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Autore: zaynsnote    16/07/2013    9 recensioni
“Dovresti prendere qualcosa di più sostanzioso.” Disse ferma una voce maschile dietro di me. Non la riconobbi e mi voltai verso il ragazzo che aveva parlato.
“Prendo ciò che mi pare.” Dissi mostrando un sorriso sfacciatamente malizioso che lui ricambiò al più presto.
“Mmh… sei nuovo?” Chiesi addentando la mela in modo sensuale.
“Sì, è il primo giorno e già mi sono scocciato di questa prigione.” Ridacchiai e il suono della mia risata poteva essere facilmente ricordato come quello di un’oca. Era ciò che faceva impazzire i ragazzi. Una piccola risatina anche finta, per fargli capire che la loro battuta ti era ‘piaciuta’.
Presi a disegnare rette verticali immaginarie sulla sua spalla destra con il mio indice.
“Che ne dici se ti faccio fare un giro come guida in questa prigione?” Mi morsi il labbro inferiore cercando di persuaderlo.
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dovevo levarmi da mezzo molti compiti che mi ero arretrata, ma a casa non sarei potuta tornare così presto, altrimenti avrei trovato mia madre e non avevo neanche un po' di voglia di litigare con lei per l'ennesima volta, così decisi di andare a studiare in biblioteca.
Aspettai prima che gli studenti uscissero dalla scuola per poi recarmi nella grande sala piena zeppa di libri di vario genere.
Nessuno avrebbe dovuto vedermi o la mia reputazione sarebbe andata a rotoli e più nessun ragazzo avrebbe osato avvicinarsi ad una 'secchiona'.
Presi posto ad uno dei tanti tavoli, appartata, accanto ad un computer e aprii il mio libro di filosofia intenta a leggere un nuovo capitolo da portare per la settimana dopo.
Alzai la testa dal libro per sistemare una ciocca di capelli che era sfuggita alla mia coda quando i miei occhi furono attirati da una chioma scura e una maglia verde che risaltava alla perfezione la carnagione della ragazza che si stava avvicinando al mio tavolo.
"Oh no..." 
Abbassai immediatamente il capo cercando di non farmi vedere da Safaa, ma a quanto pare non ci riuscii dato che la sua voce squillante mi arrivò allegra alle orecchie.
"Taylor!"
Mi aveva vista. Fui costretta a guardarla e a ricambiare gentilmente il suo saluto chiedendomi per quale motivo al mondo dovevo sempre ritrovarmela tra i piedi e nei momenti meno opportuni.
"Ehy Safaa... come va?"Le chiesi con un finto entusiasmo sventolando la mia mano in aria.
Spostò la sedia per sedersi vicino a me e silenziosamente prese dei libri appoggiandoli sul tavolo.
"Bene, a te?"
"Bene..."

Immersi di nuovo la testa nei libri cercando la concentrazione necessaria per memorizzare i concetti di quel paragrafo e ci riuscii in parte fino a quando la voce della mora attirò la mia attenzione.
"Ve la siete spassata tu e mio fratello alla festa di martedì, vero?"
Sbiancai. Ci aveva visti.
Ormai non ero più quel tipo di persona che si imbarazzava a parlare di certi argomenti e non mi infastidiva essere vista mentre 'giocavo' con un ragazzo.
 Ma Safaa era la sorella del ragazzo e poi sembrava così innocente che mi sarebbe dispiaciuto traumatizzarla. Inoltre non sapevo neanche il nome del fratello e avrebbe subito capito quello che facevo.
Almeno conoscevo il cognome, dato che era lo stesso di Safaa, Malik.
"Mmh... credo che tu abbia visto."Ridacchiai senza darle una risposta precisa.
Mordicchiai la matita nervosa e presi a giocherellare con un riccio biondo attorcigliandolo ripetutamente al mio indice.
"Ma allora state insieme?"Chiese con molta enfasi facendo voltare molti lettori infastiditi che le ordinarono di abbassare il tono della voce.
Quasi mi strozzai con la matita che stavo schifosamente gustando.
Tossicchiai e presi fiato facendo ridere Safaa che si tappò subito la bocca per non essere richiamata ancora.
"No..."
Sorrise maliziosa e sentii le mia guance andare a fuoco. Da dove usciva questo lato di lei?
"Non stiamo insieme, Safaa." 
Lei annuii poco convinta e insieme riprendemmo a studiare fino a quando non si fece l'orario un cui mia madre usciva di casa per andare a lavorare, l'orario in cui sarei potuta tornare e sistemare l’appartamento o semplicemente rilassarmi senza che iniziasse con le sue solite lamentele.
Sistemai i miei libri nella borsa, salutai Safaa e corsi via dalla biblioteca cercando di scappare dagli sguardi altrui.
A quanto pare non calcolai bene i tempi perché quando arrivai a casa mia madre era ancora lì ed il suo umore era molto più nero delle nuvole che coprivano il cielo di Londra.
"Finalmente ti sei decisa a tornare a casa."Mi disse con la sua voce sottile e fredda incutendomi timore.
Il divano era aperto, non c'era il materasso e una staffa giaceva sul pavimento freddo.
Fu quando la prese che pregai Dio in tutte le lingue di aiutarmi e farla calmare.
"Quasi, quasi sentivo la tua mancanza.” Rise malvagia facendomi sussultare.
"Dopo anni che non mi rivolgi la parola, se non per insultarmi e urlarmi contro, hai sentito la mia mancanza?"Le sputai contro facendola irritare ancora di più dal momento che prese la staffa di legno, la impugnò come se fosse un'arma e colpì il mio fianco destro facendomi cadere e gemere di dolore. 
"Come ti permetti?" Era irata al massimo.
Ma non ebbi paura, non m'importava cosa poteva fare, dovevo dirle una volta per tutte quello che pensavo.
"E' da quando Austin e papà sono morti che mi tratti così, come se non esistessi, come se non fossi tua figlia. Mi passi sopra come se fossi un vecchio zerbino ferendomi con le tue parole."Sentii gli occhi pizzicare, mi morsi il labbro inferiore per non piangere. Non volevo cedere e mostrarmi debole davanti a lei, non ora che ci stavamo affrontando.
"Ho sofferto tanto."Il suo tono si era abbassato notevolmente.
"Ed io? Credi che io non abbia sofferto?"
"Non importa, è colpa tua se ora non ci sono più, meriti la stessa morte lenta e sofferente."

Tirò ancora la staffa di legno, questa volta colpendomi il viso. Del liquido rosso e caldo prese a scendere dal mio naso mentre sentii il labbro spaccarsi. Mi alzai prima che potesse colpirmi di nuovo, anche se il dolore fisico non era niente in confronto a quello che mi aveva provocato psicologicamente urlandomi contro quelle cattiverie e augurandomi la morte.
Corsi in bagno e mi sciacquai il viso, alzai la maglia e notai una grande macchia rossa sul mio fianco, sarebbe diventata sicuramente un enorme e doloroso livido. Passai della crema sul viso, sopratutto sul labbro. Con il correttore provai a coprire i segni lasciati dalle botte ed indossai una felpa blu per uscire dopo aver preso un ombrello.
Le nuvole erano ormai colme e non riuscivano più a contenere le gocce d'acqua che avevano preso a scendere sottoforma di pioggia, ma a me non importava, volevo solo allontanarmi da quel luogo.
Mi diressi al parco, come al solito, sicura che non ci fosse nessuno date le condizione atmosferiche.
Ma mi sbagliavo, ancora.
Il mio ombrello venne tirato all’indietro da qualcosa, ma non capii subito cosa.
Iniziò a volere incastrato ad un altro ombrello e finii tra i rami di un albero.
“Perfetto!”
Urlai pestando i piedi a terra mentre maledicevo la mia intera vita, mia madre, l’ombrello e…
“Oddio, scusa, vieni qui.”
Un ragazzo moro mi trascinò in una di quelle cabine di legno che si trovano ai parchi e si sfilò la sua felpa, poi tolse la mia.
“Ehm… a dire il vero avrei da fare e non è il caso di farlo proprio qui…”
“Oh no, hai frainteso.”
Si mise a ridere a capii di aver fatto una figuraccia, ma la sua stretta calda mi fece dimenticare quello che stavo dicendo.
Mai nessun ragazzo mi aveva tenuta tra le sue braccia in questo modo, mai nessun ragazzo era stato così delicato e accorto.
Prese la sua felpa e l’appoggiò su una panchina per poi infilarmi la sua, sempre con tanta delicatezza.
Ero come paralizzata dal suo modo di fare, non avevo la forza fisica e psicologica di fermarlo così lo lasciai fare.
Il profumo del suo indumento mi inebriava, era qualcosa di spettacolare che faceva perdere i sensi.
“Scusa, devo andare.”
“E la felpa?” Chiesi come una bambina stupida incapace di formulare una frase di senso completo.
Infilò la mano nella tasca posteriore dei miei jeans e cacciò il mio cellulare, digitò un numero che pensai fosse il suo e mi sorrise andando via.




Spero che il capitolo vi piaccia.
Mi lasciate un commentino? :)

  
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