam era abbastanza sorpresa da quell'affermazione, ma quello che lui disse dopo fece sorprendere anche Anya.
< Tu, invece, hai un fascino tutto tuo: capelli biondi con qualche sfumatura di rosso, gli occhi che assomigliano a due smeraldi, la tua pelle così curata ... mi piace. Farai coppia con lei! >
 
"C'eravamo io e lei. Vedevo le sue labbra muoversi, ma non sentivo le parole che uscivano da quella bocca. Era tutto così confuso e monotono."
< Mi dica tutto quello che sente in questo momento. >
< Mi sento frustata e anche incavolata con la mia ex. E' vero che l'ho lasciata, ma non pensavo che non mi chiamasse proprio per niente. >
< Quanto tempo è passato da quando vi siete sentite, o viste, l'ultima volta? >
< Mm ... Sarà stato circa tre settimane fa. > Ammise guardandosi le mani.
< Capisco ... E secondo lei, la sua ex cosa dovrebbe pensare? >
< Non lo so ... Penso che se avesse fatto quello che le ho fatto io, non la perdonerei tanto facilmente. Questo è sicuro. >
< Allora la questione è molto più delicata del previsto. >
< Cosa intende dire? > Alzò gli occhi sulla donna davanti a lei, mentre si sistemava gli occhiali.
< Le consiglio di cambiare aria. >
< Ma non è un po’ troppo avventato? Cioè; trasferirsi altrove non è esagerato? >
< Non ho mai detto che lei si deve trasferire; le ho solo detto che lei avrebbe bisogno di prendere una pausa. In parole povere, si faccia una vacanza da qualche parte. >
< Ah, se me lo dice lei. >
< Facciamo così ... Io per una settimana me ne vado a Venezia, vuole venire con me? >
< Così su due piedi? > Quell'affermazione la sconvolse.
< Perché no? E' un ottima occasione per conoscerci meglio e per farla dimenticare della sua ex. Non è perfetto? > Le rivolse un sorriso smagliante e la ragazza sussultò, avendo le palpitazioni.
< V-Va bene. Dove ci vediamo e quando partiamo? >
< Ho due biglietti prenotati per partire stanotte all'una. Ci vediamo all'aeroporto verso le dieci e mezza? >
< Okay ... Ci vediamo lì. >
< Ehh ... STOP! > Le due ragazze si alzarono dal finto studio e si sgranchirono le gambe. < Ottimo lavoro ragazze, la scena è venuta benissimo. Se volete prendervi il pomeriggio, avete il mio consenso. Andate a farvi una pausa, mangiate qualcosa e ci vediamo qui tra quattro ore. Giusto il tempo di allestire i vari scenari. >
< D'accordo! > Detto questo, le due ragazze si avviano all'uscita e si dirigono verso un ristorante. Dopo che hanno ordinato e portato le pietanze cominciano a mangiare e a chiacchierare.
< Cosa ne pensi del film? Sta venendo bene? >
< Credo di sì ... Devo dire che due mesi fa ero preoccupata a fare un film saffico a luci rosse; però, sapendo che ci sei pure tu, penso che adesso vada bene ... > Miriam arrossì un po’, sorridendole e bevve un sorso di vino rosso. Anya la guardò sorpresa e poi le prese la mano, appoggiata sul tavolo; Miriam la guardò imbarazzata, e anche sorpresa, stringendo a sua volta la mano.
< Anche io sono contenta di lavorare con te … Però, devo dire che sono felice di aver lasciato la cattedra, sinceramente non so quanto sarei ancora resistita. E pensa che ho già trent'anni … >
< Questo non c’entra nulla … Anche io ho lasciato l’università come te, e ne ho ventiquattro! > Miriam s’innervosì, guardando fuori dalla finestra. Sentì la mano di lei sul suo braccio e girò la testa verso di lei, vedendo che le stava facendo un sorriso smagliante.
< Pronta per la prossima scena? > La guardò maliziosamente, facendola arrossire di più. Miriam prese un altro po’ di vino e Anya le tolse il bicchiere dalla mano. < Non bere troppo, altrimenti non sarai lucida ... >
< Sì ... hai ragione. >
< Allora ... Andiamo? > Miriam annuì e la bionda uscì il portafoglio, prendendo i soldi e mettendoli dentro il libretto con il conto, per poi uscire dal locale assieme all'altra. Il cielo era sereno, con delle lente nuvole che seguivano il loro percorso; il vento soffiava gelido per la città, facendo spostare di lato i capelli delle due giovani donne. < Oggi fa un freddo ... Mi si stanno congelando le ossa! >
< Io ti avevo già detto che dovevi coprirti bene, oggi il meteo prevedeva una minima di tre gradi; voglio vedere te che esci con quella giacca ... >
< Allora mi appiccico a te; Miss sono meglio di te. > Rise, mettendosi accanto a lei e prendendole per una estremità la sciarpa bianca, che indossava, allungandola un po’ per mettersela, e si coprirono entrambe. < Visto? Adesso va meglio! > Le prese una mano nella sua, congiungendola e stringendola, mentre camminavano lungo il porto. Dei gabbiani stavano appollaiati su un palo, aspettando pigramente che qualche pesce si avvicinasse alla superficie, per poterlo catturare e mangiarlo. Anya girò la testa per guardare negli occhi Miriam, che osserva la strada sovrappensiero. < Cosa c'è? >
< Eh? > Miriam alzò il viso e incrociò il suo sguardo, curioso e preoccupato.
< A cosa stai pensando? Sei così strana ... E' successo qualcosa? >
< No; nulla di particolare ... >
< Ne sei sicura? > Sussurrò a pochi centimetri dal suo viso, facendola trasalire.
< Sì.. Al cento per cento. > Le sorrise, appoggiando la testa nella spalla della compagna, sospirando.
< Andiamo allo studio? >
< Come vuoi ... > Le ragazze si avviarono verso lo studio cinematografo e, una volta sistemate, rientrarono nei ruoli.
< Bene! Adesso Anya devi sederti lì con la valigia! Ecco! Miriam tu devi aspettare là il segnale e poi entri in scena capito?! > Le due annuiscono. < Perfetto ... Pronti?! Eh ... AZIONE! >
< Accidenti ... Dove sarà finita? >
< Signorina Tebrolli! >
< Bredis! Vedo che sei arrivata puntuale. >
< Chiamami Sophie. >
< Allora tu chiamami Letizia. >
< Scusa se ho fatto tardi, ma non mi sono accorta di che ore erano. E' da molto che aspetti? >
< No, figurati, sono qui dalle dieci e un quarto. >
< Oddio, mi dispiace tanto! >
< Non devi scusarti per così poco. Forza, andiamo che tra poco parte l'aereo; non vorrai fare tardi. >
< Sì, certo. >
< Cambio scenario! All'hotel! > Il regista sussurrò alla truppe, che sistemarono subito lo scenario, e le due si diressero verso l‘altra struttura.
< Pensavo che non saremmo più arrivate. > Sophie sospirò e poi Letizia sorrise divertita.
< Non sei abituata a viaggiare in aereo vero? >
< Direi che preferirei evitarlo se è possibile … >
< Hai avuto dei problemi? >
< Preferirei non parlarne … > Entrarono nella hall e, dopo aver preso le chiavi della stanza, si diressero in camera e poi lasciarono le valigie.
< Ti ricordo che sono la tua consulente … non servo solo per i problemi riguardo quello che è nell'area dell’amore, ma io aiuto gli altri con i problemi che hanno, di qualsiasi genere esso sia. >
< Scusami, non volevo offenderti. > Sophie si mette sul letto e l’altra fa la stessa cosa. < Il fatto è che … i miei genitori sono morti in un incidente aereo … > Letizia rimane in silenzio e poi guarda il pavimento addolorata.
< Mi dispiace tanto … >
< Figurati. > Sophie la guarda di sottecchi e poi vede che la sta fissando con uno strano luccichio negli occhi. < L-Letizia ..? >
< Devi sapere che in verità io … > Deglutisce e poi avvicina il viso a quello della ragazza. < Io … mi sono innamorata di te … >
< Che cos..?! > Non finisce la frase e si ritrova sdraiata con Letizia che la blocca per i polsi e poi inizia ad ansimare nervosamente. Letizia abbassò il viso fino a far sfiorare i loro nasi e poi, un po’ titubante, le da un leggero bacio a fior di labbra. Sophie sussulta sgranando gli occhi. Poi le loro bocche si staccano e si guardano negli occhi per un po’.
< Io … non sono riuscita più a trattenermi … perdonami … >
< Non scusarti … Alla fine pure io … provo qualcosa per te. >
< D-Dici sul serio?! >
< Certo … Sono sempre stato un tipo piuttosto rigoroso quando si parla d’amore … >
< Questo l’avevo già intuito da quello che mi hai raccontato. >
< Oh … Capisco … > Tra le due ragazze scese un silenzio quasi assordante. Letizia si mise seduta a cavalcioni su di lei e poi si tolse la cravatta che aveva indossato quella sera e poi si tolse anche la cintura.
< Ti va bene se … vado avanti? >
< S-Sì … Fallo ti prego! > Letizia tolse la maglia di lei, la prese per i polsi, prende la cintura che si era tolta e stringe i polsi con essa. Sophie sussulta mugugnando e la guarda supplicandola.
< Ti ho fatto male? >
< N-No … Vai avanti … > Letizia prende la cravatta, la utilizza per bendarla e poi si china verso di lei.
< Ora fai come ti dico, okay? >
< V-Va bene. >
< Apri la bocca. > Sophie annuisce e apre appena la bocca, Letizia le prende il viso tra le mani e poi la bacia, prima molto lentamente, poi sempre con più foga. < Porgimi la lingua … > La ragazza esegue e Letizia fa toccare la lingua contro la sua baciandola con un intensità tale da farla gemere. “Non posso né vederla e né toccarla, ma anche se non faccio niente, quello che mi dice di fare mi fa eccitare molto.” Sophie sente le sue labbra sfiorarle il collo facendole venire un brivido lungo le braccia, la mano di lei sopra uno dei seni coperti e poi l’aggancio del reggiseno scattare. Involontariamente gira la testa di lato, anche se è bendata, sentendo il respiro caldo della donna sopra il seno. < Sei stupenda … > Sophie sussulta quando sente le sue dite sfiorarle il seno. Letizia si china verso un capezzolo, baciandolo e leccandolo. La ragazza geme pianissimo. Scende giù segnando un percorso con la lingua e poi sente le braccia di lei bloccarla. Lei la guarda stranita e poi si sente la voce del regista.
< Stop! Fermi tutti! > Lui si avvicina alle due e poi si mette a braccia conserte aspettando una risposta. Anya toglie la cravatta dagli occhi di Miriam e la cintura che le bloccava i polsi; lei istintivamente si copre i seni e guarda altrove. < Miriam, che ti succede? La scena prevedeva che lei continuasse … C’è qualcosa che non va? >
< Io … non me la sento … Scusatemi. > Prende i suoi vestiti da terra e si dirige di fretta nel camerino.
< Anya; sai cosa le prende? >
< Non so cosa dirti Damian … >
< Signor Podrenni; c’è una chiamata per lei. >
< Arrivo subito … Vai da lei. >
< Va bene … > Anya si avvia al camerino dove si trovava Miriam e poi bussa. < Miriam … Apri sono io … > Nessuno venne ad aprire. Insistette con il bussare e poi la porta si aprì. Lei entrò e la vide sul divanetto piangente e si dirige verso di lei preoccupata. < Miriam..?! >
< L-Lasciami stare ... > La ragazza singhiozza più forte e si raggomitola su se stessa.
< Ti prego non fare così ... Cosa ti prende? > Anya le mette le mani sulle spalle in gesto di solidarietà e aspetta.
< Non c'è la faccio ... > Si gira verso di lei e la guarda con gli occhi rossi e pieni di lacrime. < Non posso farlo ... >
< Perché no? > Anya la guarda per pochi attimi, intuendo qualcosa, sgrana gli occhi. < Mi stai dicendo che tu ... sei ancora vergine? > Miriam annuisce molto piano chiudendo gli occhi gonfi. < Mi dici perché hai accettato un lavoro del genere se neanche l'hai mai fatto? >
< IO ... PENSAVO DI POTERCELA FARE! VOLEVO ASSOLUTAMENTE QUESTO POSTO ... NE HO BISOGNO! > Urlò tra le lacrime che imperterrite scorrevano lungo le guance. < COSA NE SAI DI ME?! ALLA FINE TU ... SEI SOLO UNA MIA INSEGNANTE! > Quella frase fu come uno schiaffo per Anya. "Io ... non conto nulla ... per lei? Sono solamente una sua professoressa?" < ADESSO LASCIAMI SOLA! > Si girò dalla parte opposta continuando a singhiozzare.
< E va bene ... ho capito ... Forse mi sono fatta prendere troppo dalla parte ... senza considerare quello che sentivi ... Scusami, non volevo ferirti ... Io ... volevo solo ... > Miriam si girò di scatto mentre sentiva quelle parole per poi vederla crollare a peso morto sul pavimento. Allarmata, di dirige verso di lei e, vedendo che non reagiva, chiamò lo staff. (Anya ... Ehi Anya ... Lo sai cosa è l'amore? Significa vivere per la persona che ami.)
  
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