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Autore: Glory Of Selene    16/07/2013    2 recensioni
E' una missione che non può essere rifiutata.
"Voglio Kakashi Hatake. Portatemelo qui.
Vivo?
So che sarebbe impossibile. Il suo cadavere mi basta.
"
Un cacciatore esperto, si muove nell'ombra.
Kakashi non è abituato ad essere preda, nè a rimanere sempre un passo indietro a qualcuno.
Kakashi non è abituato a molte cose. Non è abituato, per esempio, a provare amore.
"«Chi pensi verrà?»
«Qualcuno in grado di valutare le nostre intenzioni e la nostra pericolosità. Hatake Kakashi, sicuramente.»
«E tu come fai a dirlo, si può sapere?»
«La nostra guida è in ritardo.»
«In rit… oh». Un attimo di silenzio, poi: «Quindi tu l’hai letto tutto, il fascicolo che ci hanno dato su di lui.»
«E tu non l’hai fatto perché tanto sono io che devo occuparmi di lui.»
«Lo sai? Sei la persona più saccente che conosca.»
"
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gai Maito, Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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Il corpo di Akahito si accasciò a terra, e lì rimase.
Reiko restò ad osservarlo con un’ombra di malinconia negli occhi, mentre il sangue di quello che una volta era stato il suo rivale le colava lungo il braccio.
Non era riuscito neanche a sfiorarla, ed era morto subito: quello era l’unico riguardo che lei aveva potuto fargli.
Si chinò e si pulì nel suo mantello. Aveva conosciuto perfettamente il carattere di quell’uomo, e lo odiava, certo, ma la sua morte non poteva che gettarle addosso una patina di tristezza che sapeva non sarebbe riuscita a togliersi dosso. Aveva avuto ancora una volta prova della crudeltà del Generale, e questo non poteva che riempirla di rabbia e indignazione, oltre che rendere ancora più evidente ai suoi occhi quanto fosse giusta la solitaria ribellione che stava portando avanti.
Akahito si fidava del proprio Generale. Perché l’aveva sempre servito con tutto se stesso, aveva eseguito ogni sua imposizione senza battere ciglio, aveva progettato e concordato con lui molte delle missioni che poi lei stessa aveva avuto il compito di eseguire. E per lui era morto.
Reiko aveva visto lo smarrimento, la delusione, il panico negli occhi del rivale quando lei era stata in procinto di colpirlo e lui aveva capito che il sigillo non si sarebbe mai attivato per salvarlo, e che sarebbe morto perché l’aveva voluto l’uomo al quale aveva dedicato tutta la propria vita.
«Maledetto.» sputò lei tra i denti. «Prima o poi arriverò a te, maledetto. E lo farò anche per Akahito.»
Si costrinse a scavalcarlo, perché doveva arrivare in tempo, doveva salvare Daisuke, doveva salvare Kakashi.
La corsa riprese, più veloce e congestionata di prima. Aveva perso del tempo e delle energie, e pregava davvero che le sue gambe non l’abbandonassero a metà tragitto, che la portassero il prima possibile alla radura scelta qualche giorno prima. Sperava che tutto andasse per il meglio.
Quando il viale finì girò a sinistra e percorse la nuova strada fino a trovare un vicolo un po’ più stretto, che imboccò congestionata per trovarsi davanti lo spiazzo che ospitava le porte della città.
Solo allora si permise una pausa, si fermò, riprese fiato, notò che a quell’ora del giorno e in pieno periodo di pace le porte erano aperte, per cui non sarebbe stato difficile per lei uscire senza destare sospetto nelle guardie che facevano la ronda sulle torrette.
Le raggiunse velocemente per poi superarle ostentando quella che secondo lei era una camminata rilassata. Probabilmente rilassata non lo era stata per niente, ma per fortuna i ninja di ronda non ebbero nulla da ridire riguardo alla naturalezza del suo modo di camminare e lei poté tornare a correre, inoltrandosi subito nella macchia degli alberi che costeggiava la strada di terra battuta che si snodava fuori da Konoha.
Per fortuna il luogo concordato non era molto lontano da lì.
Giunse allo spiazzo con l’angoscia negli occhi, che non poté che accentuarsi quando lo vide vuoto. Soltanto un corpo, a terra.
«No…» gemette quando riconobbe il biondo dorato dei capelli di Daisuke.
Corse fino a lui e si inginocchiò al suo fianco, ma le sue labbra erano già diventate bluastre, e se anche respirava ancora era un respiro troppo debole e spezzato perché potesse essere recuperato.
Appoggiò delicatamente una mano dietro la sua testa e la posò sulle proprie ginocchia, cingendolo con un braccio. Stava succedendo di nuovo. Di nuovo tutti intorno a lei morivano, mentre lei viveva, sempre e comunque.
«R… Reiko» tossì lui, aprendo a fatica gli occhi.
Lei si sorprese e si asciugò in fretta le lacrime che avevano preso a caderle sulle guance, ma non poté fare nulla contro i singhiozzi che le scuotevano il corpo.
Lui sorrise debolmente. «Che c’è… adesso, non dirmi… che ti sei a… affezionata.» mormorò, ripetendo le parole che le aveva detto davanti alla casa di Kakashi.
Lei abbassò la testa.
«Oh, ma sta’ zitto.» lo rimbrottò tra le lacrime.
«Ascolta» disse, osservandola con gli occhi castani resi spiritati dalla morte e accesi dalla preoccupazione. «Kakashi sta… combattendo… contro Eri.»
Alzò un dito per indicare la direzione che aveva preso lo scontro.
Reiko sentì la paura divorarle vorace il cuore. Certo, come aveva fatto a non pensarci? Eri Kamitake , uno dei cinque capi del corpo speciale, un ninja che avrebbe potuto dare dei problemi persino a lei.
Annuì.
«Grazie. Sei… sei un buon amico.» gli disse, con tutto l’affetto di cui fu capace. Non le capitava spesso di poter lasciare che le emozioni le passassero liberamente sul viso.
Daisuke sorrise debolmente e chiuse gli occhi.
«Proteggilo…» fu il suo ultimo sussurro a fior di labbra, prima di spirare.
Per un attimo Reiko pensò che si riferisse a Kakashi, ma uno sguardo a dov’era caduta la sua mano la contraddisse subito. Aveva stretto tra le dita una fotografia, fino all’ultimo.
Gliela sfilò di mano con delicatezza e le diede uno sguardo. C’era un bambino, sorrideva spensierato, mostrando con orgoglio il buco che avrebbe dovuto ospitare i due incisivi. Aveva una zazzera spettinata di capelli biondi, identici in tutto e per tutto a quelli del padre.
A lei si strinse il cuore, mentre guardava il cadavere dell’amico con occhi diversi.
«Daisuke…» le mancarono le parole, per un attimo, anche se sapeva che sarebbero state gettate al vento, ormai. «Certo che lo proteggerò. Te lo prometto.»
Prese un respiro profondo e si asciugò le lacrime prima di rimettersi in piedi.
Si alzò, con la consapevolezza di andare ad affrontare la morte. Se anche il Generale aveva deciso di sacrificare Akahito, ninja bravo ma non eccellente, non avrebbe fatto la stessa scelta con Eri. Avrebbe attivato il sigillo, Reiko lo sapeva bene; sapeva bene che sarebbe morta. L’importante era morire dopo aver messo in salvo Kakashi.
 
Il dolore che il sensei si era aspettato non arrivò mai.
Velocemente, sotto il suo sguardo sconcertato, arrivò una figura a mettersi in mezzo tra lui e la lama.
Riconobbe solo una treccia nera.
Ebbe uno scatto quando capì, ma la mancanza di chakra lo inchiodò al suolo, e lui non poté far nulla, mentre vedeva il kunai raggiungerla, inesorabile. L’avrebbe colpita in pieno.
E infatti la colpì.
Ma Reiko non sanguinò, e la lama cadde a terra con un clangore metallico, finalmente innocua.
Lei alzò la testa, ansimante; per lo sforzo della corsa, ma soprattutto per il terrore che aveva avuto di non arrivare in tempo.
«Reiko Iwakiyo.» sillabò Eri, incrociando le braccia al petto e lanciandole uno sguardo penetrante. «Mi stavo giusto chiedendo quanto c’avresti messo ad uccidere uno come lo Scorpione.»
Lei fremette di rabbia, mentre una smorfia di disgusto le nasceva sul viso. Quella donna era identica al Generale.
«Akahito aveva fiducia nell’ordine.» fu tutto quello che replicò, a denti stretti, controllando a stento la rabbia.
«Certo, certo.» la donna liquidò la questione con un gesto della mano, prima di tornare a squadrarla con quello sguardo così simile al suo, eppure anche terribilmente diverso. «Ma guarda un po’!» esclamò quando i suoi occhi si posarono sulle bende incrostate di sangue che fasciavano le braccia dell’avversaria. «Interessante… Che cos’è successo al tuo sigillo, Reiko?»
Per tutta risposta lei alzò il mento con fare provocatorio e si strappò le medicazioni di dosso. Mostrò le braccia, presentavano decine e decine di profonde ferite da arma da taglio in via di guarigione. E, sul sangue e sulle croste, campeggiavano i segni neri da loro conosciuti tanto bene, precisi e perfetti, neanche sfiorati da quell’accanimento spaventoso.
Kakashi ascoltava tutto, parola per parola, e dalle nebbie della sua semi incoscienza emersero lentamente i tasselli di quel puzzle fatto di domande prive di risposta che l’aveva tormentato da quando i due stranieri si erano presentati davanti alle mura di Konoha fino ad allora. Era dunque un sigillo quello che lui aveva scambiato per un tatuaggio… un sigillo che non doveva avere delle belle conseguenze, data la ferocia con la quale Reiko sembrava essersi accanita contro le proprie braccia.
Eri rise.
«Ah, la disperazione!» esclamò. «Cosa ti spingerà ancora a fare, la disperazione? Ad uccidermi?». Il suo sorriso sfavillò d’ironia.
Entrambe sapevano perfettamente quale tra le due sarebbe stata destinata a morire, e non dipendeva dalle loro abilità ninja.
Reiko non si lasciò spaventare dalla sua sicurezza: era qualcosa che aveva messo in conto dall’istante stesso in cui aveva scelto Kakashi e non il Villaggio.
«Sì, se non rinuncerai alla missione Hatake». La sua espressione era seria e irremovibile.
La rivelazione di ciò che quella ragazza stava facendo, per lui, lo colpì più forte di quanto avessero fatto i calci ricevuti.
Perché?, l’unica sbigottita, dolorosa domanda che si fece.
«Giusto… Kakashi Hatake.» la donna si picchiettò il mento con un dito con aria pensosa, come se stesse considerando qualcosa che non le era mai neanche passato per la testa. «Chissà cosa possono averti mai fatto la sua maschera e la sua chioma argentea per indurti al suicidio…»
«Lui non c’entra!» si affrettò a dire, colta per un attimo dalla sorpresa e dall’imbarazzo. «Ho semplicemente deciso di liberarmi una volta per tutte dei fili con cui il Generale pretende di controllarmi.»
La donna si tolse il mantello rosso e lo lanciò via, sorridendo di un sorriso sarcastico ma letale. «E allora vieni, marionetta. Sono proprio curiosa di assistere all’abilità innata di cui si parla tanto.»
«Non me lo faccio ripetere due volte.» mormorò con rabbia Reiko, mentre per la seconda volta nella giornata lasciava il chakra scorrere libero dentro di sé. Non sapeva quando il Generale avrebbe attivato il potere del sigillo, e fino ad allora intendeva prendersi una ad una tutte le sue soddisfazioni.
Se per Akahito aveva provato tristezza, sapeva che per Eri non ci sarebbe stato null’altro che un profondo appagamento.
Sotto i propri occhi, Kakashi vide la ragazza che aveva conosciuto dietro il suo mantello blu, quella che era svenuta per via dei raggi del sole, quella che aveva dovuto salvare da un violento ubriaco, trasformarsi in una vera e propria arma vivente.
Ogni centimetro della sua carne divenne lucido acciaio; la mutazione partì dalla punta delle dita e si estese alle braccia – cancellando le ferite ma mantenendo intatto il sigillo –, alle spalle, al busto, alle gambe, al collo. Il suo viso divenne una maschera d’acciaio nella quale erano intagliati i più sottili lineamenti, e i suoi capelli si sciolsero da soli dalla treccia, prendendo la forma di tanti fini cavi metallici.
«Allora è proprio spettacolare come dicono.» sussurrò la sua avversaria con un largo sorriso. Prese la benda da una tasca dell’abito e se la legò attorno agli occhi, prima di unire le mani e formare il primo simbolo della sua tecnica.
Reiko aprì le mani e le sue dita s’allungarono diventando degli artigli affilati.
«Tecnica della Dea B…» La donna non riuscì a terminare la frase che l’avversaria le era già addosso, fulminea, combatteva con grazia, agilità e una precisione invidiabile.
Eri sapeva che qualsiasi contatto con il corpo di Reiko sarebbe stato mortale, perché in quella forma lei era un’arma umana ed era in grado di modellare il proprio acciaio in modo da generare una quantità infinità di lame, in qualsiasi parte del corpo.
Come a ribadire il suo pensiero, in quell’istante miriadi di spine le spuntarono dal corpo, trafiggendo gli abiti e rendendo ancor più letali i suoi colpi. Eri dovette dar fondo a tutte le proprie capacità atletiche per non rimanere infilzata o non perdere un braccio.
Fece uno scarto di lato per evitare un affondo e poi spiccò un balzo in aria, dove poté terminare l’invocazione della propria tecnica.
«Tecnica della Dea Bendata!» ripeté. Subito il chakra arrivò ad avvolgerla e a formare un pupazzo che sbarrò la strada a Reiko.
La ragazza si fermò. Aveva sentito parlare di quella tecnica, che la Kamitake aveva preso dalla tradizione delle Arti Magiche del Villaggio, ma da quello che ne aveva capito non sarebbe stata un problema per lei, in quella forma. Si lanciò in avanti senza pensarci un attimo.
Il pupazzo si era messo in mezzo, ma lei gli passò attraverso senza batter ciglio: la capacità di risucchiare il chakra non avrebbe mai attecchito su una materia inorganica.
Il suo attacco colse di sorpresa Eri, che non riuscì ad essere abbastanza veloce nello spostarsi e subì una profonda ferita al fianco destro. Sorrise, anche se era pallida di rabbia, sciolse la tecnica e fece un paio di balzi all’indietro per portarsi a distanza di sicurezza da Reiko.
Si fermarono entrambe, adesso, a riprendere fiato. Sul bellissimo viso d’acciaio di Reiko si era dipinto un sorrisetto appena accennato.
«Stanca?» domandò ironica alla propria avversaria. La sua voce aveva una sfumatura metallica, chiusa in quel nuovo corpo.
Eri rispose con un’espressione feroce. «Ti sto aspettando.»
Le spine sul suo corpo si ritrassero, mentre il suo acciaio si modellava, come fosse liquido, ad assumere una forma più levigata e aerodinamica. Eri capì che avrebbe attaccato sfruttando la massima velocità possibile.
Kakashi osservava tutto il combattimento, lottando contro la debolezza per non svenire. Non aveva mai visto un’abilità innata pericolosa come quella a cui stava assistendo; forse soltanto il clan Hyuga avrebbe potuto eguagliarla.
Reiko schizzò contro Eri ad una velocità triplicata rispetto a quella di prima, sferrando un attacco dopo l’altro. La sua avversaria arrancava nell’evitarli tutti, la ferita che le era stata inferta sanguinava e bruciava terribilmente, ma non poteva smettere di muovere le mani nel formare le figure che avrebbero dato origine all’unica tecnica che avrebbe potuto permetterle di vincere.
Saltò su un albero per sfuggire ai colpi fulminei e distruttivi dell’avversaria, si spinse via e con una piroetta in aria atterrò alle spalle della ragazza.
Reiko si voltò.
Eri aveva piantato una mano nel terreno. «Tecnica dello Specchio della Discordia», invocò.
Dal suolo sotto di loro sorse un grande blocco di onice squadrata, nera e riflettente, che interruppe la sua crescita solo dopo essersi innalzato di cinque metri da terra.
I capelli di Reiko ebbero un fremito e si tesero verso la sua direzione, ma mentre lei era impegnata ad analizzare lo specchio la sua immagine si rifletteva perfettamente nel nero del suo materiale che apparve d’un tratto fin troppo liquido. Dalle sue profondità sorse una figura umanoide, che si modellò e si delineò man mano che usciva in superficie diventando una copia perfetta del corpo d’acciaio della ragazza.
Reiko capì in un istante. Eri combatteva i ninja utilizzando loro stessi.
Lo specchio tornò a inabissarsi nel terreno in una manciata di secondi, mentre l’altra Reiko fletteva le gambe in perfetto assetto da combattimento.
«Ho sempre desiderato manovrare la tua abilità, lo sapevi?» disse Eri dietro il proprio pupazzo, che si coprì di aculei in un attimo proprio come le aveva visto fare poco prima.
Reiko storse la bocca. «Davvero di pessimo gusto.» commentò.
Eri rise e la copia di Reiko scattò in avanti, facendo del proprio braccio un’unica lama. La ragazza si abbassò e fece un paio di capriole all’indietro, altrimenti era certa che le avrebbe falciato la testa. La trovata di Eri non era sbagliata: quello della sua trasformazione non era acciaio normale, e avrebbe potuto essere tagliato soltanto da un materiale della stessa natura.
Gli artigli delle sue mani divennero ancora più lunghi e più affilati. Avrebbe dovuto mettere fine in fretta al gioco dell’avversaria, e aveva già bene in mente come fare.
 
Il Generale aprì gli occhi e sorrise.
Come al solito Reiko non l’aveva deluso. Sarebbe stata in grado, ne era sicuro, di uccidere anche Eri senza procurarsi altro che un graffio.
E per questo era un pericolo.
Sospirò.
Sarebbe stata una grande perdita…
«Che peccato.» mormorò tra sé, prima di congiungere le mani.
Gallo. Serpente. Cavallo.
 
Reiko stava per aggredire la propria avversaria, ma non riuscì a portare a termine i propri propositi. I simboli del sigillo s’illuminarono d’un tratto di una luce bianca; lei non fece nemmeno in tempo a considerare che era arrivato il momento di fare i conti con il Generale, che il dolore giunse come un fiume in piena, inesorabile, disumano.
Tutto il suo corpo fu scosso da tremiti convulsi. Avrebbe voluto gridare, ma la voce le era rimasta in gola, bloccata dagli spasmi che avevano preso possesso del suo corpo, rendendole impossibile anche il semplice atto di stare in piedi.
Crollò a terra infatti, il sigillo che brillava come non mai, il corpo scosso dalle convulsioni, un dolore indescrivibile in testa. Lentamente, a chiazze, il suo corpo tornò ad essere quello di sempre: carne dove c’era stato acciaio, una chioma di capelli neri al suolo, occhi di un azzurro chiarissimo talmente spalancati da dar l’impressione che sarebbero schizzati via.
Eri si era tolta la benda dagli occhi e si godeva tutta la scena con un sorrisetto compiaciuto. Avrebbe potuto finirla subito, in quelle condizioni non avrebbe mai potuto difendersi, ma la risparmiava. Voleva osservare fino il fondo il potere del sigillo.
Dopo arrivarono le urla. Il groppo che ostruiva la sua gola si sciolse e tutte le grida che vi si erano incastrate senza trovare via d’uscita schizzarono fuori, più acute, più forti, più strazianti che mai. Solo allora la sua avversaria si riscosse.
«Ho deciso!» disse in un tono orribilmente frivolo e soddisfatto. «Per primo ucciderò Kakashi.» Si chinò sul corpo di Reiko scosso dagli spasmi, guardandola in faccia con una luce crudele negli occhi e un sorriso sadico e mellifluo al contempo. «C’è qualcosa che vorresti dirgli, prima, zuccherino?»
Reiko le rivolse uno sguardo pieno d’odio e di sofferenza, ma non riuscì a sputarle addosso tutti gli insulti che avevano preso corpo nella sua mente.
«Benissimo!» trillò quella, girandosi verso il jonin.
«A… aspetta.» fu il mormorio strozzato che giunse dalla ragazza dietro di lei.
Eri si voltò indietro e le gettò uno sguardo di fuoco. «Come hai detto?»
Il sigillo brillava e le ruggiva in corpo tutto il suo bruciante dolore, eppure lei riuscì a mettersi sulle ginocchia.
Si era fatta una promessa. Si era detta che non sarebbe morta prima di mettere in salvo Kakashi.
Sapeva di avere uno scarto di pochi minuti prima che il sigillo bloccasse definitivamente la sua capacità di impastare il chakra. Era un vantaggio che avrebbe dovuto sfruttare fino all’ultimo istante.
Congiunse le mani, ma fu come se cercasse di aggrapparsi a se stessa per non cedere. Ogni simbolo sembrò costarle preziose gocce del suo sangue.
«Tecnica Superiore della Moltiplicazione del Corpo» sussurrò.
Ci fu una nuvola di fumo, dalla quale emerse una Reiko agonizzante e distrutta come l’originale.
«Ammirevole. Due Reiko contro il mondo.» commentò la sua avversaria, zeppa di sarcasmo.
Ma la ragazza non aveva certo tempo per pensare a frecciatine e provocazioni. Nuovi simboli vennero evocati ora dai suoi gesti, una seconda tecnica, l’ultima, fu quella che uscì dalle sue labbra.
«Arte dell’Acciaio: Tecnica dell’Obelisco Imperiale».
La terra attorno a loro tremò, mentre lei si lasciava prendere dal dolore e dalle convulsioni, ansimante. Aveva fatto tutto quello che era in suo potere.
Prima ancora che Eri potesse rendersene conto, otto pareti di durissimo acciaio erano sorte attorno a lei e attorno al riflesso di Reiko creato dalla sua tecnica, innalzandosi fino a dieci metri da terra e intrappolandole.
Reiko torse la bocca quando vide  il pessimo risultato che aveva ottenuto. Il suo Obelisco, di solito, arrivava a toccare più di mille metri, e aveva una funzione completamente diversa da quella di una mera prigione; ma come rallentamento e diversivo sarebbe stato perfetto.
«Va’.» mormorò alla sua copia.
Quella si caricò Kakashi sulla schiena e corse via, debole e barcollante, ma straordinariamente determinata.
Reiko sorrise, chiuse gli occhi e accolse il dolore del sigillo con l’idea di aver davvero fatto ogni cosa che si era messa in testa di fare. Eri non c’avrebbe messo molto a liberarsi della sua tecnica incompleta, ma alla ragazza non importava quello che sarebbe successo dopo. Aveva paura della morte soltanto quando il suo volere a toccare i propri cari; lei aveva vissuto anche troppo, per i suoi gusti. Aveva visto troppa gente morire. Non sarebbe stato giusto che arrivasse il suo turno?
Per un unico motivo le sarebbe dispiaciuto lasciare questo mondo, ed era il figlio di Daisuke.
 
Mai come in quel momento il conflitto sempre presente in ogni decisione di Kakashi era aspro e combattuto.
Il jonin, gelido e senza sentimenti, era compiaciuto da tutto ciò che stava succedendo. Compiaciuto.
D’altra parte, sapeva bene che se fosse finito nelle mani di qualche potenza quella avrebbe avuto uno sharingan da studiare. Evitare che questo succedesse era un suo dovere. E non avrebbe potuto quindi servirsi dell’inatteso tradimento di uno dei sicari per portare a termine il suo compito, quando lui non era stato in grado di farcela da solo?
Queste considerazioni, che sarebbero venute a chiunque, non facevano altro che disgustarlo. C’era una ragazza – Reiko; e chissà perché quel nome la rendeva diversa da tutte le altre – che aveva messo a repentaglio la propria vita per la sua. Che stava combattendo priva di chakra,  contro una kunoichi di livello e un sigillo che la corrodeva dall’interno, per lui. E tutto ciò che lui era capace di pensare era la fortuna che aveva avuto a non aver messo in pericolo la Foglia.
Non riusciva a smettere di provare sollievo, un sollievo intimo e profondo, che continuava però a suscitargli un ribrezzo insopportabile.
Forse avrebbe meritato di dare la vita per la propria inadeguatezza, invece che giocarsi vigliaccamente quella di un’altra persona.
In quel momento le gambe della copia cedettero, e quella franò a terra con un gemito di rabbia e sorpresa. Kakashi, che nelle condizioni in cui si trovava sarebbe svenuto a compiere anche solo il più piccolo movimento, non poté far altro che cadere sopra di lei, tentando almeno di farlo nella maniera meno dolorosa possibile.
Lei rimase a terra, ansimante, sfinita; tremolava, a volte, come se fosse sul punto di scomparire da un momento all’altro, ma si teneva aggrappata all’esistenza con la sola forza di volontà, evidentemente perché aveva ancora una cosa da fare.
Alzò con fatica un braccio, e con un dito tremante indicò a Kakashi un punto del bosco.
Lui seguì quella traiettoria con lo sguardo e vi trovò un tronco cavo, che aveva una rientranza protetta da qualche cespuglio che sembrava essere stata messa lì apposta per fornire un nascondiglio sicuro.
Annuì.
Reiko sorrise, di un sorriso debolissimo, prima di chiudere gli occhi e svanire in una nuvola di fumo.
 
Il pupazzo d’acciaio finì di sbrindellare ferocemente la prigione che era stata costruita attorno a lui, portandosi dietro un’Eri schiumante di rabbia.
«Tu.» ringhiò puntando un dito contro Reiko, che altro non avrebbe potuto fare che aspettarla, inerte, con la schiena appoggiata al tronco di un albero. «Te ne pentirai amaramente.»
La ragazza le rivolse un sorriso strafottente. «Ne dubito.»
Eri si strappò la benda dal volto e si fermò a pochi centimetri da lei. Le prese il mento tra le dita e la costrinse a guardarla negli occhi, gli sguardi quasi bianchi del Villaggio della Notte in un confronto tra vinto e vincitore.
«Mi prenderò la mia rivincita, lo sai. Ti vedrò sgozzata dalle tue stesse mani.» si sentì sussurrare Reiko in faccia.
Lei girò di scatto la testa senza rispondere nulla. Stringeva un kunai nella mano destra, ma la sua avversaria ancora non se n’era accorta.
Velocissimo, il pupazzo le raggiunse, mettendosi in mezzo a loro e alzando i propri artigli letali. Puntava a Reiko.
La ragazza, ansimante, fissò senza paura gli occhi vacui e inespressivi che si disegnavano sull’acciaio del suo stesso viso, e considerò di essere davvero spaventosa durante la trasformazione. Tutti i suoi organi diventavano d’acciaio, persino i suoi occhi, che perdevano del tutto la capacità di vedere, fatto che per lei era divenuto un vantaggio, non un punto debole.
Quello che Eri non sapeva, però, e che avrebbe invece dovuto tenere bene a mente, è che qualunque tecnica aveva una debolezza.
Li uccido adesso, o muoio qui., si disse la ragazza, un attimo prima che la creatura le trafiggesse un fianco con il suo braccio affilato; Reiko non sarebbe mai riuscita a schivarlo, veloce com’era.
Sentì un grumo di sangue farsi spazio lungo la sua gola, e lo tossì via. Strinse i denti, e un attimo prima che il pupazzo estraesse la propria mano per colpire di nuovo, alzò il kunai che aveva tenuto nascosto e tagliò di netto i fili che formavano i capelli della creatura.
Grazie a quei sensori Reiko era tanto letale in battaglia, e sopperiva alla mancanza dei cinque sensi che giungeva irrimediabile con la trasformazione delle cellule del suo corpo. Ed erano l’unica cosa vulnerabile nella sua armatura.
Il pupazzo lanciò un grido acuto, che parlava di un dolore lancinante, e sempre gridando balzò all’indietro per contorcersi su se stesso. Doveva essere una tortura inimmaginabile.
«Credo che le mie mani sgozzeranno qualcun altro.» mormorò Reiko. Con le ultime forze che le rimanevano si gettò contro la propria nemica, rimasta paralizzata dallo stupore, e senza che ci fosse tempo neanche per la più breve colluttazione la kunoichi andò ad affondare la propria lama nella gola dell’avversaria, precisa e implacabile.
Eri emise un gorgoglio strozzato, soffocata nel proprio stesso sangue, la osservò piena d’ira e di sgomento, e spirò con una maschera di ferocia in volto.
Reiko si accasciò sul suo corpo, senza neanche avere l’energia di spostarsi di un millimetro. Ansimava; il suo sangue si mischiava con quello della donna appena morta, e aveva un odore che le dava il disgusto.
Eppure sorrise.
Il Generale non aveva ancora vinto.
 
 
 
Ciò che dice l’Autore
 
Finalmente riesco a pubblicare questo capitolo! Ci tenevo molto a farlo perché dopodomani parto, per una settimana non potrò scrivere assolutamente nulla – probabilmente morirò –, e quindi dovrà passare del tempo prima che io possa pubblicare di nuovo; volevo almeno lasciarvi con questo nuovo capitolo, che aspettate da fin troppo tempo.
Allora! Qui la pucciosità (pucciosaggine? <.<’) della mia coppietta cresce, altrochè. Almeno, secondo il mio perverso punto di vista, perché non è che sia molto romantica una lotta all’ultimo sangue dove due persone si massacrano di botte finché uno dei due non muore O.O
Ok, sto delirando. Ultimamente non sto per niente bene, e credo che questo sia palese ormai xD Ho dovuto impegnarmi per inventare un’abilità innata abbastanza fiqua per la nostra Reiko, e credo che mi sia venuta piuttosto bene… insomma, la adoro quand’è trasformata. Non fosse stato per quel bastardo del Generale…
Basta, mi fermo qui. In realtà, non è che sia soddisfattissima del risultato finale (avrei voluto rendere meglio le emozioni di Kakashi, ma non ci sono riuscita e questo è un po’ frustrante), ma spero che vi sia piaciuto lo stesso.
Un enorme ringraziamento a tutti quelli che mi sostengono, che seguono la storia, che recensiscono, perché i vostri pareri mi aiutano un sacco :33
Un bacione,
Glory.
 
  
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