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Autore: LoonyW    18/07/2013    2 recensioni
Prima di essere arrestato per una strage non commessa, Sirius ha visto tra la folla il volto di una persona scomparsa da molto tempo, la sua Stella Polare. Tra salti avanti e indietro negli anni è ambientata la complicata storia di un amore nato in guerra, che resiste sebbene i chilometri e le vicende gli siano contro. Riuscirà l’amore di Sirius e Mary a camminare ancora agli albori di una seconda guerra, nonostante gli anni di lontananza, le calunnie, e un futuro nebuloso?
"Ti troverò. Dovessi cercarti dalla Stella Polare all’infinito."
«Sirius rimane qualche minuto a fissare quel nome, perso in tutto ciò che significa per lui: che Mary è viva, che è in Inghilterra, che è diventata una giornalista. Ha mantenuto la sua promessa a metà, eppure non riesce a portarle rancore.
Una nuvola gentile si sposta leggera nel cielo notturno, e la Stella Polare finalmente appare, quieta e immobile dove è sempre stata, segnando il Nord.»
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Tell her this

 
 

“Tell her not to go
I ain’t holding on no more.
Tell her nothing if not this,
All I want to do is kiss her”
 
(Ditele di non andare
Io non resisto più.
Dille nulla se non questo
Tutto ciò che voglio è baciarla)

 
 
 
 
 
4 Settembre 1978, Inghilterra
 
Ogni minimo rumore la faceva sobbalzare, procurandole tremiti e tachicardia. Mary non si sentiva affatto tranquilla, non dopo quella lettera.
 
“Non sei più al sicuro, e lo sai. Ti troveremo, Mary MacDonald, e ti staneremo come un topo di fogna. È questo ciò che sei.”
 
Non c’era bisogno di molta immaginazione per capire chi fosse il mittente: solo i Mangiamorte erano impegnati nella caccia ai Non-Purosangue, e ciò che più la spaventava era la consapevolezza che non si sarebbero arresi. Avery e Mucliber non avevano dimenticato le antipatie reciproche, ormai da tempo sfociate in odio, dei tempi di Hogwarts, né la clamorosa vendetta dei Malandrini. Era solo questione di tempo.
L’orologio della sua camera da letto batté le cinque, e quasi contemporaneamente la voce di sua madre risuonò allegra e ignara per le scale.
«Mary, il the!»
«Eccomi» rispose flebilmente Mary, chiudendo la lettera che aveva appena scritto per Sirius e porgendola al suo gufo, che si era tenuto pronto in attesa dell’incarico. Mary rimase per qualche secondo a osservare la figura scura del gufo che volava oltre la finestra, poi decise di farsi forza e scendere in salotto.
I gradini di legno della scala scricchiolarono nell’ improvviso silenzio della casa.
«Mamma?» chiamò Mary allarmata, arrestandosi sull’ultimo gradino.
«Sono qui in cucina» rispose la voce di sua madre, il cui tono forzatamente normale non sfuggì a Mary, che automaticamente mise mano alla bacchetta.
«Mamma vieni qui in salotto, per favore» pregò lei, tremando.
«Il tuo the si raffredda».
Mary allungò un piede per scendere dalle scale in silenzio, ma il gradino scricchiolò e l’esplosione fu così veloce che Mary non ebbe tempo di difendersi.
«Expelliarmus!» gridò alla ceca, socchiudendo gli occhi a causa del fumo dei calcinacci.
Un gettò di luce rossa si precipitò verso di lei, ma stavolta Mary fu abbastanza veloce da scansarlo, rotolando a terra dalla parte opposta.
«Stupeficium!»
La casa venne illuminata di nuovo da colori diversi, che si scontrarono senza però avere alcun effetto.
Mary si acquattò dietro un mobile, ansante e con i pensieri appannati. Non poteva scappare: sua madre era loro prigioniera, forse anche suo padre.
«Vieni fuori, Mary, è inutile che giochi a nascondino» la canzonò una familiare voce maschile, facilmente riconoscibile come quella di Avery.
Mary prese un profondo respiro e strinse più forte la bacchetta, strisciando sul pavimento per raggiungere di soppiatto la cucina.
«Se proprio ti va di giocare..» disse Avery, cominciando a saltellare su sé stesso al centro della sala, scagliando incantesimi ovunque.
Un lampo si infranse contro la finestra spaccandola in mille pezzi, un altro raggiunse il divano e lo lacerò, un altro ancora percorse il salotto e andò a finire nel retro della casa, finché l’ultimo colpì la credenza dietro la quale Mary si era nascosta, facendola crollare a terra e costringendo la ragazza a correre via per non essere schiacciata.
Avery non perse tempo: la disarmò e con un incantesimo la buttò a terra, senza però ferirla.
«Arrenditi, Mary. Abbiamo la tua famiglia sotto tiro» ghignò Avery, il cui volto dei tempi di Hogwarts era stato abbruttito dalla cattiveria e da qualche anno di età in più.
Altri quattro Mangiamorte spuntarono dalla cucina, trascinando con sé il padre e la madre di Mary, legati stretti da delle corde magiche e feriti alle braccia e sul viso. Mary gemette e chiuse gli occhi. Presto avrebbero catturato anche Amélie, la sua sorellina di soli cinque anni che in quello stesso momento era a scuola, ignara di ciò che stava succedendo a casa.
Mulciber –uno dei quattro Mangiamorte- si fece avanti e la raggiunse, crogiolandosi della sua disperazione. «Come ci si sente ad essere un topo in trappola, sanguesporco¹
«Come ci si sente ad essere un inutile tirapiedi privo di considerazione?» ribatté Mary con astio.
Lo schiaffo la lasciò per un attimo senza fiato. Non tanto per il dolore, ma per la sorpresa di ricevere una punizione corporale a mano e non con la bacchetta.
«Lasciatela stare!» urlò la madre di Mary divincolandosi.
«Bastardo! Non toccare mia figlia!» gridò il signor MacDonald, stringendo i pugni.
«Facciamola fuori e basta» ringhiò Mulciber, guardando la diretta interessata con un disgusto e rabbia.
«Lasciateli andare» disse Mary «la questione è tra noi, ma tenete fuori loro. Sono innocenti».
Avery si lasciò andare ad una folle risata. «Pensi davvero che le tue insulse richieste possano impietosirci?»
«Sono ugualmente colpevoli» rispose Mulciber «per aver messo al mondo una sanguesporco come te»
«Come osi, figlio di…» protestò il padre di Mary, subito zittito da un calcio nello stomaco da parte di uno dei Mangiamorte.
«Basta!» urlò Mary disperata. «Loro non vi daranno alcun fastidio, non hanno mai fatto niente di male!»
«Sei tu il loro errore» ripeté Mulciber incrociando le braccia e gustandosi la scena.
Avery attraversò il salotto e si diresse dal padre di Mary afferrandolo da dietro per i capelli. «Dì ‘ciao ciao’ al tuo paparino, MacDonald».
«NO!» urlarono contemporaneamente Mary e sua madre.
Un forte schianto echeggiò per la sala, seguito dalla caduta di innumerevoli schegge di vetro e pezzi di intonaco.
«Dì ‘ciao ciao’ ai tuoi capelli, Avery» disse una voce conosciuta, lanciando un incantesimo che colpì dritto il Mangiamorte, facendogli scomparire la chioma scura e lasciandolo pelato.
Gli altri tre lasciarono subito la presa sui prigionieri, mentre Mulciber si affrettò a contrattaccare, ma i soccorsi furono più veloci: la stanza venne illuminata di diversi colori, che si sparsero ai quattro punti cardinali provocando fumo e demolizioni.
Mary ne approfittò per strisciare di lato e raccogliere la sua bacchetta, unendosi alla lotta. Scagliò un incantesimo contro Avery, e corse dai suoi genitori per aiutarli a scappare.
«Non finisce qui!» fu la frase che qualcuno le pronunciò in un orecchio, prima di smaterializzarsi e scomparire sottoforma di fumo nero, seguito da altre tre ombre.
Quando la foschia si diradò, Mary poté vedere chiaramente gran parte dell’Ordine della Fenice e i due Mangiamorte che erano riusciti a catturare, che però non erano Avery e Mulciber.
Mary si accasciò sul divano, starnutendo a causa della polvere e cercando di calmare il tremito delle mani. Per sua fortuna, presto arrivò Sirius a stringergliele.
 
 
Non era rimasto altro che macerie, polvere e pezzi di legno sparsi qua e là. Il disastro che Mary aveva davanti una volta formava un salotto, una cucina, delle camere. Non restava che polvere e ricordi.
Facendosi forza, Mary superò quello che era il vialetto d’accesso, e varcò la soglia completamente distrutta dell’ex abitazione. Ogni passo scricchiolava su vetri e cemento, sollevando sbuffi di fumo e pericoli nascosti sotto i resti.
Mary entrò nella cucina, cercando di non sobbalzare al contrasto di quella nuova immagine di desolazione rispetto ai suoi ricordi felici.
Sfilò una foto della sua famiglia appesa sul frigorifero e abbandonò la stanza, salendo con cautela le scale –stranamente rimaste quasi intatte-, senza fermarsi a guardare nient’altro.
La battaglia al piano di sotto aveva danneggiato molte camere, ma Mary non perse tempo a contemplare il disastro, recuperando velocemente la valigia da sotto il suo letto e riempiendola di ciò che rimaneva della sua stanza: pochi vestiti, qualche libro di Hogwarts e alcuni ricordi ancora integri.
Mary chiuse gli occhi e la valigia contemporaneamente, uscendo dalla camera con un addio silenzioso per non tornarvi mai più.
Era passata una settimana dall’attacco dei Mangiamorte, e dopo essersi assicurata che i suoi genitori si fossero ripresi, Mary aveva programmato il suo piano di fuga senza informare nessuno: sarebbe scappata dopo aver trovato una nuova casa per i suoi genitori, partendo per la Francia con un volo aereo –in modo da non essere rintracciata dal Ministero Magico tramite la smaterializzazione- e tagliando i ponti con chiunque appartenesse al passato. Persino con Sirius. Era disposta a questo sacrificio, pur di tenere la sua famiglia al sicuro, protetta da un incantesimo che aveva posto sulla nuova abitazione prima di partire.
Non restava che prendere la metro e arrivare all’aeroporto di Londra.
Sarebbe andato tutto liscio, se non fosse stato per la “sorpresa” che i suoi amici avevano organizzato, andandola a trovare per darle conforto durante il tour tra le macerie.
Appena Mary fu fuori dal cancello tinto di un rosso acceso, si trovò davanti Sirius, Lily, James, Remus e Dorcas che camminavano verso di lei con un sorriso che si spense gradualmente quando notarono la valigia al suo fianco.
«Dove diamine stai andando?!» sbottò Sirius.
Mary rimase qualche secondo in silenzio, desolata. «Mi dispiace, ragazzi»
Lily la guardò sconcertata e pose le mani sui fianchi, come era solita fare quando si preparava a fare una ramanzina.
«Non volevo dirvelo perché sapevo che mi avreste fermata» spiegò Mary velocemente, chinando lo sguardo a terra. «Devo farlo, lo sapete. Non posso rimanere qui. Uccideranno me e la mia famiglia.»
«Sei impazzita?» chiese Sirius in tono sarcastico.
«Mary, hai battuto la testa durante la lotta e questi ne sono gli effetti» sospirò Dorcas.
James e Remus si scambiarono un’occhiata, essendo gli unici ad aver capito da subito che Mary aveva ragione: non c’era altro modo per risolvere la situazione. Se Mary avesse deciso di farsi proteggere dall’Ordine, avrebbe dovuto vivere il resto della sua vita sotto copertura, sorvegliata costantemente, oppressa, e la sua famiglia con lei. Era comprensibile che scegliesse la via più facile per eliminare ogni timore dei Mangiamorte.
Ci fu un minuto di silenzio, durante i quali Mary non riuscì ad alzare lo sguardo sui suoi amici infuriati e delusi.
«Stavi per andartene senza dirci niente» disse piano Lily, amareggiata.
«Avrebbe solo reso le cose più difficili» si giustificò Mary con sguardo contrito.
Sirius continuò a fissarla muto, poi si allontanò di qualche passo, stringendo i pugni.
Mary sospirò, lanciando uno sguardo agli altri e raggiungendolo sul viale.
«Sirius..»
«Non…». La frase di Sirius si interruppe, e la sua voce cadde nel vuoto.
Mary provò ad avvicinarsi per stringergli la mano, ma lui la scansò e le voltò le spalle, guardando a terra.
Passarono alcuni secondi di silenzio, pesante come non lo era mai stato tra loro due, finché Mary decise di parlare.
«Se ti avessi detto che avevo intenzione di partire, avresti fatto di tutto pur di non lasciarmi andare. Non negarlo»
«Non lo nego affatto!» ribatté Sirius in collera «anzi, avrei fatto di tutto pur di aiutarti, è un reato, per caso?! Avremmo potuto sistemare la situazione senza ricorrere a questo!»
Mary chiuse gli occhi per un attimo, realizzando di essere dalla parte del torto. «Non avrebbe mai funzionato..» pigolò.
«Avremmo potuto tentare, Mary! TENTARE!» gridò Sirius «te ne saresti andata senza salutare, senza spiegare?!»
Mary provò a ribattere ma le parole le morirono in gola, affogando tra le lacrime che non riuscì a frenare.
Sirius sospirò irritato e si allontanò di qualche passo, di spalle.
«È solo per poco..» mormorò Mary «starò via per poco, solo il tempo di far calmare le acque e assicurarmi che tutto torni normale. Poi tornerò».
«C’era bisogno di scappare in silenzio?» chiese Sirius con tono duro.
«Hai ragione» rispose Mary con voce piatta «mi dispiace»
Sirius si voltò e tornò dagli altri, rimasti rispettosamente a distanza. «Andiamo» disse, prendendo la valigia di Mary.
I ragazzi si guardarono increduli, e Mary con loro.
«Forza, non vorrai perdere l’aereo» la incitò Sirius scontroso.
Mary lanciò un’occhiata a Lily e si affrettò a seguire Sirius, senza una parola.
Il viaggio fu incredibilmente silenzioso: si smaterializzarono fino alla metropolitana di Londra e proseguirono il resto del tragitto fino all’aeroporto con la metro, senza una parola.
Per James e Sirius l’aeroporto era una completa novità, ma nessuno dei due aveva voglia di curiosare e chiacchierare sulle stranezze babbane. Lasciarono che Mary li guidasse al Terminal del suo volo e attesero che la ragazza facesse tutto ciò che richiedeva il protocollo babbano.
Quando aprirono il gate, Sirius lo guardò con odio, come se la causa di quell’assurda situazione fosse l’aereo che stava per portare via Mary dalla sua vita.
La prima a crollare fu Lily: si gettò al collo di Mary, stringendola in modo quasi soffocante.
«Mary, sei ancora in tempo, non sei costretta a farlo!» la implorò trattenendo le lacrime.
Mary la strinse di rimando, ma non riuscì a rispondere alle parole dell’amica. A turno, ognuno la salutò con un abbraccio o con un bacio sulla guancia, cercando parole di addio che non riuscivano ad essere trovate.
Mary tirò fuori dalla borsa una bustina di cartone verde e distribuì ad ognuno una scatolina colorata. «Sono il mio regalo di arrivederci. Avevo intenzione di spedirle, ma visto che siete qui…» spiegò «apritele dopo. Sono personali».
Una voce metallica risuonò per l’enorme sala d’attesa, chiamando i passeggeri del volo 753 per Parigi.
Mary si morse le labbra e attese l’ultimo saluto da parte degli amici. Lanciò uno sguardo a Sirius, che ancora non aveva salutato, e si chinò a raccogliere la valigia. «Devo andare».
Con grande sforzo, Mary dovette distogliere lo sguardo dai visi dei suoi amici e dalle lacrime di Lily. «Non è un addio» disse Mary, sforzandosi di sorridere «non piangere, Lily. Ci rivedremo».
«Sarà meglio per te» scherzò Lily, asciugandosi le guance.
«Promessa di Grifondoro» sorrise Mary «ciao».
Mary si voltò e fece qualche passo avanti, ma si sentì tirare una ciocca dei capelli lasciati sciolti.
«Hey, MacDonald, hai dimenticato qualcosa» disse una voce alle sue spalle.
Mary si voltò con un mezzo sorriso e alzò il viso, incontrando le labbra di Sirius che non le diedero nemmeno il tempo di parlare.
«Volevi andartene senza nemmeno un bacio?»
«Devo essere proprio sbadata» rispose Mary, stringendolo con la consapevolezza del lungo periodo di separazione che li aspettava. E come poteva immaginare che sarebbe stato lungo più di quindici anni?
«Promettimi che non ti troverai un pittore francesino da quattro soldi che ti farà ritratti nuda o con della frutta morta».
Mary scoppiò a ridere, poggiando la testa sulla sua spalla. «Devo ammettere che l’offerta è allettante..»
Sirius la guardò storto, poi capì che stava scherzando.
«Ho già un cane da accudire» sorrise Mary, stampandogli un bacio all’angolo delle labbra.
«Immagino sia impegnativo»
«Non sai quanto» sospirò lei, in modo malinconico.
La voce metallica chiamò ancora i passeggeri del volo, per l’ultima volta.
Mary chiuse gli occhi e costrinse il suo corpo a staccarsi da Sirius, a lasciarlo andare per la sua strada; si allontanò di qualche passo, ma le loro mani rimasero unite, come se avessero voluto non staccarsi più.
Sirius fece un piccolo inchino e le baciò la mano, sapendo che quella giocosa galanteria l’avrebbe fatta ridere. Mary provò per la prima volta la strana sensazione di pianto e riso nello stesso momento.
Guardò per l’ultima volta il viso giovane e bello di Sirius, ancora intatto e fresco, poi partì lasciando l’Inghilterra.
 
 
***
 
 
8 Novembre 1993, Londra
 
I passi del postino echeggiano sui gradini del portico, e ad essi segue il tonfo sordo del giornale lasciato sul tappeto all’esterno della porta.
Mary si affretta a scendere le scale dell’appartamento che condivide con altri ragazzi in un sobborgo di Londra, infilando la mano nello sportello per raccogliere il giornale.
Si reca febbrilmente in cucina dove saluta distrattamente Miles, uno dei suoi coinquilini, e si siede per leggere minuziosamente le notizie.
Da giorni esaminava giornali su giornali –sia babbani che magici- per cercare ogni minima traccia di Sirius e della sua posizione. Era evaso da poco, ma le notizie su di lui erano sempre contrastanti e non era facile capire chi avesse ragione e chi torto. Ma se c’era qualcosa che proprio Sirius le aveva insegnato, era la determinazione.
«Dovresti smetterla di leggere sempre i giornali, dolcezza» la rimprovera Miles, con i capelli neri totalmente scompigliati e una sigaretta tra le labbra «stai diventando più vecchia».
«Grazie per i preziosi consigli, Miles»
«Esci con noi stasera, non ti farebbe male un po’ di aria fresca e qualche drink» le propone, lasciando cadere un po’ di cenere sulla canottiera bianca e già sporca «E ho qualche amico che è in cerca di una ragazza per…»
«Miles» lo ferma lei, irritata dall’interruzione «grazie per queste magnifiche proposte, davvero, ma devo lavorare»
Miles alza le mani, stendendo le gambe sul tavolo «Come vuoi, dolcezza, volevo solo procurarti un po’ di divertimento»
Mary, suo malgrado, gli sorride. Miles non è un cattivo ragazzo: è pigro e svogliato, ma si preoccupa sempre del benessere degli altri, propinando cure a base di alcool e storie di una notte.
È ormai assorta nella lettura, quando un forte miagolio improvviso la fa sobbalzare. Mary rimane in ascolto per qualche secondo, ma quando ricomincia a leggere, il miagolio diviene più forte e insistente.
«Lo senti?» chiede a Miles.
«Io odio i gatti, Cassiopea» risponde lui con un lungo tiro di sigaretta, prendendosi gioco del suo secondo nome.
«Chiamami ancora così e vedrai che berrai accidentalmente del latte scaduto» lo minaccia Mary con un sorriso, posando il giornale sul tavolo e alzandosi per recarsi all’esterno.
«Le tue minacce dette con quel sorriso angelico fanno ancora più paura!» la rincorre la voce di Miles nell’ingresso, facendola ridere.
Quando Mary apre la porta di casa, quello che si trova davanti è un enorme gatto rosso dal pelo gonfio e crespo, col muso schiacciato.
Dato l’incondizionato amore per tutta la specie felina, Mary si china con meraviglia, assumendo un tono dolce e tenero.
«Ciaaaaao, gattino! E tu da dove sbuchi?»
Il gatto si lascia accarezzare e fa anche le fusa per qualche secondo, poi si sposta, scoprendo una grande quantità di lettere legate con dello spago.
Mary le guarda perplessa: non erano state portate dal postino.
Il gatto le rivolge un ‘miao’, poi corre giù per le scale e scompare dalla sua vista.
Mary afferra le lettere per capire chi è il destinatario, e apprende con incredulità che sono tutte destinate a lei, da mittente anonimo.
Le date coprono il tempo di qualche anno: 1978, 1979, 1980, 1981, poi si interrompono. Solo alla fine c’è una lettera dalla data diversa: Agosto 1993.
Mary la apre trattenendo il respiro, certa di sapere chi è il mittente.
 
“La mia promessa è ancora valida.
Tartufo”
 
 
 
 
 
 
 
 
¹ Sanguesporco (Mudblood) indica i figli di babbani, e nei libri è stato erroneamente tradotto come Mezzosangue (Halfblood) che invece indica figli di un babbano e di un mago.
 
 
 
 
 
 
Note: Yep, ormai è un rituale chiedere scusa in ogni capitolo per il ritardo, perciò spero di essere perdonata dal contenuto del capitolo XD
L’ho riletto un po’ di fretta, perciò se ci sono errori vi prego di farmelo notare per poterli correggere!
Un grazie di cuore a tutti :)
  
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