Schiavi d’amore
IV
Passarono i mesi, e il giorno del
matrimonio di Lucio arrivò velocemente.
Furono mesi felici, anche con quella
scadenza che incombeva, proprio perché Lucio e Sophia
non la vivevano come tale. Non sarebbe cambiato nulla, tra loro; avrebbero
continuato ad amarsi, con discrezione, come facevano tutti.
Avrebbero rispettato quell’implicita
regola aurea che regnava in gran parte dei matrimoni e delle relazioni dell’Impero.
Il loro amore era troppo forte per
rinunciarvi.
Sophia aveva trovato in esso una nuova ragione di vita che l’aveva
aiutata a superare il proprio passato, dimenticandone le parti più brutte e
serbando quelle più belle. Non si preoccupava troppo di quello che sarebbe
successo in futuro perché Lucio le aveva accertato che tra loro non sarebbe
cambiato nulla, e nelle sue parole aveva colto assoluta sincerità. Lucio
l’amava davvero, per quanto all’inizio avesse fatto fatica a capacitarsene
perché proprio non capiva cosa avesse potuto trovare in una semplice schiava
come lei.
Il giorno del matrimonio, il ragazzo
richiese esplicitamente lei per aiutarlo a vestirsi e a drappeggiare la toga
intorno al corpo. Sophia aveva accettato senza
opporre resistenza, perché restava comunque una sua schiava, ma non aveva
compreso perché avesse voluto proprio lei.
– Ci ho pensato a lungo – le annunciò
Lucio non appena lei ebbe finito di vestirlo. – Ho trovato una soluzione
definitiva. Certo, non sarà facile, ma…
– Che cosa vai dicendo, Lucio? – gli
domandò Sophia. Ormai aveva smesso di chiamarlo dominus da tempo, quando erano in
privato. – L’abbiamo già trovata una soluzione.
– Sì, ma quella che ho in mente io è
migliore! – esclamò, afferrandola per le spalle. – Sono stato uno stupido a non
pensarci prima… Dopo che sarò sposato e mio padre
soddisfatto della mia unione, perorerò la tua causa. Cercando di mostrarmi
disinteressato, s’intende… Gli suggerirò di
concederti la libertà con la manumissio. E una volta che l’avrai ottenuta, divorzierò e
ce ne andremo da qui. Daremo scandalo, ma almeno saremo felici e potremo vivere
il nostro amore alla luce del sole.
Sophia rimase a bocca aperta. Non ci aveva mai pensato. Sbatté gli
occhi più volte, mentre la sua mente elaborava le parole che Lucio aveva appena
pronunciato. Sarebbe tornata libera e avrebbe vissuto accanto all’uomo che
amava.
– Dici sul serio? – fu in grado di
dire, soltanto. In tutta risposta, Lucio la baciò con passione e Sophia ricambiò con altrettanto ardore.
– Sarebbe bellissimo, per noi… Ma… Sarebbe terribile, per
te. Per la tua reputazione, per quella tua famiglia, per la tua carriera politica… Ne sei davvero sicuro? – domandò la ragazza, non
appena si separarono. Era felice per quel nuovo sviluppo, ma voleva assicurarsi
che Lucio avesse calcolato tutti i rischi.
– Sì, ne sono certo. Non sarà una
soluzione immediata, me ne rendo conto, ma non voglio nemmeno continuare a
incontrarti di nascosto da tutto e da tutti per sempre. Non mi importa di
quello che succederà. Voglio averti accanto a me come donna libera, come
moglie, non come una schiava. Non è quello che ti meriti, non è quello che meritiamo – rispose Lucio. – Ti avevo
detto che avremmo trovato un modo, ed è questo.
Sophia non sapeva cosa dire. Qualsiasi parola sarebbe stata
superflua. Con gli occhi lucidi, si sporse verso di lui e lo baciò con
dolcezza.
– Ti amo – gli sussurrò poi, con un
sorriso.
– Anche io ti amo, Sophia
– disse lui di rimando, prima di stringerla di nuovo tra le proprie braccia.
I due amanti rimasero abbracciati a
lungo, beandosi di quel contatto e di quella nuova prospettiva di vita.
Avrebbero coronato il loro sogno, e il loro amore non sarebbe stato più
impossibile.
Ignoravano però che qualcuno avesse
assistito a quella scena dall’inizio alla fine, da dietro la tenda che celava
l’uscio della stanza di Lucio.
Ignoravano che, a quelle parole che
avevano reso così felice Sophia, questi fosse
inorridito e avesse maledetto il giorno in cui il ragazzo aveva portato a casa
quella schiava.
Ignoravano che il senatore Tito avesse
in mente altri piani, per loro.
L’uomo convocò Sophia
nel proprio tablinum
qualche giorno dopo.
– So tutto – le annunciò, senza troppi
preamboli. – So che razza di idee hai messo in testa a mio figlio, non so se
volontariamente o meno. Vi ho sentiti, prima del matrimonio – spiegò dunque,
giusto per chiarire ogni dubbio.
Sophia impallidì. Quando era stata chiamata, aveva pensato di
doversi occupare delle solite faccende, non che il padre di Lucio avesse
scoperto la loro relazione e che ovviamente non ne fosse felice. Cosa sarebbe
successo, ora? L’avrebbe punita? L’avrebbe rivenduta? L’avrebbe uccisa?
Rimase in silenzio, per timore di
peggiorare le cose.
– Ho pensato a lungo a cosa fare. Devo
allontanarti da lui, questo è palese. Ho dovuto scegliere tra molte possibilità
e sono giunto a quella che credo reputerai l’opzione migliore sia per me che
per te, ne sono certo – iniziò a spiegare dunque.
– E quale sarebbe, dominus? – squittì Sophia, stringendosi
le braccia attorno al corpo, sentendo improvvisamente freddo.
– Ti concederò la manumissio. Non sono un uomo
crudele (1). In cambio, però, tu dovrai andartene. E non intendo solo da questa
casa; dovrai andartene da Roma. Ti darò del denaro, così ti semplificherò le
cose – rispose l’uomo.
Sophia doveva aspettarselo, ma non se la sentiva di accettare. –
Non sono in vendita – disse debolmente. Nel momento stesso in cui udì le
proprie parole, capì di averle scelte male.
– E invece sì che lo sei, è questo il
punto. Tu sei solo una schiava, sei solo una merce. Mi reputo un uomo magnanimo
e quindi ti ho offerto la possibilità di andartene di tua spontanea volontà, e
l’afferrerai al volo quando udirai cosa ti accadrà altrimenti – ribatté Tito,
sfoderando la propria astuzia. In quanto senatore, era abile ad usare le parole
e a persuadere le persone, e con gli anni aveva affinato le proprie capacità
oratorie.
– Cosa… cosa
mi accadrà, dominus? – domandò Sophia, timorosa. Deglutì a fatica. Non sapeva cosa
aspettarsi.
– Se non accetterai, ti venderò – le
dichiarò Tito, con una semplicità a tratti disarmante. – Ti venderò al peggior
lupanare di Roma, dove intratterrai uomini del tuo rango fino allo sfinimento.
Fino alla morte – proseguì dunque, con un sorriso felino. – È la sorte peggiore
che ti possa capitare, e io mi accerterò che sia davvero tale.
Sophia serrò gli occhi, disgustata da quella prospettiva. Tempo
prima, quando era stata svuotata di ogni ragione di vita fino a perdere la
propria dignità, non le sarebbe importato. Ma ora… Avrebbe preferito morire,
piuttosto. E lo avrebbe fatto, si sarebbe tolta la vita da sola, se non fosse
stato per la creatura che aveva iniziato a crescere nel suo grembo. Se n’era
accorta dopo il matrimonio, realizzando improvvisamente che era ormai da più di
due mesi che il suo ciclo mancava di presentarsi. E il motivo poteva essere uno
solo. Non l’aveva ancora detto a nessuno, anche perché non aveva ancora deciso
cosa fare. Aveva preso in considerazione l’ipotesi di fuggire, per paura che il
padre di Lucio scoprisse tutto e vendesse sia lei che suo figlio.
– Accetto la tua proposta, dominus – decretò dunque, facendo
appello a tutta la propria forza di volontà.
– Sapevo ti saresti mostrata
ragionevole – disse Tito, soddisfatto. – E visto che sei stata subito
arrendevole, ti farò un’altra proposta. È da poco morto un mio liberto che si
occupava di una mia villa a Pompei, e
non ho idea di come rimpiazzarlo. Tu saresti perfetta, ho visto come ti
destreggi bene nel tablinum.
E poi potrei tenerti d’occhio e accertarmi che tu stia davvero alla larga da
mio figlio. Potrebbe sempre venirti qualche strana idea di contattarlo, e non
posso consentirlo – propose infine. Già che c’era, voleva trarre qualcosa di
utile per sé, da quella situazione. (2)
– Accetto anche questo, dominus – assentì Sophia.
– Un impiego del genere e quindi anche una dimora potrebbero farmi comodo –
argomentò. Ora era il suo turno di fare rivelazioni. Trasse un respiro profondo
e annunciò: – Aspetto un figlio.
Guardò con la coda dell’occhio il
senatore e vide scomparire dal suo viso quell’atteggiamento di disprezzo e
superiorità che aveva assunto fin dall’inizio del loro colloquio.
– Lucio lo sa? – chiese, serio.
Sophia scosse la testa, in tutta risposta.
– E non dovrà saperlo – decretò l’uomo.
– Potrebbe fare qualche pazzia e gettare fango sulla nostra gens, e questo non lo posso permettere.
È per questo che devi andare via, capisci? L’amore che prova per te l’ha accecato
al punto che non pensa più al bene della nostra famiglia, alla nostra
reputazione! – spiegò quindi, cambiando completamente atteggiamento. Stava
rivolgendosi a lei come una persona del suo rango, anziché trattarla come la
sua schiava.
Sophia annuì, e Tito proseguì: – Gli dirò che sei scappata. È
meglio così. Se restassi e qualcuno scoprisse la vostra relazione, potrebbe
usarla contro di lui. Ha già iniziato il cursus
honorum (3) e diventerà senatore, un giorno, e la nostra famiglia ha dei
nemici disposti ad usare ogni arma per oscurarci.
Quelle parole fecero impallidire Sophia. Aveva visto fin troppo bene le estreme conseguenze
dell’avere nemici di famiglia, e non voleva essere costretta ad assistere di
nuovo ad un simile scempio, men che meno sapendo che
sarebbe successo a causa sua. Se Lucio avesse fatto la fine di Alèxandros non se lo sarebbe mai perdonata, e lei non
poteva permetterlo.
Si convinse che stava agendo per il
bene di Lucio e della sua famiglia, sebbene le costasse molto. Stava rinunciando
al proprio sogno d’amore, ad una vita felice accanto alla persona che amava, ma
lo stava facendo per una giusta causa, per non metterlo in pericolo. Sperò che
crescere il figlio che portava in grembo l’avrebbe aiutata a riempire quel
vuoto che già iniziava ad avvertire al centro del petto.
Quando si ritirò nella propria stanza,
tempo dopo, dette sfogo a tutte le sue lacrime.
Non avrebbe mai più rivisto Lucio.
Il loro amore impossibile era finito, e
ora lei avrebbe vissuto il resto dei propri giorni separata da lui.
Note
(1) So che può
sembrare un paradosso, ma è così. Per quel poco che appare, Tito è un uomo
buono a cui l’onore della famiglia sta a cuore e per il quale farebbe di tutto.
Se qualcuno ha letto la mia one-shot su Paolo e
Francesca, sempre in questa sezione, sa che non mi piace rendere gli
antagonisti troppo cattivi, e così ho fatto anche questa volta. Insomma, anche
i cattivi hanno un lato umano e alcune serie tv (‘Once Upon
a Time’ in primis) lo insegnano molto bene.
(2) Anche questa
decisione può sembrare strana, ma mi sono detta che in fondo i Romani hanno
sempre avuto una mentalità utilitaristica, quindi ho optato per questa
soluzione. Mi serviva a fini narrativi, come capirete nel prossimo capitolo.
(3) Il cursus honorum era il percorso
obbligatorio per chiunque volesse intraprendere la carriera politica; era
costituito da tappe ben scandite, ognuna corrispondente ad una carica precisa.
Man mano che si avanzava le cariche aumentavano di prestigio.
Eccomi
qui anche con il quarto capitolo. Non mi soddisfa granché, ma sarete voi a
giudicare. Spero di essere stata abbastanza attendibile dal punto di vista
storico; il contest a cui la storia ha partecipato prevedeva un amore
impossibile con degli ostacoli, e quindi ho costruito la trama a questo modo.
Spero vi piaccia^^
Il
prossimo capitolo sarà l’ultimo; sto pensando alla possibilità di scrivere un
breve epilogo, ma vi parlerò meglio di questa idea quando pubblicherò il quinto
capitolo, entro la fine della settimana, dato che poi domenica parto.
Ringrazio
ancora chi ha letto lo scorso capitolo, chi ha recensito e chi mi ha inserita
tra le seguite/preferite/ricordate.
A
presto^^
Sara