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Autore: PeaceS    18/07/2013    6 recensioni
Da un Malfoy ci si deve aspettare tutto, anche che ti renda la vita un inferno per noia. Specie per noia. I Malfoy annoiati, di solito, erano più pericolosi di un Potter arrabbiato. Ma Lily avrebbe dovuto saperlo… le migliori storie iniziano alle tre di notte e in quel momento, la lancetta più piccola, si posò proprio sul tre.
[ ... ]
Perché, se Scorpius Malfoy decide di renderti la vita un inferno e tu te ne innamori perdutamente, mentre la tua migliore amica è nelle mani di un certo Zabini - famoso per essere un porco - e cerca di conquistare un Nott di tua conoscenza anche se - alla fin fine - quel certo Zabini non è molto felice, non puoi fare altro che chiederti perché la vita ha deciso di renderti le cose così difficili.
Insomma, tutto quello, però, avrebbe dovuto aspettarselo: era o non era una Potter?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo Quinto -
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Respirava affannosamente, mentre il naso seguiva la scia del collo arcuato, posato placidamente sul cuscino soffice. Dalton morse lo stacco tra la gola e lo sterno, disegnando ghirigori immaginari con la lingua e lasciando una scia umida al suo tocco quasi impalpabile.
La sentì gemere sotto di lui e sogghignò, portando le mani all’altezza del seno e stringendone uno tra le dita chiuse a coppa; il fuoco, sentiva il fuoco colare come lava e fargli mancare il respiro, mentre due occhi blu lo fissavano languidi, quasi deliziati.
-         Dalton, Dalton, Dalton – bisbigliò quella voce e il ragazzo si ritrovò a scuotere il capo tra se e se: Merlino, era così egocentrico da eccitarsi solo a sentir nominare il proprio nome.
Le unghie della ragazza sprofondarono nella sua schiena senza delicatezza, scendendo lungo la spina dorsale e strappandogli qualche gemito dalle labbra schiuse, intente ad assaggiarla, assaporarla interamente, come se non avesse intenzione di perdersi un solo centimetro di quella pelle serica e liscia.
Sarebbe impazzito, se lo sentiva. Non toccava un corpo così in intimità da quando aveva sancito quel patto con il diavolo, come apostrofava Joe, e ora gli sembrava di essere arrivato al limite.
Quegli occhi blu lo fissavano e sembravano volerlo trascinare giù, in un abisso fatto di fiamme. – Dalton – bisbigliò Crysantha per attirare la sua attenzione, mentre lui immergeva le dita nei suoi capelli lunghi e si beava di quel profumo di rose e miele, così delicato… così poco consono a lei.
La sentì muoversi smaniosa sotto il suo corpo e capì che anche lui era pieno, quasi da sentirsi scoppiare. Crys sogghignò, allacciandogli le braccia dietro la nuca e attirandolo nuovamente a sé, a pochi centimetri dalla bocca rossa e gonfia dei suoi baci.
-         Ora – mormorò, fissandolo quasi con una muta preghiera nello sguardo.
Ah, se sapeva incantare con quegli occhi da demone. Era quello il potere delle Greengrass, lo avevano sempre messo in guardia, anche se tra lui e Crysantha non c’era mai stato nulla oltre l’amicizia sincera e il sesso. Avevano un potere quegli occhi, tanto da togliere ogni forza, qualsivoglia volontà.
Si mormorava, tra i pettegoli, che fosse quella la loro condanna. Far impazzire gli uomini, portarli allo spasmo… ma rimanerne indifferenti, prive d’amore e provviste solo di lussuria. Fu quella la maledizione che una zingara gettò sull’antenata più famosa della famiglia Greengrass, la bis-bis-bis-bis-bis nonna di Crysantha e Tom, Asteria, dopo che quella gli fregò il marito.
Era nuda sotto di lui e sorrideva languida come un gatto, mentre il suo corpo perfetto brillava alla luce delle candele; la stanza era in penombra, ma Dalton riusciva a vedere ogni singolo lembo di carne di quella strega celestiale. Quasi non umana. Era bella, tanto, ma non era lei.
Dalton sorrise amaro, spingendo in Crysantha con più forza, con rabbia. Perché anche se quel corpo lo stava trascinando giù, il viso di Joe era sempre presente nei suoi pensieri. Lei gli stava divorando l’anima e lo faceva senza che lui potesse difendersi, senza che potesse farci niente.
Crys gemette e Dalton, volgendo gli occhi azzurri verso di lei, vide i suoi occhi scurirsi, ingrandirsi, passare da quelli di una gatta a quelli di una bambola di porcellana. La magia delle Greengrass non aveva effetto su di lui, non finché nella sua mente i capelli di Crysantha sarebbero diventati lisci come seta e quel volto più tondo, addolcito, lontano miglio da quello dell’amica… ma simile a quello di colei che gli aveva rubato il sonno.
Crys alzò il bacino verso di lui, incoraggiandolo a continuare e per quella sera decise di spegnere il cervello, abbandonandosi in quel corpo fino a perdere la ragione.
Non voleva pensare.
Era testardo, solo Merlino sapeva quanto, ma in cuor suo sapeva che non sarebbe stato lui a vincere quella guerra. Il cuore di Joe, per quanto lui lo attentasse, non gli apparteneva.
-         Dalton! – gemette ancora una volta Crys e lui la baciò con forza, maledicendosi mentalmente.
Non c’era pace per i dannati, questo Dalton lo sapeva e quindi lasciò che i lineamenti di Crys, nella sua testa, cambiassero e diventassero quelli di Joe. Lasciò che la colpa di non essere abbastanza diventasse un macigno e bruciò tra quelle fiamme che sapevano di espiazione.
Perché, per quelli come lui, non c’era pace.
 
La mattina dopo si svegliò di soprassalto, spalancando le fauci dinnanzi al piede di Scorpius Malfoy infilato elegantemente tra le sue gengive: con la faccia d’angelo cercava di svegliarlo nel peggior modo possibile. Punzecchiarlo.
E lui odiava svegliarsi così, anzi, rettificando: lui odiava direttamente Scorpius e la sua stirpe.
-         Ti giuro su tua madre che sei morto! – urlò Dalton.
Erano le otto di mattina e naturalmente gli altri ragazzi non apprezzarono le urla di Zabini, che come un invasato cominciò a rincorrere quello che aveva sempre considerato una palla al piede. – Malfoy! – ringhiò, furioso, afferrando la prima cosa che gli capitò a tiro per lanciargliela contro.
Il risultato: alle otto di mattina, Scorpius Malfoy, correva come un invasato per la Sala Comune dei Serpeverde, con un boxer sulla testa bionda con tanto di elefantini rosa e coperto solo da un paio di striminzite mutande. Al suo seguito, inferocito come non mai, Dalton Zabini completamente nudo, reduce da una nottata di sesso, intento a sbraitare propositi di guerra e sanguinolente battaglie verso il suo migliore amico.
-         Oh santissimo Merlino – e di certo non si sarebbero aspettati di vedere Lily Potter e Lumacorno fermi davanti all’entrata di Serpeverde, sbiancati dinnanzi a tale scempio.
Lily divenne cianotica e si chiese se ci fosse qualcosa di più meraviglioso, di prima mattina, di vedere Scorpius mezzo nudo. Era magro, certo, ma aveva un fisichetto niente male, tutto da morde… - Malfoy, Zabini! – urlò Lumacorno, sdegnato, facendoli sobbalzare tutti e tre sul posto.
Dalton afferrò i boxer che Scorpius aveva in testa e cercò di coprirsi i gioielli di famiglia, sorridendo come un angioletto e sbattendo civettuolo le ciglia – Buongiorno, professore! – cinguettò, con una faccia tosta che, per una volta in vita sua, ringraziò mille volte di aver ereditato.
-         Indossate immediatamente qualcosa e venite nel mio ufficio… ORA! – strepitò Horance, mentre il sangue gli defluiva dal viso e usciva a passo di marcia, con la pancia che quasi sembrava rimbalzare sulla cintola. Probabilmente il panciotto verde sarebbe scoppiato da un momento all’altro, come il suo faccione tondo e lucido, quasi terrorizzato.
Dalton mise il broncio – Oh, andiamo, e che sarà mai! Per un po’ di pe… - iniziò, venendo interrotto da uno scappellotto di Scorpius, che gli intimò con lo sguardo di inghiottirsi quella lingua velenosa.
-         D’accordo, d’accordo, vi lascio soli, piccioncini! – ridacchiò, ritirandosi verso le camerate fischiettando tranquillamente e ignorando gli sguardi allucinati dei suoi compagni e quelle adoranti delle compagne.
-         Certo che è proprio fuori – bisbigliò Lily, grattandosi imbarazzata il capo e cercando di guardare altrove.
Scorpius sogghignò, inclinando il capo e godendo nel vederla arrossire – Non che tu sia da meno, non è vero? – mormorò, afferrandole di colpo il polso e strattonandola per avvicinarla a sé.
Era passata una settimana da quando quell’idiota l’aveva minacciata e non c’era stato un attimo in cui non l’aveva persa di vista, guardandola anche solo affaccendarsi con libri di cui non voleva conoscere nemmeno la provenienza.
Come un gatto che fa le fusa, strusciò il naso contro la sua guancia, beandosi del suo odore così dolce da fargli girare la testa. Trattenne, a stenti, un ringhio a fondo gola.
-         Buongiorno – sussurrò, prima di baciarla di volata e indietreggiare verso i dormitori, dove scomparve sotto il suo sguardo imbambolato.
L’aveva baciata. Ancora. E una voglia omicida le stava salendo alla testa. Ancora. Con uno sbuffo degno di un toro infuriato uscì dai dormitori, per ritrovarsi faccia a faccia con la sua migliore amica, ancora mezza addormentata, poggiata sul muro alla sua destra.
-         Ciao Lils – borbottò Joe, strofinandosi gli occhi e sbadigliando vistosamente.
Lily si bloccò, quasi trattenendo il respiro di botto: erano giorni che non parlava con Joe e ora ne aveva quasi paura.
-         Andiamo a fare colazione? – disse, con la tracolla sulle spalle e un cerchietto sulla testa.
-         Sì – mormorò Lily, mentre Joe la prendeva a braccetto e la trascinava per i corridoi.
Non le domandò nulla, niente di niente. Né perché fosse sparita improvvisamente dalla sua vita né cosa stesse combinando e la ringraziò per questo, ma poi ricordò che era quello il motivo per cui Joe era la sua migliore amica: sapeva aspettare il momento giusto, quello che le serviva per aprirsi e quando lo faceva, sapeva ascoltare alla perfezione.
Sapeva distrarla, farla ridere, quasi farla sentire viva. Ed era silenziosa quando serviva, come se le leggesse nel pensiero.
-         Merlino, sono a pezzi! Se continuo a farmi due ore di sonno ogni giorno credo che crollerò in men che non si dica – borbottò Joe, entrando a suo seguito in Sala Grande.
Quasi con orgoglio malcelato, Lily, vide parecchi sguardi posati su di lei e sogghignò; in fondo era sempre quello che Joe aveva desiderato: sentirsi apprezzata e non esclusa.
-         Sei bellissima, oggi – mormorò al suo orecchio, prima di sedersi al tavolo delle Serpi e farle l’occhiolino.
Joe le regalò un sorriso incredibile, quasi illuminandola, e Lily capì che non c’era solo suo padre da proteggere, ma anche la sua migliore amica. Non poteva permettere a nessuno di sfiorare Joe, nemmeno sotto tortura.
-         Sempre così pensierosa, Potter… se non ti conoscessi penserei che stai macchinando qualcosa – cincischiò una voce al suo orecchio, terrorizzandola per il tono lascivo che aveva usato.
Bryan Stock sembrava essersi assunto il compito di renderle la vita un inferno… e, maledizione, ci stava riuscendo bene. Aveva una paura folle di quel tono cadenzato e lui l’aveva capito. – E io, se non conoscessi te, saprei che stai per dartela a gambe perché tra due secondi ti minaccerò di morte cruenta se non ti allontani subito di due metri – sibilò una voce pigra alle loro spalle, facendo sobbalzare Bryan e lei.
Lily si rilassò, guardando Scorpius quasi con riconoscenza. Chissà perché, nell’ultimo periodo, lui le guardava sempre le spalle; era sempre lì, pronto a… difenderla.
-         Hn, agli ordini! – ridacchiò Bryan, sedendosi quasi alla fine della tavolata delle Serpi.
I tavoli erano imbanditi e il solito chiacchiericcio riuscì a farle rilassare i muscoli impercettibilmente; Lily socchiuse gli occhi, regalando un sorrisetto a Malfoy, e si sedette al fianco di Crysantha, quasi con la faccia nel purridge.
-         Stanca? – domandò Lily, mentre l’amica ciondolava il capo a destra e sinistra come in fin di vita.
-         Sesso – chiarì Chris, sbadigliando sonoramente e riavviandosi i capelli castani dietro l’orecchio e sospirando.
Quel giorno, nonostante le occhiaie da vampiro sull’orlo del collasso, Crysantha era da paura: i capelli sciolti sulle spalle, lisci e vaporosi, gli occhi blu truccati di grigio, ma appena palpabile, senza nemmeno provare a calcare la mano.
Le dita erano, come sempre, ornate dal blasone d’oro giallo dei Nott, che raffiguravano un unicorno e un serpente attorcigliati, quello spesso e rilegato dei Greengrass, cioè una rosa pugnalata da una spada e quello che, tempo prima, le aveva regalato suo fratello Tom: un anellino piccolo, fine, con solo una piccola “A” proprio al centro. Always. Sempre, le aveva detto.
Le gambe erano coperte da collant di seta nera, ai piedi portava un paio di stivaletti scamosciati e il gilet grigio scuro cozzava contro la camicia di seta pregiata, con lo stemma dei Serpeverde.
Viva l’eleganza, pensò Lily, squadrandosi schifata. Calze nere, solita gonna scozzese, camicia appena poco stropicciata e maglione sformato. – Mi servirebbe anche a me l’aiuto di Dalton – sospirò, poggiando la bocca su una tazza di caffè nero e ingoiandolo a forza. Era… strano. Aveva un sapore acre, più amaro del solito.
-         Quello era il mio caffè – mormorò Dalton, guardandola con gli occhioni azzurri dilatati.
-         Il mio caffè… corretto – finì, mentre Lily sputava il contenuto sulla faccia di Emmeline Mcnair, seduta proprio di fronte a lei.
Oh santissimo Merlino, ora l’avrebbe ammazzata. Dalton, proprio senza pudore e facendo incazzare ancor di più il prefetto del loro dormitorio, scoppiò a ridere come un pazzo, battendo i pugni sul tavolo e singhiozzando come se fosse appena accaduto un fatto esilarante.
-         Giuro, sei la mia eroina! – disse, tra un singulto e l’altro, mentre Emmeline, con una calma invidiabile, si strizzava i  capelli biondo grano dal caffè che le grondava dai ricci.
Lily deglutì e con una flemma incredibile ebbe la faccia tosta di parlare – Stai bene? – domandò, con vocina piccina piccina, mentre la sala ridacchiava alla vista del mascara nero colato sulle guance rosee della ragazza.
-         Sto bene? – mormorò, ripetendo la sua domanda e zittendo gli sghignazzi.
-         Sto bene? – ripeté nuovamente, alzando la voce di qualche ottava e assottigliando gli occhi a mandorla.
-         STO BENE? – urlò letteralmente, facendoli sobbalzare tutti e assumendo una nota isterica che fece rimpicciolire Lily sulla sedia. I suoi occhi ambrati mandavano scintille e la rossa inghiottì a vuoto.
-         Mi hai appena sputato in faccia il caffè, con tanto di whiskey, e mi chiedi se sto bene? – e lì la voce della quindicenne divenne così sottile che sembrò la scia di unghie sulla lavagna.
Con un sorriso perfido, che quasi precedette le sue mosse, Emmeline afferrò la brocca di succo di zucca e la rovesciò completamente sulla testa di Lily.
Joe spalancò la bocca e avvenne ciò che aveva temuto: l’apocalisse.
C’era da dire che Lily era sempre stata una paciosa, che amava starsene sulle sue e rispondere alle provocazioni solo quando arrivavano il limite, ma quando in sé quella bestia della “violenza” prendeva il sopravvento… Lily diventava un animale.
-         Porc… ma sei impazzita? – ululò, infatti, la ragazza dai capelli rossi, mentre nella Sala tutti si mettevano comodi per godersi lo spettacolo.
-         Hai cominciato tu! – strillò Emmeline, additandola come se fossero stati bambini di due anni e non due adolescenti.
Dalton, quasi spaventato da quella lite, tirò timidamente il maglione di Lily, come se volesse convincerla a sedersi nuovamente.
-         Ma ti senti? Sembri una bambina di cinque anni! Che diavolo ti salta in mente, essere orrido? – sbraitò la Potter e lì sembrò che si fosse scavata la fossa, perché il volto di Mcnair era una maschera di sale.
-         Io? Io un essere orrido? Ma come ti permetti, esaltata? – strepitò con quella voce di gallina, irritando Lily oltre ogni dire.
-         Se invece di strepitare come un oca in calore sentiresti quello che ti dicono alle spalle, forse già sapresti di essere orrida, Mcnair! – le rispose Lily, riavviandosi i capelli con un gesto secco della mano.
Scorpius trattenne a stento una risata, perché quel gesto sembrava voler essere così superiore da averlo steso in un secondo; era proprio una Serpeverde, su questo non c’era dubbio.
-         Non che tu sia meglio, Potter! – sputò Emmeline, velenosa e lì accadde qualcosa che tutti, nessuno escluso, non si sarebbe mai aspettato.
Rose Weasley si era alzata di scatto, con la bocca spalancata e gli occhi fiammeggianti, quasi oltraggiati e, con un dito teso, indicava Emmeline come se avesse appena commesso un omicidio. – Non osare, Mcnair, mia cugina è diecimila volte meglio di te! – le urlò contro, avvicinandosi a Lily con le mani sui fianchi e l’aria di mamma chioccia.
-         Hn, è arrivato il cavalier serviente! Ma fammi il piacere, Weasley, che tu per prima sei un topo da biblioteca – sbottò Diantha Parkinson, con il suo terribile accento francese, pure finto se proprio dovevano dirlo, scuotendo il caschetto dai capelli neri.
Rose assottigliò gli occhi, stringendo le labbra. – Ha parlato quella che con una pozione si fa venire la “R” moscia – rise Roxanne, sarcastica e lì successe la baraonda. 
Le femmine di casa Weasley urlarono guerra e le Serpeverde non esitarono: dagli insulti si passò velocemente alle mani e la tavolata verde-argento divenne un vero campo di battaglia. Pugni, graffi, capelli strappati, non si capiva un tubo e Dalton si era pure beccato una gomitata in un occhio per togliere dalle infide mani di Josephine Stock, la sorella dell’infido essere di Bryan, la sua piccola Joe, che era finita lì in mezzo anche senza volerlo.
Lily era saltata sulle spalle di Emmeline e con quanta rabbia in corpo le stava mollando sulla testa così tanti cazzotti che fecero sbiancare più di una persona; Roxanne e Rose si erano lanciate su Diantha e Lucy quasi era stata presa per i capelli da Angelica Carrey, quarto anno.
I Flower, poi, che erano pacifisti, si ficcarono in mezzo insieme ai cugini Weasley\Potter, cercando di dividere le ragazze e, intanto, sperare che non sopraggiungesse un professore. O sarebbero stati guai.
-         Andiamo, ragazze! Fate l’amore non fate la guerra! – cinguettò Lysander Scamandro, tirando Hugo per i piedi che, a sua volta, tirava Crysantha presa per i capelli da Josefine.
-         Col cazzo, Scamandro! Non siamo lesbiche e nemmeno ad un party post-orgia! – sbraitò Lily, mentre, soddisfatta, lasciava cadere Emmeline ai suoi piedi, svenuta.
-         Protego! – urlò una voce a loro conosciuta, dividendo i litiganti e sbattendo Grifondoro da un lato e Serpeverde da un altro.
La preside era a dir poco livida. Le labbra erano così strette e i denti così serrati che Lily, per un attimo, temette che potesse spezzarseli; la faccia rugosa vantava un espressione di pura ira, mentre tutt’uno, come un solo dormitorio, le due fazioni tremavano terrorizzate.
-         Potter, Nott, Zabini, Malfoy e tutta la famiglia Weasley nel mio ufficio. Ora! – strillò la professoressa Mcgranitt, mentre i professori accorrevano per accertarsi delle condizioni dei ragazzi.
Il risultato? Venti persone in infermeria e le famiglie di mezza Serpeverde, dei Scamandro e dei Weasley riuniti in Sala Grande per una riunione speciale.
Lily, mentre il pendolo scoccava le cinque del pomeriggio, si schiacciò con un sospiro una borsa del ghiaccio sull’occhio, mentre Dalton piagnucolava perché una stronza a caso gli aveva graffiato tutta la faccia.
Joe aveva un occhio nero peggio di Lily e un cerchietto alla testa terribile e Crysantha ciocche mancanti sulla sua adorabile testa. – Siamo fottuti – bisbigliò Scorpius a bassa voce, mentre i genitori dei ragazzi coinvolti entravano a passo di carica nella Sala.
-         Buonasera e benvenuti. Accomodatevi, prego – disse la Mcgranitt, indicando le varie panche delle tavolate, il pomeriggio prive dei soliti stendardi.
Harry, con un sospiro, guardò sua figlia con un occhiata eloquente che sembrava dire: che diavolo hai combinato, ora?
-         Ma io che centro, poi? Ho solo impedito che Emmeline ammazzasse la Potter! – sbuffò Scorpius a bassa voce, mentre un lamento agonioso usciva dalle labbra di suo padre.
Era sempre lo stesso, Draco Malfoy: magro, pallido, lineamenti spigolosi, ma regali, quasi principeschi. Era un po’ stempiato per colpa dell’età, ma gli occhi grigi e gelidi e l’incarnato diafano, come il portamento algido e fiero, facevano ancora girare la testa a parecchie streghe.
-         Ti sei buttato in una zuffa? – borbottò, guardandolo con rimprovero e sospirando, scuotendo il capo.
Scorpius arrossì vagamente e Lily sogghignò, guardando angelica Draco Malfoy, il diavolo in persona – Credo che questa volta sia colpa mia, signore. La cosa ci è sfuggita di mano – mormorò Lily, mentre Draco scuoteva la testa.
Altro che lui, quella era un vero e proprio demone!
-         Lily, ma è mai possibile che io passi più tempo qua dentro che a casa o a lavoro? – sbottò Harry, togliendosi gli occhiali dalla montatura rotonda e schiacciandosi il ponte del naso tra pollice e indice.
Lily sorrise a mo’ di scuse, carezzandogli un braccio e lui, che si faceva sempre fregare come un novellino, ricambiò un po’ reticente. – Almeno non si sono presi a botte tra di loro ed è già un gran passo – disse Hermione, accettando dei biscotti allo zenzero, offerti rigorosamente dalla Mcgranitt, sospirando poi per la testa dura dei suoi figli e nipoti.
-         In compenso si sono presi a botte con il resto dei dormitori. Lo considero oltraggioso e da espulsione! – sibilò la Mcgranitt, facendo sbiancare tutti quanti, figli e genitori compresi.
-         Nooo – gemette Rose, sbattendo con la testa sulla tavolata e battendo la fronte ripetutamente sulla superficie.
Aveva i capelli rossicci e ricci così crespi che potevano essere benissimamente scambiati per una palla di fieno e il labbro rotto con il sopracciglio spaccato non miglioravano la situazione.
-         La mia carriera – mugugnò, distrutta.
-         Sono rovinata – le diede man forte Molly, piagnucolando.
-         Al Ministero non accetteranno mai una senza diploma – si disperò Lucy, con gli occhi lucidi.
-         Wow, pacchia a vita! – sbottò Fred, dando il cinque a suo cugino Hugo e beccandosi uno scappellotto da sua madre Angelina e un occhiolino da suo padre George.
Blaise si chiese se non fosse finito in un universo parallelo, dove suo figlio difendeva i Grifondoro e si era perfino fatto picchiare per loro. – Il mio viso… il mio splendido viso – mormorava, intanto Dalton, guardandosi allo specchio e toccandosi mezza faccia sfregiata da quella che sembrava una gatta in calore.
-         Uccidetemi ora e fatela finita – singhiozzò, disperato, mentre suo padre alzava gli occhi al cielo per così tanto melodramma.
-         Ah, Zabini e falla finita! Quei graffi guariranno, maledizione – sbraitò Joe, facendo sobbalzare padre e figlio sulla panca, mentre lei si massaggiava ripetutamente le tempie.
Dalton le fece la linguaccia, dandole le spalle e Blaise ridacchiò, complimentandosi mentalmente con la marmocchia per aver zittito suo figlio.
C’era anche la Potter, che non aveva mai avuto l’onore di conoscere, ma era molto più tranquilla confronto gli altri e se ne stava accucciata nel suo angolino, a sorseggiare tè rilassante; bella combinazione, però, questo dovette ammetterlo: Lily aveva alcune caratteristiche di sua madre e alcune di suo padre e questo la rendevano un esplosiva Grifondoro, ma… ma c’era quel lato di Serpeverde che la rendevano un pezzo raro, quasi unico.
-         Ma, purtroppo per me, non posso espellere mezza scuola – li bloccò Minerva Mcgranitt, facendo rilassare la maggior parte dei presenti.
Rose si lanciò addosso alla madre, quasi estasiata dal poter continuare a studiare per la sua carriera ed Hermione la strinse a sé con forza, ignorando lo sguardo insistente di Malfoy dietro la schiena. L’avrebbe affatturato se non avesse smesso.
-         Ma oltre ad una punizione esemplare, voglio avvertirvi definitivamente: una sola parola che non mi piace, arrivate di nuovo alle mani e alla magia e potete dimenticarvi M.A.G.O, G.U.F.O e anche Hogwarts! – sibilò la preside, con le mani congiunte sotto il mento rugoso.
Li osservò imperiosa, sospirando tra se e se: quel nugolo di ragazzini erano un bel guaio, quasi più dei genitori, e oramai li aveva a cuore, quasi come se fossero stati figli suoi. Si passò una mano tra le tempie, massaggiando con accuratezza e, inorridita, in men che non si dica si ritrovò travolta da un abbraccio collettivo che quasi le fece sputare un polmone.
-         Grazie, preside, grazie! – piagnucolò Rose, affondando il viso nella sua spalla e quasi strozzandola con le braccia.
Quei maledetti dei gemelli, poi, sembravano tutti impegnati a fare le fusa e Lysander ne aveva approfittato per dispensare bene e amore.
-         Sì, sì, basta! – borbottò burbera, cercando di scrollarseli di dosso senza risultati.
-         Senti, papi, ma per caso mi hai portato quelle caramelle? –
Se c’era da sapere una cosa su Harry Potter, quella era che, sorprendentemente, era innamorato perso di sua figlia; la venerava, in tutto e per tutto e si scioglieva come burro con i suoi abbracci. E poi a quella scervellata di sua figlia bastava qualche moina per ottenere quello che voleva.
-         Sì, visto che ero avevo chiesto una spedizione proprio per inviartela via gufo, ritieniti fortunata… te le ho portate di persona – sbuffò Harry, ironico, agitando la bacchetta e facendo comparire, sotto lo sguardo incredulo di Scorpius, uno scatolone.
E con caramelle, Lily aveva davvero inteso caramelle. Erano Babbane, di sicuro, perché Scorpius non conosceva quella marca: una busta celeste e rosa con dei ciucciotti zuccherosi di ogni colore.
-         Ti cadranno i denti se mangi quei cosi – disse schifato, attirando l’attenzione di suo padre che spostò lo sguardo su quel quadretto interessante.
Lily aveva appena aperto una busta, su una trentina chiuse nello scatolone, e si era appena ficcate cinque o sei caramelle tra le gengive, fissando Scorpius con gli occhioni spalancati.
-         Assaggia e poi mi dirai – disse, masticando con giubilio e lanciandogli una busta.
Draco avrebbe volentieri strappato quelle caramelle dalle mani di suo figlio: oltre ad essere sfacciatamente Babbane, erano state offerte da un Potter… quindi o era veleno o la suddetta Potter era fuori di testa.
Scorpius aprì la busta e, senza nemmeno odorare quelle cose per capire se erano veramente avvelenate o meno, se ne ficcò due in bocca in tutta tranquillità. Draco rimase basito: ma era impazzito? Che gli aveva insegnato fin da piccolo a quel debosciato?
-         Scorpius… - lo richiamò, ma il ragazzo lo ignorò palesemente, mentre lo vedeva quasi volgere uno sguardo ammirato alla Potter.
-         Fico, lo zucchero quasi mi ha mangiato il palato! – cinguettò, mentre Lily annuiva entusiasta e saltava sulla sedia.
-         Hai visto? All’inizio sembra brutto, ma poi non puoi smettere di mangiarle! – ridacchiò, ficcandosi altre cinque caramelle in bocca.
Harry incontrò lo sguardo di Malfoy e capì che sua figlia si era imperlata in qualcosa di troppo grande e sembrava che Draco la pensava come lui.
-         Papà, dopo devo parlarti – mormorò Lily a bassa voce, in modo che sentisse solo lui, ma chi aveva orecchie per intendere lo fece, perché lo sguardo di Draco Malfoy s’incupì.
-         Certo, principessa – disse sorpreso, passandole delicatamente una mano tra i capelli e baciandole una tempia.
E finì che la Mcgranitt li cacciò a calci nel culo dalla Sala Grande, sotto le risate dei gemelli e anche alcuni sghignazzi dai suoi vecchi alunni. Harry fu trascinato da sua figlia lontano dalla mandria, ma, sorpreso, vide che alle sue spalle c’era anche Scorpius Malfoy… tampinato da quella serpe di Draco.
-         E loro? – domandò, con un sopracciglio arcuato.
Sorprendentemente, sua figlia, sogghignò. – Scorpius sa tutto e, beh, è stato lui a convincermi di parlarti – spiegò Lily, mentre sorpassavano il Lago Nero. Arrivati ai limiti della Foresta Proibita, alle spalle della capanna di Hagrid, Lily si sedette su un masso rialzato.
C’era silenzio, quel pomeriggio; attorno l’alone oscuro che formavano gli alberi rigogliosi, si udiva solamente il cinguettio di alcuni uccelli suicidi nei pressi del Platano Picchiatore.
Lily sospirò.
-         Parlo io – bisbigliò Scorpius che, vedendola in difficoltà, guardò Harry Potter con le labbra strette in una linea sottile.
Non aveva mai provato timore per Harry, ma neanche ostilità, com’era chiaro come il sole che ne provava suo padre. Lo vide sedersi accanto alla Potter, sorprendentemente, e accendersi una sigaretta alla menta.
Vizi, pensò Scorpius, scuotendo il capo.
Da quando le sigarette erano entrate in bando nel Mondo Magico molti ne avevano preso vizio; erano un invenzione Babbana e questo all’inizio aveva reso scettici molti Purosangue, ma quando molti tabacchini avevano cominciato a comparire per le strade più trafficate di Hogsmeade e Diagon Alley, anche loro avevano ceduto alle chiacchiere.
La sicurezza per alcuni di loro era che alcuni tabacchi erano stati modificati geneticamente dai maghi e ora ne si potevano trovare di tutti i gusti e quello aveva allietato i pensieri di tutti quanti... certo, come no, peccato che fumare roba tritata e messa sotto esperimenti da un branco di pozionisti non era il massimo della salute.
-         Una settimana fa un Serpeverde ha attaccato Lily – borbottò, facendo sgranare gli occhi a Harry e quasi strozzare suo padre con una boccata di fumo.
-         Ecco, lo sapevo! Che t’avevo detto, Potter? – sbottò Draco, sorprendendo suo figlio.
Scorpius aprì la bocca, la richiuse e l’aprì un'altra volta.
Eh?
-         Cosa gli avevi detto? – domandò, aguzzando le orecchie e lo sguardo, rintuzzandolo.
Draco nicchiò qualche secondo prima di sbuffare come un bufalo, ciccando sull’erba alta e fissando Potter tutto incazzoso – In settimana ci siamo ritrovati vecchi amici alla porta – sbuffò ironico, mentre Scorpius spalancava la bocca, inorridito.
-         Sì, peccato che abbiano cercato di fare la pelle a tua madre perché quell’idiota di Theodore li abbia cacciati a calci in culo perché ora che aveva figli e moglie non voleva saperne dei loro sporchi interlazzi… e credevano che accoppando Asteria io sarei saltato come un fringuello tra le loro file – sibilò rabbioso, mentre Scorpius sgranava gli occhi argentei.
-         Hanno fatto del male alla mamma? – mormorò, mentre Harry scuoteva il capo, sorridendogli con fare materno.
A Scorpius erano sempre piaciuti gli occhi di Lily, quelle pagliuzze verdastre che vigevano nelle sue iridi brune, ma ora che si ritrovava a guardare quelle Harry, ne rimane incantato.
Erano leggenda.
Erano forti, orgogliosi e ruggenti, come un leone che da nulla veniva scalfito.
Erano leggenda.
-         Tua madre sta bene e anche la pelle di serpente di tuo padre – ironizzò Potter, scuotendo il capo e fissandolo con sicurezza.
-         Anche se mi è venuto un infarto quando alle quattro di mattina mi si sono presentati davanti alla porta di casa – disse, accettando di buon grado la sigaretta che Malfoy non gli aveva offerto.
Gli strappò letteralmente il pacchetto dalle mani, accendendosene una con un sorriso mesto.
-         Hanno bruciato casa tua e a quanto pare hanno inviato un avvertimento a me – sussurrò, fissando sua figlia con la testa per aria.
Harry serrò i denti, notando solo ora che, attraverso il colletto della camicia alzato fin sotto il mento, c’erano delle dita. Lividi. Segni violacei che macchiavano la sua pelle serica.
-         Chi è stato? – domandò brusco, mentre sentiva le mani tremare per la rabbia che lo invase.
Sua figlia.
La sua bambina.
Con angoscia socchiuse gli occhi: era vero, gli errori dei padri ricadono sui figli ed eccolo il risultato: avevano fatto del male alla sua piccola principessa.
-         Non è importante. Volevo solo avvisarti di questi nuovi… pericoli. Io so difendermi da sola, papà e ora con me c’è Scorpius – borbottò Lily, sorprendendo perfino se stessa per quella constatazione.
Era vero, solo ora se ne accorgeva. Con lei, ora, c’era Scorpius.
Ultimamente se lo trovava sempre alle spalle, pronto a difenderla, ad osservarla, ad accorgersi di ogni suo cambio d’umore.
Sospirò, poggiando il mento sui polsi, poggiando i gomiti sulle gambe affusolate.
-         Lo sapevo io che se non ero morto a diciassette sarei morto più avanti per colpa tua, Potty –
-         Rieccolo – sbuffò Harry, mentre Lily ridacchiava e Scorpius guardava suo padre come se gli fossero spuntate corna e coda.
Certo, conosceva di già quel lato ironico e pungente, tipico dei Black, ma non l’aveva mai visto sbilanciarsi eccessivamente… sembrava un ragazzino, ora, a punzecchiare quello che aveva sempre considerato un nemico e che ora, invece, lo stava difendendo da quelli che aveva considerato, tempo addietro, compagni di dormitori.
-         Sta attento, Scorpius, quelli ci vanno giù pesante – disse Draco rivolto a suo figlio, che annuì, compito.
Stranamente, nonostante la situazione fosse pericolosa, sentì qualcosa sciogliersi nel petto.
Suo padre non l’avrebbe… sì, beh, non l’avrebbe costretto. Lo stava lasciando scegliere, silenziosamente, e lui stesso si era affidato ad Harry Potter, il suo secolare nemico, per salvarsi.
Dopo tanto tempo lo guardò in modo diverso e, facendolo sorridere come un bambino e battere il cuore, gli regalò un caldo sorriso, uguale al suo.
Draco se ne accorse.
Scorpius era orgoglioso di lui.
Non ebbe bisogno di chiedergli il perché. Ci era passato prima lui, tempo fa: non poter scegliere, eseguire e basta, percorrere una strada perché costretto. Solo per salvare la vita a chi gli aveva donato la sua.
Il marchio nero ancora bruciava sul braccio, ma ora non pesava più. Non era più una vergogna, una condanna.
Lo aveva messo alla gogna a diciassette anni, ma ora no, pensò. Era ora di mettere in chiaro le cose, di salvare coloro che gli avevano donato serenità e insegnato ad amare.
-         Non farti ammazzare, figliolo… quella è priorità dei Potter – ridacchiò, beccandosi un cartone da Harry e una gomitata da Lily.
Sembrava un quartetto familiare e questo disgustò sia Draco che Harry, ma a Malfoy bastò vedere l’occhiata che suo figlio lanciò alla piccola rossa per rilassarsi.
Scorpius aveva scelto in base al suo cuore… con un coraggio che lui non aveva mai avuto.
 

***

 
Le lezioni ad Hogwarts erano sfiancanti e di questo se ne accorsero tutti poche settimane più tardi. Erano nel pieno di Novembre e gli studenti erano arrivati, arrancando anche, al primo week-and tranquillo di quel mese.
Erano a metà Novembre ed erano stati sommersi di compiti e interrogazioni persino nei fine settimana e arrivarono il venticinque completamente collassati sulle poltrone.
Lily non aveva più ricevuto minacce e nessuno dei Serpeverde si era avvicinato a lei, ma si era accorta dell’arena che si apriva al suo passaggio quando era in Sala Comune, dei bisbigli velenosi… e ora, sotto consiglio di Scorpius, odorava sempre le bevande e i cibi che mandava giù di malavoglia; le aveva insegnato che odore avevano il veleno, che colore potevano assumere sostanze toccate e così via, mettendole la nausea.
Chi… chi poteva avere un coraggio così barbaro da avvelenare una persona?
Ma era sabato e, ringraziando Merlino, Salazar, Godric, Dio e pure Buddha , non avevano avuto compiti.
Nonostante il giorno libero, però, Lily si era alzata presto e aveva infilato le prime cose che le erano capitate sotto mano: un jeans babbano, stracciato in più punti e un maglioncino azzurro che aderiva perfettamente ai suoi fianchi stretti.
Era dimagrita, notò. Il seno era rimpicciolito ancora e quasi riusciva a contarsi le costole.
Con uno schiocco di lingua scosse il capo, spazzolandosi i capelli e uscendo di volata dal dormitorio.
Erano solo le sette di mattina e aveva scelto quell’orario indecente  per uscire da Serpeverde perché, in giro per i corridoi, non c’era nessuno che potesse importunarla. Già, da quando aveva parlato con suo padre e aveva saputo che i Mangiamorte erano davvero tornati e non era stato solo un delirio di onnipotenza di Stock, Lily si sentiva braccata.
E certo, pensò acida.
Era nella casa del lupo!
Camminò distrattamente per i corridoi, scartando l’idea di andare in Sala Grande, visto che la colazione veniva servita alle otto e cominciò a ciondolare per i corridoi.
Non c’era in giro nemmeno Gazza, ed era tutto dire!
Eppure… eppure quella tranquillità non la turbò eccessivamente; aveva un po’ di tempo per sé, per pensare a tutto quello che stava succedendo e che era già successo, quindi poco importava che fosse sola.
Sola.
Quell’aggettivo non le si addiceva da quando Scorpius Malfoy si era eretto suo protettore. Ridicolo, pensò sogghignando.
Scorpius, in apparenza, poteva essere considerato il principe dall’algida armatura, ma lei sapeva che non era così.
Scorpius era… il drago della storia, quello sputa fuoco che probabilmente non vuole aiutare, ma lo fa e basta, senza nemmeno sapere il perché. Era maestoso, fiabesco, da perdere il fiato.
Con le scarpine di stoffa a azzurra dirottò verso il terzo piano, nei bagni di Mirtilla. Forse una sigaretta le avrebbe sciolto i nervi a pezzi: non dormiva bene da un pezzo, oramai.
Quando entrò nel bagno si sorprese di non sentire i lamenti di Mirtilla, ma non se ne curò: un mal di testa dato dai piagnistei di quella palla di fantasma non erano il massimo di prima mattina.
Con uno sbuffo, Lily, si sedette sui gradini rialzati dei lavandini, portandosi le ginocchia al petto e accendendosi una sigaretta alla vaniglia. Era troppo dolce, ma giù per la gola le lasciava un sapore acre.
Le sembrava la medaglia della vita: quando c’era la fetta dolce, subito dopo quella amara a rimpiazzarla.
Sbuffò imbufalita. Stava diventando depressa, diavolo!
-         Chi c’è? – un singulto le arrivò dall’ultimo cubicolo del bagno di Mirtilla e Lily sobbalzò, mentre le pupille sembravano dilatarsi per l’orrore.
Con il ticchettio delle scarpe raggiunse l’ultimo bagno a destra e con un calcio aprì la porta di legno chiaro: lì, appiattita contro le piastrelle, con un taglio sanguinante sulla fronte e le lacrime agli occhi, Crysantha Nott la guardava da sopra la spalla scoperta.
La divisa era leggermente strappata e il bagno… il bagno pieno di vomito. Qualche piastrella era macchiata di sangue e Lily si sentì gelare il sangue nelle vene.
“Sì, peccato che abbiano cercato di fare la pelle a tua madre perché quell’idiota di Theodore li abbia cacciati a calci in culo perché ora che aveva figli e moglie non voleva saperne dei loro sporchi interlazzi… e credevano che accoppando Asteria io sarei saltato come un fringuello tra le loro file”
Le parole di Draco Malfoy le rimbalzarono nel cervello come un eco lontano, squarciandole la pelle dal dolore. Lentamente, quasi eterea, si abbassò sull’amica, fino ad appoggiare i ginocchi sulle piastrelle color panna e a guardarla negli occhi.
-         Lily! – bisbigliò, tappandosi la bocca con una mano chiusa a coppa e, probabilmente, fermando l’ennesimo conato di vomito.
Non l’aveva mai vista piangere. Crys le era sempre sembrata troppo indifferente al mondo per essere ferita da qualcosa o qualcuno e, oltre quelle poche settimane in cui le aveva riservato attenzione e rari sorrisi che aveva imparato ad apprezzare, l’aveva vista rilassata e felice solo con suo fratello Thomas.
-         Va tutto bene – mormorò Lily, prima che Crysantha, sorprendendola, le buttasse le braccia al collo, facendola cadere all’indietro.
Rimasero così, abbracciate, mentre la Nott cercava di inghiottire i singulti che le scuotevano le spalle e Lily le accarezzava i capelli… sentendosi più male di lei.
Il senso di colpa cominciò a corroderle le viscere.
 
Nei dormitori maschili, invece, la situazione era ben diversa. Del tutto ignari delle situazioni in cui versava Crysantha, attaccata alle spalle da un gruppo di Serpeverde idioti e senza cervello che l’avrebbero pagata cara, nella stanza di Scorpius e co. si stava svolgendo una situazione particolare che mise tutti di cattivo umore di prima mattina.
Motivo? Un Dalton Zabini in astinenza.
E se Dalton era fastidioso con una dose di whiskey ed erba nelle vene, figurarsi completamente lucido. Da tagliarsi proprio le vene.
-         Ti prego, Scorpy, ti supplico! – stava piagnucolando Dalton, inginocchiato ai piedi di Scorpius con l’espressione da cucciolo bastonato.
E c’era un motivo del perché un Zabini si stesse prestando in quel modo ai piedi di qualcuno: Scorpius, oltre Crysantha, era l’unico ad avere contatti coi Flower e quel porco di Stevens che capeggiava alla testa di porco.
E, di conseguenza, era l’unico che potesse procurargli l’erba e delle botti di whiskey per altri tre mesetti buoni.
-         Ma è mai possibile che hai già finito tutto? – l’apostrofò acidamente Tom, infilandosi un maglione nero con lo scollo a V sul petto liscio come l’alabastro.
Dalton lo guardò schifato. – Tu vedi di non rivolgermi la parola, perché già ti odio di mio! – sbottò, memore del suo avvicinarsi a Joe.
-         La sconfitta brucia! – canticchiò Tom, beccandosi un accendino dietro la nuca e una bestemmia in serpentese.
Ma Dalton non si preoccupava, in realtà. Certo, Tom poteva anche avvicinarsi sempre di più a Joe, ma era lui che l’aveva baciata. Lui la vedeva nuda per fare in modo che venisse accettata. E, sempre lui, aveva insinuato la serpe del dubbio nella sua testa.
-         Ah, ah, Tommie… sapessi come brucerà a te quando ti accorgerai del due di picche che ti darà – cinguettò a bassa voce, ma Scorpius lo sentì benissimo.
Con un sopracciglio arcuato e l’espressione più sveglia di due minuti prima, si abbassò tanto per arrivare a guardarlo in faccia. – Stai facendo di nuovo il bastardo, vero? – sbuffò, assottigliando gli occhi grigi come lame.
Dalton alzò gli occhi al cielo, nicchiando – Ma no, tranquillo – borbottò, sorridendo sornione.
Certo, come no, pensò Scorpius, inacidito. Quando mai poteva stare tranquillo con quello nei paraggi? Era pericoloso come una mina vagante, cazzo!
-         Ti rifornisco di tutto se la smetti di dare il tormento a quella benedetta ragazza! Insomma, Dalton, è già complessata di suo senza che ti ci metta tu con i tuoi trucchetti da conquistatore psicotico – sbuffò Scorpius, schioccando la lingua e sedendosi sul suo letto.
Rosier dormiva ancora come un bambino e, memore della sera prima dove aveva accompagnato Lily in Sala Grande e se l’era incollata addosso, una lampadina gl’illuminò il cervelletto bacato.
Visto che Dalton proprio non voleva lasciare perdere la Smith, chiese qualcos’altro in cambio – Sveglialo in un modo che ricorderà per tutto il resto della sua vita e avrai cinque casse di whiskey e un chilo d’erba entro stasera – sibilò perfido, mentre gli occhietti malefici di Dalton s’illuminavano a suo pari.
Lo vide cinguettare felice, dargli un disgustoso bacio in fronte e saltellare verso il letto di Alex, che sospirò nel sonno.
E, con un singulto di risata bloccato in gola e l’incredulità impressa sul viso, partecipò ad una scena che non sapeva se catalogare esilarante o disgustosa.
Dalton… santo essere che sembrava avere idee sempre più malsane e malate, si abbassò i pantaloni della tuta con cui aveva dormito, i boxer e… strofinò il sedere sulla faccia di Alexander.
Dalla porta del bagno sentì un tonfo e probabilmente era stato Tom, appena sopraggiunto per assistere alla scena: di sottecchi vide la bottiglia di shampoo completamente riversa sulla moquette verde smeraldo e l’espressione inorridita di Tom, che se ne stava sull’uscio della porta di mogano con la bocca spalancata.
Alex si mosse nel sonno, infastidito.
Scorpius si coprì la faccia con le mani e scoppiò a ridere miseramente, tenendosi la pancia per lo sforzo e la faccia era così rossa che per un attimo temette di scoppiare; Dalton continuava il suo lavoro e la sigaretta di Scorpius finì in mille pezzi sulla moquette già macchiata.
Alex mugugnò qualcos’altro nel sonno e finalmente aprì gli occhi, forse attratto dai rumori o… da qualcosa.
Sbatté una volta le palpebre.
Due, tre.
E alle sette e quarantacinque del mattino, Serpeverde venne invasa, per la seconda volta in un mese, da una voce apocalittica che spaventò i primini e bestemmiare i quasi maturandi.
-         Sei morto, Zabini! –
E chissà perché, quando succedevano queste cose, c’era sempre Dalton di mezzo.

   
 
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